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È ancora stagione di operetta

Il 3 e 4 dicembre riparte la Stagione di Operetta al Teatro San Babila di Milano con tre titoli da sempre nel cuore degli amanti dell’operetta. Si parte con “Il paese dei campanelli”, per proseguire con  “La vedova allegra” e, a seguire, “Scugnizza”.

Il via alla stagione di operetta del teatro San Babila di Milano è dato quindi da “Il paese dei campanelli”, operetta in tre atti di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato per la regia di Elena D’angelo. In scena la stessa Elena D’Angelo, Matteo Mazzoli, Francesco Tuppo e Gianfranco Cerreto. Il Direttore d’orchestra è Sandro Cuccuini, mentre le coreografie Salvo Aversano e il Corpo di ballo è composto dalla Compagnia Orizon.

“Il paese dei campanelli” debutta proprio a Milano in un nebbioso novembre meneghino del 1923 al Teatro Lirico stipato in ogni ordine di posti. Proprio qui trionfa un’operetta nuova scritta a quattro mani da Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, che sul podio dirige l’orchestra sudato, affannato, ma felice del riscontro ottenuto. A completamento del successo il giorno successivo tutta Milano fischietta i motivi più orecchiabili dell’operetta andata in scena.

“Il paese dei campanelli” deve peraltro molta della sua fortuna soprattutto all’apparato comico davvero notevole con un caleidoscopio di equivoci e situazioni esilaranti che riescono a strappare un sorriso anche allo spettatore più disincantato. In un’immaginaria isola olandese esiste il paese dei campanelli. Qui, la leggenda dice che se una moglie tradisce il marito, il campanello della casa in questione suonerà e tutti sapranno così quello che è successo. Nessuno li ha mai sentiti suonare, ma né le donne né gli uomini del paese hanno il coraggio di tentare di dimostrare il contrario. Tutto resta tranquillo fino all’arrivo di una nave militare inglese, costretta all’attracco nel porto dell’isola. Gli ufficiali della nave scendono a terra e capita l’inevitabile…

Alcuni brani musicali poi, in particolare “Luna tu, non sai dirmi perché”, conosciuto anche come fox della luna e “Balla la giava” o “il duetto del ricamo”, permeati da finezze orchestrali e soluzioni melodiche di particolare interesse, hanno finito per brillare nel tempo di luce propria, godendo di un successo anche esterno ad un’operetta che può sicuramente essere ritenuta “senza tempo”.

Passano i decenni, passano le mode e gli interpreti, ma i campanelli di Lombardo e Ranzato continuano a tintinnare per la gioia di tutti coloro che amano prendersi un paio di ore di tregua dai guai quotidiani per ridere e divertirsi e farsi cullare da una fiaba avvincente e da semplici ed orecchiabili melodie.

DOVE, COME E A QUANTO – Stagione di Operetta: “Il paese dei campanelli”

Teatro San Babila di Milano – 3 (h: 20.30) e 4 dicembre (h: 15.30)
Biglietti da 20 euro

 




Anna Mazzamauro è “Nuda e Cruda”

Anna Mazzamauro debutta mercoledì 1 dicembre al Teatro Delfino di Milano in “Nuda e Cruda”, scritto dalla stessa artista  con musiche originali di Amedeo Minghi e la regia di Livio Galassi.

In “Nuda e Cruda” Anna Mazzamauro esorta il pubblico a spogliarsi dei ricordi cattivi, degli amori sbagliati, dei tabù del sesso, a liberarsi dalla paura della vecchiaia e a esibire la propria diversità attraverso risate purificatrici. Anna Mazzamauro racconta di sé, della vita e degli esordi cinematografici, prendendo spunto dalla bruttezza. “Nuda e Cruda” è quindi una confessione pubblica in cui la protagonista si spoglia dei suoi complessi, butta via la maschera, si prende in giro, si libera di tutti quei pregiudizi borghesi ricevuti, da cui noi, ipocritamente, pensiamo di essere liberi e che invece rendono questa confessione così forte e dura.

“Io sono atipica: brutto vuol dire volgare e sporco. La mia gioia è che dopo anni di crisi adolescenziali di sofferenza nel dover portare il peso dell’atipicità (per gli altri, non per me) ho capito che può essere anche un altro modo di essere belle. Io non ho, né avrò mai il cruccio delle mie colleghe che sono sempre state bellissime e giovanissime e muoiono di dolore perché non lo sono più, rimpastandosi, rimpolpandosi e tirandosi. Per la carità, fanno bene: loro sono state belle e si rifanno tali e io, che faccio? Mi rifaccio brutta un’altra volta?” dice di sé Anna Mazzamauro che  nel corso dello spettacolo interpreta personaggi, canta e lascia spazio a improvvisazioni a sorpresa.

Al pianoforte e chitarra, Sasà Calabrese. Al violino, Andrea De Martino. Costumi: Graziella Pera. Fonico di Compagnia, Pietro Malatesta. La Produzione è di Stefano Mascagni e A.C.T.I Teatri Indipendenti.

DOVE, COME E QUANDO – “Nuda e Cruda” di Anna Mazzamauro
1-4 dicembre Teatro Delfino di Milano h 21.00 e domenica h 16.00
Biglietti da 20 euro

 




Alan Bennet arriva a teatro

“Nudi e Crudi” debutterà al Teatro Manzoni di Milano il prossimo 24 novembre e rimarrà in scena fino all’11 dicembre. La commedia, tratta dal romanzo di Alan Bennet del 2001, vede protagonisti della scena Paolo Calabresi e Maria Amelia Monti. Alla regia Serena Sinigaglia

Paolo Calabresi e Maria Amelia Monti interpretano una coppia impeccabile inglese, i Ransome creata dalla brillante penna di Alan Bennet. I due, tornando a casa dopo una serata a teatro, trovano l’appartamento completamente vuoto, svaligiato da ladri che non hanno lasciato né un interruttore, né un rubinetto, né la moquette sul pavimento? La loro vita tranquilla e ripetitiva viene completamente sconvolta. Però la reazione dei due è diversa: lui si incupisce e si arrabbia sempre più, lei prova un senso di sollievo e quasi di liberazione. E mentre il gioco dei caratteri, esasperato da visite inattese, diventa sempre più esilarante, il mistero del furto trova un’imprevista soluzione.

“Mr e Mrs Ransome sono due archetipi creati da Alan Bennet. Cosa può accadere se di colpo i Ransome si ritrovano “nudi e crudi”?” commenta Sinigaglia per poi aggiungere: “Forse se riuscissimo a convivere con il nostro lato dionisiaco, se avessimo forza e coraggio per sostenere con garbo la libertà di cui in teoria siamo dotati, forse riusciremmo ad essere veramente più vicini a ciò che siamo. Qui sta il punto, a mio parere, qui Bennett diventa universale e parla a tutti noi, nessuno escluso. La vita è tutta nel cambiamento, nel movimento imprevisto, in quella vertigine che ti dà il vuoto”.

Dopo due stagioni con Angela Finocchiaro nella commedia La Scena di Cristina Comencini, Maria Amelia Monti – uno dei volti più noti della tivù (Finalmente soli con Gerry Scotti) e del teatro italiano (Tante belle cose di Edoardo Erba con Gianfelice Imparato) – si misura col personaggio della perfetta moglie inglese, creato da Alan Bennett.  Paolo Calabresi (già  protagonista della serie Rai Zio Gianni, dal 2008 una “iena” ufficiale de Le Iene su Italia 1, al cinema in Un Natale stupefacente, regia di Volfango De Biasi 2014)  in Nudi e Crudi interpreta un indimenticabile marito e, grazie a Alan Bennet, torna in teatro dopo due stagioni a fianco di Lella Costa.

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DOVE COME E A QUANTO – “NUDI E CRUDI”

Teatro Manzoni di Milano – 24 novembre – 11 dicembre
Oraei:: feriali e 7 dicembre ore 20,45 – domenica e 8 dicembre ore 15,30
Biglietti da 23 euro




Vesna Pavan in “Fermo Immagine”

Vesna Pavan, artista di Spilimbergo (PN) che, come ama definirsi, è una donna che dipinge altre donne, prende e riconferma il suo impegno sociale a favore delle vittime di deturpazioni da acido. Venerdì 25 novembre 2016, in occasione della Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne, Vesna Pavan inaugurerà infatti una mostra fotografica di sensibilizzazione sul tema, dal titolo “Fermo Immagine”. Il percorso fotografico voluto da Vesna Pavan, sarà aperto al pubblico dalle ore 13:00 alle ore 19:00 all’interno della galleria “Spazio M7” di via Monte Nevoso 7 a Milano. L’esposizione rimarrà accessibile poi fino al 30 novembre 2016 e sarà visitabile  su appuntamento.

La mostra è composta da circa duecento foto che Vesna ha scelto tra le immagini più significative, viste in tv negli ultimi due anni e mezzo. “Fermo Immagine” ha l’obiettivo di farci riflettere su due aspetti: il primo riguarda la velocità dei video che vengono proiettati durante i telegiornali, che talvolta rende impossibile una visione chiara e una comprensione completa; il secondo è lo spaventoso numero di donne che hanno subito violenze, percosse e mutilazioni negli ultimi due anni e la necessita di fare qualcosa affinché la situazione possa cambiare.

Venerdì 25 novembre  verrà presentato, in anteprima assoluta, il video raffigurante l’installazione multi-sensoriale, che Vesna Pavan aveva allestito il 14 febbraio 2015, in occasione della presentazione di RED&FUCHSIA, progetto umanitario che Vesna Pavan sta portando avanti allo scopo di raccogliere fondi da destinare ad ASFI (Acid Survivors Foundation India) e ASTI (Acid Survivors Trust International), associazioni umanitarie che assistono quotidianamente le donne che hanno subito violenza. Centoventicinque opere appartenenti al ciclo SKIN sono state realizzate da Vesna appositamente per essere vendute all’asta nelle sedi Rotary di 24 paesi, dall’Italia all’India, e i proventi verranno devoluti interamente alle due associazioni.

 




Nicola Vaporidis in scena a Milano

Nicolas Vaporidis, Luca Angeletti, Augusto Fornari e Toni Fornari saranno in scena dal 22 al 27 novembre  al Teatro San Babila con la commedia “Finchè giudice non ci separi”, scritta a quattro mani  da Andrea Maia, Augusto Fornari, Toni Fornari, Vincenzo Sinopoli.   “Finche giudice non ci separi”, diretta da Augusto Fornari, trascina lo spettatore all’interno di un piccolo appartamento dove tra sensi di colpa, arrabbiature, disperazione, ironia e sarcasmo si snodano le vicende di quattro amici alle prese con la separazione dalle loro mogli.

Quattro amici, interpretati appunto da Luca Angeletti, Augusto Fornari, Toni Fornari, e Nicolas Vaporidis vivono tutti la stessa situazione di uomini separati, con le difficoltà che sono costretti ad affrontare, a questa già complicata situazione si aggiunge l’inaspettata presenza della vicina di casa, interpretata da Laura Ruocco che stravolge il già precario equilibrio del gruppo.

“Finchè giudice non ci separi” annovera tra i suoi interpreti alcuni dei volti più amati dalla tv e dal cinema nelgi ultimi anni, da Nicolas Vaporidis, indimenticabile in “Notte prima degli esami”, a Luca Angeletti (il Giulio di “Tutti pazzi per amore), Augusto Fornari interprete del cult di Rocco Papaleo “Basilicata coast to coast”, fino a Laura Ruocco (nel cast di “Stasera che sera”) e a Tony Fornari (tra gli interpreti de “La Mandrakata” e “Cuore contro cuore”).  

 

DOVE, COME E A QUANTO – “Finchè giudice non ci separi”
Teatro san Babila di Milano 22-27 novembre
Orari: martedì, giovedì, venerdì, sabato ore 20.30; mercoledì e domenica ore 15.30
Biglietti da 15 euro




Piparo “Porto in scena Evita e sogno il Fantasma dell’Opera”

Alla vigilia della prima nazionale di Evita, l’opera di Andrew Llyod Webber e Tim Rice portata in Italia da Massimo Romeo Piparo, il regista rivela a Cosmopeople di avere due sogni nel cassetto: portare in scena “Il Fantasma dell’Opera” sempre di Lloyd Webber e “La Cavalleria Rusticana” di  Pietro Mascagni. Due sogni in realtà non così distanti come potrebbe, in apparenza, sembrare. Il problema, svela Piparo, per il Fantasma dell’Opera è l’allestimento. Per il musical di Webber occorrono teatri d’opera che, però, in Italia difficilmente vengono concessi per questo genere di spettacolo. Purtroppo. Anche Cosmopeople, come Piparo, sogna infatti prima o poi di non dover andare fino a Londra o a New York per godere de “Il Fantasma dell’Opera”. Quanto alla direzione di un’opera lirica “non mi chiamano mai, nonostante la mia esperienza. Eppure, sarei disposto a lavorare anche per teatri piccoli, pur di potermi dedicare alla lirica e dirigere Cavalleria Rusticana” confessa con un pizzico di amarezza Piparo.

Intanto domani, al Teatro della Luna di Assago (Milano), debutta Evita, con Malika Ayane e Filippo Strocchi. Un dejà vù, considerando la sua precedente produzione del 1996.  Perché questa scelta di tradure canzoni iconiche dall’italiano all’inglese? Tutto sommato la sua ultima produzione di “Jesus Christ Superstar” è stata un successo anche mantenendo le canzoni in lingua originale.
Piparo: “La storia di Cristo è cosciuta. Per Evita volevo che il pubblico potesse avvicinarsi al personaggio e comprenderne tutte le diverse sfaccettature. Il che era possibile solo traducendo i testi di Tim Rice dall’originale inglese all’italiano così da poter tirare le fila del racconto. Persino davanti al film di Madonna e Antonio Banderas il pubblico obiettava che si trattava di una pellicola tutta cantata e tutta in inglese. Vorrei eliminare almeno il problema della comprensione in modo da rendere lo show pienamente apprezzabile dal maggior pubblico possibile. Evita, infatti, lascia il segno. Lo lascia in chi legge la sua storia, ascolta questa musica, rivive quel periodo storico. Usare una lingua immediatamente e totalmente comprensibile ha permesso di andare più a fondo nella psicologia dei personaggi e rende prontamente leggibile la differenza tra storia e fantasia, in un continuo gioco di contrasti, tra luce e buio, bianco e nero, giusto e sbagliato, possibile e impossibile“.

Manterrà l’italiano anche nel tour estero che con Evita promette di bissare i successi ottenuti da “Jesus Christ Superstar”? Ha già le date?
Piparo: “All’estero Evita sarà in inglese. Per quanto riguarda il tour, pur avendo già avuto contatti a riguardo, posto che lo show è nato per essere allestito anche al di fuori dei confini nazionali, non ho ancora le date. Prevedo comunque per Evita, così come è stato per “Jesus Christ Superstar”, tappe in Olanda e nel Nord Europa dopo il 22 gennaio, quando per Evita si chiude il round in Italia dopo Milano (9-27 novembre), Genova (Politeama Genovese dal 29 novembre), a Firenze (Teatro Verdi dal 6 dicembre), Teatro Sistina a Roma (14 dicembre- 15 gennaio) e Trieste al Politeama Rossetti (dal 18 gennaio)“.

Rispetto al 1996 cos’è cambiato per Evita?
Piparo: “Sostanzialmente è cambiato il modo di raccontare le storie con l’esplosione di immagini e suoni resa possibile da Youtube, Google, Wikipedia. La sterminata forza della rete, non esisteva nel 1996. Ero io a dover raccontare una storia poco nota in Italia e l’idea di proiettare in scena immagini recuperate sulle bancarelle di Buenos Aires, rendeva il mio spettacolo innovativo, formativo, narrativo. Oggi quel modello mi si è sgretolato davanti. E se da un lato ciò agevola la missione del racconto, dall’altro sottrae magia alla messinscena di quella che rimane un’Opera calata nella Storia. Questo nuovo allestimento, a distanza di vent’anni, ha come pilastro la scelta della lingua italiana per i testi. La struttura operistica, e cioè interamente cantata e senza spazi di prosa, fa sì che nelle canzoni si racchiuda tutta la magia e la poesia del racconto“.

Quanto costa Evita? E in quanto tempo prevedete di ammortizzare i costi?
Piparo: “Il solo allestimento supera il milione. L’intera produzione, cast compreso i 2,5 milioni. Speriamo di ammortizzarla presto e comunque entro il 22 gennaio“.

..e dopo Evita a cosa sta lavorando?
Piparo: ” Ho in cantiere due progetti: una produzione originale tratta dal film di Roberto Rossellini “Roma città aperta”,  di cui ho rilevato i diritti, e una riproposizione di “Mamma Mia

Almeno per “Mamma Mia” le canzoni degli Abba le lascerà in inglese? Ha visto e cosa pensa della prima produzione di Mamma Mia allestita pochi anni fa in Italia?
Piparo: “Le canzoni degli Abba in “Mamma Mia” saranno lasciate in originale, ma rispetto a Evita si tratta di uno show differente… non un’opera rock ma una commedia musicale. Quanto alla produzione di qualche anno fa. …che dire, onestamente preferisco non esprimermi

“Jesus Christ Superstar”, “Evita” e ora “Mamma Mia”, oltre al Sogno di portare in Italia “Il Fantasma dell’Opera” … musical che hanno oltre 17 anni e, in alcuni casi, più di quaranta. Musical di successo e che continuano a esser allestiti. Così come tanti altri che, perennemente, vengono riproposti a teatro. Ma qualcosa di nuovo?
Piparo: “Il mercato italiano è particolarmente difficile. Manca il tessuto produttivo da un lato, ma anche la spinta e la curiosità da parte del pubblico che si fida, troppo spesso, dei soli titoli di cartellone noti. Noi comunque cerchiamo di coinvolgere le città in cui portiamo gli spettacoli, ospitando in scena scuole di musical, di danza, di canto e con ulteriori iniziative“.

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Valle del Diavolo, la Toscana mai vista

È una Toscana sconosciuta quella della cosiddetta Valle del Diavolo, colline su colline comprese tra Grosseto e Siena. Eppure è una Toscana da scoprire, tra paesaggi inconsueti, gioie enogastronomiche, geotermia e scienza.

Con i suoi soffioni, fumarole e putizze e la sua conformazione geologica che porta alla presenza di numerose acque sorgive bollenti, si dice che sia stata proprio questa area della Toscana ad ispirare Dante Alighieri nella sua descrizione della porta dell’Inferno.

È una Toscana meno conosciuta ma che vale la pena di scoprire anche perché proprio la geotermia sta dando origine a un movimento che coinvolge materie prime, cucina e persino birre prodotti grazie all’energia geotermica…. Uno slowfood geotermico

Un giro in questa particolare area della Toscana non può che iniziare dalla sua capitale, Larderello, borgo nato su una fabbrica modello di fine ottocento (con tanto di statuto che prevedeva una serie di provvedimenti, all’epoca decisamente inconsueti, a favore degli operai) e oggi orgoglio della sperimentazione dell’Enel, in ambito geotermico ed eccellenza italiana nel mondo. Larderello infatti deve costituzione alla scoperta di Uberto Francesco Hoefer di Colonia sul Reno, “Provisioniere delle reali farmacie” della Toscana,  dell’acido borico nel lagone di Monterotondo Marittimo. Da qui, nel 1818 il conte Francesco de Larderel ha dato avvio all’attività chimica per produrre, appunto acido borido (in precedenza importato) e il principe Piero Ginori Conti nel 1904 alla trasformazione del calore geotermico in energia.  Larderello porta con orgoglio la medaglia di città geotermica tanto da mettere in evidenza, in uno scenario inconsueto, le stesse, lucidissime, tubature, vapordotti che imbrigliano il vapore sprigionato dai soffioni, come parte integrante del paesaggio. Qui si può persino visitare un museo unico nel Paese dedicato interamente alla geotermia: scoprire come già gli antichi romani avevano individuato questa particolarità del territorio della Toscana, verificare le applicazioni della scienza nella vita quotidiana e sperimentare la discesa e la risalita di una goccia di pioggia al centro della terra. Un museo mai banale e destinato ad affascinare grandi e piccini.

Da non perdere lo spettacolo impressionate dei soffioni, veri e propri geyser che fuoriescono dal terreno e volano in alto nell’aria, parco delle Biancane con il vapore che esce dalle fratture delle rocce a cui ha donato il colore bianco e sasso Pisano, borgo dove è possibile assistere allo spettacolo dei soffioni e ammirare il più grande centro termale etrusco e romano.  Lo scenario è davvero suggestivo in un’alternanza di borghi antichi e boschi, si stagliano colonne di vapore sprigionate dalle fessure nel terreno, dai soffioni dismessi e dalle torri delle centrali geotermoelettriche, ci si può imbattere in lagone, ovvero missione di acqua calda dal sottosuolo, che si raccoglie in un lago naturale e i intrecciano tubature tirate a lucido. Storia, scienza e natura in un’unione unica

Un week end in Toscana nelle terre della geotermia non può che comunque prescindere dai  luoghi etruschi e dai numerosi borghi caratteristici della valle (da Rocca Sillana con il suo imponente fortilizio del XII secolo che offre una vista mozzafiato da Siena a Volterra fino al mare, Sasso Pisano, Monterondo Marittimo con le sue vasche termali …) che si succedono collina dopo collina fino ad fino ad arrivare sulla costa.




Mario Perrotta racconta la Grande Guerra

Mario Perrotta, per la prima volta al Piccolo, porta in scena il quindicidiciotto con “Milite Ignoto”, piccole storie della Grande Guerra, monologo tratto da tratto da “Avanti sempre” di Nicola Maranesi. Lo spettacolo che segna il debutto di Mario Perrotta al Piccolo, al Teatro Studio dal 15 al 20 novembre, racconta il primo, vero, momento di unità nazionale.  È, infatti, nelle trincee di sangue e fango che gli italiani si sono conosciuti per la prima volta: veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombardi accomunati dalla paura e dallo spaesamento per quell’evento più grande di loro, smarriti nella babele di dialetti che risuonavano in quelle trincee. Per questo Mario Perrotta immagina tutti i dialetti italiani uniti e mescolati in una lingua d’invenzione, una lingua che si facesse carne viva, una lingua nuova che regala allo spettacolo un suono sconosciuto ma poggiato sulle viscere profonde del nostro Paese.

“Questa è l’unica cosa che ricordo: che sono in guerra, una guerra enorme, mondiale addirittura e io – io che non so più chi sono, io sconosciuto anche alla sola madre che mi resta, la Madre Patria – io, per essa giurai di morirmene, proprio come le altre 90.000 tonnellate di muscoli e ossa, morte prima di me” commenta, appunto, il Milite Ignoto dell’Opera.

“Ho scelto questo titolo, “Milite Ignoto”, perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario …. E per ignoto ho voluto intendere “dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce” sostiene Mario Perrotta che poi aggiunge: ” Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campi di battaglia per i corpo a corpo, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime. Un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti sono semplici ingranaggi della macchina della storia, del meccanismo che li ingoia e li trasforma in cose. E proprio per questo sono andato controcorrente e ho rivolto la mia attenzione verso le piccole storie, verso gli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia”.

COME, DOVE E A QUANTO
Milite ignoto -quindicidiciotto, spettacolo di Mario Perrotta con Mario Perrotta
Piccolo Teatro Studio Melato (Via Rivoli, 6 – M2 Lanza)
dal 15 al 20 novembre 2016
Orari: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.
Biglietti da 26 euro

 




Michele Riondino porta Faber a teatro

Michele Riondino debutta in “Angelicamente Anarchici” a Narni il prossimo 12 novembre, per poi approdare al teatro Carcano di Milano il dal 16 al 20 novembre. La commedia, che vede Michele Riondino alla regia oltre che in scena, è prodotta dal Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e Promo Music.

In “Angelicamente Anarchici” Michele Riondino dà voce a Don Andrea Gallo e racconta il suo quinto Vangelo: quello secondo Fabrizio De André. “I miei vangeli sono cinque: Matteo, Marco, Luca, Giovanni e Fabrizio … É la mia Buona Novella laica. Scandalizza i benpensanti, ma è l’eco delle parole dell’uomo di Nazareth che, ne sono certo, affascinò il mio amico Fabrizio” dichiarava in merito Don Gallo.  Quella tra Don Gallo e De André,  il sacerdote anarchico e il poeta,  è stata un’amicizia fortissima unita dal desiderio di giustizia, dalla cultura libertaria e soprattutto dalla concezione della vita come cammino e incontro, prescindendo da qualsiasi pregiudizio. Per comporre il suo “Vangelo laico”, Don Andrea Gallo ha scelto alcune delle più suggestive canzoni di Faber in cui ha rintracciato il nucleo del messaggio evangelico, che è un messaggio penetrante e universale: c’è la coscienza civile, la comprensione umana, la guerra all’ipocrisia e il desiderio di riscatto della condizione umana emarginata perché “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Protagonista della scena  Michele Riondino, già interprete di fiction televisive   (Il giovane Montalbano, Distretto di Polizia, Pietro Mennea – La freccia del Sud) e film (Il giovane favoloso e Noi credevamo di Mario Martone; Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari; Marpiccolo di Alessandro di Robilant).

Dopo Milano,  Michele Riondino porterà in scena “Angelicamente Anarchici” a Roma (Teatro Vittoria, 22-27 novembre), Torino (Teatro Colosseo, 30 novembre), Firenze (Teatro Puccini, 2-3 dicembre), Genova (Politeama Genovese, 7 dicembre), Riccione, Asti, Caltanissetta, Perugia, Campobasso, Bari, Bologna e altre città.




“BOTTICELLI. INFERNO”, il lato oscuro di Botticelli

di Elisa Pedini – Nelle sale solo per le date: 7, 8, 9 novembre, arriva il film “BOTTICELLI. INFERNO”, ad opera dello scrittore e regista Ralph Loop che ha dato alla luce una pellicola di rara bellezza.

“BOTTICELLI. INFERNO”  si rivela un viaggio avvincente e approfondito nei luoghi della vita e del lavoro di Sandro Botticelli, ben poco noti, soprattutto, sotto l’ottica d’indagine artistica e introspettiva con cui vengono proposti. Un docu-film curato e avvincente come un thriller, che consiglio vivamente, perché offre, tra le altre cose, l’opportunità di visionare un’opera, di cui non si potrebbe altrimenti godere.

A sole poche settimane dall’uscita del film di Ron Howard tratto da “Inferno” di Dan Brown, “BOTTICELLI. INFERNO”, ci mostra un aspetto, del pittore, nuovo, inquietante ed estremamente importante, di fatto, forse, il più significativo. A tutt’oggi, l’opera di Botticelli continua a coinvolgere ed emozionare. I suoi quadri più celebri portano, nei musei e nelle mostre di tutto il mondo, migliaia e migliaia di visitatori, ogni anno. Tuttavia, il Botticelli più noto e acclamato è quello della rappresentazione del mito, della leggenda, della bellezza ideale sulla terra, ben poco si sa dei suoi disegni più intimi, misteriosi, oscuri, che, forse, son quelli che, più di qualsiasi altra opera, consentono di conoscerlo nel profondo.

“BOTTICELLI. INFERNO”, trasporta lo spettatore proprio dentro la creazione d’un disegno: la “Mappa dell’Inferno” di Dante, rimasta a lungo custodita, al sicuro, nei depositi del Vaticano e che diventa, oggi, protagonista di questo film. Un vero e proprio viaggio nel mistero, attraverso i nove livelli dell’Inferno dantesco, nel Purgatorio e finalmente nel Paradiso. Mi limiterò a tratteggiare il contenuto avvincente ed inedito di questo film, “BOTTICELLI. INFERNO”, per lasciarvi tutto il gusto della suspense e della scoperta dei dettagli sulla vita e sul lavoro di questo grande Maestro.

Proprio in occasione del film, “BOTTICELLI. INFERNO”, la “Mappa dell’Inferno” è stata digitalizzata con uno scanner di grandi dimensioni e ad altissima definizione. Ciò ha consentito di portare alla luce dettagli fino a quel momento invisibili a occhio nudo. Grazie alla Mappa, minuziosa, particolareggiata, e ricchissima di dettagli, comprendiamo che essa è una sorta di “indice” d’un lavoro ben più vasto. In essa, troviamo riassunto tutto il lavoro che il Botticelli si prefiggeva di fare. Difatti, l’artista fece rivivere il capolavoro dantesco in 102 pergamene, tutte disegnate a mano libera, recanti, nel retro, la trascrizione del canto relativo. La maggioranza dei disegni, ben ottantacinque, si trova al museo di Berlino, solo sette al Vaticano e purtroppo, dieci sono andate perdute. Grazie alla Mappa, possiamo comprendere quali siano le dieci pergamene mancanti, ma non ci è dato sapere chi le abbia divise, né quando, né dove. La certezza è che questo immenso lavoro del Botticelli rappresenta un’opera importantissima a livello mondiale, trattandosi, di fatto, del punto d’incontro tra il più grande poeta italiano e il più grande pittore italiano.

Ma, voglio portarvi al momento della genesi di questo gioiello. Siamo nel 1480, siamo a Firenze, Botticelli è all’apice del successo e artista ufficiale dei Medici. Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici chiede a Sandro di rappresentare la “Divina Commedia”, ovvero, di dare un volto alle idee di Dante, di dare corpo e vita ai versi del Sommo Poeta. Così, Sandro Botticelli, principia la sua visualizzazione del viaggio dantesco. Un’ascesa neoplatonica dalla molteplicità dei peccati umani, all’unità beatifica. Con certezza, vi lavorò duramente fino al 1495, ma alcuni studiosi sostengono, addirittura, fino alla morte, che avvenne nel 1510. A supporto di tale teoria, ci sarebbe il sospetto che la maestosa opera del Botticelli sia, di fatto, rimasta incompiuta, come il film ci mostra, portandoci proprio dinanzi ai suoi disegni. Come abbiano fatto le pergamene a finire, dalla corte medicea a Firenze, fino a Berlino e quali e quanti segreti queste nascondano, lo lascio scoprire a voi, perché “BOTTICELLI. INFERNO” è, davvero, un film avvincente ed estremamente emozionante. Vi aggiungo soltanto che, le riprese sono state realizzate in Vaticano e a Firenze, ovviamente, ma anche a Londra, a Berlino e in Scozia.

La bellezza di quanto viene mostrato e la consapevolezza dell’esclusività delle opere, cui si assiste, mi hanno messa dinanzi a un impatto emotivo davvero forte. Sono uscita dalla sala estasiata e con gli occhi lucidi. Ho temuto, inizialmente, d’essere, io, un po’ troppo sensibile e invece, anche i miei colleghi avevano provato esattamente le stesse sensazioni. Dunque, è, decisamente, una pellicola, affascinante e magica, che merita d’essere vissuta e goduta appieno, lasciandosi guidare in questo viaggio.