Shoo Loong Kan

Al Shoo Loong Kan per un viaggio in Cina senza muoversi da Milano

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In viaggio in Cina, nello  Sichuan, senza muoversi dal cuore di Milano, da Via Farini 21 tra Chinatown e Porta Garibaldi. Ed è questo, un vero e proprio viaggio nel gusto dello Sichuan, che propone  Shoo Loong Kan, il primo ristorante in Italia (e uno dei sette in Europa) della catena dedicata all’hot pot, un piatto simbolo di socialità e condivisione a tavola originario della Terra dai Mille Volti, la provincia sud occidentale della Cina attraversata dal Fiume Azzurro e habitat naturale dei panda giganti.

Tra lanterne rosse e pagode in legno che riprendono l’architettura dei villaggi dello Sichuan, al Shoo Loong Kan gli ospiti si trasformano in chef, cuocendo da soli e secondo il proprio gusto carne, pesce, verdure e noodle all’interno dei brodi che bollono  in un enorme pentolone condiviso, l’hot pot. Fin dal nome Shoo Loong Kan richiama la cultura della provincia di Sichuan dove l’hot pot ha avuto origine secoli fa almeno secondo una certa tradizione (un’altra fa risalire questa fondue cinese ai mongoli),   Shoo Loong Kan, che in alfabeto fonetico pinyi diventa significa infatti promontorio del piccolo drago (Xiao ()= piccolo, Long ()= drago, Kan )= promontorio, pendio) e riporta a sua volta a Chongqing, la città dove è iniziato il rito dell’hot pot.

Ed è proprio questa particolare pentola in rame posta al centro di ogni tavolo, costantemente riscaldata e condivisa dagli ospiti, l’hot pot appunto, la protagonista di Shoo Loong Kan. Nell’hot pot bollono fino a tre diversi brodi (il prezzo varia da 12 a 15 euro, è fisso, non dipende dal numero dei commensali e il brodo verrà costanemente riempito nel corso della serata), dai più classici ai più piccanti anche con variante vegana, in cui cuociono le pietanze da abbinare poi a una o più salse, create secondo il proprio gusto con un mix di oltre 16 condimenti, spezie, oli vegetali, sperimentando ogni volta nuove combinazioni. Un’esperienza sensoriale divertente, aggregante e gustosa dove lasciarsi stupire, guidati dallo staff, da sapori inattesi e da verdure dai nomi impronunciabili, condividendo con gli altri commensali la sorpresa della “pesca” nel brodo.

Nell’hot pot infatti cuociono diversi ingredienti contemporaneamente in un mix tutto da inventare tra frutti di mare e pescato, tagli di carne, Wagyu compreso, e frattaglie selezionati da Macelleria Sirtori, verdure e funghi orientali dalle foglie di crisantemo al taro, dalle patate igname alle alghe, dal sedano lattuga al melone d’inverno, dai funghi shitake agli enoki, dalle orecchie di Giuda ai shimeji bianchi o marroni.

Per  chi desiderasse qualcosa dalla cucina ci sono anche alcune chicche dello chef Michele Yang. Il tutto da abbinare a vini, birre e sake (anche in degustazione) o con i Loong Tea a base di the freddo alla camelia e frutta, peculiarità del locale. Ad accogliere gli ospiti Chen Yeyan, per anni direttore di sala dello storico ristorante giapponese Osaka.

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