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500 che passione!

di Giuliana Tonini – Sono appassionata di auto d’epoca. Vado a vederle alle fiere del settore, alle mostre e nei musei, e mi diverto molto a trovarne per strada e a fotografarle. La mia preferita in assoluto – diciamo proprio che la adoro – è la vecchia, storica, Cinquecento. Quando ne trovo una, sono contenta come una bambina che gioca alla caccia al tesoro.

Come gli sceicchi arabi hanno nei loro garage decine di sgargianti Ferrari, Rolls-Royce e Bentley, io, se potessi, metterei su la mia scuderia personale di sgargianti 500 di tutti i colori.

Non sono l’unica ammiratrice, ovviamente. La 500 è un vero e proprio mito intramontabile. In tutta Italia ci sono numerosi club di appassionati e di proprietari di 500, che organizzano raduni in ogni parte del Paese, e anche su Facebook la Cinquecentina, o Cinquino, è una indiscussa reginetta.

Conosciamola meglio, e proviamo a capire il perché sia un mito.

È stata in produzione dal 1957 al 1975, per diciotto anni consecutivi. L’anno prossimo compirà 60 anni, e mi auguro che la FIAT organizzi delle belle e adeguate celebrazioni per la sua fortunata creatura.

Il papà del gioiello della FIAT è Dante Giacosa, ingegnere, progettista e designer che ha creato, nel corso dei decenni, innumerevoli modelli per la casa automobilistica di Torino, tra cui, solo per citarne alcune, la 600 e l’Autobianchi ‘Bianchina’, contemporanee della 500, e la storica Topolino del 1936, che è stata la prima 500, di cui il modello del 1957 è discendente diretto.

L’idea di partenza è arrivata da un impiegato tedesco della Deutsche Fiat, che aveva inviato alla casa madre dei disegni per una nuova creazione ispirati alle linee del Maggiolino Volkswagen.

La microvettura utilitaria della FIAT è nata, in pieno boom economico, per essere la macchina che tutti avrebbero potuto permettersi di acquistare. Era l’auto più economica di casa FIAT e aveva una struttura essenziale che non richiedeva grandi spese di manutenzione.

E la macchina di tutti lo è diventata davvero. Dopo un primo anno con un andamento di mercato un po’ in sordina, anche per lei è arrivato il boom. Durante gli anni Sessanta e Settanta quasi tutte le famiglie e quasi tutti i giovani avevano una 500, oppure una 600, del colore che piaceva di più.

Nel corso degli anni il Cinquino si è evoluto, con una produzione di modelli diversi e per tutti i gusti. Come, solo per citarne alcuni, la 500 Abarth: la versione sportiva per i più giovani, quella con le strisce rosse sulle fiancate, che prendeva parte anche a competizioni automobilistiche; la versione station wagon: la 500 Giardiniera o Giardinetta; oppure quella, indimenticabile, con le porte controvento.

Ecco quindi perché il fascino della Cinquecento è sempreverde: perché rappresenta un pezzo di storia italiana, e chi ne possiede una ne è giustamente orgoglioso.

E poi, con quella forma simpatica e graziosa, i suoi colori, il suo fascino retrò e quel rumore meccanico di motore d’altri tempi, la vecchia Cinquecento è davvero irresistibile. Non per niente in uno dei raduni, che si possono vedere anche su YouTube, un esemplare portava un cartello che diceva: sono una piccola rubacuori.

E di raduni, i proprietari delle 500 iscritti ai vari club, ne fanno veramente tanti. Si ritrovano in ogni parte d’Italia, con decine di macchine, e percorrono le strade in una coloratissima fila, a suon di clacson.
Non per niente la FIAT, nel 2007, l’ha fatta rinascere, ‘reincarnandola’ in un modello dalle forme moderne, ma che richiamano in tutto e per tutto quelle della piccola utilitaria degli anni Sessanta e Settanta. Ed è stato un successo. Oggi la nuova 500 spopola per le strade.

E il marchio 500 è un vessillo, tanto che la FIAT lo ha utilizzato anche per la 500L e la 500X, due modelli di SUV degli ultimi anni, pensati anche per il mercato nordamericano, che poco assomigliano alla leggendaria utilitaria, ma che ne condividono il brand.

Una leggenda non può che essere protagonista di molte avventure. Tra le più singolari, sul sito www.idiaridelcinquino.it, troviamo la storia e le immagini di Danilo Elia, Fabrizio Bonserio e Zivile Linkeviciute, appassionati di viaggi (e ovviamente della piccola FIAT) che, con un modello del 1973, sono andati da Bari fino a Pechino, e poi hanno fatto un viaggio intorno al Mediterraneo.

E da non lasciarsi sfuggire è la creatura (proprio in senso Frankensteiniano) del  titolare e degli ingegneri della OEMMEDI’ Meccanica di Acquapendente (VT), officina specializzata in auto e moto d’epoca. Come dei dottor Frankenstein delle auto, hanno creato, in un unico esemplare, la 500-Laborghini, una macchina col motore di una Lamborghini e la carrozzeria – adattata anche per potere farci stare il potentissimo motore – di una vecchia FIAT 500. Andare su YouTube per credere!




Emilio Scanavino: l’Alfabeto dell’Esistere

di Andrea Farano – Questa volta lasciamo da parte quel (spesso) malcelato aplomb d’imparzialità doverosamente richiesto a chiunque scriva con velleità (re)censorie e dichiariamo previamente il nostro amore incondizionato per Emilio Scanavino (Genova, 1922 – Milano, 1986), il pittore al quale riconosciamo la più alta capacità di dipingere le recondite paure ma, perché no, anche le speranze che si annidano profonde nel nostro essere.

È con questo spirito che ci siamo avviati, qualche giorno fa, all’inaugurazione della mostra allestita presso i rinnovati spazi espostivi (davvero splendidi, indipendentemente dalla mostra in corso) della Galleria Dep Art, timorosi e insieme consapevoli del fatto che più le aspettative sono alte, più la delusione è facile.
Fortunatamente il colpo d’occhio all’ingresso ha da subito certificato la qualità assoluta della selezione compiuta da Antonio Addamiano, capace di raccogliere e presentare – in concomitanza con il roboante MiArt – il meglio della produzione dell’ultimo ventennio di vita dell’artista ligure, esponente di quella corrente artistico/pittorica volgarmente conosciuta come informale e che dagli anni ’50 aveva eletto, pur con i doverosi distinguo dei mille rivoli europei, il “gesto” (ed il “segno” che ne scaturiva) a cardine e motore principale della comune dimensione espressiva.

Ci troviamo quindi di fronte a testimonianze della piena maturità compositiva di Scanavino, quando – pienamente interiorizzato il mondo giovanile fatto di tracce e presenze dall’aspetto larvale, che ne avvicinava la poetica ai contemporanei Novelli e Peverelli (ma anche e soprattutto a Wols, per guardare oltre confine), e depurato da certe innegabili suggestioni spazialiste e finanche surrealiste – il tratto segnico, che da sempre ne è l’emblema, si delinea più granitico e stentoreo.

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Il senso dell’attesa – favorito da una tavolozza di fondo quasi priva di colori – viene squarciato dalla presenza di immagini codificate e ossessive, che si rivelano da un tempo ignoto e, pur lontane da ogni figurazione allegorica, impongono all’osservatore una riflessione profondamente emotiva da cui è difficile scappare.

Quella massa spigolosa che incombe, aggrappandosi in sospensione ad una luce (speranza?) lontana, ci palesa quei segreti travagli interiori che ci legano, ci spaventano, ci trattengono e ci àncorano nel nostro immobilismo quotidiano.

Il Groviglio è il nodo psichico che non sappiamo sciogliere.
Lo Scavo nel colore è la nervatura che ci tiene in piedi.
La Traccia è la testimonianza ultima della nostra esistenza.

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Particolare attenzione dedichiamo alla serie degli “Alfabeti Senza Fine”, splendidamente rappresentata in mostra da esemplari più che significativi, dove quadrettature e reticoli – casellario sempiterno dei nostri schemi mentali e comportamentali, o gabbie dentro le quali ci muoviamo o siamo rinchiusi – accolgono e subiscono le ineluttabili tensioni che vi si annidano, rinnovando un perpetuo conflitto con l’ordine prestabilito.

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Usciamo dalla galleria, lasciando – purtroppo – alle pareti gli unici specchi capaci di mostrare come siamo fatti… dentro.

Il nodo racchiude la costrizione del destino, l’oscuro intreccio di segreti, l’impotenza dell’uomo di fronte all’oracolo.
Se lo osserviamo con un po’ di attenzione vediamo luccicare gli anelli del serpente.”
Ernst Jünger

Emilio Scanavino: Opere 1968-1986
Dep Art Gallery, via Comelico n. 40 – Milano
sino al 1 giugno 2016
www.depart.it

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LA COPPIA DEI CAMPIONI”: UNA STORIA D’AMICIZIA E DOLCEZZA

di Elisa Pedini – Presentato oggi alla stampa il film “La coppia dei campioni”, in uscita domani, 28 aprile, del regista Giulio Base, che, per la seconda volta, si cimenta in una commedia tutta all’italiana. La prima, lo ricordo, era stata “La bomba”, commedia del 1999, ultima interpretazione di Vittorio Gassman. Base è uomo di cultura e spessore molto profondi, nonché professionista poliedrico ed eclettico: attore, sceneggiatore, regista, produttore. La sua regia e per conseguenza, la sua cinepresa, non sono mai né superficiali, né scontate e la commedia “La coppia dei campioni” rappresenta queste sue caratteristiche. Pellicola simpatica, comica, ironica, onesta, ma, soprattutto, come afferma lo stesso regista in conferenza stampa, un film «d’amicizia e dolcezza» e aggiunge che «è la storia di due anime che, nel cercare un posto, diventano quasi amici». Non immaginatevi, dunque, la solita commedia e non immaginatevi un film sul calcio. I protagonisti principali sono Massimo Boldi, nel ruolo del dottor Fumagalli e Max Tortora, che interpreta Zotta. Un nuovo “tandem” del cinema, perché sono per la prima volta insieme sul grande schermo. Eppure, sembrano fare coppia da sempre. Il loro affiatamento è fortissimo. Boldi definisce questo film «una novità, una sfida» perché «i miei film sono sempre usciti a Natale o a metà novembre – afferma – quindi è una novità quest’uscita a tarda primavera». La trama è già divertente di suo: due impiegati della stessa multinazionale vincono in premio i biglietti e il relativo viaggio, per andare a vedere la finale di Champions League a Praga. L’uno, dirigente di Milano, tale dottor Piero Fumagalli, in realtà, non lo vince, lo estorce al suo subordinato e così, da subito, si delinea la personalità del primo protagonista. L’altro, magazziniere di Roma, Remo Ricci, detto Zotta, invece, lo vince. Due anime opposte, due mondi agli antipodi. Spocchioso, pieno di soldi e convinto che tutto si possa comprare, il primo; persona normale il secondo, con un lavoro normale e tutti i problemi della vita quotidiana che ha un’altrettanto normale famiglia italiana di questi tempi. Lo spettatore non ci mette che qualche scena a comprendere che il primo, in realtà, deve tutto, nonché il posto di lavoro, al matrimonio che ha contratto con una contessa; mentre il secondo, sarà anche umile, ma ha studiato e ha una cultura: cita Wagner, Beckett, parla inglese. I due s’incontrano all’imbarco in aeroporto. L’antipatia è immediata. Il viaggio inizia, ma non tutto va come dovrebbe: causa maltempo, l’aereo deve effettuare un atterraggio di fortuna in Slovenia. Per Fumagalli e Zotta comincia una “frequentazione” forzata, che si dipana in tutta una serie di comici aneddoti per riuscire a raggiungere Praga. La commedia è decisamente riuscita e non vi dico altro, lascio a voi il piacere di gustarvela. Mi piace, però, sottolineare le parole di Giulio Base in conferenza stampa, che, con l’umiltà che caratterizza le grandi menti, dice del suo film: «Volevo raccontare solo una storia d’amicizia. Il film non ha pretese d’essere diverso da quello che si vede. È un film onesto. Una storia d’amicizia e di dolcezza.» In realtà, secondo me, il film è condotto con grande delicatezza e maestria ed è ricco di citazioni importanti. L’ho premesso: non è la solita commedia. In particolare, è curata la nascita di questa amicizia, nonostante le differenze e le opposizioni. Ci sono profonde umanità e dolcezza nella premura con cui Zotta corre in soccorso di Fumagalli dopo la sua “notte brava” e anche in quello “scusa”, che, quest’ultimo, grida al suo compagno, quando si rende conto che, di fatto, il suo “quasi amico” è un amico. Ritengo sia superfluo parlare dell’esecuzione dei due protagonisti. Massimo Boldi è un “must”, ormai, del cinema italiano. Che piacciano o no i suoi film, è un dato di fatto ch’egli sia invitto sul grande schermo dal 1975. Eppure, quando gli chiedo il segreto del suo successo, abbassa lo sguardo e risponde: «Non lo so! Avevo una grande passione e ne ho fatto la mia professione. Ma, mai avrei pensato… È capitato. È capitato e basta!». Da questa risposta, non stupisce come gli riesca bene interpretare la dolcezza di questo film. Max Tortora, non è certo da meno essendo sugli schermi, televisivi prima e cinematografici poi, dal 1990. Sopra ogni cosa, però, non si può non ammettere che il connubio Boldi-Tortora non funzioni all’unisono e non dia seriamente quel “quid” in più a una pellicola, di per sé, già molto apprezzabile. Interrogati a riguardo, i due attori s’esprimono così: «Lavorando con Massimo – afferma Max Tortora – ho potuto constatare di persona e quindi, scoprire, tutti i registri di cui è capace. A seconda di quello che serve, lui è in grado di tirare fuori il meccanismo giusto. Sarà che io sono musicista autodidatta e lui è un ex batterista, ma definirei la nostra intesa: musicale». Boldi annuisce e aggiunge: «Si c’è forte intesa, anzi, c’è musicalità perfetta. (ride) Siamo malati di Dallarite! (si riferisce a Toni Dallara, n.d.r.) E partiamo a cantare, ovunque!» Ed è vero, perché partono a cantare anche in conferenza stampa, suscitando l’ilarità di noi giornalisti presenti. Un binomio che funziona davvero e che fa sperare in una prolifica collaborazione futura.




Un week end nella Valle della Loira sulle orme di Leonardo

Proprio 500 anni fa Leonardo da Vinci lasciava l’Italia con tre tele (la Gioconda, Sant’Anna e San Giovanni Battista) per trasferirsi alla Corte di Francesco I di Francia, ad Amboise, dove vivrà i suoi ultimi tre anni  di vita nel vicino Castello del Clos Lucé. E la Francia ha deciso di celebrare questo anniversario con tre anni di festeggiamenti e rievocazioni, un’occasione unica per organizzarsi un week end lungo fuori porta e, sulle orme di Leonardo, andare alla scoperta della Valle della Loira,  patrimonio dell’Unesco, dei antichi castelli (Chambord, Chenonceau, Chinon,  Villandry, Tours, Azay-le-Rideau … ) e dei suoi giardini fiabeschi.  D’altro canto la Valle della Loira è meta ideale in primavera e la si può percorrere, grazie alla fitta rete di ciclabili (tra i primi percorsi proposti in ambito europeo) anche sulle due ruote: 800 km di piste verdi che attraversano campi e boschi e portano, sempre a una destinazione fiabesca.

Per celebrare degnamente il genio italiano di Leonardo, si può iniziare il tour proprio al Castello di Clos Lucé dove si possono visitare le stanze di Leonardi e sono riproposti in scala alcuni modelli di alcune delle sue più celebri invenzioni. La costruzione in mattoni rossi e di tufo fu costruito su fondamenta gallo-romane durante il regno di Luigi XI e diventò la proprietà di un favorito del Re, Etienne-le-Loup, ex cuoco. Completata nel 1490 da Carlo VIII, la dimora riceve una cappella aggiunta all’ala occidentale, offrendo così un oratorio ad Anna di Bretagna, giovane sposa del re Carlo VIII. Quin nell’aprile del 1516, dopo anni di peregrinazioni, giunge Leonardo che trova nel castello del Clos Lucé la sua prima dimora personale. Il castello, raggiungibile oltre che in bici e in auto, anche in treno e mezzi pubblici (Stazione ferroviaria Tours – St Pierre des Corps,  20 km dal Clos Lucé) e aereo (aeroporti d’Amboise Dierre a 15 km o Tours a 25 km), è appetto dalle 9 alle 19 (nei mesi estivi l’orario è prolungato fino alle 20). L’ingresso per gli adulti costa 14 euro.
Altra tappa fondamentale per ripercorrere le orme di Leonardo è il Castello Reale di Amboise dove appunto risiedeva la corte di Francesco I,  committente di Leonardo. Amboise nasce come fortezza medievale per poi trasformarsi in una residenza reale sotto i regni dei Re Carlo VIII e Francesco I (fine XV – inizio XVI secolo) che si circondano di letterati e artisti. Nella cappella di Amboise riposa Leonardo da Vinci che riposa nella cappella del castello. Il Castello è raggiungibile anche dalla Stazione ferroviaria TGV (Tours-Saint-Pierre-des-Corps) a 20 km dal castello o tramite il collegamento  (Sncf) fino alla stazione ferroviaria di Amboise. L’ingresso costa 10,9 euro.
Infine, una terza e ultima tappa per un week end dedicato a Leonardo non può che essere presso il Castello rinascimentale di Chambord, icona e meraviglia del rinascimento francese e vero e proprio castello delle fiabe in mezzo auna foresta.  Chambord nasce dal sogno di Francesco I. Nessuno conosce il nome dell’architetto di Chambord, ma questo capolavoro sembra essere inspirato dagli schizzi di Leonardo, soprattutto per quanto riguarda la famosa scala a doppia rivoluzione. Chambord è un castello dalle proporzioni perfette che provoca un sentimento di maestosità, un’armonia nei volumi e le decorazioni, assolutamente da non perdere. Il Castello si raggiunge anche in treno da Parigi (fermata Blois poi navetta Blois-Chambord da maggio ad agosto) ed è aperto dalle 9 alle 19. L’ingresso costa 11 euro.

LE INIZIATIVE IN ONORE DI LEONARDO

Le celebrazioni iniziano a giorni presso il Castello di Clos Lucé con la nona edizione de “L’Univers de la Création”  (dal 28 aprile al 20 maggio 2016) con la Corea del Sud come Paese ospite.
Un appuntamento annuale con gli  eredi di Leonardo da Vinci. Il castello del Clos Lucé accoglie grandi artigiani d’arte coreani e francesi che testimoniano l’eccellenza del savoir-faire in svariati settori, come la ceramica, l’arte dei ventagli , della seta e dei tessuti in genere, la coltelleria e la creazione di maschere.

A giugno segue la mostra  “Dal Clos Lucé al Louvre, i tre capolavori di Leonardo da Vinci” – 18 giugno -31 dicembre 2016
Realizzata con il concorso di diversi esperti, fra cui il professor Carlo Pedretti, presidente onorario del Comitato Scientifico, e di Alessandro Vezzosi, Commissario della mostra, questa mostra ha l’obiettivo di celebrare il quinto centenario (1516-2016) di un evento decisivo nella vita di Leonardo e per la storia dell’arte: il genio-artista lascia infatti Roma per Amboise e si stabilisce al Manoir del Cloux, oggi Clos Lucé. La mostra mette in luce il ruolo fondamentale che i tre dipinti di Amboise hanno avuto all’apogeo dell’arte di Leonardo. E mostra il fenomeno del mito Leonardo attraverso cinque secoli. Mito che prende origine proprio al Castello del Clos Lucé e cresce progressivamente fino all’esposizione dei dipinti al Museo del Louvre, ricostruendo i percorsi delle opere fra Valle della Loira e Parigi grazie a prestiti di diversi musei.

A settembre infine si terrà Festival Europeo di Musica Rinascimentale -23, 24 e 25 settembre 2016Dal 2005, il Festival celebra Leonardo musicista e interprete di talento, invitando gli ensembles più prestigiosi. L’ edizione 2016, inserita negli anni leonardeschi, è dedicata ai giovani talenti.

Al Castello Reale di Amboise  invece ogni domenica alle 11.30, dall’8 maggio al 15 settembre, si potrà prendere parte a visite guidate espressamente dedicate a Leonardo.

Non solo. Dal 15 aprile al 15 novembre presso il Castello di Amboise si terrà Studio Leonardissimo. Sull’esempio di Leonardo, che ad Amboise disegna il castello reale nel 1517, i visitatori sono invitati a cercare l’ispirazione nei panorami d’eccellenza dei giardini che dominano la Loira. A disposizione di artisti e visitatori cavalletti e tele di grande formato, e ogni creazione viene condivisa sui social per eleggere l’artista del mese e di ogni stagione.

A maggio si terrà la Festa del paradiso, un appuntamento ispirato alle feste rinascimentali italiane con esibizione di artisti di strada, laboratori di introduzione alla musica e alla cucina dell’epoca.

In estate, (luglio e agosto nelle notti di mercoledì e sabato oltre ad alcune date supplementari) infine prenderà vita presso il Castello di Amboise un nuovo spettacolo storico notturno, La Profezia di Amboise, che ricostruisce la storia della corte agli albori del Rinascimento, creato dallo scenografo Damien Fontaine.

 




Bertamè un garage che si trasforma in ristorante

Bertamè è  la storia di un meccanico della vecchia Milano e, allo stesso tempo, è anche la storia di un ragazzo appassionato di sport e di cose belle, che si mette prima in gioco per creare un concept store e poi per reinventare il futuro  di una vecchia trattoria di quartiere, con un pergolato incorniciato da un glicine secolare, che riprende vita grazie al sogno di due ragazzi che guardano al futuro con il gusto per i sapori

Bertamè è la storia di Lorenzo Bertamé e riunisce, sotto un solo nome, tre anime: un garage, un concept store e una trattoria dove i vecchi sapori sono reinventati alla luce di una cucina che coniuga tradizione e innovazione. Un marchio che nasce in un garage e arriva fino in tavola, trovandosi perfettamente a suo agio e lavorando ad alti livelli in ognuna di queste realtà.

È il 1981 quando la piccola auto officina Bertamé apre i battenti in via Lomonaco, traversa di Viale Lombardia, in Città Studi a Milano. Un riferimento per gli abitanti del quartiere, che nel corso degli anni hanno stabilito un rapporto familiare con il proprio meccanico di fiducia. Come spesso accade, Roberto Bertamé non manca di insegnare un mestiere al figlio Lorenzo, classe 1972, cresciuto tra il rombo dei motori.  Lorenzo rileva l’attività nel 2004 e , in poco tempo, il garage diventa  una sorta di spa per le automobili.  Gli affari vanno bene e, se Lorenzo fosse stato un tipo di quelli che si accontentano, non avrebbe nemmeno notato i locali vuoti lasciati dalla banca fallita all’angolo, con quelle belle vetrate che si affacciano sul trafficato viale Lombardia. Invece Lorenzo rileva i locali e li trasforma in un open space, “Be More, dove dare una sbirciatina agli accessori per auto e moto, ma anche oggettistica, dipinti, pezzi d’arredo di design, fino ad arrivare a capi d’abbigliamento e bijoux.

Dal design alla cucina spesso il passo è breve, non solo per quanto riguarda la mise en place della tavola. Affascinato della manualità e dalla cura artigianale di ogni genere di prodotto e grande cultore della qualità della materia prima, Lorenzo Bertamé ha potuto recentemente rilevare i locali di una storica trattoria in via Lomonaco, che ha appena riaperti i battenti, dopo un accurato lavoro di ristrutturazione.

La Trattoria Bertamé si configura come un luogo intimo e familiare, che racchiude in sé tutto l’amore la tradizione e per la cura dei dettagli con la freschezza di un design raffinato. Punto forte del locale è sicuramente il giardino d’inverno, situato sotto un pergolato incorniciato da un magnifico glicine secolare, che per tutta l’estate si configurerà come un ambìto angolo di pace al riparo dal caos cittadino.

Lorenzo Bertamé ha lavorato in prima persona alla ristrutturazione del locale, supportato da Marcello Baroli, che nel 2011 ha fondato MBM Extreme Designer, unendo la pratica dell’attività agonistica relativa all’ambiente motociclistico con quella di interior. Bertamé ha poi affidato le chiavi della cucina a Uriel Manuel Cosi, giovanissimo chef  cresciuto tra il Messico e gli Stati Uniti che ha studiato per la Tattoria Bertamè un menù fatto di pochi piatti ben selezionati, in cui la qualità della materia prima la fa da padrone: il Tartufo di San Giovanni D’Asso, la Composta di Cipolla di Cannara o la Bottarga di Orbetello.  Tutto è rigorosamente preparato al momento, a partire dal pane. Manuel rivisita la cucina tradizionale con il tocco sapiente dello chef, che sa aggiungere una nota esotica ed inaspettata in ogni piatto, da cui emergono chiaramente la sua passione e la dedizione per questo lavoro. Già con 30 euro si può sperimentare una cena sotto il pergolato. A pranzo la Trattoria Bertamè offre soluzioni anche più convenienti.

 




A Lipsia per il Wave-Gotik-Treffen

Un’invasione di costumi dark, maschere horror, abiti ottocenteschi e volti tenebrosi arriva a Lipsia dal 13 al 16 maggio 2016 per il Wave-Gotik-Treffen, il celebre festival dedicato alla cultura gotica che quest’anno festeggia il primo quarto di secolo. Potrebbe essere questa un’occasione da non perdere per scoprire, in un week end di primavera, la cultura e la tradizione racchiuse nella capitale della Sassonia.

Il Wave-Gotik-Treffen nasce nel 1992 con un primo raduno organizzato nell’Eiskeller, un locale di Lipsia. Allora i partecipanti in abiti scuri e crinoline erano all’incirca due mila. Oggi sono almeno dieci volte tanto. Da allora infatti il Wave-Gotik-Treffen è cresciuto in modo esponenziale raccogliendo adesioni da parte dei fan della cultura gotica di tutto il mondo.

Oggi, arrivati alla sua 25esima edizione, il Wave-Gotik-Treffen è un evento da non perdere e che coinvolge l’intera Lipsia. Lipsia è pronta vestirsi a festa con un programma ricco di manifestazioni e concerti. Sono oltre 200 gli artisti che si esibiranno per l’occasione in città, a partire dalla Moritzbastei, antico edificio del 1551 e oggi il centro culturale più famoso di Lipsia. Il programma del Wave-Gotik-Treffen include anche le rappresentazioni delle opere di Wagner, il balletto del Requiem di Mozart, concerti di musica da camera e il musical Dracula di Bram Stoker.   Fin dal suo inizio il Wave-Gotik-Treffen è stato comunque molto più di un festival musicale. Chiunque può rivivere l’atmosfera gotica sulla piazza del mercato medievale al Pagan Village, assistere a rappresentazioni teatrali insolite, spettacoli cinematografici o partecipare a pic-nic in costumi vittoriani nei parchi. Anche i più famosi simboli della città come la Gewandhaus, il Museo Grassi, l’Alte Börse, l’Opera di Lipsia e la Chiesa di San Tommaso ospiteranno iniziative del festival gotico.

La sede principale dell’evento resta però l’Agra-Messegelände, a nord di Lipsia vicino al polo fieristico GrassiMesse, con le sale per i concerti, un’area per il più grande mercato gotico con merce da tutto il mondo, una zona ristorante e uno spazio espositivo per mostre d’arte.

 




A maggio sul grande schermo: i tre film da non perdere

di Elisa Pedini – Nel vasto panorama cinematografico che si aprirà nei prossimi mesi, abbiamo cercato dei film che fossero validi e significativi, ciascuno per il suo genere. Il primo aspetto che, infatti, ci siamo preoccupati di soddisfare è stato proprio quello di scegliere, tra le tante proposte, tre film che appartenessero a categorie differenti, proprio per cercare di rispondere il più possibile ai diversi gusti del nostro pubblico. Il secondo criterio, che ha inciso sulle scelte, è stato senza dubbio la regia per un verso e il cast per l’altro, conentrandoci sempre su un alto valore d’entrambi. Infine, sono stati valutati i curatori di scenografia, fotografia e musica, che sono tutti aspetti molto importanti per l’effetto finale di una pellicola. Le proposte che seguono, rispondono, secondo noi, a criteri elevati sotto ogni aspetto.

Il primo film che vi suggeriamo è un thriller intitolato “MONEY MONSTER” per la regia di Jodie Foster, prodotto da: Allegiance Theater, Smokehouse Pictures, Sony Pictures Entertainment e distribuito da Warner Bros. Sarà nelle sale italiane dal 12 maggio vanta un cast veramente d’eccezione, che vede tornare in scena il binomio vincente: Julia Roberts e George Clooney. Supportati da calibri come: Jack O’Connell, Caitriona Balfe, Dominic West, Giancarlo Esposito, Emily Meade e Olivia Luccardi. Il protagonista è Lee Gates, interpretato da George Clooney, che è di fatto un venditore televisivo da strapazzo, ma il suo programma, Money Monster, ha in realtà un grandissimo successo trasformandolo nel mago di Wall Street. Gates, col suo programma, ha rovinato la vita di un uomo (Jack O’Connell) che ora lo ha sequestrato durante una diretta tv e lo accusa di averlo portato alla bancarotta con i suoi consigli d’investimento. Mentre il mondo segue in diretta la vicenda, Gates deve fare di tutto per restare in vita con l’aiuto della sua producer (Julia Roberts) che cercherà in tutti i modi di salvarlo portando alla luce una scomoda e scabrosa verità. Da gustare col fiato sospeso fino alla fine. Il film, s’avvale, anche, d’una solida sceneggiatura curata da Alan Di Fiore, Jim Kouf e Jamie Linden e della fotografia cupa e potente di Matthew Libatique.

Il secondo film che vi proponiamo è una brillante commedia, intitolata “INSOSPETTABILI SOSPETTI” (titolo in lingua originale: “Going in Style”) del regista Zach Braff, conosciuto soprattutto per il ruolo di J.D. nella fortunatissima serie “Scrubs”. Il film è prodotto da: Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), New Line Cinema, Warner Bros e distribuito da Warner Bros. Uscirà in sala dal 19 maggio e anche questa pellicola s’avvale dell’esecuzione di “mostri sacri” del cinema: Morgan Freeman, Michael Caine e Alan Arkin. Affiancati dalla maestria di altri grandi attori, quali: Joey King, Ann Margret, Christopher Lloyd, Matt Dillon, Marzia Dizzia. Remake dell’omonimo film di Martin Brest del 1979, ci parla di tre vecchietti, amici da una vita: Willie (Morgan Freeman), Joe (Michael Caine) e Al (Alan Arkin) che decidono d’invertire la loro esistenza da pensionati e di rischiare ogni cosa per la prima volta quando il loro fondo pensionistico sfuma a causa di un’imprevista crisi aziendale. Furiosi per non poter pagare i conti e preoccupati per il futuro delle loro famiglie, vogliono vendicarsi della banca, che si è dileguata con i loro soldi, rapinandola. Peccato che non sappiano, nemmeno, come maneggiare una pistola. Pellicola briosa che assicura risate. Il film s’impreziosisce con la gioiosa sceneggiatura di Theodore Melfi e la lucente fotografia di Rodney Charters.

L’ultimo film che vi consigliamo è pronto a soddisfare gli amanti dell’avventura, dell’azione e del fantasy: stiamo parlando dell’attesissimo “X-MEN: APOCALISSE” (titolo originale: “X-MEN: Apocalypse”) per la regia di Bryan Singer, prodotto da: Twentieth Century Fox Film Corporation, Marvel Entertainment e distribuito da 20th Century Fox. Sarà in sala dal 19 maggio, sia in formato 2D che 3D. Basato sui personaggi degli X-Men dei fumetti Marvel, il film è stato scritto da Simon Kinberg ed è il sequel di “X-Men – Giorni di un futuro passato”, nonché la nona pellicola della serie cinematografica degli X-Men. Il film è interpretato da: Jennifer Lawrence, Channing Tatum, Evan Peters, Michael Fassbender, Hugh Jackman, James McAvoy, Oscar Isaac, Nicholas Hoult, Olivia Munn, Sophie Turner, Rose Byrne, Tye Sheridan, Stan Lee, Kodi smit-McPhee, Lucas Till, Josh Helman. Il protagonista è Apocalisse, il primo e più potente mutante degli X-Men dell’universo Marvel. Fin dall’alba della civiltà, è stato venerato come un Dio. Accumulando i poteri di molti altri mutanti, è divenuto immortale e invincibile. Risvegliandosi negli anni ottanta, dopo migliaia di anni, resta deluso dal mondo e decide di reclutare un gruppo di potenti mutanti, fra cui un amareggiato Magneto. Quindi, affida loro il compito di purificare l’umanità e di creare un nuovo ordine su cui regnare. Mentre il destino della Terra è in bilico, Raven, con l’aiuto del Professor X, deve mettersi alla guida di un gruppo di giovani X-Men, nel tentativo di fermare il loro più grande nemico e di salvare l’umanità dalla completa distruzione. Effetti speciali e azioni serrate per uno dei film sicuramente più attesi del 2016. La sceneggiatura è affidata alle grandi menti di: Michael Dougherty, Dan Harris, Simon Kinberg e Bryan Singer. Le musiche di John Ottman completano le atmosfere del film.




Sushi B, un giardino segreto nel cuore di Milano

Nel cuore di Milano, a Brera, Sushi B offre un rifugio a una giornata di lavoro o di shopping in un ambiente dominato da un immenso giardino verticale.  Sushi B propone una cucina giapponese rivisitata in chiave creativa e innovativa grazie a uno staff in cui la tradizione nipponica si fonde con quella italiana. Niimori Nobuya è l’executive chef, mentre al bar regnano Alessandro Avilla e Lorenzo Andreoni.

L’indirizzo è di quelli iconici: Via dei Fiori Chiari 1/a , proprio all’incrocio rispetto all’Accademia di Brera, in quel che rimane della Milano da bere dopo il rilancio vissuto grazie a Expo. Moda, movida e arte….tutto questo è Brera, insieme a astromanti, bancarelle e un proliferare di ristoranti.  Sushi B tuttavia merita almeno una aperitivo. Se si passa nelle ore pomeridiane l’edificio dice molto poco, ma basta arrivare per l’apertura, possibilmente serale, dalle 19.00, per aprirsi un varco in un giardino secreto. E’ forse infatti la parete verticale trasformata in un rigoglioso giardino uno dei motivi di maggior fascino dei Sushi B per una Milano rimasta orfana del leggendario negozio di Reply in Corso Vittorio Emanuele che per anni offriva uno squarcio di verde all’interno della “City”.  Sushi B offre proprio questo una pausa rigenerate in pieno passeggio dove, se solo si gira lo sguardo alla parte verticale verde, si può godere di una pausa rigenerante sorseggiandone un drink …o, per chi può, assaporando sushi, sashimi e tartare freschissimi e preparati sul momento.

L’aperitivo al Sushi B propone, dalle 19 alle 21.30, una scelta inconsueta di cocktail accompagnati, al semplice prezzo del solo cocktail (10 euro gli analcolici, mentre per gli alcolici si parte dai 13 euro), da delizie servite al tavolo e variabili di giorno in giorno. In particolare il Sushi B suddivide i cocktail in East Inspiration e West Inspiration, in base al drink di provenienza. Da provare il Shinkansen (gin Jinzu, Junmai Ginko, limone, acqua al lemongrass, agave e shiso), il cui nome è lo stesso della linea ad alta velocità giapponese, perché si dice che si beva allo stesso ritmo. Indimenticabile l’appariscente Caosmopolitan (Gin Tanueray al limone, Combier, limone, melograno e fumo al lemongrass) che viene presentato sotto una cupola di vetro per mantenere l’affumicatura; passando da una versione più morbida del classico Negroni: The Boulevardier (Whiskey Bulleit Rye, vermuth Antica Formula, bitter Campari e assenzio), appariscente con il cubo di ghiaccio al suo interno.

Per chi  cerca un viaggio nella cucina giapponese, il Sushi B prevede due menù degustazione: da sette portate (70 euro) o da dieci portate (140 euro).




“Il Metodo”, una commedia nera sulla crudeltà dei rapporti di lavoro

“Il Metodo” è in arrivo al Teatro Manzoni di Milano, una commedia nera di estrema attualità sui rapporti di lavoro e sui compromessi che si è disposti ad accettare in vista di carriera e professione, traguardi oggi sempre più fragili,  difficili da raggiungere ma, allo stesso tempo, necessari per raggiungere l’accettazione sociale. Lo spettacolo porta la firma di Lorenzo Lavia e vede in scena Giorgio Pasotto, Fiorella Rubino, Gigio Alberti  e Antonello Fassari.  Il debutto de “Il Metodo”  è fissato per il 5 maggio e lo spettacolo resterà in scena fino al 22 maggio. La commedia dell’autore catalano Jordi Galceran racconta la crudeltà dei rapporti lavorativi: quanto possa essere crudele lo stesso ambiente professionale, fino a che punto si possa permettere alle aziende di applicare gerarchie ingiuste e, indefinitiva, fin dove si arrivi a ritenere una simile rappresentazione teatrale verosimile?  È su questi temi, quanto mai attuali, che si sviluppa “Il metodo”.

“Il Metodo Gronholm, questo è il titolo originale, anche se ho preferito chiamarlo semplicemente “Il Metodo” per cercare di astrarre il più possibile ogni riferimento geografico o alla persona, come se questo “Metodo” di giudizio che servirà per scegliere uno dei quattro personaggi per un impiego, fosse anche un “Metodo” archetipo della società” spiega Lavia secondo cui  la società in cui viviamo è “una società che cerca sempre di sapere chi siamo, per poterci meglio controllare, una società pronta ad elevarci, per poi rigettarci verso il fondo. Uomini costretti ad umiliarsi per poter far parte della comunità globale in cui viviamo tutti quanti noi”. Nella commedia, viene usato il lavoro, come fondamento della  società, con tutti i suoi difetti di sessismo, razzismo, odio, menzogna, dove ci si deve velare per potersi svelare e una ipotetica multinazionale che qui diventa un simbolo religioso ed unico.

“Il metodo” si apre  in una sala riunioni asettica, si trovano, per l’ultimo colloquio “congiunto”, quattro candidati ad un incarico di manager per una importante multinazionale. I quattro personaggi de “Il metodo” si rivelano subito persone ciniche, disposte a tutto pur di ottenere il solo posto disponibile. In una busta chiusa arrivano delle prove e qui comincia il gioco, il thriller.

Galceran, nell’opera originale a cui si ispira “Il Metodo” chiama Dekia la fantomatica multinazionale svedese entro cui si svolge la storia. “E’ chiaro che il gioco di parole con L’Ikea non è casuale, perché viene presa come la multinazionale assoluta, simbolo unico della nostra collettività. … Ogni casa  in qualunque parte del mondo, anche se sono in guerra tra loro, ha almeno un oggetto dell’Ikea o “Dekia” ” ricorda Lavia che poi spiega: “Ecco perché ho scelto di far svolgere la storia in un luogo non luogo, che possa essere una stanza o il mondo intero e dove l’unico contatto con l’esterno, ovvero quello che non vediamo e non sentiamo, come tutte le cose di cui abbiamo fede o temiamo, viene dall’alto. Un luogo del profondo dove gli unici colori che esistono, arrivano dalle cose che noi usiamo ed indossiamo e consumiamo. A parte il colore di un cielo che ogni tanto ci ricorda cosa siamo veramente”.

La drammaturgia de “Il metodo” è scorrevole e permette un vivo coinvolgimento del pubblico che si trova continuamente a dover valutare ciò a cui assiste. Lo spettacolo ha il grande pregio di riprodurre in scena ambienti e situazioni comuni a tutti, che viviamo ripetutamente nella quotidianità e ritroviamo sul palco con tutta un’altra suspense. Un cinismo maieutico, che riesce a far risultare chiara, ma mai banale, la possibilità di rispondere “no” alle ingiustizie.

 

DOVE, COME E A QUANTO
Teatro Manzoni di Milano – 5-22 maggio
Orari: Feriali  ore 20.45 –  Domenica ore 15.30
Biglietti a partire da 23 euro

 




Malika Ayane è Evita

Malika Ayane incontra il mito di Evita Perón nel nuovo musical firmato da Massimo Romeo Piparo: sarà infatti la cantante milanese a vestire i panni della protagonista nella nuova produzione targata Peep Arrow Entertainment, che presenta per la prima volta in italiano il celebre musical scritto da Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, liberamente ispirato alla vita dell’indimenticabile moglie del presidente argentino Juan Domingo Perón. Un debutto atteso per questa nuova versione di Evita, che promette forti emozioni e che consegna al pubblico le luci e le ombre di una figura entrata nell’immaginario collettivo popolare. Accompagnata dall’orchestra dal vivo, Malika Ayane si troverà dunque faccia a faccia con questa icona di carisma e determinazione, in un musical sofisticato e curatissimo, che fa dell’intensità la sua carta vincente. Molto amata dal pubblico per la classe e le suggestioni della sua voce, l’artista metterà il suo poliedrico talento al servizio di un personaggio complesso e affascinante, dalle mille sfaccettature.