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La Giostra, il musical debutta a Torino

Debutta a Torino, il 21 aprile, al Teatro Sporting Dora, l’inedita commedia musicale “La Giostra, il musical”.

Lo spettacolo, ambientato in una casa di accoglienza, agli inizi degli anni 90, racconta il percorso esistenziale di giovani ragazzi che, dalle ombre delle proprie paure, risorgono fino a diventare protagonisti della propria vita.

Il soggetto inedito è di Federica Cardamone e Santi Scammacca, che ne cura anche la regia, mentre i brani musicali, tutti originali, sono stati composti dal M° Umberto Gaudino e da Carlo Montanari.

Lo spettacolo è interamente realizzato da artisti della città di Torino che hanno osato indagare il teatro musicale nelle sue più complesse forme, tanto da creare un’opera matura e dal sicuro effetto drammatico.

La città di Torino, riconosciuta l’importanza artistica del progetto, si è prestata con le sue risorse alla realizzazione dello stesso. OffGrid Italia ha costruito la scenografia con materiali di scarto e rifiuti, cui ha dato una seconda vita e una nuova bellezza. L’utilizzo di tali materiali si pone anche in relazione con i personaggi e la storia, andando a sottolineare ancora di più l’analogia tra il decadimento personale dei protagonisti e quello dell’ambiente che li circonda. Questa forte tematica ha fatto sì che anche il Museo dell’Ambiente (MACA) desse il proprio supporto.

I costumi di scena, pezzi originali dismessi degli anni ’90, sono stati forniti dall’atelier Cha.rly Vintage & Flowers.

Abbiamo scelto l’ambientazione negli anni 90 perché sono sempre di forte tendenza in ogni elemento mediatico – dicono gli autori – Tra l’altro, essendo uno spettacolo autoprodotto ed ecosostenibile, la moda degli anni 90, un patchwork di tanti stili, era più facilmente reperibile e riusabile

Salite, salite, amici miei sulla giostra. Quale meravigliosa attrazione!”.

Teatro Sporting Dora – Torino
21 aprile 2018 ore 21

La Giostra, il musical

con Alberto Bellomo, Federica Cardamone, Stefano Limerutti, Arianna Luzi, Maria Elvira Rao, Francesca Canova, Davide Najjar, Elia Rossi, Giulia Sferrazza e Denise Zaffonte.

Regia di Santi Scammacca

Coreografie: Anna Amelio

Arredi di scena: OffGrid Italia, ReLand

Costumi: Cha.rly Vintage&Flowers

Biglietti : 18 euro (prezzo intero); 15 euro (prezzo ridotto under 16 e over 65)

Per maggiori info:

https://www.lagiostramusical.it/

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https://twitter.com/giostramusical




Miriam Prato: Rinnovare l’Antico

di Emanuele Domenico Vicini – Sabato 14 aprile 2018, negli spazi del Broletto di Pavia, in Piazza della Vittoria, si inaugura una nuova mostra di Miriam Prato, una delle più famose pittrici pavesi, ormai collezionata in molti musei del mondo.

Miriam Prato, che per anni ha diviso la sia vita tra la professione di restauratrice e l’arte della pittura, è una delle più interessanti espressioni di quel filone dell’arte contemporanea fondato sul recupero colto della tradizione, come punto di partenza per libere interpretazioni e affascinanti giochi compositivi.

Tramontati i grandi miti delle avanguardie che hanno popolato a fasi alterne molta parte del XX secolo, esauritasi la spinta propulsiva del concettualismo che tanto aveva animato lo scenario artistico del secondo Novecento, il ritorno alla manualità, il recupero di profonde competenze tecnico pittoriche di tradizione, la consapevolezza del valore dell’immagine nella sua sensorialità e comprensibilità sono le mete che molta arte si è posta negli ultimi decenni.

Cogliendo gli spunti più ricchi che il suo lavoro di restauratrice leha offerto, Miriam Prato opera sulle incisioni delle Cronache di Norimberga, o su artisti come Giovanni Battista Bracelli, o ancora su tavole di Albrecht Dürer; le riproporziona, ne estrapola, a volte, dettagli e le inonda di colore, le trasforma in fiumi di inebriante vitalità cromatica. I cieli si tingono di toni di arancio, di blu, di nero; le figure prendono vita, circondate da abiti luminosi, da dettagli sgargianti e inebriate dai colori del nuovo mondo nel quale Miriam li pone.

Il suo lavoro manifesta un complesso processo culturale, nella scelta delle opere da cui muovere, nella elaborazione delle relazioni tra forme e colori che vengono stesi sulla tela.

Al contempo, Miriam sa porsi con rara intelligenza ed eleganza sull’impervio crinale dell’arte di oggi. Le sue tele non sono soltanto esempi di colto citazionismo, non si limitano a dichiarare uno degli assunti della contemporaneità postmoderna, cioè che non esistono più distinzioni diacroniche o gerarchiche nell’intero bagaglio della tradizione artistica; esse sono il frutto di una profondissima competenza e conoscenza dell’arte antica e della grafica in particolare. Gli equilibri cromatici, le soluzioni e i tagli compositivi, i calibratissimi rapporti tra pieni e vuoti nascono dalla meditazione quotidiana sull’immagine antica.

Le scene dipinte di Miriam Prato ci invitano così a una passeggiata intellettuale, circondati dalla storia dell’incisione rinascimentale e moderna; ci accolgono in una sorta di città virtuale (soggetto tra i più frequentati dalla pittrice) dove ci confrontiamo con il passato, ne esorcizziamo la distanza e ce ne appropriamo nuovamente, ridisegnandone il valore metaforico, alla luce della complessità del nostro presente.




Il pop didattico di Lorenzo Baglioni al Teatro Nuovo di Milano

Dopo aver insegnato con ironia agli italiani l’uso del congiuntivo, dal palco di Sanremo, con una canzone tra le più interessanti della kermesse canora, Lorenzo Baglioni, classe 1986, toscano, laureato in matematica e ex professore, arriva in tour al Teatro Nuovo di Milano il prossimo 28 marzo.

Lorenzo è un artista eclettico: si muove tra il cantautorato, la recitazione e il teatro-canzone, e con la sua musica ha dato vita a un pop didattico, in cui si trovano ironia, musica e materie scolastiche.

Il brano sanremese Il Congiuntivo è diventato un vero e proprio caso mediatico e di studio: il videoclip in poco tempo ha collezionato oltre 7 milioni di visualizzazioni sul web e l’Accademia della Crusca, dopo aver elogiato la canzone sui social, ha ospitato Lorenzo Baglioni in uno dei suoi appuntamenti pubblici rivolto ai giovani in cui si parlava dell’importanza della lingua italiana.

Il 16 febbraio è uscito l’album “Bella, Prof!”, che segna il debutto discografico di Lorenzo con Sony Music. L’album è composto da 12 tracce dedicate a 12 materie scolastiche differenti che, sullo stile del brano presentato sul palco del Teatro Ariston Il Congiuntivo, gioca con ironia portando avanti intenti didattici precisi.

Il disco è una provocazione nei confronti della didattica ‘classica’, proponendo, con intelligente ironia, un’alternativa, un modo leggero per trattare argomenti seriosi, attraverso due assi vincenti della comunicazione: la musica e la comicità.

In “Bella, Prof!” si va così da Le leggi di Keplero, raccontate con lo stile pop delle boy-band americane a El Corazon, dove su melodie reggaeton viene descritto il funzionamento anatomico dell’organo cardiaco. Non mancano poi tracce dance legate alla grammatica italiana come L’apostrofo o punk legate alla scienza come La classificazione dei Silicati, fino alla fisica de Il piano inclinato descritto in chiave rap. Un vero e proprio ripasso a tempo di musica in tour nei principali teatri italiani

Sempre a marzo è prevista anche la messa in onda su Sky Uno HD dell’omonimo programma tv “Bella, Prof!”: un edutainment dove in 12 puntate Lorenzo approfondirà le materie scolastiche dell’album. Ogni episodio, della durata di 5 minuti, svelerà un videoclip inedito delle varie tracce dell’album dal tono volutamente ironico e tagliente cui farà seguito una vera e propria lezione didattica presieduta da Lorenzo e un professore della materia affrontata.

Bella, Prof!” è un progetto articolato che si esprime attraverso differenti piani di narrazione: musicale – con l’uscita dell’album – televisivo – con l’omonimo programma tv in onda su Sky Uno e live – con un tour nei principali teatri italiani.

Teatro Nuovo


Piazza San Babila, Milano – 02.794026

LORENZO BAGLIONI – BELLA, PROF!
28 marzo ore 20.45


Info Botteghino

Da lunedì a sabato 10:00/19:00 orario continuato

Domenica 14:00/17:00

Per info:

www.teatronuovo.it


www.facebook.com/lorenzo.baglioni/
www.Youtube.Com/User/Lorenzobaglioni




Stefano Colli racconta Il Magico Zecchino d’Oro

Sta per arrivare al Teatro Manzoni di Milano, il 24 e 25 marzo, Il Magico Zecchino d’Oro, un musical davvero speciale scritto proprio per celebrare i 60 anni della manifestazione canora più famosa d’Italia

Stefano Colli, che nel musical interpreta vari personaggi (Abdullà, il carciofo, Ignacio), ci racconta lo spettacolo.

Il Magico Zecchino d’Oro nasce da un’idea di Fondazione Aida di Verona, in collaborazione con l’Antoniano di Bologna e il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento. L’dea è nata proprio per celebrare i 60 anni di questa importante manifestazione che è lo Zecchino d’Oro.

La regia è firmata da Raffaele Latagliata che, insieme a Pino Costalunga, firma anche il libretto. Un testo che è stato approvato dall’Antoniano stesso che, per la prima volta, ha autorizzato un progetto costruito sulle canzoni dello Zecchino.

Lo spettacolo, dallo scorso novembre, ha girato per tutta l’Italia e ora siamo giunti quasi alla fine di questa prima tournée. Dopo le due date milanesi, saremo a Viterbo e chiuderemo poi a Roma al Teatro Italia il prossimo 8 aprile.

La storia parte dalla figura dell’Omino della Luna che vive sulla faccia luminosa della luna. L’Omino distribuisce, attraverso il suono di uno zecchino d’oro, i sogni a tutti i bambini della terra. La sua antagonista è la Strega Obscura che è molto infastidita dal suono dello zecchino e dai gridolini di felicità dei bambini che fanno bei sogni. La Strega vorrebbe soltanto abitare la parte buia della luna, prendere l’ombra tutto il giorno sulla sua sedia a sdraio e non essere disturbata da nessuno.

Un giorno, sfinita dal continuo tintinnio dello zecchino, la Strega Obscura decide di impadronirsene e affronta l’Omino della Luna. Durante il litigio, lo zecchino cade dalla luna sulla terra e finisce nella cameretta di una bambina di nome Alice.

Lo zecchino diventa così un portale di acceso ai sogni di Alice. Qui comincia l’avventura per Alice che, accompagnata dall’Omino della Luna, sempre inseguita dalla Strega Obscura, attraversa i suoi sogni, rappresentati da alcune canzoni dello Zecchino d’Oro. E così Alice incontrerà la Peppina con il suo caffè, Abdullà e Abdullì che cercheranno di vendere il Katalicammello alla Strega, il Torero Camomillo e il Carciofo bulletto che terrorizza tutte le verdure dell’orto di nonno Piero

Le canzoni scelte affrontano tematiche anche molto forti come il bullismo o la perdita di una persona cara. È un momento molto emozionante e commovente nello spettacolo la scena in cui Alice deve affrontare la perdita del nonno. Sarà proprio la Strega Obscura, con la canzone Prendi un’emozione, a spiegare alla bambina l’importanza di vivere ogni tipo di emozione, positiva o negativa come la tristezza e la malinconia, proprio perché è fondamentale per il percorso di crescita di un bambino imparare a viverle. Le emozioni non vanno tenute lontano, vanno vissute.

Nel musical ci sono dieci canzoni: cinque sono della storia più recente dello Zecchino, come Quel Bulletto del Carciofo, Prendi un’emozione, Chi ha paura del buio, Dove vanno i sogni al mattino; le altre cinque invece fanno parte della storia della manifestazione canora, come ad esempio il Katalicammello, Volevo un gatto nero o l’Omino della Luna.

Tutte le canzoni sono state riarrangiate da Patrizio Maria D’Artista. La scenografia è stata realizzata da Geomag ed è composta da cubi che, a seconda di come vengono girati, creano un ambiente, come la cameretta di Alice o l’orto di nonno Piero, o un pezzo della storia, come il cammello. La scelta dei cubi è molto interessante: vuole riportare lo spettatore a giocare con la creatività, rifacendosi un po’ ai giochi di una volta, oggi soppiantati dai computer, dai tablet e dai telefonini.

La soddisfazione più grande, per me, è il consenso che sta ricevendo lo spettacolo: ogni sera i teatri sono pieni. Il pubblico è coinvolto completamente, sia i bambini sia gli adulti. È bellissimo sentire la gente partecipare allo spettacolo: tutti cantano e battono le mani a tempo quando partono le canzoni. Non per niente lo Zecchino d’Oro è una delle manifestazioni più importanti del nostro paese e ha segnato l’infanzia di tutti. Le sue canzoni creano un trait d’union tra le generazioni: le mamme cantano Volevo un gatto nero, i figli Quel bulletto del carciofo.

Il Magico Zecchino d’Oro è un vero e proprio family show: fa commuovere, divertire, ballare e cantare grandi e piccini. È assolutamente da vedere!

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Sul palco con Stefano, ad interpretare questo magico spettacolo, troviamo Rebecca Pecoriello, Giada Maragno, Maddalena Luppi, Enzo Forleo e Gennaro Cataldo.

Teatro Manzoni – Milano
24 – 25 marzo 2018

Il Magico Zecchino d’Oro
regia di Raffaele Latagliata




Ennio Morricone: The 60 Years of Music Tour. Un’esperienza indimenticabile

di Giuliana Tonini – Ho avuto il privilegio di assistere a un concerto di Ennio Morricone. Lo scorso 6 marzo il Maestro è tornato a Milano, al Mediolanum Forum di Assago, con un’altra tappa del The 60 Years of Music Tour.

La tournée, iniziata più di due anni fa per festeggiare i sessant’anni anni di carriera da compositore del Maestro, ha finora toccato diverse città in tutta Italia e in molti paesi d’Europa. Precisamente Inghilterra, Irlanda, Germania, Belgio, Olanda, Francia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Svizzera, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia.

Ennio Morricone non ha bisogno di presentazioni. Classe 1928, conosciuto in tutto il mondo, ha composto le colonne sonore di più di 500 film, lavorando con i maggiori registi del cinema italiano e internazionale.

Tra i film per cui ha scritto la musica ci sono, solo per citarne alcuni tra i più famosi, gli indimenticabili spaghetti western di Sergio Leone, di cui, per l’aneddotica, Morricone è stato compagno di scuola alle elementari, C’era una volta in America (il mio film preferito fra tutti), sempre di Sergio Leone, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo, Salò e le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, Novecento di Bernardo Bertolucci, Mission di Roland Joffè, Gli Intoccabili di Brian De Palma, Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, fino al recente The Hateful Eight di Quentin Tarantino.

Forse non tutti sanno che sono sue le colonne sonore di diversi film di Dario Argento, di Bianco, Rosso e Verdone e di vari film per la televisione, tra cui La Piovra.

Per la sua musica per il cinema ha vinto, in Italia e all’estero, innumerevoli premi, tra cui un Oscar alla carriera nel 2007 e, nel 2016, è finalmente arrivato, dopo molte candidature, l’Oscar per la migliore colonna sonora originale, per The Hateful Eight.

Ma Ennio Morricone non ha scritto solo musica per il cinema. Lui stesso ci tiene molto a ricordare di essere sempre stato anche un compositore di musica classica assoluta, pura, svincolata da esigenze di narrazione e di rappresentazione scenica. Le sue opere di musica assoluta sono circa cento.

Ai suoi concerti, il Maestro dirige le sue opere eseguite da un’orchestra di 125 elementi e da un coro di 75 persone. Al Forum di Assago, sul palco con lui c’erano l’Orchestra Roma Sinfonietta e il Nuovo Coro Lirico Sinfonico Romano, assieme alla voce solista femminile Dulce Pontes, cantante portoghese regina del fado.

Come era prevedibile, tutti i quasi tredicimila posti erano esauriti. Il palazzo dello sport alle porte di Milano era stracolmo di gente arrivata per sentire dal vivo i propri brani preferiti, diretti dal loro geniale autore.

Il concerto è stato un evento emozionante e dalla potenza coinvolgente. Eseguiti dal vivo, da duecento persone, i pezzi cui noi pensiamo come al sottofondo musicale delle scene dei film esplodono in tutta la loro bellezza di suggestivi brani di musica classica contemporanea. Non c’è neanche bisogno di dirlo, la musica di Ennio Morricone è magnifica in sé e per sé, indipendentemente dall’opera cinematografica per cui è stata composta e indipendentemente dall’averla vista o meno.

Una serata di pura musica, con un pubblico rapito ed emozionato, applausi scroscianti, numerose standing ovations e il Maestro che, alla fine di ogni esecuzione, si alzava e si voltava a raccogliere il calore del pubblico.

Il programma è stato molto vario. Sono stati eseguiti, solo per citarne alcuni, L’uomo dell’armonica, da C’era una volta il west, di Sergio Leone, e il celeberrimo tema di Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo, sempre di Sergio Leone, tema universalmente conosciuto, da tutti e ovunque. Sono convinta che anche i bambini lo conoscono e lo canticchiano, senza sapere che è la melodia di un film di cowboy di più di cinquant’anni fa. Il brano, eseguito dal vivo, fa un effetto nuovo e portentoso. Andare su Youtube per credere. Non è la stessa cosa che dal vivo, ma rende l’idea.

In quanto a potenza suggestiva, non è da meno l’esecuzione di L’estasi dell’oro (la mia preferita), sempre da Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo, la musica della scena in cui Tuco-Eli Wallach corre tra le tombe del cimitero di Sad Hill alla ricerca della tomba di Arch Stanton, in cui il Biondo-Clint Eastwood gli ha detto che sono nascosti i duecentomila dollari.

Abbiamo poi ascoltato, ad esempio, il tema di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, L’ultima diligenza per Red Rock, da The Hateful Eight, Rabbia e tarantella, dal film Allonsanfan, dei fratelli Taviani, pezzo ripreso anche in Bastardi senza gloria, di Quentin Tarantino. Davvero di impatto anche Abolição, dal film Queimada, di Gillo Pontecorvo. Non poteva poi mancare Gabriel’s oboe, da Mission.

Attendevo palpitante Sacco e Vanzetti – Here’s to you, la ballata con la musica di Ennio Morricone e il testo di Joan Baez, ispirata alle parole attribuite a Bartolomeo Vanzetti pochi mesi prima dell’esecuzione sulla sedia elettrica. Non era in programma quella sera, ma non importa. Il concerto è stato per me un’esperienza unica, e, tra i bis eseguiti alla fine, c’è stata anche L’estasi dell’oro. Meglio di così non poteva andare.

Il The 60 Years of Music Tour è un evento davvero da non perdere. Ma gli indecisi si affrettino a prendere i biglietti. Il Maestro Ennio Morricone fa sempre il tutto esaurito in poco tempo.

Dove e quando
Musica per il cinema: dal 16 al 18 giugno 2018, Roma, Terme di Caracalla; 20 giugno, Locarno, Piazza Grande; 21 giugno, Parma, Parco La Cittadella; 23 giugno, Nimes, Arena; 24 novembre, Bruxelles, Palais 12.
Musica assoluta: 15 luglio, Praga, Smetana Hall.

Siti Internet e biglietti
Per la gioia degli appassionati, non è da escludere che, come è già successo in passato, vengano aggiunte altre date. Consultare per aggiornamenti, e per l’acquisto dei biglietti, i seguenti siti Internet:
www.enniomorricone.org
www.ticketone.it
www.dalessandroegalli.com

Pagina Facebook:
Maestro Ennio Morricone




Sunset Boulevard a Trieste

Sunset Boulevard, uno dei più grandi capolavori di Andrew Lloyd Webber, arriva per la prima volta in Italia, in lingua originale, in esclusiva nazionale, al Politeama Rossetti di Trieste dal 21 al 25 marzo.

Lo spettacolo sarà dunque ospite della stagione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, nel prezioso allestimento originale del UK-Tour, con orchestra dal vivo di 16 elementi, una delle maggiori che si muovano in tournée, e con un cast stellare che vede nel ruolo di Norma Desmond una star del calibro di Ria Jones, già acclamata sostituta di Glenn Close nell’edizione del West End di due anni fa.

Sunset Boulevard, tratto dall’omonimo film di Billy Wilder con Gloria Swanson, William Holden e Erich von Stroheim, racconta la storia del doloroso declino di una diva del cinema, del suo amore ossessivo per un giovane squattrinato soggettista di Hollywood, e del cinismo dello star system.

Il libretto e le liriche sono di Don Black e Christopher Hamptons. La colonna sonora è composta da musiche e arie emozionanti come Sunset Boulevard, With One Look, As If We Never Said Goodbye, The Greatest Star Of All e The Perfect Year.

Sunset Boulevard
di Andrew Lloyd Webber

Teatro Politeama Rossetti – Trieste
dal 21 al 25 marzo

Biglietti da euro 30 a euro 65 in vendita su vivaticket.it




Quattro chiacchiere con Umberto Noto, zio Fester ne “La Famiglia Addams “

Al Teatro Nuovo di Milano, fino al 25 marzo, è in scena il musical La Famiglia Addams con la regia di Claudio Insegno. Una favola noir, ispirata ai personaggi di Charles Addams, con un forte messaggio sui valori della famiglia, resa credibile e godibile da un cast di grandissimo livello.

Umberto Noto, in questa nuova produzione, interpreta Zio Fester.

Umberto, raccontaci qualcosa di te.

Mi sono diplomato nel 2002 alla MTS – musical the school di Milano e da allora ho sempre lavorato, passando dalle navi da crociera prima, dove ho girato il mondo come performer, alla prosa, al musical e alla televisione. Solo per citare alcuni titoli di spettacoli teatrali: I Promessi sposi , Il ritratto di Dorian Gray, Saranno Famosi, Gian Burrasca, Sogno di una notte di mezza estate, La Sposa in Blu, commedia della quale ho curato la mia prima regia, Be Italian, una produzione italo paraguayana,  fino a Spamalot e La Famiglia Addams con Claudio Insegno.

Ho  recitato anche in importanti serie tv come Camera Café e Piloti, sono stato acting coach della quarta stagione della serie tv Disney Alex & Co. e ho avuto l’onore di far parte del cast internazionale del film di prossima uscita nelle sale Ulysses – A dark Odyssey.

La filosofia di vita di Umberto si può sintetizzare con un verso di una canzone di Spamalot: Always look at the bright side of life, guarda sempre il lato positivo della vita.

Certe cose succedono perché devono succedere. Bisogna sempre tenerlo a mente, crederci e mai arrendersi di fronte alle avversità della vita, perché alla fine sono quelle che fanno crescere.

Ho fatto provini per ruoli per cui alla fine non sono stato preso. Non era semplicemente il momento. Ne sono poi arrivati altri perfetti per me come Sir Robin in Spamalot ed  attualmente Zio Fester ne La Famiglia Addams e ne sono infinitamente felice.

Parliamo degli Addams e di Fester.

Lo spettacolo parla della famiglia, dei valori della famiglia, ma anche di stranezze, verità nascoste, normalità diversa o diversa normalità. Fester incarna un po’ tutte queste cose. Ho lavorato molto sul personaggio per cercare di dargli tante sfaccettature. Non volevo che fosse solo “calvo, grasso e con una sessualità indefinita” come si definisce lui. Il mio Fester è giocherellone, umano, divertente e romantico. È capace di lasciare la sua famiglia, a cui è profondamente legato, per realizzare il suo obiettivo.

Fester infatti è innamorato della luna. La luna gli regala emozioni forti e lui riesce a raggiungerla, dimostrando così che quando si prova qualcosa per qualcuno, se il sentimento è vero e  puro, lo puoi avere. Io credo molto nella legge dell’attrazione che nasce da un desiderio profondo, dalla semplice volontà del cuore.

Nella vita l’energia positiva è la chiave di tutto.

La storia d’amore di Fester con la luna è una provocazione: parla dell’amore universale, di un amore profondo che va al di là di tutto e che regala emozioni, di un amore, per qualcuno o per qualcosa, che è sempre giusto.

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Come ti sei trovato a lavorare con gli altri membri del cast, con Elio, Gabriele Cirilli e con Claudio Insegno?

Per fare questo lavoro bisogna avere solidi valori e credere nel lavoro di gruppo. Sotto questo punto di vista, questo cast, così come quello di Spamalot, è perfetto: è come stare in famiglia, si cresce insieme, ci si compensa, senza invidie o desideri di primeggiare gli uni sugli altri. Sono tutti grandi e bravissimi professionisti. Elio è stato una grande scoperta, umanamente parlando, un perfetto Re Artù ed un compagno di viaggio indimenticabile. Gabriele Cirilli è un uomo e un artista eccezionale, è il fratello maggiore che tutti vorrebbero avere, forte sostenitore del lavoro di squadra. Porta in dote la sua esperienza teatrale trentennale iniziata alla scuola di Gigi Proietti. Claudio Insegno è un grande attore e Maestro: ci forgia, ci insegna a svecchiare il teatro e la comicità adattando il tutto ad un pubblico che cambia continuamente. Lavorare con lui è una continua esperienza formativa. Non vuole attori impostati, non vuole sentire una voce: cerca la verità nel personaggio. Per fare questo, lascia molta libertà interpretativa a noi attori. Capisci che hai trovato la giusta chiave di lettura quando gli si illuminano gli occhi e sorride. Vuol dire che lo hai convinto. Con Claudio ti devi lasciare andare, devi giocare a carte scoperte. Lui è lì, sempre disponibile, ti segue passo per passo. Ama ciò che fa, è nato per insegnare e lo capisci perché mentre lo fa si emoziona sempre.

Quali ruoli ti piacerebbe interpretare in futuro?

Ci sono tanti ruoli! Una volta, come primo ruolo, avrei forse scelto Jean Valjean, il protagonista dei Miserabili, ma credo che ora non sarebbe il momento. Oggi mi sento più orientato verso un teatro che va dalla riflessione al divertimento. Mi piacerebbe interpretare il Genio in Aladdin della Disney, perché è un signor ruolo, con belle canzoni e lo spettacolo è pura magia. Mi piacerebbe anche o un ruolo en travesti, come quello di Bernadette in Priscilla, un personaggio irriverente, simpatico e nostalgico; o l’ambiguo Maestro di Cerimonie di Cabaret o Lumière nella Bella e la Bestia.

Hai dei performer italiani di riferimento?

I miei esempi sono Manuel Frattini, Giampiero Ingrassia, Pierfrancesco Favino, Gigi Proietti, professionisti a completo servizio del teatro, che regalano sempre grandi emozioni.




Storie di resilienza al Premio Wondy

di Morgan Le Fay – A Milano la premiazione dei finalisti del “Premio Wondy”.

Un premio letterario dedicato alla resilienza, di certo l’unico in Italia, probabilmente anche nel mondo: “Premio Wondy” è l’iniziativa lanciata circa un anno fa dall’associazione “Wondy sono io”, nata in memoria di Francesca Del Rosso, giornalista, blogger e scrittrice, morta nel dicembre 2016, a 42 anni, dopo una lunga battaglia contro il cancro. L’idea è venuta, quasi d’istinto, ad Alessandro Milan, giornalista e marito di Francesca.

Francesca, “Wondy” per gli amici, amava i libri e ha portato avanti, fino all’ultimo, una straordinaria testimonianza di resilienza, affrontando la malattia non soltanto con grande coraggio e forza d’animo, ma anche con ironia e quasi leggerezza. Anche grazie a lei, che, tra le altre cose, per diverso tempo ha tenuto un blog su “Vanity Fair” dal titolo “Le chemioavventure di Wondy”, la parola resilienza ci sta diventando un po’ più familiare: una capacità, insita in ognuno di noi (anche se magari non ne siamo sempre consapevoli), di resistere agli urti, alle difficoltà della vita, senza spezzarci, di trasformare anche le esperienze più negative in opportunità, in qualcosa di positivo. L’associazione intende diffondere proprio questa cultura della resilienza, attraverso varie iniziative (potete trovare tutte le informazioni sul sito wondysonoio.org).

Il “Premio Wondy” è una di queste. Alle case editrici (e ben ottanta hanno risposto) è stato chiesto di inviare un’opera, di recente pubblicazione, che avesse a che fare con la resilienza. Tra i sei romanzi arrivati in finale, ne è stato premiato uno da una giuria tecnica e uno da una giuria popolare, che ha potuto votare sulla pagina Facebook dell’associazione.

Le opere finaliste sono:
La rondine sul termosifone, di Edith Bruck, ed. Nave di Teseo
Non volevo morire vergine, di Barbara Garlaschelli, ed. Piemme
Voi due senza di me, di Emiliano Gucci, ed. Feltrinelli
Magari domani resto, di Lorenzo Marone, ed. Feltrinelli
La notte ha la mia voce, di Alessandra Sarchi, ed. Einaudi;
Quello che mi manca per essere intera, di Ilaria Scarioni, ed. Mondadori.

La giuria tecnica, presieduta da Roberto Saviano, era composta da Daria Bignardi, Paolo Cognetti, Ferruccio de Bortoli, Luca Dini, Donatella Di Pietrantonio, Chiara Fenoglio, Chiara Gamberale, Emanuele Nenna, Paola Saluzzi e Gianni Turchetta.

La premiazione dei vincitori si è svolta il 5 marzo al teatro Manzoni di Milano, in collaborazione con Edizioni Condé Nast, rappresentata per l’occasione da Luca Dini, direttore editoriale e membro della giuria, che Wondy l’aveva conosciuta molto bene.

L’evento è stato presentato da Ambra Angiolini e Alessandra Tedesco, giornalista di Radio 24 e amica di Francesca, che hanno trascinato sul palco anche un Alessandro Milan, in verità un po’ riluttante, e ha visto la partecipazione di numerosi personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, come Roberto Bolle, Rossella Brescia, Caterina Balivo, Martina Colombari, le cantanti Malika Ayane e Paola Turci, con le loro voci straordinarie.

Di ogni opera finalista era stato scelto un brano rappresentativo, letto da altrettanti attori, tutti bravissimi e visibilmente commossi: Alessandro Borghi, Marco D’Amore, Matilda De Angelis, Marta Gastini, Vittoria Puccini e Valeria Solarino.

I romanzi, di cui alcuni autobiografici, raccontano, senza sconti, storie segnate da eventi dolorosi, che hanno dato una svolta, spesso drammatica, alle vite dei personaggi. Eppure, nello stesso tempo, sono vicende percorse da un incrollabile, ineludibile, amore per la vita. Storie resilienti, appunto, di chi ha saputo rialzarsi, affrontare e superare anche le situazioni più dure, trovando in sé inaspettate risorse.

Un momento particolarmente toccante è stata la testimonianza di Mutlu Kaya, una ragazza diventata, tre anni fa, la star di un talent show in Turchia, grazie alla sua voce angelica e a una sfolgorante bellezza. Il fidanzato, che non gradiva la sua carriera televisiva, le ha sparato alla testa. Lei è miracolosamente sopravvissuta, ma purtroppo con gravi danni cerebrali, che l’hanno costretta su una sedia a rotelle e a un lungo, difficile percorso di recupero. Eppure, l’altra sera Mutlu era lì, sul palco, a sorridere e cantare ancora, a raccontare la sua storia, a manifestare il suo ottimismo e la sua gioia di vivere, salutata dal pubblico con una lunga standing ovation.

Ma è giunto il momento di sciogliere finalmente la suspense con la proclamazione dei vincitori:
la giuria popolare ha scelto “Non volevo morire vergine” di Barbara Garlaschelli, mentre la giuria tecnica ha assegnato il premio a “La notte ha la mia voce” di Alessandra Sarchi. Due storie, per alcuni aspetti simili, che affrontano problematiche forti, estreme, ma che hanno molto da dire a tutti noi, perché non è necessario ammalarsi di cancro o essere colpiti da una disabilità o da un lutto per essere (o imparare a essere) resilienti. Ognuno, poi – come ha sottolineato Alessandra Tedesco a mo’ di conclusione – trova il suo modo, la sua strada, per superare le avversità.

La serata è stata un successo, che ha mescolato parole e musica, allegria e commozione, toccando le corde più profonde di tutti i presenti, ospiti e pubblico (e la cosa era palpabile), senza mai cedere alla tristezza: una festa, insomma, proprio come sarebbe piaciuto a Wondy.
Appuntamento, dunque, alla prossima edizione, e buona resilienza a tutti!

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Sonia Bergamasco interpreta Il Ballo della Némirovski

Questa bambinetta, questa mocciosa venire al ballo, figurarsi…Aspetta un po’, bella mia, ti farò passare io tutte le idee di grandezza…Ah, credi di fare il tuo debutto in società l’anno prossimo! Chi ti ha messo questi grilli per il capo? Sappi, mia cara, che io ho cominciato soltanto adesso a vivere, capisci, io, e che non ho intenzione di avere tra i piedi una figlia da marito…
(I. Némirovski, Il ballo)

Antoinette, la ragazzina protagonista del romanzo breve Il Ballo di Irène Némirovsky, è una quattordicenne, figlia di una coppia di ebrei arricchiti, vessata e umiliata dalla madre, che la esclude da un sontuoso ballo, che dovrebbe sancire la consacrazione sociale della donna. E Antoinette allora si vendica molto crudelmente.

Sonia Bergamasco interpreta questa favola nera della Némirovsky, spietata come può essere la storia della scrittrice, morta ad Auschwitz, odiata da una madre egoista e narcisista, che le sopravvivrà e finirà serenamente la propria vita a Nizza, in Francia.

Questa storia – dice la Bergamascoraccoglie cinque voci essenziali: la madre, la figlia, il padre, l’istitutrice e la vecchia cugina. Una storia di vendetta e disamore. Attraverso lo sguardo di Antoinette, la figlia adolescente, cerco negli specchi le figure di un teatro che sonnecchia nelle pieghe del quotidiano. Cerco il teatro di un bambino solo che costruisce il suo mondo perché il mondo conosciuto (quello degli adulti) non è bello e non gli piace. La storia di Antoinette è molto più di questo. È la presa di coscienza del rispecchiamento umano e feroce di due donne, madre e figlia. È l’arma di vendetta di una scrittrice che sempre, in ogni sua opera, ricorda e non perdona. La scrittura come arma, scoperta molto presto da Irène, proprio contro quella famiglia, quella madre che non aveva saputo amarla. È anche una dichiarazione d’amore nei confronti della letteratura, del libro come oggetto e come cura, della lettura come invenzione di mondi e materia sediziosa. Così il Piccolo Principe, ma anche Cenerentola e Biancaneve si affacciano da questi specchi e affondano lo sguardo sul presente. Gioco, vita, storie e destino”
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Teatro Franco Parenti – Sala Tre
17-25 marzo 2018

Il ballo
racconto di scena ideato e interpretato da Sonia Bergamasco
liberamente ispirato a “Il ballo” di Irène Némirovsky

disegno luci Cesare Accetta
scena Barbara Petrecca
costume di scena Giovanna Buzzi
produzione Teatro Franco Parenti / Sonia Bergamasco

Biglietti

intero: platea 23,50€
; convenzioni > 18€
over 65/ under 26 > 15€
+ diritti di prevendita

Info e biglietteria

via Pier Lombardo 14
 – tel. 02 59995206
 – mail: biglietteria@teatrofrancoparenti.it

Tournée
2 marzo – 3 marzo Spazio Kor – ASTI
6 marzo – 11 marzoTeatro Gobetti – TORINO




La corte del gusto

di Angelo Collura – Alle porte di una metropoli come Milano si fermano tante cose, anche alcune testimonianze di un’epoca risalente ad oltre 200 anni fa.

Sicuramente degno di nota il ristorante Antica Posta a Corsico, dove i proprietari con un imponente lavoro di recupero hanno ridato splendore ad una delle 147 poste a cavallo della Lombardia.

Un cortile in stile lombardo, una vecchia mangiatoia e un abbeveratoio che richiamano alla mente un tempo lontano fanno da cornice ad un susseguirsi di piatti che soddisfano gli occhi ed il palato.

Lo sforzo è evidente, ma lo è soprattutto il risultato. Una cucina attenta a risaltare le tradizioni, un servizio impeccabile e preparato non solo sulle pietanze, ma anche sulla storia di un luogo così suggestivo.

Alla porte di una città proiettata al futuro, rimane un posto dove ritrovarsi con gusto.

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