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Edoardo Sylos Labini rivive la Grande Guerra al Manzoni

di Giuliana Tonini – Dopo l’anteprima al Teatro Sociale di Busto Arsizio, il 22 ottobre è andato in scena in prima nazionale, al Teatro Manzoni di Milano, lo spettacolo ‘La Grande Guerra di Mario’, liberamente ispirato al capolavoro cinematografico di Mario Monicelli ‘La Grande Guerra’.

La regia è di Edoardo Sylos Labini – che è anche l’attore protagonista assieme a Debora Caprioglio – su drammaturgia di Angelo Crespi. L’allestimento è co-prodotto dalle eccellenze di Busto Arsizio B.A. Film Festival, prestigioso festival cinematografico giunto quest’anno alla tredicesima edizione, e dall’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni, accademia del cinema nata nel 2008 con l’obbiettivo di essere una fucina per forgiare i futuri attori e registi di successo. In scena al Manzoni fino all’8 novembre, il debutto dello spettacolo è stato accompagnato, prima dell’apertura del sipario, da una sentita esibizione della Fanfara dei Bersaglieri nel foyer del teatro.

In occasione dei cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia, il poliedrico e apprezzatissimo attore Edoardo Sylos Labini – che, di recente, ha dato corpo e voce sul palco a personaggi della nostra Storia come il Vate Gabriele d’Annunzio e l’imperatore romano Nerone – dà vita al fante di trincea Mario Rossi. La Grande Guerra di Mario è, sì, liberamente ispirato al gioiello di Mario Monicelli, ma, dalla prima all’ultima scena, sviluppa una sua propria personalità nel delineare la figura dell’italiano medio che non ha voluto la guerra per cui è costretto a combattere e che più di una volta viene tentato dall’evitare il rischio e dalla diserzione. E che invece, inaspettatamente, non esita a comportarsi in extremis da eroe, quando sente dentro di sé che la Patria che è stato chiamato a difendere contro voglia non è quell’ideale astratto e inculcato di cui si riempie la bocca il Capitano suo superiore, che ottusamente giustifica la guerra e le sue logiche spietate (lo spettatore però scoprirà che anche dietro la durezza del rigido Capitano si cela un dramma); ma la Patria da difendere sono i compagni di trincea che, all’alba dell’indomani, dovranno affrontare uno di quegli assalti dai quali difficilmente si torna indietro, e la donna di cui si rende conto che, se la guerra non avesse deciso diversamente, avrebbe potuto innamorarsi e con cui avrebbe potuto costruire una vita.

Non è un caso che i personaggi dei soldati abbiano nomi come Mario Rossi, Ambrogio e Gennaro, che personificano l’uomo medio, brianzolo, napoletano oppure, come appunto Mario Rossi, l’archetipo dell’Italiano. La Grande Guerra di Mario – come il film di Monicelli e tutta la drammaturgia di genere bellico – ci sbatte in faccia le vite stravolte e in bilico di persone che, come tutti noi, avevano una vita e un lavoro normale, talvolta anche una piccola proprietà, come la cascina di Ambrogio, e che sono stati mandati in mezzo al fango delle trincee e dei campi di battaglia, con la consapevolezza che ogni giorno avrebbe potuto essere l’ultimo della loro vita. E ci mostra le vite non certo serene di chi è rimasto a casa, come Adalgisa, vedova di guerra (il marito è morto durante il suo primo assalto di sfondamento), che si trova a dovere fare la prostituta.

Durante lo spettacolo si riflette e ci si commuove, ma si riesce anche a sorridere, sdrammatizzando la tragedia secondo i canoni della migliore commedia all’italiana, di cui Monicelli è stato uno dei grandi maestri.

Da applausi tutti gli attori in scena. Edoardo Sylos Labini, che riesce a farci identificare nel suo Mario Rossi; Debora Caprioglio, brava e intensa nel fondere nella sua recitazione i tratti di commedia e di tragedia del suo personaggio; Gualtiero Scola e Francesco Maria Cordella, i compagni di trincea Ambrogio e Gennaro; Marco Prosperini, il capitano Corti; Giancarlo Condè, lo spietato ufficiale austriaco. E, ultimi ma assolutamente non ultimi, i componenti di unQuartettoParticolare, Francesco Bossi, Federico Pinardi Faletti, Giacomo Giannangeli e Marco Cusenza, che, nell’ambito dell’azione teatrale e nel ruolo di soldati in trincea, interpretano dal vivo celeberrime canzoni del tempo di guerra, tra cui La Canzone del Piave, Tapum e La Tradotta, la canzone che ci racconta del treno adibito al trasporto dei soldati, che ormai non fa più fermate e va diretto al Piave, cimitero della gioventù.

Cento di questi spettacoli, per noi che abbiamo la fortuna di essere nati e di vivere in un’Europa in pace da settant’anni, cosa mai successa prima d’ora. Per noi per cui le guerre avvengono solo in Paesi lontani e dai cui orrori la gente cerca di fuggire, venendo a bussare alle porte dei nostri tranquilli Paesi. Per noi che corriamo a prendere l’ultimo modello di iPhone appena esce sul mercato altrimenti, se non l’abbiamo, può anche darsi di sentirci sfigati, è sempre un bene quando qualcuno ci ricorda che solo cento anni fa – sì, solo cento, perché la Storia insanguinata del nostro Continente è lunga parecchi secoli – ognuno di noi avrebbe potuto essere Mario, Ambrogio, Gennaro o Adalgisa, o uno di quegli adolescenti spediti al fronte, uno dei ragazzi del ’99.

DOVE, COME, QUANDO

A Milano, al Teatro Manzoni dal 22 ottobre all’8 novembre 2015

Orari: feriali 20,45 – domenica ore 15,30

Biglietti: da 23,00 euro. Giovani fino a 26 anni, 15,00 euro.




“Il malato immaginario”, al San Babila per ridere di vecchie e nuove ossessioni

“Il malato immaginario” di Moliere è in scena al Teatro San Babila di Milano fino al 1 novembre. Lo spettacolo porta la firma di Andrea Buscemi, protagonista anche sulla scena insieme a Nathalie Caldonazzo.

La commedia, incentrata sulla figura di Argante, vecchio ipocondriaco succube di medici approfittatori, è riproposta in una chiave e in un linguaggio più moderno e vicino allo spettatore di oggi che potrà riconoscere, nel “Il malato immaginario”, vecchie e nuove ossessioni. Uno spettacolo da non perdere e un testo, testamento morale e artistico dello stesso Moliere, ancora attuale a distanza di secoli.

“Il malato immaginario” è Argante (Andrea Buscemi), un borghese che vive una vita appartata e afflitta d numerosi malanni, frutti più che altro di una plateale ipocondria. Ad assisterlo con stizza e rimproveri la serva Tonina (Livia Castellana), consapevole più di chiunque altro della gratuità dei malanni del padrone, che spende cifre considerevoli per farsi curare dall’ambiguo e interessato dottor Purgone. Desideroso di avere un medico quotidianamente a portata di mano, Argante decide di assegnare in sposa la propria  unica figlia Angelica (Martina Benedetti) al dottor Purgone, nonostante la stessa sia innamorata segretamente del giovane Cleante. Mentre l’avvenente moglie di Argante (interpretata da Nathalie Caldonazzo) intesse una tresca con lo stesso Purgone, Tonina e Angelica cercano di scongiurare lo sconsiderato matrimonio che Argante vorrebbe far celebrare in tempi brevissimi. Da qui una girandola di colpi di scena che porterà a un fine lieto, seppure non così scontato, lasciando ampi margini di riflessione.

DOVE, COME E A QUANTO

Biglietti da 20 euro
Spettacoli: martedì – giovedì – venerdì – sabato ore 20.30 mercoledì – domenica ore 15.30




Nunsense, suore scatenate per un musical da scoprire

C’è tempo solo fino al 1 novembre per scoprire al Teatro Martinitt  di Milano Nunsense (gioco di parole tra nun – suora – e nonsense) di Dan Goggin. La commedia, un musical off che ha debuttato a Broadway nel 1985 (ben prima di “Sister Act”), compie quest’anno trent’anni di successi in tutto il mondo.

L’adattamento italiano e la regia sono di Fabrizio Angelini con la collaborazione di Gianfranco Vergoni, lo spettacolo è prodotto dalla Compagnia dell’Alba che ha fra i sui successi “Aggiungi un posto a tavola”. Nunsense si avvale anche della co-produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo.

In scena un gruppo di suore scatenate fanno divertire il pubblico grazie a un testo ironico e surreale, le attrici sono delle esilaranti performer che quasi sembrano improvvisare con gli spettatori: in Nunsense le consorelle recitano, cantano e ballano dimostrando le proprie capacità ma anche le proprie umane debolezze. Le protagoniste sono ben calate nella vita di oggi con tutti i nessi e connessi, ben informate sugli avvenimenti e sulla cronaca nonché sugli eventi televisivi, non è stato scelto per caso l’allusivo sottotitolo “Le amiche di Maria”.

Impegnate a giocare a Bingo presso le Focolarine, la Madre Superiora e un piccolo gruppo di consorelle sopravvivono alla fatale zuppa al finocchio che la povera Suor Giulia ha servito per cena alle altre 52 sorelle del Certosino Zelo: tornate in convento le suore trovano tutte le altre con la faccia nella minestra. Non avendo la possibilità economica di seppellirle tutte, sono costrette a conservare le ultime quattro sfortunate… nel congelatore! Ma le “amiche di Maria” non si danno per vinte e decidono di mettere in scena uno spettacolo per raccogliere fondi e poter donar loro una giusta sepoltura.

In scena Laura Del Ciotto, Carolina Ciampoli, Monja Marrone, Alberta Cipriani, Edilge Di Stefano, Giorgia Bellomo e Valentina Di Deo, la regia associata è di Alessia de Guglielmo e la direzione musicale di Gabriele de Guglielmo.

Lo spettacolo toccherà poi Torino, al Teatro Gioiello, dal 27 al 29 novembre.




Cercasi broccoletti sulla Linea 33, storie di un tranviere pugliese a Milano

Trovarsi in una città nuova, lontani da casa e senza saper cucinare…a chi non è capitato? Roberto Fiermonte trasferitosi dalla provincia di Foggia a Milano, dopo essere ricorso a cibi e sughi pronti per un po’ di tempo, ha deciso di sfruttare al meglio il suo lavoro di tranviere per chiedere consigli, ascoltare le ricette dei passeggeri e provare poi a casa a riprodurle, avvicinandosi a pentole e fornelli.
Ecco come nasce “Cercasi broccoletti sulla Linea 33. Le storie (e le ricette) di un tranviere pugliese a Milano”. Un’alternativa scuola di cucina sulla rete tranviaria del capoluogo lombardo nella quale i passeggeri si confrontano su ingredienti, tipologie di pasta e metodi di cottura.
Da qui prendono vita le 33 ricette messe per iscritto e realizzate dall’autore, lo stesso numero della storica linea. I piatti poi diventano ancora più ricchi se si aggiungono i colori e i sapori della tavola pugliese, rispettando sempre il giusto equilibrio tra pesce, pasta e verdure, unendo ai classici manicaretti della cucina lombarda qualche idea sfiziosa che arriva dal tacco dell’Italia.
Il libro è diviso in 5 sezioni, nelle quali si riportano alcune delle fermate più conosciute delle linea 33. Uno stop in Piazza Leonardo da Vinci – Politecnico per avvertire “Profumo di Risotti”. Si prosegue per Porta Venezia – Viale Tunisia con un’irrefrenabile “Voglia di Spaghetti”; nuovamente sul tram per arrivare alla fermata Repubblica e scoprire che “È l’ora delle Trenette”. Ancora qualche minuto di viaggio per fare tappa in Stazione Centrale e “Butta le Penne, le Pendette e le Pipette!” Giunti al capolinea in Viale Lunigiana e… “Quale pasta preparo?”
Il libro vanta anche il contributo di Giuseppe Rai, Executuve chef del ristorante dell’UNA Hotel Tocq di Milano, un altro pugliese arrivato nella città meneghina.
“Cercasi broccoletti sulla Linea 33. Le storie (e le ricette) di un tranviere pugliese a Milano” è edito da Trenta Editore ed è in vendita nelle librerie italiane e sui siti di vendita online  a 10 euro.




Speed dating sullo skilift

Sette minuti. Tanto basta per incontrare la propria anima gemella. Uno speed dating un po’ speciale quello proposto nella piccolo comprensorio di Rothenthurm, a pochi km da Einsiedeln  in Svizzera.
Per i single che adorano lo sci e già ad agosto sognano di rimettere gli sci ai piedi, si tratta di una proposta irrinunciabile. Meglio quindi attrezzarsi per tempo per non lasciarsela sfuggire. L’evento dedicato ai single è previsto ogni secondo sabato del mese e, almeno per ora, dedicato alla fascia più giovane, ovvero ai single di età compresa tra i 25 ai 42 anni. I partecipanti sono invitati a salire insieme sullo skilift ad ancora di Neusell. E se tutto dovesse andare secondo i piani a poca distanza sorge lo Jadg Schloss. Questa dimora, affacciata sul Lago di Lucerna, propone pacchetti romantici con pernottamento, aperitivo, cena “alla francese” a lume di candela e una sorpresa di benvenuto.
Il comprensorio vanta 10 km di piste per ogni livello di difficoltà, dalle azzurre alle nere. E lo skipass giornaliero costa 27 franchi, all’incirca 25 euro.
Un prezzo d’occasione per incontrare l’anima gemella!
Insomma piccolo comprensorio dal paesaggio romantico che riporta in auge il fascino vintage delle ancore con un’idea decisamente originale.




“Vacanze romane” rivive al Teatro Sistina

Vacanze Romane”, commedia musicale tratta dal film diretto da William Wyler e interpretato da Audrey Hepburn e Gregory Peck, debutta al Teatro Sistina di Roma il prossimo 21 ottobre. Lo spettacolo, ultima testimonianza teatrale del monumentale sodalizio artistico tra Pietro Garinei e Armando Trovajoli, resterà in scena nello storico palcoscenico romano fino al 15 novembre, per poi proseguire il tour a Napoli, Bari, Assisi, Palermo e Milano. La commedia musicale, che vede in scena Serena Autieri e Paolo Conticini con la regia di Luigi Russo, è prodotta da Engage.

Sul palcoscenico, avvolto dalle leggendarie musiche di Armando Trovajoli e Cole Porter, la magia e la bellezza dell’Italia degli anni ’50 rivivono grazie alle suggestioni sceniche del Premio Oscar Gianni Quaranta, alle sorprendenti coreografie di Bill Goodson e agli splendidi costumi di Silvia Frattolillo.

La vicenda della principessa Anna, in viaggio diplomatico a Roma, che sfinita dai suoi obblighi reali decide di fuggire per i vicoli capitolini fino all’incontro folgorante con il fotografo Gianni, è favola che coinvolge i bambini, è storia d’amore che appassiona i giovani ma è anche sguardo storico che seduce ogni età e latitudine sociale.

L’adattamento del libretto e i testi delle canzoni originali sono di Jaja Fiastri, mentre la versione italiana delle canzoni di Cole Porter è stata curata da Vincenzo Incenzo. La regia è di Luigi Russo, che pur rimanendo fedele al testo ha operato una rivisitazione dei personaggi ed una modernizzazione puntuale dei contenuti.

Accanto ai due protagonisti troviamo Laura Di MauroFabrizio Giannini Gianluca Bessi. A impreziosire il cast la straordinaria partecipazione di Fioretta Mari.

Uno spettacolo vestito tutto di nuovo ma forte della sua tradizione, che attraverso le sue meravigliose canzoni continua a cantarci con tutto il cuore che l’amore abita a Roma e che i sogni sono solo il lato nascosto della realtà.
DOVE, COME E A QUANTO
Teatro Sistina dal 21 ottobre al 15 novembre 2015, dal martedì al sabato ore 21.00 – domenica ore 17.00. Biglietti a partire da 34 euro.




Pavia, una mostra da non lasciarsi sfuggire

Ancora pochi giorni per godersi una mostra multimediale davvero particolare. Fino al 15 novembre infatti, al Castello Visconteo di Pavia, prende vita la Battaglia di Pavia, un momento storico sconosciuto ai più e che tuttavia ha cambiato il futuro dell’Europa.

1525-2015 “Pavia, la Battaglia, il Futuro “. A 490 anni dalla Battaglia di Pavia, la città ricorda il cruciale scontro tra le armate francesi e quelle spagnole. La mostra espone uno dei celebri arazzi fiamminghi dedicati alla Battaglia proveniente dal Museo di Capodimonte, e ripropone virtualmente gli altri sei pezzi della serie, consentendo al visitatore, di osservare ogni singola scena, scoprire i protagonisti e le loro storie, rivivere l’atmosfera del combattimento.

Lo scontro feroce si consumò attorno a Pavia, durante la guerra d’Italia del 1521-1526, tra l’esercito ispano-imperiale guidato dal vicerè di Napoli Charles de Lannoy e i soldati capeggiati dal Re di Francia Francesco I. La battaglia decretò la fine di un’epoca politica, militare, culturale e sociale, con la sconfitta drammatica della cavalleria francese e la cattura del suo Re ancora attaccato a superati metodi di guerra e sentimenti di cavalleria. Gli aristocratici coperti di ferro e ostinatamente aggrappati agli ideali di un mondo al tramonto, furono massacrati senza pietà da cenciosi soldati, ma dotati di rivoluzionarie armi da fuoco. L’epoca della cavalleria si era conclusa.

Sul piano politico poi, la battaglia segnò il corso della storia europea, consegnando di fatto la Lombardia, e quindi l’Italia, alla Spagna, perché “le chiavi di Napoli erano a Milano” come ben sapeva ogni diplomatico avveduto. Negli anni immediatamente successivi, dopo che Francesco I fece ritorno in Francia dalla prigionia spagnola, ci furono altre battaglie, altri assedi, altri saccheggi. L’Italia attraversò uno dei periodi più cupi della sua millenaria storia, ma il quadro
strategico generale delineato dalla battaglia del 1525 non subì mutamenti.

Non solo. Alla giornata risolutiva dello scontro, il 24 febbraio del 1525, risale poi la creazione della tradizionale zuppa pavese un piatto che nella sua apparente povertà di ingredienti può ingannare il visitatore meno accorto. Un piatto che ancora oggi trionfa nei menù della città.
La leggenda narra che la famosa zuppa fu cucinata da una contadina della cascina Repentita dove il Re di Francia era stato portato subito dopo la cattura. Francesco I era affranto per la cattura, stanco per la
battaglia, ferito, ma solo leggermente, per il combattimento sostenuto, infreddolito. La spaurita contadina, a cui fu ordinato di portare subito qualcosa da mangiare a Sua Maestà, portò quindi al Re quello che aveva: del pane raffermo abbrustolito su cui ruppe un uovo, avendo cura di mantenerne intatto il tuorlo e del brodo che verso sopra a tutto. Nobilitata dalla Maestà Reale di Francesco I dal giorno della sua nascita oggi la “zuppa” è cucinata con una infinità di varianti. Il Sodalizio dei Cavalieri della Zuppa alla Pavese ha definito una “regola” che prevede un brodo di pollo, pane abbrustolito, uovo crudo e l’aggiunta di
foglioline di crescione.

La mostra è promossa dal Comune di Pavia, nell’ambito di Experienza pavese che si vale del patrocinio Expo 2015.

DOVE, COME E A QUANTO
La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18:
Biglietto intero 7 euro, ridotto 5 euro.




La Grande Guerra di Mario va in scena al Manzoni

La Grande Guerra di Mario è una storia di armi, di amicizia, di passione, di amore profondo e di un uomo destinato ad essere eroe, suo malgrado. liberamente ispirato a “La grande guerra” di Mario Monicelli, il dramma debutta al Teatro Manzoni di Milano il prossimo 22 ottobre con la regia di regia Edoardo Sylos Labini.

Sylos Labini, insieme a Debora Caprioglio, coadiuvati dalla drammaturgia di Angelo Crespi, portano in scena la Grande Guerra, prima espressione di una mobilitazione totale delle masse, attraverso cui l’Italia maturerà in modo traumatico una propria identità.

Due atti dove con il sorriso, qualche volta amaro, si dipinge la personalità ell’italiano che andò a morire al fronte per la Patria.

Siamo al fronte. Mario, soldato semplice di fanteria, romano sottoposto al militarismo insensato del suo superiore, il capitano Corti, combatte la propria battaglia di sopravvivenza con Ambrogio, brianzolo, fragile, e sognatore e Gennaro, napoletano, disincantato. Con loro il resto della truppa, un battaglione di giovani fanti. Poco lontano dalla prima linea, Adalgisa, vedova di guerra, e prostituta sotto falso nome. I due progettano di disertare, ma quando lei viene catturata dai nemici, Mario capisce il suo amore per la donna e decide di immolarsi per lei e per i suoi commilitoni.

DOVE, COME, QUANDO
Al Teatro Manzoni dal 22 ottobre all’8 novembre 2015
Orari: feriali 20,45 – domenica ore 15,30
Biglietti: da 23,00 euro




Villa Santa Maria si conferma città dei cuochi

Ancora una volta Villa Santa Maria, un borgo arroccato sule colline abruzzesi in provincia di Chieti, si è trasformata nella città dei cuochi per la kermesse più attesa d’autunno e giunta ormai alla sua 37° edizione.
Dopo le celebrazioni religiose del venerdì, riservate al Patrono dei cuochi, San Francesco Caracciolo, è stato presentato, presso l’IPSSAR Giovanni Marchitelli, il volume “Lo chef della salute” (Nuova Gutemberg-Lanciano) una pubblicazione realizzata grazie al patrocinio del Comune di Villa Santa Maria e coordinata dal professor Antonio Di Lello.
La rassegna è continuata nel pomeriggio con una serie di show cooking che hanno intrattenuto i molti visitatori. Il primo a esibirsi il professor Ermanno Di Paolo con gli alunni del Marchitelli; seguito dal maître chocolatier Massimo Tavoletta che ha deliziato il pubblico con la ricetta di un profitterol rivisitato e, il giorno dopo, con una torta al cioccolato accompagnata dal tipico liquore abruzzese a base di visciola Ratafià. A chiudere la programmazione di show cooking del sabato è stato uno chef stellato, Davide Pezzut che, in un mix di originalità e di sani ingredienti del territorio, ha presentato incredibili ricette come il pane lievitato con il mosto di Montepulciano e l’uovo in Purgatorio con le uova della gallina atriana, un razza quasi in via di estinzione e oggi in fase di recupero.
La domenica si è aperta con il concorso de Il Cuoco Doc, vinto dallo chef Cosmo Denys Ladisa, per poi proseguire con altri show cooking nel pomeriggio come quello del noto chef televisivo Bartolomeo Errico, lo Chef Bartolo, e finire in bellezza la performance dell’artista abruzzese Marco Papa. In chiusura, uno spazio dedicato alla pizza, l’immancabile Pasta party e il buffet dimostrativo lungo il corso principale del paese.




Un coperto in più al teatro San Babila

Il testo di Maurizio Costanzo debutta al Teatro San Babila per la regia di Gianfelice Imparato con Maurizio Micheli e Vito. La commedia, del 1972, riprende così la via del palcoscenico.

“Date a degli attori, possibilmente napoletani, la libertà di esprimersi non dico nella loro lingua, ma con toni, accenti, colori che sono propri, anziché nell’astratta lingua delle accademie e dei teatri, ed ecco tutto si illumina, tutto diventa verità e materia d’esperienza, anche una commedia dalle geometrie simmetriche come Un coperto in più di Maurizio Costanzo…” scriveva Giorgio Prosperi su Il Tempo 43 anni fa.
grande attore di teatro e di cinema. Una commedia a più letture come tutti i testi che entrano di diritto nella storia del teatro italiano.“Un coperto in più” è una commedia scritta in italiano ma la costruzione del dialogo ed il suono delle frasi, almeno per i due personaggi maschili, è dichiaratamente partenopea, come squisitamente partenopea è quella disciplina in cui tanti sono ancora costretti ad esercitarsi: “l’arte di sapersi arrangiare”

Il testo tratta di un ricco gioielliere che vive con sua moglie una vita coniugale apparentemente tranquilla e felice. La moglie è una donna bella e sensibile, piena di charme, insomma una donna eccezionale, tanto eccezionale che non esiste più, o forse è scomparsa tempo prima o forse non è mai esistita. Un giorno arriva un piccolo imbroglione cha campa alla giornata tentando di rifilare gioielli falsi ed è proprio nel tentativo di vendere un anello che si ritrova ad entrare in questa incredibile famiglia dove la padrona di casa non esiste ma si inizia un vero e proprio rapporto a tre assolutamente reale con tanto di dialoghi, domande e risposte fatte ad una sedia vuota. Quello che si sa con certezza è che questa assurda vicenda consentirà ai due protagonisti di arrivare attraverso un rapporto sbilenco, fatto di finzione e piccole fregature, ad una vera e profonda amicizia.

Un commedia quindi sempre attuale che saprà evocare nello spettatore tanta emozione e divertimento e porterà anche a piacevoli riflessioni.