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La prima Beauty Week milanese, un nuovo mood tra bellezza e benessere

di Cristina T. Chiochia Ci sono eventi che entrano nella tradizione anche alla loro prima edizione. Pare questo il caso della settimana milanese dedicata alla cultura della bellezza e del benessere che si è svolta dal 3 all’8 maggio.  La prima edizione della Milano Beauty Week sorprende per i numeri. oltre 10mila visitatori che , come recita il comunicato stampa “hanno partecipato a incontri di approfondimento, mostre, laboratori, esperienze di bellezza e iniziative di beneficenza”.

Un evento diffuso nella città che aveva al suo centro  Palazzo dei Giureconsulti con numerosi esercizi e spazi che hanno reso uniche le attività proposte durante la settimana. Non solo luoghi d’arte ma anche iniziative accattivanti dove , con oltre 900 eventi e ben 100 aziende cosmetiche che vi hanno aderito, i partecipanti hanno potuto cogliere le sfaccettature della riapertura degli store del benessere aderenti e dei molti operatori del settore.
Un primo felice incontro nei giorni dell’evento è stato quello con Enrico Gambera, visagista. Tra green e made in Italy parla della eccellenza e dell’esigenza della qualità dei prodotti allo spazio espositivo di Unconventional Cosmetics e spiega perché è cosi importante la creatività e la innovazione incentrati sul benessere della persona. anche nel trucco. Tra prodotti innovativi e modelli nuovi insomma, le idee della linea sono appunto “unconventional” perché approcciano alla bellezza in modo inedito. Ed esplorano, anche grazie a talenti e concetti provenienti da lunghe esperienze di esperti come Gambera, un nuovo mood tra bellezza e benessere.
Nuovo mood possibile? Addentrandosi per le varie aree espositive e seguendo i vari appuntamenti proposti, pare proprio di si. E e Unconventional Cosmetics riunisce l’eccellenza dei prodotti per la bellezza green handmade e made in Italy proposti solo online, interessante è l’approccio giocoso di Cantabria labs Difa Cooper che con uno spazio interamente coperto di specchi, fa “riflettere” il visitatore sul proprio aspetto esteriore declinandolo attraverso le proprie linee di prodotto tra cui Elancyl, che dal 1971 continua ad essere pioniere di innovazioni o la linea Heliocare che con fernblock ( un attivo brevettato di origine naturale estratto da una felce ) attiva veri e propri meccanismi antiossidanti.
Un nuovo modo di “essere” wellness è possibile? Così pare. Grazie anche allo splendido spazio dedicato ai profumi. Vero e proprio “locus amenus” per rigenerarsi attraverso il senso dell’olfatto, che dopo la pandemia, è stato piuttosto mortificato tra mascherine ed effetti della malattia. Riprendersi insomma corpo e mente. Nel migliore dei modi. Con giocosità e voglia di vivere. Ecco in sintesi questa Milano Beauty Week che ,come dice Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italiana  ha premiato anche i numeri «i numeri di questa edizione di lancio testimoniano la calorosa accoglienza che la città ha riservato a Milano Beauty Week: un trampolino che senza dubbio ci proietta verso il 2023 con l’ambizione di rendere La settimana dedicata alla cultura della bellezza e del benessere una ricorrenza collettiva annuale da inserire nel calendario delle week milanesi . Una risposta in cui speravamo e che abbiamo constatato incontrando i numerosi visitatori che in questi giorni hanno avuto modo di scoprire il dietro le quinte del settore cosmetico e le molteplici sfaccettature che ne fanno un comparto di eccellenza. Cosmetica Italia, accanto ai partner Cosmoprof ed Esxence, ha creduto in Milano Beauty Week e lavorato con passione per costruire una manifestazione unica nel suo genere per il mondo della cosmesi. Un ringraziamento va a Regione Lombardia, Comune di Milano, Assolombarda, Camera Nazionale della Moda Italiana e Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza, che hanno dato il loro patrocinio a questa prima edizione, ai nostri sostenitori, agli sponsor, alle aziende, ai professionisti e alle realtà distributive, commerciali e di servizi del comparto: assieme siamo riusciti a sviluppare una sinergia vincente che ci ha permesso di raggiungere dei risultati di grande successo».
Valori sempre più green, raccolta fondi e un mood di ben-essere dove i consumatori sono sempre più partecipi del processo di innovazione di chi produce e vende prodotti di bellezza, in sicurezza e sostenibilità ambientale. Sinergie ritrovate tra gioia di vivere e serenità quasi dimenticate per ben due anni. Grazie anche al cinema che, per mezzo della similitudine tra profumo e cinema sprigiona un universo di grandi emozioni: profumo, in modo invisibile che approda, attraverso l’olfatto, al sistema limbico cerebrale facendo scaturire emozioni e ricordi e non più problemi connessi alla pandemia. Scelto in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino, sono stati proposti sei grandi film della cinematografia italiana e sono stati abbinati altrettante fragranze per completarne la narrazione.
Torna il mood del benessere. All’insegna della bellezza. Perché no.



La PHOTOGRAPHING ART di Franz Egon von Fürstenberg

di Cristina T. Chiochia Ci sono momenti privilegiati nella vita di ognuno. Saperli cogliere e poi renderli fruibili anche ad altre persone, invece è compito di pochi. Durante la settimana dell’arte a Milano (Milano Art Week) si è svolto presso  lo spazio di ASsab One un incontro dal titolo  “Photographing Art di Franz Egon von Fürstenberg” dove il presidente di ASsabo One, Elena Quarestani, in conversazione con Adelina von Fürstenberg, curatrice internazionale e produttrice indipendente, Pasquale Leccese, Gallerista, Angela Vettese, storica dell’arte Gianluca Winkler, vice-presidente di Art for the World Europa, hanno proposto una sorta di tavola rotonda.
Dalla sua nascita questo spazio si è distinto per  offrire agli artisti un luogo “non convenzionale di ricerca e di espressione e, al pubblico, la possibilità di avvicinarsi ai processi dell’arte in un contesto favorevole al dialogo. Attraverso un’attività che spazia dalla produzione di mostre, di eventi culturali e di progetti artistici e nella convinzione che la cura e la bellezza siano valori fondamentali per gli individui e per la società”, come si legge nella loro presentazione.  Anche in questa iniziativa è stato integrato un progetto di cultura con un valido strumento di indagine del presente che, grazie alla presenza di Egon von Fürstenberg e di altri artisti quali Riccardo Arena, Stefano Boccalini, Marta dell’Angelo, Mikalyel Ohnajanian, Remo Salvadori ha offerto un  momento di condivisione per tutti i presenti sulle fotografie e sul senso della memoria e del tempo, in un arco temporale di circa 45 anni.
Photographing Art presenta una selezione di fotografie scattate dal fotografo messicano-tedesco Franz Egon von Fürstenberg tra il 1974 e il 2018.  Una memoria imperdibile del mondo dell’arte contemporanea, delle emozioni, dei rapporti, dei momenti di gioia e di fatica, degli incontri, delle relazioni, del senso di appartenenza a una comunità e al contempo della solitudine creativa dell’artista. Sono momenti spesso sfuggiti alle cronache, ai media, ai cataloghi e alla storia dell’arte, ma catturati da un osservatore che ha seguito da vicino l’evoluzione della ricerca contemporanea grazie al rapporto con sua moglie, la curatrice Adelina Cüberyan von Fürstenberg, che ha dato vita ad alcuni dei momenti più belli dell’arte internazionale – recita il comunicato stampa – Egon ha testimoniato con la sua macchina fotografica quel che accade in quel mondo dell’arte, non l’ufficialità, non la facciata delle cose, ma lo spirito che ha fatto fiorire l’arte e gli artisti. Tenendo d’occhio ogni idea, dettaglio o movimento, ogni attimo atteso o imprevisto, la macchina fotografica di Franz Egon von Fürstenberg riprende l’istante, la fluidità del momento in cui la persona reale è libera e naturale, non inquadrata o in posa come un personaggio famoso.

Ma l’incontro è andato oltre. Grazie al desiderio di rappresentare il concetto di “personalità” il volume edito da Skira Editore  ha permesso anche di avvicinarsi in una sorta di zoom al concetto di “interessante”. Cosa è insomma interessante? Sia che si tratti di Andy Warhol, Joseph Beuys,  Marina Abramovic o Jannis Kounellis, fino ad arrivare Mario e Marisa Merz o Chen Zhen, il volume di Skira coglie quello che significa essere. Lavorare ed assistere in un contesto favorevole all’arte contemporanea ed al design.  Memorie e frammenti che si uniscono in un unico volume e che contribuiscono visivamente tramite l’arte fotografica a comprendere modi ed origini, sensi e connessioni in contesti di sviluppi tra generazioni tra di loro molto distanti. Mondi che si incontrano come universi. E che si accolgono, come l’evento milanese ha significato.




Arte come progetto culturale. Le Gallerie d’Italia a Prato

di Cristina T. Chiochia Ci sono posti privilegiati. Sicuramente il bel Palazzo degli Alberti (storico palazzo gentilizio di Prato, situato nel centro della città), è uno di questi. Dimora del XIII secolo con splendidi loggiati ed aperture in alberese che, pur mantenendo intatto l’aspetto quattrocentesco, venne modificato nei restauri del secolo scorso. Sede storica della Cassa di Risparmio e Depositi di Prato dal 1870 è ora di Banca Intesa San Paolo che ne riapre ora al pubblico, tutti i fine settimana, la Galleria a partire dal 25 Marzo 2022. Capolavori, oltre 90,  tra cui Bellini, Bronzino, Caravaggio e Filippino Lippi.  Un grande sforzo espositivo, curato da Lia Brunori con passione. Con visite ad ingresso gratuito ed apertura nei giorni festivi di sabato e domenica,  la prenotazione è possibile online direttamente dal sito delle Gallerie d’Italia.
Un dono per una città come Prato con una forte identità artistica ma che sta cambiando volto. Aprendosi in modo poderoso alla cultura, oltre al famoso polo culturale del Pecci, anche alla conservazione dei proprio capolavori identitari. “È con particolare orgoglio che oggi offriamo a Prato ed a coloro che la visitano la possibilità di accedere ad un nuovo ambiente espositivo ricco di opere, capolavori e di un’importante parte della storia di questa città. Un patrimonio culturale che come Intesa Sanpaolo siamo particolarmente lieti di essere riusciti a valorizzare, rispettando l’impegno preso nel 2018 con meticolosa attenzione all’identità, alla cura e tutela del patrimonio, alle specificità che questo territorio esprime”, la dichiarazione di Luca Severini, Direttore Regionale per Toscana e Umbria di Intesa Sanpaolo.
Terminato infatti il grande lavoro di ristrutturazione ecco un tesoro architettonico della città, si offre per essere vissuto dai suoi abitanti oltre che dai turisti e fare di Prato con visite guidate, quasi un nuovo fulcro di un progetto culturale più ampio per questa città ed unico, fatto di arte. Prato ed il suo territorio. Al fine di darne davvero valore con le sue tradizioni, a solo titolo di esempio, come quella della Madonna della Cinta, reliquia più famosa di Prato e conservata nel suo Duomo e nelle Gallerie con una sezione a lei dedicata. Come recita il comunicato stampa: “grazie al dialogo con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A., il Comune di Prato e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato, è stato possibile consentire la riapertura a beneficio della collettività, in linea con i principi di Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo. Centrale l’obiettivo della tutela del patrimonio artistico: oltre al progetto architettonico – in accordo con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. e con la Soprintendenza – sono stati realizzati importanti interventi di conservazione sulle opere.
Oggi la Galleria di Palazzo degli Alberti inaugura con un allestimento che si pone in continuità con il precedente con spazi maggiori e più funzionali al percorso di visita. La collezione consiste in 142 opere, 90 in esposizione e le restanti in deposito, tra cui beni di particolare pregio come i capolavori di Giovanni Bellini, Caravaggio, Filippo Lippi, oltre a opere di Puccio di Simone, Bronzino, Santi di Tito, Poppi, numerose e prestigiose opere del Seicento fiorentino e un cospicuo numero di sculture di Lorenzo Bartolini, artista di Prato attivo nella prima metà dell’Ottocento […]”. Un grande sforzo espositivo che è anche un grande successo per il territorio. Ne è un esempio l’ordine cronologico dei capolavori della Galleria stessa e la presenza , come si diceva precedentemente, di una sezione anche della devozione pratese della Sacra Cintola di Maria (presente in Galleria quella realizzata per l’oratorio dei Vivorati sul Cantaccio da Santi di Tito nel 1600)che si diceva miracolosa (San Tommaso, incredulo per l’assunzione della Vergine in cielo, trovò solo la cintura del suo abito da quel momento, venne conservata ed approdò a Prato, dove che divenne, nei secoli, devozione delle donne desiderose di avere un figlio. Un museo unico. Sul territorio. Per il territorio. Con il nuovo attesissimo allestimento, per tornare a “vivere la bellezza” e l’arte come un vero progetto culturale. Un successo.



Sorolla: quando l’arte di un grande artista della pittura si tinge di sole spagnolo

di Cristina T. Chiochia Il “pittoresco” spagnolo non è facile di definire. Forse per questo, essendo cambiato il mondo spagnolo, oramai “pronto” per Picasso ed il cubismo, fu presto dimenticato. Dovettero passare molti anni fino alla sua riscoperta, con il nuovo millennio. Forse perché Sorolla ed il “suo mondo” era un modo di sentire la vita,  un sentimento che nelle due guerre venne spazzato via, troppo in fretta. Fatto prima di buio (il suo realismo, come la fotografia della società) e poi di luce accecante (il suo luminismo). Quasi di una ossessione per la vita contemporanea per lui, compresa solo da chi , come lui, gli era contemporaneo, ma che risulta ora nel suo essere tipicamente spagnola di quegli anni: dalla siesta silenziosa post prandiale e dalla luce, accecante, del cielo andaluso. La mostra che si sta svolgendo a Palazzo  Reale a Milano è un modo per vedere (o rivedere) con le emozioni che evoca, il “tanto paesaggio spagnolo” che fa amare ora questo paese e non solo come meta turistica, ma anche come filosofia di vita: luce e vita.
JOAQUIN SOROLLA PITTORE DI LUCE L’opera di Joaquín Sorolla (nato nel 1863 e morto nel 1923), diventa in questa mostra a Milano dal titolo “Joaquin Sorolla: pittore di luce” e visitabile sino al 26/6/2022, un straordinario esempio della pittura spagnola moderna esportata nel mondo prima della rivoluzione di Picasso come idea di luce nel colore “bianco assoluto”. Come recita il comunicato stampa: “per la prima volta in Italia, a Palazzo Reale dal 25 febbraio al 26 giugno, un’esposizione monografica ripercorre la ricca e fortunata produzione artistica del grande pittore spagnolo Joaquín Sorolla y Bastida (Valencia 1863-Cercedilla 1923). 
UN ARTISTA TRA I MASSIMI RAPPRESENTATI DELLA PIUTTURA IBERICA A CAVALLO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO Poco noto al pubblico italiano, Sorolla è stato uno dei massimi rappresentanti della moderna pittura iberica a cavallo tra Ottocento e Novecento, contribuendo in modo determinante al suo rinnovamento e aprendola al clima della Belle Époque. Tra gli artisti più amati e apprezzati del suo tempo sia per la grande qualità tecnica che per il carattere umile e benevolo, Joaquín Sorolla ottiene una fama che travalica ben presto i confini nazionali, partecipando e ottenendo prestigiosissimi premi alle grandi manifestazioni internazionali. Sarà però l’ambito Grand Prix, ottenuto alla nota Esposizione Universale di Parigi nel 1900, a lanciare la sua pittura di luce e colore definitivamente sulla scena internazionale. A Londra nel 1908 viene acclamato come “il più grande pittore vivente al mondo”.
INNOVATORE DELLA PIUTTURA ESPRESSIONISTA  PROTAGONISTA NEL RALISMO SOCIALE SPAGNOLO  Pittoresco spagnolo quindi, innovatore della pittura espressionista spagnola, ha dipinto più di 2000 opere. Legato profondamente all’ Italia, dove visse e si formò con borse di studio (ad Assisi e partecipando a varie Biennali a Venezia oltre che alla Esposizione di Roma del 1911), si distinse sempre per l’uso della luce en plein air, delle spiagge spagnole. Capolavori colmi di elementi atmosferici, colti con mano veloce ma mai fugace in opportunità quasi fotografiche di chi osserva in pennellate veloci e pastose di cui la pittura di Sorolla dà spesso conto. Capolavori  indiscussi per comprendere la liricità del suo lavoro, nella prima e terza sala della mostra, le celebri tele di “realismo sociale” spagnolo con cui alla fine del diciannovesimo secolo veniva spesso definita per quell’idea di una “povertà feudale” di cui spesso erano “vittime” i giovani: prostituzione, sifilide, tubercolosi. È  a questo popolo di innocenza che dedica spesso le sue tele come nel caso di “Tratas de Blancas” del 1895 sulla prostituzione spagnola delle adolescenti  o la “Triste Herencia” del 1899.
LA FMAIGLIA AL CENTRO DELL’OPERA DI SOROLLA Un realismo sociale che lascia spazio alla luce e la freschezza del mare, in tutte le sue forme, visione di un  Joaquín Sorolla pittore che vuole raccontare la luce anche attraverso una gioventù spensierata, colta nei giochi in riva al mare. Un pittore che racconta, come recita il comunicato stampa “attraverso circa 60 opere la straordinaria evoluzione artistica di questo pittore ambizioso e determinato, che ha fatto dell’arte la sua ragione di vita. Accanto al profondo amore per la pittura, tuttavia, Sorolla ha sempre accompagnato un ancor più intenso legame con la sua famiglia, il suo soggetto prediletto. In molte delle sue splendide tele, Sorolla racconta l’amore per la sua Clotilde, moglie, musa e vera compagna di vita, e per i tre figli, María, Joaquín ed Elena. Un legame che nutre la sua ispirazione e guida la ricerca verso la “verità” dell’immagine da riportare sulla tela, la quale può essere generata solo da una reale partecipazione e un’intensa emozione” . Pittore dedito al “luminismo” facendolo diventare un modo di esprimere la sua appartenenza alla terra spagnola.
UNA MOSTRA PREZIOSA PER CHI AMA LA  SPAGNA E NON SOLO Un pittore proposto in mostra come perenne scoperta: dagli esordi negli anni Ottanta dell’Ottocento a Valencia, che si commuove con il colore della musica del cielo e del mare,  fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1923. Sorolla ha sempre davanti gli occhi il mare. L’azzurro. Fino alla luce del cielo, come una esplosione di fuoco vivo, come scriveva lui in una lettera, indirizzata alla moglie. Grazie anche al bel catalogo, edito da Skyra, la mostra prone un po’ tutte le tematiche del pittore suddiviso in sezioni tematiche tra cui lo sguardo sulla realtà, i ritratti, i giardini e i riflessi di luce, il mare, i tipos e gli studi classici. Una mostra preziosa. Dove vengono esposti anche piccole meraviglie tra cui una piccola veduta di Toledo e del cielo atmosferico su Segovia: piccoli quadri di vera poesia che mostra come la pittura sia uno stato d’anima. Nella piccola veduta di Toledo, la sagoma umana in primo piano offre la riflessione sul movimento. Dipende dal motivo e dal momento. La pennellata è il momento della vita del pittore. E’ azione. Quella su Segovia invece, il pittore che gioca con il tempo atmosferico come quello ideale. Ed il tempo cambia. Velocemente.
Una mostra per chi ama la Spagna e ne ha fatto esperienza diretta, vissuto come “tempo prezioso”, o chi desidera farla. L’arte di un grande artista della pittura spagnola che si tinge di luce. Il progetto nato dalla collaborazione con molti musei, tra cui il Museo de Bellas Artes di Valencia, l’Hispanic Society di New York, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, i Civici Musei di Udine, Musei di Nervi Raccolte Frugone.  Patrocinata dell’Ambasciata di Spagna in Italia, del Consolato Generale spagnolo a Milano, dell’Ente del Turismo spagnolo.



La nobiltà e l’eccellenza delle donne nella mostra di Tiziano e l’immagine della donna

di Cristina T. Chiochia La donna. La sua immagine. La sua volontà. Si. Ci sono linguaggi che solo una donna padroneggia. E corde che solo una donna può toccare.  Per questo i  quasi 50 dipinti esposti in questa nuova mostra a Palazzo Reale a Milano la celebrano come creatura nella cultura del cinquecento veneziano.  Non sono solo dipinti “esposti” quindi, testimonianza di una cultura nella Repubblica Marinara per eccellenza, ma che si espongono, in quanto donne. Mostra del Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con Kunsthistorisches Museum di Vienna a cura di Sylvia Ferino ecco che  la mostra Tiziano e l’immagine della donna nel cinquecento veneziano “si offre come un viaggio.
Con ritratti dipinti da uomini, il più celebre Tiziano, dove si espongono donne amate, volute, desiderate, ammirate, celebrate, come un inno alla vita. Tutte meritevoli di un alloro, tanto che è presente in mostra anche il capolavoro “Laura” del Giorgione, ma che  si espongono anche con la ricchezza delle vesti (in mostra il celebre abito che Capucci nel 1994 fece in omaggio di Isabella d’Este) e dei gioielli (splendide le collane e il curioso anello nuziale a due twist), o come celebri letterate: scrittrici e poetesse in ben oltre 100 opere tutte esposte in una sorta di percorso emozionale “a tappe” e tra gli altri, anche i celebri capolavori in prestito che alcune settimane fa , causa i recenti sviluppi del conflitto Russo – Ucraino, che sta violentando le coscienze umane europee (una guerra è mai stata voluta da una donna?), era oggetto di richiesta, poi annullata, di essere restituiti. Come recita il comunicato stampa insomma, Palazzo Reale  “apre il 2022 con una grande mostra dedicata all’immagine della donna nel Cinquecento nella pittura del grande maestro Tiziano e dei suoi celebri contemporanei quali Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto, dal 23 febbraio al 5 giugno 2022.
Circa un centinaio le opere esposte di cui 47 dipinti, 16 di Tiziano, molti dei quali in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, cui si aggiungono sculture, oggetti di arte applicata come gioielli, una creazione omaggio di Roberto Capucci a Isabella d’Este (1994), libri e grafica. “L’esposizione – afferma la curatrice – aspira a riflettere sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del XVI secolo, che non ha eguali nella storia della Repubblica o di altre aree della cultura europea del periodo. La struttura portante dell’esposizione affronta in otto sezioni un argomento eternamente valido ma anche completamente nuovo, presentando l’immagine femminile attraverso tutto l’ampio spettro delle tematiche possibili e nel contempo mettendo a confronto gli approcci artistici individuali tra Tiziano e gli altri pittori del tempo”.
Un viaggio emozionale dove donne apparentemente lontane tra di loro dialogano in un muto assenso della classificazione di “bella veneziana”. Ma chi erano? Tra sante ed eroine, divinità, miti ed allegorie, i volti delle modelle veneziane del tempo, spesso idealizzate ed enfatizzate diventano raffigurazione delle bellezza muliebre  che va oltre la ricerca della bella donna: diventa un modo per equipararla , come una sorta di “pari opportunità” all’altra metà del cielo, che in estrema sintesi potrebbe sintetizzarsi nel titolo del libro, esposto in una teca dedicata ai libri scritti da autrici femminili del periodo in mostra, di Lucrezia Marinelli : “La nobiltà et l’eccellenza delle donne, co’ i difetti et mancamenti de gli uomini”.La pittura veneta e la sua scuola che va quasi “oltre” a Tiziano dove è la personalità femminile ad eccellere e qualificarsi. Come e più di quella maschile che, appunto, gli è solo per difetto.
Grazie poi al bel catalogo, con approfondimenti interessanti tra cui “L’arte de’ cenni di Giovanni Bonifacio” del 1616 che ha gettato nuova luce in una sorta di enciclopedia dei gesti, nella mostra è possibile ammirare una intera sala dove i capolavori e le sue muse non vengono più considerate come cortigiane ma come mogli devote che mostrano i seni, perfetti, come suggello nuziale. Ma è cosi? Chissà. Creatura nobile ed eccellente, la donna proposta nell’immaginario cinquecentesco, a Venezia. Guardando la “Laura” di Giorgione, diventa una certezza: rimane però la dolcezza del gesto, nell’indossare una pelliccia maschile ed uno sguardo profondo e dolce tipico femminile, con dietro il lauro come unica riflessione di una celebrazione d’amore e di grande rispetto. Una mostra, prodotta da Comune di Milano e Skira Editore con la partnership di Fondazione Bracco, che si offre come un vero percorso emozionale sui capolavori di quei tempi.

 




Marc Chagall ovvero l’incanto della sua pittura. Una storia di due mondi al Mudec

di Cristina T. Chiochia Una mostra, quella che si è inaugurata in questi giorni a Milano presso il museo del Mudec e proseguirà sino al 31 Luglio 2022, che è anche un modo per approcciarsi a Marc Chagall in modo inedito, attraverso l’incanto della sua pittura. Curata dall’Israel Museum di Gerusalemme affronta l’opera di Marc Chagall da un punto di vista nuovo ovvero, come recita il comunicato stampa: “collocandola nel contesto del suo background culturale, grazie alla straordinaria collezione nell’Israel Museum, che presenta in mostra una selezione di oltre 100 opere donate per la maggior parte dalla famiglia e dagli amici di Chagall.
IL PROGETTO ESPOSITIVO Il progetto espositivo è dedicato in particolare ai lavori grafici di Chagall e alla sua attività di illustratore editoriale. La mostra ripercorre alcuni temi fondamentali della vita e della produzione dell’artista: dalle radici nella nativa Vitebsk (oggi Bielorussia), descritta con amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con l’amata moglie Bella Rosenfeld, della quale illustrò i libri Burning Lights e First Encounter, dedicati ai ricordi della vita di Bella nella comunità ebraica, pubblicati dopo la morte prematura della donna e di cui in mostra sono esposti i disegni originali”. E basta visitarla per rendersi conto di tutto l’incanto che tutto questo produce.
I DIVERSI MONDI DELL’ARTISTA Chagall, come ben evidenzia il catalogo realizzato da 24Ore Cultura Editore e completo in ogni sua parte,  è uno degli artisti più amati del Novecento. Forse per il suo essere così traversale ad ogni cultura diviso tra mondo russo ebraico, francese ed europea in generale. Lo spettatore della mostra è accolto da un bell’allestimento, suddiviso in sale che segnano i periodi della vita del pittore, adatto a grandi e piccoli, interattivo e legato al mondo onirico del pittore, ma anche alla sua realtà culturale: parole, immagini, oggetti, legati a quello che nel corso della vita di Chagall li ha mixati e resi unici, stabilendone intersezione e gli accostamenti (nella prima sala infatti, ad accogliere il visitatore è un piccolo abstract di oggetti sacri , spesso rappresentati dal pittore nei suoi lavori). Via via che si percorrono le sale, insomma, ecco a volte armonica ed a volte distante, i vari “codici” di riferimento dell’artista suggestivi e che rendono omaggio al tentativo di interpretare un mondo, quello della fantasia di Chagall, spesso legato esclusivamente alle suggestioni. Linguaggi iconici, colorati, enfatizzati dalla lettura di chi guarda (se adulto o bambino, per esempio), che afferma la sua componente iconica di artista, in particolare nella sezione dedicata alla “Francia, la nuova patria” dove si trovano anche i celebri autoritratti: dove Chagall rimane sempre fedele a ogni aspetto del suo personaggio, mentre sorride o fa una smorfia. E poi, i suoi celebri colori: il suo inno alla vita. Ricchezza e complessità di significati nei lavori dedicati alla Sacra Bibbia ed evocativi, ironici e paradossali quelli per il lavoro di Gogol,”Le anime morte”.
CHAGAL BAMBINO EBREO, MARITO E ARTISTA Infatti, come recita il comunicato stampa: “i lavori esposti riflettono dunque l’identità poliedrica dell’artista, che è al tempo stesso il bambino ebreo di Vitebsk; il marito che correda di immagini i libri dell’amata moglie; l’artista che illustra la Bibbia, volendo rimediare così alla mancanza di una tradizione ebraica nelle arti visive; e infine l’originale pittore moderno che, attraverso l’uso dell’iconografia cristiana, piange la sorte toccata nel suo secolo al popolo ebraico“. Una sorta di biografia divisa tra mondo russo ebraico e Francia, insomma, tra secolarizzazione e urbanizzazione mondi culturali e materiali. Malinconia ed allegria che si fondano insieme nei colori e nella ispirazione dell’amore. Quell’amore che rimane da celebrare, come un volo come conseguenza di quel “non essere legati a terra” o, forse “a una terra”. Sradicati. Lasciandosi trasportare in un mondo sradicato dalla legge di gravita. Ed in cui Dio è vivo e presente. Buono. Mentre l’anima colma d’amore, fluttua nell’aria tra cerimonie religiose, oggetti rituali tra fiori e l’immenso amore per la moglie, Bella, che niente può offuscare.

 




La Caccia all’Uovo arriva in Italia

Il primo villaggio italiano delle uova apre le porte il 19 marzo presso la Struttura Puravida a San Martino Siccomario in provincia id Pavia e si preannuncia come una delle destinazioni da vivere con tutta la famiglia in vista di Pasqua.

L’idea nasce da una tradizione comune a Stati Uniti e  paesi nordici, dove nel periodo che precede la Pasqua la dea Eostre (Easter), raffigurata come un coniglio, dona uova alle persone per simboleggiare la nascita di una nuova primavera. “L’easter egg hunt“, la caccia alle uova colorate nascoste nel parco, sarà organizzata nei weekend di Pasqua. Nel frattempo tutti i weekend dal 19 Marzo fino al 1 Maggio (compresi il 18 e il 25 Aprile)  sarà possibile visitare il villaggio e trascorrere una giornata immersi nella natura di un parco di 35mila metri quadrati partecipando a giochi con animazione, laboratori creativi e percorsi didattici, sempre diversi ogni settimana: gli alpaca, i rapaci, le api, il cioccolato, la caccia alle uova e lo sheep dog.

Molte le novità: tra le collaborazioni siglate quest’anno da PuraVida Farm, quella con il Museo Ovopinto di Civitella del Lago (Terni) –  museo unico al mondo, un piccolo gioiello nato per raccogliere ed esporre tutte le uova dipinte messe insieme dall’Associazione Culturale giovanile che da ben 23 anni bandisce la Mostra Concorso Nazionale “Ovo Pinto” (uovo dipinto, in dialetto). In questa cittadina l’antica usanza contadina di dipingere le uova durante il periodo pasquale è stata elevata a prestigiosa e raffinata arte – e quella con il Museo di Scienze Naturali dell’Oltrepò. Quest’ultimo, diretto da Silvia Guioli, racconta l’Oltrepò attraverso il suo passato (archeologia e paleontologia) e attraverso le specie, animali e vegetali, che lo caratterizzano. Entrambi i musei saranno presenti con una selezione delle loro collezioni.




Direttrici di musei italiani in una mostra fotografica

di Cristina T. Chiochia  Si è svolta mercoledì 2 marzo dalle ore 11.00 alle ore 13.00 presso il Palazzo Reale Piazza Duomo 12 Sala degli Arazzi primo piano l’anteprima per la stampa della mostra fotografica RITRATTE Direttrici di musei italiani  che sarà aperta sino al 3 aprile 2022 . “Ritratte – Direttrici di musei italiani” è sicuramente una mostra nella mostra, un omaggio all’ essere donne che parla non solo di curriculum vitae in poche righe di direttrici di musei italiani importanti sparsi per l’Italia, ma anche di cosa le ha spinte a fare questo lavoro, a prendersi cura del patrimonio artistico nazionale e non, ma soprattutto, cosa significhi “essere donna” nel mondo dei beni culturali in Italia. Un viaggio, insomma, avvincente dove si scoprono attraverso la fotografia, le “carte vincenti” che non devono mai mancare ad una donna per avere successo. Un modo unico, insomma, per festeggiare questa festa della donna, per comprendere da una prospettiva avvincente, cosa sia il patrimonio culturale in Italia, oggi.

La mostra promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano Cultura e Fondazione Bracco sarà visitabile inoltre gratuitamente . Come recita il comunicato stampa: “con questa mostra Fondazione Bracco continua nel proprio impegno per valorizzare l’expertise femminile presentando le professioniste che dirigono i luoghi della cultura italiani. Il progetto artistico con gli scatti d’autore del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della Fondazione per valorizzare le competenze femminili nei diversi campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi, così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne in posizioni apicali. La mostra illumina vita e conquiste professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca 14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune.

Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e creative”. Una visione dove l’amore per i musei e soprattutto i sentimenti che trasmettono, diventano quasi immediati.

Le fotografie, sparse per le sale ed in grandi dimensioni, catturano lo sguardo e rendono le protagoniste quasi in dialogo con il visitatore.  Con i ritratti, insomma, a puro titolo di esempio quello di  Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma o di Emanuela Daffra, Direttrice Regionale Musei della Lombardia, la Fondazione Bracco rende visibili e riconosce le competenze di tante donne vincenti, declinando al femminile e sottolineando un movimento necessario per la parità di genere. Inoltre, essendo da tempo impegnata per contribuire alla costruzione di una società paritetica, fissa immagini di donne vincenti che hanno raggiunto posizioni sociali apicali dove essere donna, fa, spesso, la differenza.

Come lo sguardo del fotografo Gerald Bruneau sottolinea : “Il mio intento è stato quello di mettere in risalto, insieme all’incommensurabile vastità e bellezza del patrimonio artistico italiano, la bellezza di queste donne che si impegnano quotidianamente per rimettere i musei al centro di una proposta culturale elaborata in rete insieme ai soggetti più rappresentativi delle realtà in cui sono immerse, invitano alla partecipazione, stimolano confronto e pensiero critico”,  incarnando così un viaggio nella bellezza del patrimonio culturale italiano attraverso gli occhi e l’aspetto di chi li custodisce, la mostra prosegue idealmente il progetto  “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) . Vera e propria narrazione complementare, le foto di Gerald Bruneau, torna a fotografare per Fondazione Bracco dopo la mostra fotografica “Una vita da scienziata” (con i ritratti di alcune delle più grandi scienziate italiane, che da allora è stata esposta non solo a Milano, Roma, Todi ma anche a Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York, Città del Messico e, per la festa della Donna , l’ 8 marzo a Praga. Donne protagoniste. Ritratti professionali finalmente e non glamour o pubblicitari e un museo, non solo ricorrenze per ricordarlo. Se con una mostra fotografica, tanto meglio.




Gabbie d’oro, il singolo di Emil Spada contro gli status symbol

Gabbie d’oro è il nuovo lavoro di Emil Spada, giovane cantautore emiliano con al suo attivo un ricco percorso artistico. Gabbie d’oro nasce dal bisogno di comunicare che la strada più difficile è sempre quella che, se compiuta con logica e maturità, regala più soddisfazioni e serenità; utilizzando linee melodiche e arrangiamenti contemporanei, Emil vuole porre in evidenza, la superficialità legata alla ricerca esasperata dell’apparire, dello status symbol, del voler essere al centro dell’attenzione a tutti i costi.

Bellissimo anche il videoclip (https://www.youtube.com/watch?v=7HkKEJz3WrA), la cui protagonista è una ragazza acqua e sapone, schiava della società e dei suoi modelli, per la necessita di essere accettata. È  interpretata da Astrid Toh per la regia, Milo Barbieri, che ha colto e rappresentato alla perfezione le idee della sceneggiatura elaborata da Emil.

Come è nato Gabbie d’oro?

Era un periodo in cui facevo ascolti musicali davvero eterogenei, passavo da Caparezza a Morricone, dalle colonne sonore di film classici a produzioni indipendenti locali… questa commistione di generi mi ha fatto ragionare sulla enorme quantità di dati che ci viene costantemente proposta ogni giorno, oltre alla superficialità con cui questi vengono da noi interpretati e a nostra volta proposti.

Volevo racchiudere tutto questo in un brano, volevo qualcosa che attirasse lattenzione musicalmente e che, al contempo, attaccasse questo modo superficiale di vivere solo per apparire.

Anche per il videoclip, cercavo una ragazza acqua e sapone, che cambiasse diversi outfit nella ricerca di accettazione da parte della società, questa lidea di base da cui sono partito per realizzare la sceneggiatura. È nata lidea di girare  una giornata tipo,  tra shopping, di locali della movida, piscina… L’aggiunta della mano che prende la ragazza e la trasporta da una location allaltra sottolinea la superficialità e la rappresenta come una sorta di “oggetto”, per lanciare un messaggio di disagio, quello che il mondo contemporaneo sottintende, quello che ci fa ridere durante tutto larco della giornata, ma essere tristi e depressi tra le mura domestiche.  Ovviamente devo ringraziare sia Milo Barbieri, bravissimo regista che ha sopportato la mia puntigliosità e ha colto appieno le idee proposte con la sceneggiatura sia Astrid, bravissima interprete.

Come hai scoperto la tua passione per la musica?

Mi piace sempre raccontare che ascoltavo le audiocassetta dei cantautori in auto con i miei genitori fin da piccolo, questo è sicuramente stato un grande input per indirizzarmi verso la musica; in realtà credo che la mia sia una passione innata, perché già a 3 anni saltavo sullo sdraio in spiaggia, cantando le canzoni estive in voga per intrattenere i bagnanti e i vicini di ombrellone.

Poi a 13 anni ricevetti una chitarra ed un cd dei Queen come regalo di compleanno e da li fu immediato amore.

Il tuo più grande sogno nel cassetto?

Nel corso degli anni ne ho già depennati tantissimi dalla lista, oltre al fatto di collaborare con grandissimi musicisti che calcano o hanno calcato palchi negli stadi e che riconoscono la qualità dei miei brani, posso anche dire di aver registrato le mie canzoni nello studio personale di Vasco Rossi a Bologna e, quando ero un ragazzino, non me lo sognavo nemmeno… ora di fronte a me c’è un nuovo progetto che sta crescendo, spero che la musica e i concetti espressi possano arrivare a più persone possibili; fare musica e vivere di musica è già un sogno bellissimo.

E allora, quali sono i tuoi progetti futuri?

Con la mia etichetta PMS Studio, siamo già al lavoro sul prossimo singolo, un brano progressive-rock che vanterà una incredibile collaborazione a livello di videoclip, con un altro settore artistico; per me è infatti una grandissima emozione poter dar vita a questo progetto, che racchiude oltre alla musica unaltra mia grande passione che è il fumetto.

Dopo questo singolo, si giungerà, se non ci saranno intoppi, alluscita del nuovo album, che racchiuderà in 8 brani, un eterogeneità di generi e temi.

La realizzazione dellalbum è infatti legata alla miriade di ascolti fatti negli ultimi anni, che mi hanno portato a scrivere brani in diverse chiavi, dal rock al pop, dalla bossanova al crossover… sarà un album spartiacque col passato, una sorta di partenza per un Emil 2.0” che, conscio della esperienza accumulata, vuole dar anelito ai suoi punti di forza e migliorare in ciò che è carente.

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La croce del Giubileo: Borromini dialoga con Lady Be

Lady Be reinterpreta l’opera di Francesco Borromini, un’importante opera del 1625, eseguita dal mosaicista Giovan Battista Calandra, La Croce fu realizzata su commissione di Papa Urbano VIII Barberini, come sigillo della porta santa dopo il Giubileo del 1625.

Quando Innocenzo X Pamphilij riaprì la porta santa per il suo giubileo, nel 1649, ruppe simbolicamente il sigillo e ne fece dono al cardinale nipote (nipote di donna Olimpia, Francesco Maidalchini), e per questa via il piccolo mosaico venne riposizionato sullo stipite della porta della chiesa, che era divenuta la cappella privata dell’adiacente giardino di donna Olimpia in Trastevere.

Il 4 Settembre verrà presentata a Roma in località Trastevere, nella Chiesa di Santa Maria in Cappella, è l’opera più recente della eco-artista Lady Be; l’ultima perla realizzata per un progetto esclusivo realizzato per l’evento “Di là dal fiume”, giunto alla quarta edizione.

L’opera rappresenta una croce ed è la reinterpretazione del mosaico borrominiano presente nella stessa chiesa, ma con materiali di recupero, ovvero oggetti di plastica di varia provenienza usati in tutte le opere di Lady Be (tappi di bottiglie, involucri, bigiotteria, cancelleria, giocattoli vecchi, tubi, cavi elettrici).

L’opera è sagomata e fedele ai colori originali, che grazie all’utilizzo della plastica risultano brillanti e decisi, la composizione è ben equilibrata. Come nell’opera originale, è presente la fronda d’ulivo simbolo dei Pamphilij, e la particolarità che salta subito all’occhio è la presenza di 5 api (regine) attorno alla croce,  simbolo di laboriosità, purezza, capacità di comando, di orientamento ed abilità nella costruzione dei nidi con celle esagonali, scelte per nobilitare il simbolo della famiglia. Sono presenti in tante altre opere commissionate dai Barberini, tra cui il Baldacchino dell’ altare maggiore di San Pietro.

Lo speciale eco-mosaico, di dimensioni 54 x 88 cm, verrà presentato durante la visita guidata alla Chiesa, in Via Piero Peretti 6  alle ore 11; la visita è su prenotazione obbligatoria ed è necessario esibire il green-pass.

L’evento si svolge nell’ambito del festival curato dall’Associazione Culturale Teatroinscatola, “Di là dal fiume” il cui programma va dal 29 agosto al 5 settembre, ed offre esperienze culturali insolite, gratuite e diffuse in luoghi ogni volta differenti, con particolare attenzione al XII Municipio di Roma.

Musica, incontri, installazioni, proiezioni, presentazioni libri, mostre, fotografia, blitz urbani e biciclettate in undici location, cui si aggiunge quest’anno un programma di visite guidate presso quattro edifici di culto, come la Chiesa a Trastevere in cui si svolge l’esposizione della preziosa opera di Lady Be.

La “sfida” del festival è quella di portare in spazi ordinari eventi di qualità, nell’idea di fondo che il riuso di strade, edifici, piazze e aree della città mediante l’interazione con le arti possa creare inediti luoghi di relazione, dove la fruizione dell’evento da parte dello spettatore è spesso casuale.

Il progetto è congeniale all’idea di Lady Be, che fa del “riuso” il suo punto di forza, ed è ciò che consolida questa collaborazione oltre alla presenza del mosaico.

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Infatti, dal 2019 Lady Be ha cominciato a portare la sua arte in luoghi non espressamente nati per l’arte (ma fruibili liberamente dal pubblico) realizzando maestose esposizioni; dalla sua personale allestita all’Aeroporto di Milano Malpensa (mostra attualmente visitabile) all’esposizione nell’Università di Pavia, alla presenza delle sue opere sostenibili a Fiumicino nell’ambito di un evento organizzato da Disney e Legambiente e nel backstage del Concertone del 1 Maggio a Roma.

L’idea è che l’arte vada verso lo spettatore, abbandonando così gli asettici musei e altre realtà come gallerie d’arte e altri luoghi frequentati soltanto da appassionati d’arte.

Il pubblico di grandi e piccoli da sempre apprezza molto le opere di Lady Be. L’artista porta avanti questa attività da più di 10 anni e lo fa per sostenere il suo importante messaggio per l’ambiente, non sprecare ma trovare risorse e alternative per utilizzare e smaltire correttamente tutti i materiali, in particolare la plastica che è ciò che attualmente provoca più problemi di inquinamento in particolare di mari e oceani, andando a stravolgere l’intero eco-sistema.

Gran parte del materiale che utilizza Lady Be nelle opere proviene infatti dalla raccolta sulle spiagge, altro deriva dalle scuole e da mercatini dell’usato. Gli oggetti vengono consegnati inconsapevolmente dal popolo, e divengono tasselli del suo speciale mosaico.

Nel caso della croce, è possibile vedere diversi pezzi di materiale riconoscibile intero e spezzettato, per riprodurre con minuzia e maestria i diversi dettagli della croce, dalla presenza delle 5 api, al rosone di luce in alto, con sfumature dorate ricercate nei materiali, alle foglie di ulivo con diverse sfumature di verde.

Il mosaico borrominiano, infatti, leggermente minore di dimensioni rispetto all’opera di Lady Be, è un minuzioso lavoro di micro-mosaico, che a detta dei custodi è stato apprezzato moltissimo anche dal critico Vittorio Sgarbi che, avendo a disposizione poco tempo, ha voluto vedere solo quello e ha scattato decine di foto.

Lo stesso critico d’arte che conosce da anni l’arte di Lady Be apprezza molto anche i suoi mosaici, che nelle sue recensioni ha definito “formidabili”; “sorprendenti figurazioni”.

 

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