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UNA STANZA PIENA DI EMOZIONI

di Morgan Le Fay – Ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo, è stata Ambasciatrice per la Danza nel Grande Giubileo del 2000, ha aperto le Paraolimpiadi di Torino del 2006, ha partecipato al Festival di Sanremo, ha scritto libri, i suoi quadri sono esposti in Mostra Permanente nella città di London Ontario, in Canada…

Era quasi inevitabile che le strade di Simona Atzori e dell’associazione “Wondy sono io” si incrociassero. “Tutte le cose più significative della mia vita, soprattutto quelle belle, sono nate da un incontro”, afferma la danzatrice. E proprio grazie a questo incontro, il 10 gennaio Simona ha deciso di portare in scena il suo spettacolo “Una stanza viola” al teatro Manzoni di Milano, con il sostegno del Gruppo 24 Ore. Al termine, si è raccontata davanti al pubblico, chiacchierando con Alessandro Milan, giornalista di Radio 24 e presidente dell’associazione, creata in memoria di sua moglie Francesca Del Rosso, giornalista e scrittrice, mancata poco più di un anno fa, dopo una lunga battaglia contro il cancro.

DANZARE PER FRANCESCA

In una sala gremita, il pubblico è stato travolto da un turbine di musiche, anche inaspettate (dalle ballate irlandesi a Vasco Rossi…), colori, emozioni e, naturalmente, danze contemporanee, coinvolgenti nei gesti e nei ritmi, ora dolci ora indiavolati, con coreografie mai convenzionali.

Il tema centrale, l’amore, in tutte le sue sfumature, con il suo carico di speranza, ma anche di inquietudine, delusione, tormento. L’amore può essere amicizia, empatia, solidarietà, ma può sfociare nel tradimento, nella violenza e nella prevaricazione.

Perché una stanza viola? La stanza è il luogo in cui tutto può succedere e di cui il palcoscenico diventa il simbolo. Il viola è il colore della rinascita, creato dal bianco, dal rosso e dal blu, una sorta di fusione tra maschile e femminile.

Sul palco, oltre a Simona Atzori, i suoi collaboratori (“ma prima di tutto amici” ha precisato l’artista al termine dell’esibizione), i ballerini Beatrice Mazzola e Mariacristina Paolini della SimonArte Dance Company, Marco Messina e Salvatore Perdichizzi del balletto della Scala di Milano, tutti bravissimi e applauditissimi dagli spettatori entusiasti.

UNA STORIA DI RESILIENZA

Wondy sono io” è un’associazione culturale, nata per diffondere quella che è la più grande eredità di Francesca Del Rosso: la resilienza, la capacità di reagire alle avversità della vita, di reggerne gli urti senza spezzarsi, e di trasformare ciò che può apparire un limite o un ostacolo in un’opportunità di crescita e cambiamento. Perché – diceva lei – siamo tutti un po’ supereroi e la resilienza è alla portata di ciascuno di noi.

Simona Atzori ha confessato che lei, di resilienza, non sapeva granché, prima di imbattersi in “Wondy sono io” e nella storia di Francesca. In teoria. Perché, nella pratica, tutta la sua vita ne è la celebrazione. Nata senza braccia, amatissima dai genitori, che l’hanno sempre incoraggiata a non farsi determinare dalla sua particolarità fisica e a seguire le sue passioni, è diventata una ballerina e una pittrice apprezzata in tutto il mondo, tiene corsi e seminari motivazionali nelle aziende, testimonia ovunque la sua esperienza, le lotte contro la paura, le difficoltà ma soprattutto i pregiudizi (“spesso il limite della disabilità è soltanto negli occhi degli altri”), usando sempre come “arma” il suo sorriso solare e la sua ironia. Sorriso e ironia che non la abbandonano mai, come quando, a un certo punto dell’incontro, si libera delle calzature: “Scusate, ora che avete visto queste bellissime scarpe, me le tolgo, perché io devo gesticolare!”.

Racconta che ha capito realmente la resilienza quando ha dovuto affrontare la malattia e la morte dell’adorata mamma, cinque anni fa. Un percorso doloroso, da cui è però nata una Simona più forte e coraggiosa. È stato in quel momento difficile che ha deciso di dipingere di viola la sua stanza da letto: era necessario ripartire, intraprendere nuove strade, imparare a percepire la presenza della madre con modalità diverse.

È fondamentale diventare protagonisti della propria vita, non lasciare che le cose ci accadano e basta” conclude l’artista.

A fine serata, con tutti i ballerini, i fondatori e molti amici di “Wondy sono io” riuniti sul palco, è stato annunciato anche il prossimo appuntamento importante: il 5 marzo, sempre al teatro Manzoni, ci sarà la premiazione del primo concorso letterario dedicato alla resilienza. La giuria, presieduta da Roberto Saviano (che, come sottolineato da Milan, è lui stesso un esempio di resilienza) e con molti altri nomi di peso, proclamerà il vincitore tra le sei opere finaliste, scelte tra le tantissime che hanno partecipato.
Intanto, continua a girare l’Italia la mostra fotografica “In viaggio con Wondy”: i viaggi fatti da Francesca Del Rosso con la sua famiglia negli ultimi sei anni, quando era già ammalata. La malattia, infatti, non l’ha mai fermata, non ha minimamente scalfito il suo tenace attaccamento alla vita.

Noi spargiamo dei semi – ha spiegato Milan al termine dell’incontro – non sappiamo quanti attecchiranno, ma continueremo a farlo”.

Per info, www.wondysonoio.org

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Cuba, mon amour

di Giuliana Tonini – La scorsa estate ho fatto un viaggio in un paese straordinario: Cuba. Sedici intensi giorni in giro in pullman, con Avventure nel Mondo, per quasi tutta l’isola, da L’Avana verso sud est, fino a Santiago de Cuba, e poi, passando per la provincia di Guantánamo, di nuovo verso la capitale, visitando, nel tragitto, un’infinità di luoghi che lasciano il segno. Attraverso le diverse province del paese e ripercorrendo la sua storia.

Cuba è un posto di cui è difficile non innamorarsi.

L’itinerario completo? L’Avana, Playa Girón, Cienfuegos, Trinidad, Valle de los Ingenios, Sancti Spiritus, Camagüey, Bayamo, in montagna sulla Sierra Maestra, Santiago de Cuba, Baracoa, Remedios, Santa Clara, e ancora L’Avana. Senza farci mancare il mare a Caleta Buena, Playa Ancon, Playa Imias, Playa Maguana, Guardalavaca, Cayo Coco e Playa Pilar.

Sarà possibile trasmettere in poche righe la Cuba che ho visto e le sensazioni che mi ha trasmesso e rendere onore a questo paese unico? Assolutamente no.

La gente

L’Avana ti colpisce subito al cuore. È allo stesso tempo lo specchio del paese e l’avanguardia del suo cambiamento. È un caleidoscopio di gente, colori e suoni. E musica, tanta musica.

Il primo impatto è con la gente e il contesto in cui vive. Si percepisce subito che le condizioni di vita generali non sono agiate. Anche in pieno centro ci si imbatte spesso in edifici decadenti e in persone che, si intuisce, tirano avanti a stento. E questo è accentuato nelle altre zone del paese. Ma ho constatato che è vero quello che si dice dei cubani. Sembra uno stereotipo, una di quelle frasi fatte che vengono ripetute come una litania, ma, invece, è proprio così: i cubani hanno un modo di affrontare la vita molto positivo, anche nelle avversità. Lo abbiamo potuto constatare tutti, per esempio, dai servizi trasmessi dai telegiornali, quando l’uragano Irma, a settembre, ha travolto anche Cuba.

E sono orgogliosi di essere se stessi, di essere cubani.

È facile entrare in contatto con i cubani. Sono aperti e gentili. Raramente negano uno scambio di chiacchiere, una foto e un sorriso. Che sia nelle case di cui si è ospiti, per strada, al mercato, in spiaggia o dal barbiere. A Camagüey, mi ricordo, ci siamo per un attimo fermati davanti alla porta della casa di un vecchissimo afrocubano e lui ha cominciato a chiacchierare con noi, raccontando di come gli piacesse la storia di Ulisse.

I luoghi

Fra i luoghi che abbiamo visitato, ci sono tutte le prime sette villas, le prime sette città fondate, all’inizio del Cinquecento, dai conquistadores spagnoli guidati da Diego Velázquez: L’Avana, Trinidad, Baracoa, Bayamo, Camagüey, Santiago e Sancti Spiritus. In tutto il paese lo stile architettonico spagnolo-coloniale dei coloratissimi edifici si fa notare in tutto il suo fascino. Anche se, come è naturale, non si può dire che ci sia un solo stile. Influssi architettonici anche francesi, europei e nordamericani si mescolano spesso a quello coloniale e, ovviamente, gli stili con cui le città e le aree di campagna si presentano variano man mano che ci sposta tra le diverse zone della Isla.

A Cuba non è difficile, inoltre, trovare siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco come, ad esempio, i centri storici de L’Avana, Trinidad, Cienfuegos e Camagüey. Io, oltre che dell’intera L’Avana, ovviamente, mi sono innamorata di Plaza Mayor a Trinidad.

Fermo restando che, arrivando a L’Avana, l’obiettivo dovrebbe essere fermarsi più giorni possibile e visitare più zone possibile, anche avendo poco tempo a disposizione non si può andare via dalla città senza avere fatto un giro, assaporandone l’atmosfera, ad Habana Vieja, il centro storico della città, passeggiando nell’area disegnata da Plaza Vieja, splendida, Plaza de San Francisco, Plaza de Armas e Plaza de la Catedral. Guai a perdersi, inoltre, le zone di Centro Habana e Vedado, il lungomare Malecón e, non c’è neanche bisogno di dirlo, l’immensa Plaza de la Revolución, quella – chi non l’ha vista almeno una volta in foto o in televisione? – con l’immagine di Che Guevara che giganteggia sulla facciata del Ministero dell’Interno.

Chi non vuole perdersi una bevuta in due dei locali più famosi del mondo sa già che dovrà andare alla Bodeguita del Medio e al Floridita e bere un mojito nel primo e un daiquiri nel secondo, pensando a Hemingway e al suo ‘mi mojito en la bodeguita mi daiquiri en el floridita’. Preparandosi, però, a trovarsi in mezzo a una calca di turisti e in un’atmosfera che poco o niente ha a che fare con quella che deve esserci stata in questi posti qualche decennio fa. A quanto pare, neanche il mojito e il daiquiri sono quelli di una volta.

La musica e la danza

La musica e la danza di Cuba, e come le si vivono a Cuba, meriterebbero un trattato. Peccato che io sia totalmente negata per la musica e la danza e non abbia potuto, quindi, né lanciarmi nel loro vortice né comprendere appieno il fascino di quei ritmi che non è possibile ridurre ad una categoria, perché nascono dalla commistione, nel corso dei secoli, di generi spagnoli, africani, caraibici e statunitensi. Se proprio si dovesse scegliere una parola per la musica della Isla, potrebbe essere, alla fine, solo una: cubana. Aspettandosi ovviamente, sempre per chi ha la fortuna di intendersene, di ascoltare diversi generi a seconda delle zone del paese.

La musica è ovunque. Soprattutto a L’Avana i turisti hanno più di una occasione di ballare la salsa con i cubani, di giorno, di sera e di notte, per le strade e nei locali.

Ogni paese – con molta probabilità anche i più piccoli – ha la sua casa de la trova, dove si suona la musica tradizionale dei trovadores cubani quali, ad esempio, tra i più famosi anche tra i non appassionati o non addetti ai lavori, Compay Segundo. Musica per lo più di epoca pre-rivoluzionaria, che continua ad essere diffusa anche grazie al gruppo Buena Vista Social Club, altrettanto conosciuto fra i non appassionati o non addetti ai lavori.

E ogni paese ha pure la sua casa de la musica, dove vengono eseguiti anche pezzi più ‘pop’. Dove, tanto per intendersi, può capitare di ascoltare Despacito.

In ogni caso, abituatevi a sentire quasi ogni giorno le note di Guantamera, di Chan Chan – quasi nessuno può dire di non conoscerne l’incipit, De Alto Cedro voy para Marcané/Llego a Cueto, voy para Mayarí – e di Comandante Che Guevara.

La storia

Visitare Cuba è anche come fare un viaggio attraverso la Storia. Comunque la si pensi politicamente e ideologicamente, è innegabile che Cuba, con la sua rivoluzione e il suo successivo ruolo, sotto la guida di Fidel Castro, nel sistema geopolitico mondiale USA-URSS e nel pluridecennale confronto-scontro con gli Stati Uniti, sia stata tra i protagonisti della storia del XX secolo.

E i luoghi da vedere, a Cuba, che hanno segnato la storia, sono innumerevoli. Noi, ad esempio, siamo state alla Comandancia de la Plata, il covo tra le montagne della Sierra Maestra, a sud-est dell’isola, vicino a Santiago, dove Fidel Castro e i suoi rivoluzionari, nel 1958, hanno stabilito il proprio quartier generale segreto dal quale continuare la guerriglia, iniziata più di un anno prima, contro i soldati di Batista. Dalla Comandancia si può anche arrivare a Radio Rebelde, la stazione radio da cui i rivoluzionari trasmettevano i loro messaggi a tutto il paese.

Dei luoghi storici nella provincia di Granma noi abbiamo visitato solo la Comandancia de la Plata. Chi volesse ripercorrere le tappe della rivoluzione cubana dal suo inizio fino alla vittoria si rechi al bioparco Parque Nacional Desembarco del Granma. Lì si può andare al punto dove, a Playa Las Coloradas, all’inizio di dicembre del 1956 è sbarcato lo yacht da diporto Granma, con a bordo Fidel Castro e altri 81 uomini, tra cui Che Guevara, partiti dal Messico con quel mezzo quasi di fortuna per iniziare la lotta per rovesciare il regime di Fulgencio Batista. E ci si può spingere fino ad Alegría de Pío, dove i ribelli si sono scontrati con i soldati di Batista e sono stati costretti a rifugiarsi per più di due anni sulle montagne della Sierra Maestra, portando avanti la guerriglia.

A Santa Clara, quasi al centro dell’isola, siamo stati sul sito del Monumento a la Toma del Tren Blindado, dove, alla fine di dicembre del 1958, Che Guevara e altri rivoluzionari hanno fatto deragliare un treno blindato carico di armi e munizioni, episodio decisivo per la vittoria definitiva dei rivoluzionari. A Santa Clara c’è anche il suggestivo sito costituito dal monumento di Che Guevara, dal museo a lui dedicato e dal mausoleo, che, dal 1997, trent’anni dopo la sua morte, accoglie le sue spoglie e quelle di altri guerriglieri, individuate e riesumate da una fossa comune in Bolivia.

Tra le visite ai siti storici, la più coinvolgente, anche grazie alla bravura della guida del museo che ci ha accompagnati, è stata quella alla caserma Moncada, a Santiago, assaltata il 26 luglio del 1953 da un gruppo di uomini guidati da Fidel Castro in un primo tentativo, fallito e finito male (moltissimi di loro sono stati trucidati) di rovesciare il governo di Batista.

Facendo un salto nel tempo in avanti di qualche anno, un altro sito degno di interesse è il museo di Playa Girón, nella Baia dei Porci, dove viene raccontata la storia della tentata invasione di Cuba dell’aprile del 1961, appoggiata dagli Stati Uniti, per rovesciare il regime al potere, questa volta quello di Fidel Castro.

Venti di cambiamento

Con tutta la sua recente storia politica, sociale ed economica e le sue vicissitudini, come appare oggi Cuba agli occhi del visitatore? Un turista straniero che sta pochi giorni riesce a malapena a farsi un’idea. Quello che si vede è che, da una parte, la propaganda castrista-rivoluzionaria è ovunque. Da quasi sessant’anni i volti di Fidel Castro e Che Guevara, i motti rivoluzionari, i messaggi e i testi di propaganda sono sui muri e negli edifici di tutto il paese. Dall’altra parte, moltissimi cubani letteralmente si vestono con la bandiera degli Stati Uniti. Magliette, canotte, vestiti, parei, costumi da bagno, cappelli, ciabatte e quant’altro, persino braccialetti di gomma usati come collare per cagnolini di piccola taglia: tutto a stelle strisce, a significare, innegabilmente, non solo la voglia di proseguire il percorso di cambiamento nei rapporti col paese che per decenni è stato – e doveva essere – considerato un nemico, ma anche la possibilità di manifestare questo sentimento apertamente e senza conseguenze.

Negli anni scorsi le amministrazioni di Raùl Castro, succeduto al fratello nel 2006, e di Barack Obama hanno lavorato ad un percorso di disgelo tra i due paesi. Sono state allentate alcune restrizioni alla circolazione delle persone e delle merci, senza però mettere fine al bloqueo, il quasi sessantennale embargo che vieta rapporti economico-finanziari tra i due stati – su cui l’ultima parola spetta al Congresso americano – e, nel 2015, sono state riallacciate le relazioni diplomatiche, interrotte da decenni, riaprendo le rispettive ambasciate a L’Avana e Washington. Nel 2017 c’è stato un nuovo passo indietro. Trump ha revocato gli accordi firmati da Obama ed è recentissimo il caso degli incidenti acustici ai danni dei cittadini americani in servizio all’ambasciata de L’Avana. Ci auguriamo che, con le luci e le inevitabili ombre e retroscena che necessariamente accompagnano i procedimenti storico-politici di questa portata, il cammino sulla strada del disgelo riprenda presto.

Cuba, lentamente, sta cambiando anche al suo interno. Chi fa oggi un viaggio a Cuba sa che troverà, per alcuni aspetti, un paese diverso, per fortuna dei cubani, rispetto a quello che era fino a relativamente poco tempo fa. Raùl Castro, pur con l’obiettivo ufficialmente dichiarato di attuare al meglio l’economia socialista, ha liberalizzato alcune attività commerciali private, consentito la vendita fra privati di case e automobili, permesso l’acquisto di telefoni cellulari e prodotti di elettronica e, non da ultimo, ha introdotto la possibilità per i cubani di viaggiare liberamente all’estero. Tutto questo, ovviamente, per i pochi che possono permetterselo economicamente in un paese dove gli stipendi sono generalmente molto bassi e l’indice di povertà è estremamente alto.

Nella primavera di quest’anno ci saranno le elezioni e Raùl Castro lascerà la presidenza. Senza toccare minimamente l’argomento delle elezioni cubane, e sempre per rimanere in tema di cambiamento, fa un certo effetto pensare che fra poco, alla guida di Cuba, dopo quasi sessant’anni, non ci sarà più un Castro.

Le macchine di Cuba

Già andare a Cuba è un po’ come fare un viaggio indietro nel tempo, ma, per quanto riguarda le macchine, il tempo si è proprio fermato. Precisamente al 1958. Con la vittoria della rivoluzione, proclamata il 1° gennaio del 1959, una delle misure del nuovo governo di Fidel Castro è stato il divieto di vendere e comprare tra privati automobili che non fossero già presenti sul territorio cubano prima del 1959, salvo autorizzazione governativa, appannaggio, però, di pochissimi privilegiati. E così ecco che tutta l’isola è ancora oggi ‘popolata’ da quelle meravigliose macchine americane degli anni Cinquanta dai colori sgargianti. Questi fantastici dinosauri, altrove estinti da un pezzo, a Cuba camminano da più di sessant’anni grazie a sostituzioni del motore, pezzi di ricambio sovietici e i miracoli dei meccanici cubani. Si vedono soprattutto Chevrolet, Ford, Cadillac, Chrysler, Plymouth, Buick, Lincoln, Oldsmobile, Dodge. Moltissime vengono utilizzate come taxi collettivi e per i giri turistici della città. Per gli appassionati di auto d’epoca come me è una festa, un autentico paradiso terrestre! Capita molto spesso, inoltre, di notare delle… Fiat 124 e Fiat 126. Come mai ce ne sono così tante a Cuba? Sono due modelli di derivate Fiat prodotte in Unione Sovietica e in Polonia, su licenza della Fiat, negli anni Settanta. La derivata della 124 è a marchio Lada mentre quella della 126 è la Polski Fiat 126p. Fa capolino di frequente anche qualche Maggiolino.

Anche se il governo di Raùl Castro ha abolito il divieto, permettendo la libera compravendita di automobili, è molto probabile che, purtroppo, il costo di una macchina nuova o usata rimanga ancora per molto tempo proibitivo per la maggior parte dei cubani e che il parco auto museo resti ancora a lungo. Quando però, in un futuro si spera non troppo lontano, tutti i cubani potranno avere la loro macchina nuova, speriamo che tengano qualche Old Car per fare i giri in città.

Dormire e mangiare

A Cuba si può scegliere di alloggiare nei resort all inclusive pluristellati, negli alberghi o nelle casas particulares. Chi preferisce resort e mare e ha pochi giorni a disposizione, sa già che andrà a Varadero, la località balneare turistica più vicina a L’Avana.
Nel nostro viaggio, noi abbiamo provato tutto: resort, alberghi e casas particulares. Per quanto riguarda i giorni che abbiamo passato al resort al mare, siamo stati a Cayo Coco, all’Hotel Colonial. Niente da eccepire, a parte l’aggressività delle zanzare di tutta la zona, in ogni caso bellissima. Per il resto del nostro viaggio in giro per l’isola, abbiamo sperimentato che gli alberghi, tutti a gestione statale, lasciano un po’ a desiderare quanto a trasandatezza e pulizia. Una piacevole sorpresa, invece, sono state le casas particulares, che sta a significare ‘case private’. Dietro apposita licenza, i cubani mettono a disposizione dei turisti alcune stanze delle proprie case, con colazione, e, per chi vuole, cena. Come i nostri bed & breakfast.

Noi uscivamo la mattina e tornavamo la sera, potendo scambiare solo poche chiacchiere, ma l’alloggio in casa particular è il miglior modo per familiarizzare con i cubani.

Anche con le casas va un po’ a fortuna. Le stanze possono essere più o meno grandi e più o meno servite, ma sono tutte molto pulite e curate e alcune di loro sembrano davvero dei mini alberghi. Sembra un mini albergo, ad esempio, la casa di Maylín y Eliener a Trinidad. Noi non vi abbiamo alloggiato, ma a Trinidad è molto quotata anche la Casa Muñoz – Julio & Rosa. A Camagüey ci siamo trovati bene da Humberto e Ines. A Baracoa da Nelsy. A Remedios nella casa El Laberinto de Duarveras, che ha una terrazza con delle scale che ricordano un quadro di Escher, e nella casa di Yunai.

Inserendo i nomi su internet si trovano tutte, assieme a molte altre case, su tripadvisor e su altri siti per trovare alloggio.

Per quanto riguarda il cibo, si può dire che, specialmente per i palati italiani, Cuba stupisce per tutto, ma non per la cucina. Va bene così, il paese offre ben altro. Che sia nei paladares (i ristoranti a gestione privata o l’attività di ristorante esercitata nelle case) o nei ristoranti, tendenzialmente si mangia sempre pollo, riso, fagioli e, qualche volta, aragosta. In quasi tutte le casas particulares ci si può fermare a cena. Una casa in cui abbiamo trovato tutto davvero molto gustoso è stata quella di Yunai a Remedios.

Per quanto riguarda i ristoranti, segnalo volentieri La Moneda Cubana a L’Avana, El Morro a Santiago, con buona cucina e una splendida vista sul mare che offre uno splendido tramonto, e El Buen Sabor a Baracoa.

Grazie!

Questo viaggio fantastico non sarebbe stato quello che è stato senza Maria e Alfredo di Havanatur, che sono stati con noi dal primo all’ultimo giorno. Maria, la nostra guida, ci ha fatto visitare moltissimi posti spiegandoci tutto con competenza, professionalità e… pazienza. E l’infaticabile Alfredo, alla guida del pullman, ci ha portati in giro per l’isola per più di tremila chilometri. Se, nel vostro viaggio a Cuba, avrete con voi Maria e Alfredo sarete fortunati perché, oltre ad essere bravi e professionali, sono simpaticissimi.

E il viaggio non sarebbe stato lo stesso senza la nostra coordinatrice di Avventure nel Mondo Roberta, che ha faticato come un tour operator per organizzarci la vacanza, e le altre compagne di viaggio più un compagno di viaggio: Raffaella 1, Linda, Elena, Beatrice, Taryn, Raffaella 2, Venere, Benedetta, Cristina, Manuela, Giusy e Stefano. Mi ricordo ancora la nostra ‘formazione’ sul pullman.

Grazie a tutti voi e forza Cuba! E’ un paese che merita tutto il nostro tifo.




Milano, sono la nuova moda i motorini a noleggio per girare la città

Uno dei fondatori di MiMoto spiega come funzionano le nuove motociclette elettriche, lanciate nello scorso ottobre

di Matteo Rolando – A inizio autunno di quest’anno furono le 4.000 nuove biciclette rosse Mobike e quelle gialle Ofo a farsi notare per le strade di Milano:un successo la nuova forma di bike sharing, grazie alla sua caratteristica principale, descritta con il termine inglese free-floating, ovvero la libertà di lasciare la bicicletta dove si vuole senza l’obbligo di ancorarla ad una rastrelliera come avveniva, ad esempio, per il noleggio Bikemi di Atm. Ma Milano viaggia sempre avanti:così da un mese a questa parte è partito anche il moto sharing, un servizio con caratteristiche analoghe per il noleggio di scooter elettrici che include casco, batteria carica e assicurazione. A poco meno di due mesi dal suo lancio, con l’arrivo di 100 motorini in città, <lo scooter sharing si pone a metà strada tra il car sharing e il bike sharing, coniugando i vantaggi di entrambe le soluzioni di mobilità>. Lo rivela uno dei fondatori, Vittorio Muratore, intervistato in esclusiva per Cosmopeople.

Come nasce MiMoto Sharing?

Il progetto è nato dall’idea di un team composto da me e i miei due soci e compagni d’avventura Alessandro Vincenti e Gianluca Iorio, anche noi studenti fuori sede a durante l’università. Analizzando quali sono state le nostre esigenze di mobilità e vivendo la trasformazione di Milano da questo punti di vista, abbiamo voluto creare qualcosa per la città che ci ha ospitato che potesse essere al tempo stesso utile e innovativo e a misura di cliente, quindi pensato sui bisogni condivisi dalla maggior parte degli studenti, ma allo stesso tempo dedicato a tutti, residenti, pendolari e turisti.Il nostro obiettivo è stato fin dall’inizio fare un uso avanguardistico della tecnologia, integrandola con il rispetto dell’ambiente, per rendere la città più vivibile, sostenibile e car free.

Quali sono le differenze e quali le analogie con gli attuali servizi di bike sharing “free floating” operativi in città?

Due sono le caratteristiche principali di MiMoto che lo differenziano dagli altri sevizi di sharing: è il primo servizio di scooter elettrico, a impatto zero e free floating, ossia non ha vincoli di stazioni di ricarica, quindi è più semplice da parcheggiare rispetto ad altri veicoli elettrici, purché venga rilasciato negli appositi parcheggi per i veicoli a due ruote.Inoltre, rispetto ai servizi di bike sharing – ovviamente a impatto zero – e alle auto elettriche, MiMoto ha un grande vantaggio: accorciare i tempi di percorrenza e permettere di muoversi nel traffico in maniera più agevole e veloce rispetto agli altri veicoli.

MiMoto ha iniziato a operare a Milano circa un mese fa e quindi è ancora in fase di “rodaggio”: quanti utenti si sono registrati e quanti utilizzano abitualmente uno dei 100 ciclomotori disponibili?

Abbiamo lanciato il servizio in data 14 ottobre ed è ancora prematuro congelare qualsiasi tipo di considerazione su numeri e andamento. Detto questo, possiamo felicemente affermare che il primo mese di vita di MiMoto è andato oltre le nostre aspettative, sia in termini di utilizzo, sia in termini di percezione. Anche l’andamento delle registrazioni è positivo considerando il fatto che gli scooter per strada sono essi stessi un media di comunicazione molto efficace. I primi numeri, quindi, ci confermano l’esistenza di un bisogno e presenza di domanda da soddisfare e ci danno convinzione ed entusiasmo per affrontare il futuro.

Milano è la prima città italiana al mondo a offrire uno scooter sharing ecosostenibile e completamente Made In Italy: quali altre città europee possono essere prese a riferimento per la presenza di offerte analoghe di “scooter sharing”? In quali il servizio ha avuto maggior successo?

Ci sono Motit a barcellona, Emmy sharing in 6 città tedesche, Coup a Berlino e Parigi e City scoot sempre a Parigi, e Scooltra a Roma, Madrid, Barcellona e Lisbona, Zig Zag a Roma.I casi di maggior successo sono certamente Emmy e Ecooltra per numero veicoli e numero di città in cui il servizio è attivo.

Un profiling dell’utente tipo di MiMoto?

L’utente tipo di MiMoto, anche se è prematuro definirne un profilo definitivo, è certamente giovane, sportivo e “EcoFriendly” ovvero attento ai suoi bisogni, senza trascurare l’ecosostenibilità. MiMoto, a differenza di quanto si possa magari immaginare, ha un grande impatto sul pubblico femminile grazie alla scelta di un mezzo facile da guidare, leggero, e cosa che non guasta mai di design e anche i costi, questo ovviamente non vale solo per le donne, sono contenuti.

Quali sono gli obiettivi di MiMoto in termini di utenza e di espansione, pensandoli a un anno da oggi?

Solo a Milano ogni giorno arrivano più di mezzo milione di pendolari, quindi sicuramente il nostro obiettivo è aumentare la flotta, riuscire a coprire un’area operativa più ampia, raggiungendo una flotta composta da circa 500 mezzi già nei primi 12 mesi di vita. Ma Milano è solo un punto di partenza perché per il futuro abbiamo grandi progetti e vogliamo replicare il modello di Milano anche in altri principali capoluoghi italiani, ma stiamo valutando l’apertura del servizio all’estero fin dal primo anno di vita di MiMoto.

Per noleggiare gli scooter bisogna essere maggiorenni e possedere la patente B o in alternativa il patentino per i ciclomotori. Il costo per l’attivazione del servizio è di 9,90 euro e comprende 60 minuti di utilizzo: il modo per noleggiare è uguale al bike-sharing. È sufficiente scaricare un App sul telefonino e creare un’utenza, che individua e segnala la posizione dei motorini sulla mappa dando la possibilità di prenotare quello più vicino.Il noleggio costa 23 centesimi al minuto, mentre per un’ora di noleggio è prevista la tariffa forfettaria di 6,90 euro.Chi volesse tenere il mezzo per l’intera giornata pagherebbe invece 29,90 euro.Si può decidere anche di mettere in sosta lo scooter,ad esempio per andare a fare una commissione, per 9 centesimi al minuto.Gli scooter MiMoto sono operativi nella zona del centro di Milano con limite della circonvallazione.




Pamela Lacerenza, la diva di Spamalot

È il musical del momento, sta letteralmente sbancando il botteghino, un successo inaspettato, forse proprio per la comicità surreale e demenziale tanto lontana dalla nostra tradizione teatrale. Stiamo parlando di Spamalot, il musical ispirato al film Monty Python e il Sacro Graal, ora in scena al Teatro Nuovo di Milano, con la regia di Claudio Insegno, traduzione e adattamento del testo di Rocco Tanica. In scena, oltre a Elio nel ruolo di Re Artù, un gruppo tutto al maschile di grandi talenti, molto affiatato, e un’unica protagonista femminile, la Dama del Lago.

Cosmopeople ha incontrato la bravissima Pamela Lacerenza, la Dama del Lago.

Conoscevi i Monty Python e, nel caso, cosa apprezzavi maggiormente dei loro sketch?

Purtroppo devo ammettere che non conoscevo i Monty Python ed oggi mi chiedo come abbia fatto a vivere senza aver visto mai un loro sketch! Esilaranti, geniali! Per fortuna ho avuto l’occasione di avvicinarmi al loro mondo per la preparazione di Spamalot.

Hai avuto occasione di vedere le produzioni estere di Spamalot? Cosa ne pensi?

Ho visto gran parte delle produzioni solo attraverso la rete, mai dal vivo. Nonostante fossero diverse tra loro, a volte per scenografia, per contesto, costumi,… erano tutte accumunate dallo spirito con cui venivano messe in scena: divertirsi e far divertire. A prescindere dal luogo e dalla lingua in cui Spamalot è stato rappresentato il risultato è sempre lo stesso: grandi risate e tanti applausi.

In scena prendete in giro, neanche troppo velatamente, Llyod Webber e Grease. Cosa ne pensi a riguardo?

A Spamalot tutto è concesso!

Ritieni che l’arrivo di Spamalot, che si distingue tra gli show finora proposti al pubblico italiano quanto meno come musical, apra le porte a nuovi spettacoli meno tradizionali e più irriverenti?

Credo che il successo di Spamalot darà una spinta ad investire su prodotti diversi e meno conosciuti, poi ben venga anche la tradizione!

Come sei arrivato a interpretare la Dama del Lago? Hai fatto il provino solo per la Dama o ti eri candidata anche per altri ruoli? Cosa ti colpisce maggiormente di questo ruolo?

Sotto consiglio di un mio carissimo amico che mi ha chiamata dicendomi “dovresti mandare la candidatura per questo ruolo”, ho aperto il bando di audizione, ho visto il personaggio che cercavano e prima di mandare la candidatura mi sono documentata per capire se potessi essere adatta o meno. Ne sono rimasta folgorata! Canzoni meravigliose, costumi da sogno e poi lei, la diva che fa il verso alla diva, la regina alla quale ogni tanto “cade la corona”. Lei è tutto e in attimo… niente, tant’è che si dimenticano di lei lasciandola in disparte per 45 minuti! Me ne sono completamente innamorata.

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(foto di scena Luca Vantusso)

La tua voce esplode potente sul palco. Come ti sei preparata al ruolo e a chi ti sei ispirata?

Il mio percorso è un po’ diverso. Vengo dal mondo del live club, dei concerti, dell’intrattenimento e successivamente mi sono affacciata al teatro grazie al Micca Club, marchio che ha portato il burlesque in Italia e ora è leader nel campo del cabaret retrò, del Varietà e del cafè chantant, da 4 anni in scena con i suoi spettacoli al Salone Margherita di Roma. Quest’ultima esperienza mi ha arricchito artisticamente, mi ha avvicinato a cantanti come Judy Garland e Liza Minnelli, la mia fonte d’ispirazione, e mi ha portato alla realizzazione di due spettacoli in stile retrò “Tra le luci dello swing” e “Swinglesque” in cui sono cantante, show girl e conduttrice.

La maggior parte dei brani che ho cantato sul palco del Salone Margherita di Roma non sono altro che brani tratti dai musical di Broadway, quindi mi sono sempre sentita molto vicina a questa realtà.

Come protagonista di un Musical in Italia è la mia prima volta perciò non ho potuto far altro che mettere me stessa in tutto e per tutto e mi sono lasciata guidare dalla mano esperta di Claudio Insegno e dagli accorgimenti preziosi di Elio e Rocco Tanica. La cosa più complicata, per me, era portare in scena la mia versione della Dama del Lago. Spero proprio di esserci riuscita.

Dopo Spamalot cosa ti aspetta? Hai già dei progetti?

Dopo Spamalot tornerò nuovamente in scena al Salone Margherita di Roma con lo spettacolo Velvet Cabaret, produzione Micca Club. Tonerò ad interpretare il mio personaggio “Gigì” che tanto amo e al quale devo tantissimo.

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Se il Vip vola low-cost (…e porta scompiglio)

di Matteo Rolando – Ormai non è più certo una notizia fresca di agenzia: Madonna pochi giorni fa ha preso un volo Air Portugal da Londra a Lisbona viaggiando in classe economica. A vederla, poverina, raggomitolata in un cappotto over-size nero e con la ricrescita scura nella capigliatura trasandata – calzando un paio di sneakers rosa ai piedi – sembra davvero una disgraziata. Le mancava solo la forfora sulle spalle. Invece di interrogarmi sui motivi che hanno spinto una delle donne più ricche degli Stati Uniti (e forse del mondo, stando alle varie classifiche stilate ogni anno da Forbes), a volare low cost, osservo gli altri passeggeri che insieme a me aspettano l’imbarco “allineati” in una fila un po’ sbilenca all’aeroporto di Orio al Serio. Sono i trolley a farla da padrone, quelli troppo piccoli e quelli fuori misura, tanto più che il famigerato misura valigia della RyanAir tra poco andrà in pensione, avendo perso tutta la sua macabra fama – seconda solo alla ghigliottina per gli isterismi che riusciva a suscitare. Forse anche le compagnie low cost si sono rassegnate ai furbetti e agli idioti del bagaglio a mano: il tempo sprecato per le faticose misurazioni rischia di ritardare l’imbarco, di conseguenza la compagnia ci perde in puntualità nel confronto con le altre aerolinee. Ne vale davvero la pena anche per le low-cost? Non ci si fa più caso a quei trolley che finiranno a viaggiare sopra le nostre teste, nelle cappelliere; e a quelli che finiranno nella stiva, una volta esaurito lo spazio disponibile in cabina. Con grande rammarico dei loro proprietari, perché una volta arrivati a destinazione invece di uscire sgambettanti dall’aeroporto dovranno attendere i loro bagagli sul nastro trasportatore. Ecco perché stiamo tutti in piedi, me compreso, per entrare per primi sull’aereo, mica abbiamo fretta per niente. E’ l’ansia di portare il bagaglio a mano con noi in cabina, magari per poter estrarre una rivista, un tablet, un lettore MP3 oppure perché fa da coperta di Linus. Tornando a Madonna, se lo sarà messo lei da sola il bagaglio a mano nella cappelliera? (Visto che non è poi tanto alta, ci sarà riuscita da sola?) Sarà questa la vera preoccupazione che trapela da tanta attenzione mediatica a partire dai famosi tabloid inglesi, del Daily Mail o del Sun, per arrivare fino a quelli nostrani, dell’Huffington Post piuttosto che del Corriere della Sera. Povera Madonna, non è nemmeno libera di salire su un aereo in pace, va da sé sempre che non sia il suo jet privato.
La Signora Ciccone non è l’unica tra i vip ad aver ottenuto tanto clamore per aver osato volare economy o perfino low-cost: fece storia la presenza della super modella inglese Kate Moss su un volo Easyjet, con decollo da Bodrum, in Turchia, per raggiungere lo scalo londinese di Luton, nel gennaio del 2016. Del suo caso si occupò tra gli altri media anche il MailOline, riportando le testimonianze di alcuni passeggeri. Alla richiesta di avere un drink la hostess glielo rifiutò – forse Kate era già visibilmente ubriaca? – ma lei non si scompose, né tantomeno si lasciò scoraggiare: aprì il suo bagaglio a mano e ne estrasse una bottiglia di vodka. Un passeggero riferì che la modella inveiva contro l’equipaggio ed era <abbastanza ubriaca>, salvo poi aggiungere che <sembrava più divertente che pericolosa>. Una simpatia contagiosa, come se adesso anche io che sto per imbarcarmi su un aereo non vedessi l’ora di trovarmi accanto qualcuno che ha alzato troppo il gomito e alita e rutta all’altezza della mia spalla. La breve storia triste di Kate Moss terminò all’aeroporto di Luton, dove la polizia la fermò per <comportamento indisciplinato>: redarguita ma non arrestata né multata, in quanto la compagnia scelse di non denunciarla. Hai capito ad avere una supermodella a bordo, ci si guadagna in pubblicità e senza spendere niente.

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Nel frattempo il gate ha aperto – con dieci minuti tondi di ritardo – e la lunga coda di passeggeri dietro di me inizia ad avanzare minacciosa e anche un po’ sconsolata. Non si può distrarsi un attimo nemmeno per allacciarsi una scarpa che già qualcuno ti sta passando davanti. Una volta al check-desk delle hostess, mostriamo il documento e le nostre carte di imbarco prestampate; o per i più tecnologici la carta d’imbarco elettronica direttamente disponibile sull’App della compagnia aera – se per sfiga a qualche passeggero nel frattempo si fosse scaricato il telefonino rimarrebbe a terra a guardare l’aereo decollare attraverso le vetrate che affacciano sulla pista, con un po’ di malinconia e una grande incazzatura. Poi scendiamo due rampe di scale, perché il lusso del finger non ci è permesso; menomale che è una tiepida giornata d’autunno e le condizioni meteo sono pressoché ideali. E ci ritroviamo di nuovo fermi, sempre in fila, ad aspettare un pulmino, chi ai piedi delle scale chi ancora in cima. Pulmino che arriva in cinque minuti, ma non parte finché non siamo saliti tutti. Se penso a Madonna o alla Moss, immagino la policy di un volo privato: l’ingresso riservato all’aeroporto, zero controlli di sicurezza e poter arrivare poco prima dell’orario previsto per il decollo invece delle due ore di anticipo in aeroporto per imbarcarsi su qualsiasi volo commerciale.
C’è da dire che anche Brad Pitt e la Jolie possono vantare di aver viaggiato in economy. E perfino su una tratta a lungo raggio: nel giugno 2015 i Brangelina (oggi questa crasi non esiste più, poiché ahimé si sono separati), volarono tra gli Stati Uniti e Parigi e poi dalla capitale francese a Nizza con Air France, con la loro mezza dozzina di figli al seguito. Il dettaglio sfizioso dei media fu che la coppia sistemò i propri bagagli a mano nelle cappelliere e fece altrettanto anche per i figli, cosa che contando quanti sono non deve essere certo stata un’impresa facile.

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Mentre scendo dal pulmino e sto finalmente salendo sull’aereo, rifletto sul fatto che oggi la prima classe non esiste quasi più, è stata soppiantata dalla business class, che spesso non è presente. La business conta pochi posti a sedere e vengono solitamente prenotati con anticipo: che Madonna sia stata spinta dalla disperazione per volare, come i comuni mortali, in economy? O forse una delle sue assistenti è stata già licenziata perché ha dimenticato di prenderle il biglietto? Il futuro dell’aviazione civile è già segnato: sono nate le prime App di AirSharing, che diventerà un po’ come il CarSharing in città: vengono messi a disposizione jet privati su determinate tratte. Niente di più semplice. Una di queste App, la più popolare negli Stati Uniti, è Jet Smarter. No, non è fantascienza: i prezzi sono ancora alti, ma mentre noleggiare un aereo può costare (a seconda anche della tratta) intorno ai 20.000 dollari, con l’App ce la si può cavare con un migliaio di dollari; condividendolo ben inteso con altri passeggeri (altrettanto ricchi). Abbattimento dei costi: è questo il new concept introdotto proprio dalle compagnie low-cost. Finalmente ho raggiunto il mio posto 32B e sono seduto in fondo all’aereo, soddisfatto e contento di partire. Mi allaccio la cintura preparandomi per il decollo. “Boariding completed”, si sente dall’autoparlante e i portelloni vengono chiusi. Per fortuna non ho passeggeri ubriachi di fianco, e non ho ancora visto Madonna o Brad Pitt: sarà un volo senza autografi. Perché se il Vip vola low-cost alla fine sono fatti suoi. E che cos’altro è, se non un confortante desiderio di normalità?




AMORE GIGANTE: le sfumature dell’anima umana secondo Gianna Nannini

Dopo il successo di Hitalia e Hitstory, la più famosa cantautrice rock italiana è pronta a conquistare di nuovo le vette delle classifiche discografiche con il suo nuovo album AMORE GIGANTE. Gianna Nannini esce oggi in tutti gli store, reali e virtuali, con il suo diciottesimo album di inediti per Sony Music. Un anno e mezzo di lavoro ha portato Gianna a comporre le quindici nuove coinvolgenti canzoni di questo album che rappresentano il viaggio più rock negli stati d’animo, un’autentica esplorazione emotiva con l’inconfondibile marchio Nannini.

Da Fenomenale, il primo singolo, fino a L’ultimo latin lover passando per la coinvolgente Piccoli particolari, ‘Amore gigante’ è potente ed essenziale senza lasciare un momento di tregua perché, canzone dopo canzone, verso dopo verso, diventa lo specchio di tutti noi. E’ il ‘cinemascope’ dell’anima e, ciak dopo ciak, si rivela un film in musica che “la Gianna” ha iniziato a scrivere prima ancora di pubblicare Hitalia con una squadra di grandi collaboratori.

Cinque colori diversi ed esclusivi di copertina per un disco gigante che esce in cd semplice e in versione deluxe, che comprende anche un secondo cd con il liveSotto la pioggia – Live a Verona”. Inoltre disponibile box superdeluxe in edizione limitata e numerata in esclusiva su Amazon dove oltre al doppio cd, ci saranno anche il vinile accompagnato da un book di 24 pagine, un block notes, una t-shirt esclusiva e una foto autografata.  Amore Gigante sarà disponibile anche in vinile nella versione classica oltre ad una declinazione “picture“, in edizione limitata e numerata.

INONDIAMO IL MONDO DI COLORI, INONDIAMO IL MONDO DI CANZONI

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Amore gigante” verrà presentato a Roma sabato 28 alle ore 17.00 presso la Feltrinelli (via Appia Nuova 427) e a Milano domenica 29 alle ore 17.00 presso la Mondadori (Piazza Duomo 1).

Oltre all’anteprima di Rimini del 30 novembre, a dicembre Gianna terrà 4 concerti organizzati da F&P Group in collaborazione con David Zard presenta e Saludo Italia a Roma (2 dicembre), Milano (4 dicembre) e Firenze (6 e 7 dicembre).

Il 10 marzo prossimo la rocker partirà dall’Alte Oper di Francoforte per il suo nuovo tour che la vedrà protagonista sui palchi italiani e tedeschi più prestigiosi.

I biglietti per le nuove date di “Fenomenale il tour” sono già disponibili in pre – sale per il fan club, mentre saranno disponibili da giovedì 26 alle ore 11:00 su Ticketone (www.ticketone.it) e da lunedì 30 alle ore 11:00 in tutti i punti vendita abituali.

RTL 102.5 è radio partner ufficiale del tour.

Ecco le date del tour:

Rimini – 30 novembre 2017 (RDS Stadium) ANTEPRIMA

Roma – 2 dicembre 2017 (Palalottomatica)

Milano – 4 dicembre 2017 (Mediolanum Forum Assago)

Firenze – 6 -7 dicembre 2017

Frankfurt – 10 marzo 2018 (Aof)

Freiburg – 11 marzo2018 (Sick Arena)

Berlin – 14 marzo 2018 (Friedrichsstadtpalast)

Düsseldorf – 15 marzo 2018 (Mitsubishi Electric Halle)

Ludwigsburg – 17 marzo 2018 (Mhp Arena)

München – 18 marzo 2018 (Philarmonie)

Kempen – 20 marzo 2018 (Bigbox Allgau)

Hamburg – 21 marzo 2018 (Mehrtheater)

Bologna – 29 marzo 2018 (Unipol Arena)

Genova – 3 aprile 2018 (RDS Stadium)

Montichiari – 4 aprile 2018 (Pala George)

Conegliano (TV) – 6 aprile 2018 (Zoppas Arena)

Padova – 7 aprile 2018 (Kioene Arena)

Torino – 14 aprile 2018 (Pala Alpitour)

Bari – 18 aprile 2018 (Pala Florio)

Eboli (SA) – 19 aprile 2018 (Pala Sele)

Acireale (CT) – 21 aprile 2018 (Pal’Art Hotel)

ph. WAESPI




La violenza domestica è un problema di “tutti”

Così la scrittrice Palma Gallana invita i lettori alla presentazione del suo libro “Il prezzo delle ali”

di Matteo RolandoPalma Gallana è stata mia insegnante di russo tanti anni fa: perciò la rincontro con grande piacere per intervistarla alla pubblicazione del suo primo romanzo, “Il prezzo delle ali”, con cui esordisce nella narrativa italiana. La presentazione, organizzata in collaborazione con il Comune di Milano e il Rotary Club Milano Precotto San Michele, si terrà martedì 24 ottobre alle 18.00 a Palazzo Marino, (in piazza della Scala) e prevede anche la partecipazione di Telefono Donna Onlus. Il romanzo ha già ottenuto numerosi riconoscimenti: è primo nella sezione prosa al concorso internazionale “La finestra eterea” per cui sarà premiato a Cinisello Balsamo, a fine mese. Visto il suo successo e l’interesse dimostrato dal pubblico, l’opera è stata pubblicata con il logo e il patrocinio gratuito del comune di Forlì del Sannio (Molise), nel quale si è tenuta una prima cerimonia di premiazione. Quando incontro l’autrice per intervistarla mi sembra la stessa di tanti anni fa, piena di energia e volonterosa di diffondere un messaggio importante: <dalla violenza domestica si può e si deve uscire>.

Tre aggettivi per descrivere il tuo libro.

Rispondo citando i commenti di tre lettori: “angosciante ma non triste”, “bellissimo”, “da leggere”.

Come sei arrivata alla scrittura? Quali sono le tue precedenti esperienze editoriali?

Collaboro nell’editoria dal lontano 1993, quando neolaureata ho iniziato a scrivere manuali e dizionari per lo studio della lingua russa per la casa editrice A. Vallardi e a tutt’oggi continuo a progettare e curare testi per lo più dell’area linguistica. Alla scrittura creativa sono arrivata invece per via personale, non professionale, spinta dal desiderio di diffondere un messaggio importante, che mi tocca come donna e come madre, vale a dire quello che dalla violenza si può e si deve uscire.

Puoi fare una breve sinossi della trama del libro ?

Ilaria B. è una donna indipendente, laureata, stimata in ambito professionale madre di due bambine, che all’età di 45 anni, dopo aver subito per anni maltrattamenti familiari da parte del convivente, padre della secondogenita, all’ennesimo pestaggio si rende conto di dovere agire per «proteggersi e proteggere». Dopo cinque anni di vessazioni trova il coraggio di denunciare il compagno e con l’aiuto del centro antiviolenza e il sostegno di amiche, vince le sue paure, affronta un processo e riprende in mano la propria vita. La libertà tuttavia non è un regalo, ha un prezzo. Per conquistarla, Ilaria deve affrontare una dolorosa discesa negli inferi della propria sofferenza, di bambina picchiata e vittima di violenza assistita, sciogliere i nodi del passato e riportare alla luce il fil rouge di violenza che da almeno tre generazioni, come una maledizione ancestrale, incatena le donne della sua famiglia. Ilaria B., sarà colei che riuscirà a spezzare quelle catene, a liberare le proprie figlie, a risalire dal sommerso e a volare.

Pensando alla protagonista, Ilaria, ci sono elementi autobiografici che vi accomunano?

Ilaria non solo rispecchia il mio pensiero, ma racchiude anche il peggio e il meglio di me. Il peggio è rappresentato dalla sua incapacità di reagire, di prendere posizione di fronte alla violenza. Il meglio sono il suo coraggio e la sua forza che ad un certo punto irrompono e la portano a superare ogni cosa e a riscattarsi.

In merito al tema della violenza domestica sulle donne, “come si potrebbe intervenire efficacemente, oggi”?

Il fenomeno della violenza sulle donne, nel quale rientra la violenza domestica, è un problema di tutti, anche di chi non picchia la moglie, anzi ti dirò di più anche di chi la moglie non ce l’ha. Battute a parte, il fenomeno riguarda tutti, donne e uomini, giovani e anziani, perché in una famiglia in cui scatta la violenza, non solo c’è una donna in pericolo e un uomo che va fermato, ma spesso ci sono figli che assistono e che vanno messi al riparo affinché non acquisiscano modelli devianti che andranno a riprodurre poi da adulti. Quindi occorre intervenire su due piani, uno immediato e uno sul lungo termine: nell’immediato bisogna intervenire nelle situazioni in cui la violenza è in atto, per mettere in salvo le donne, e arginare il numero dei femminicidi che ricordiamolo in Italia sono stati 120 nel 2016 e non tendono a diminuire. Sul lungo termine, invece, occorre fare prevenzione, andando nelle scuole a formare i giovani, parlando ai nostri figli, che sono gli adulti di domani e come ci arriveranno al domani è anche responsabilità nostra. Se non abbiamo figli, parliamo ai nipoti. Se siamo insegnanti, parliamo ai nostri studenti. Tutti siamo coinvolti, nessuno escluso. Tutti possiamo dare il nostro contributo per diffondere la cultura del rispetto, perché amare significa prima di tutto rispettare, e laddove c’è rispetto non c’è violenza. Forse sono eccessivamente ottimista, ma questa è la direzione verso cui dobbiamo andare per contrastare la violenza.

Hai deciso di devolvere i proventi del libro in beneficenza alla Onlus SVS Donna Aiuta Donna, associazione di avvocati che affianca il centro antiviolenza SVS di Milano : cosa ti ha portato a questa scelta?

Il mio è un segno di riconoscenza nei loro confronti perché quando ho avuto bisogno, loro mi hanno aiutata. Molti centri antiviolenza, che costituiscono, ci tengo a sottolinearlo, il punto di riferimento principale per una donna vittima di violenza, purtroppo sono costretti a chiudere per mancanza di fondi, soprattutto dopo il recente taglio sociale. Quindi molto, se non tutto, è lasciato nelle mani del volontariato. Sono ben felice che il mio contributo, piccolo o grande che sia, andrà a sostegno degli importanti progetti di SVS DAD.

Perché la gente dovrebbe leggere il tuo libro?

Perché può piacere o non piacere, ma sicuramente non lascia indifferenti. Dalla storia di Ilaria si torna cambiati.

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NASA – A Human Adventure: lo spazio è sempre più vicino

di Federico Poni – Tutti da piccoli abbiamo sognato di essere astronauti, chi più chi meno. Tutti volevamo prima o poi camminare sulla luna, schivare meteore all’interno della nostra navicella e fluttuare nel cosmo.

Non proprio tutti se lo son dimenticati!

Martedì 26 Settembre  è stata inaugurata la mostra “A Human Adventure”, un’esposizione che celebra le imprese dell’uomo nello spazio attraverso fotografie dei momenti più significative, video di repertorio, riproduzioni di parti di navicelle: una fruizione aperta a tutte le età.

I colori dominanti sono rosso e blu, come U.R.S.S. e U.S.A., le due potenze in gara per il dominio dell’universo durante la guerra fredda, le due nazioni che hanno contribuito alla conoscenzadell’oltre”, dell’ignoto.

L’accesso alla mostra è caratterizzato da una riproduzione della passerella di metallo che percorsero gli astronauti delle varie missioni Apollo per entrare nella cabina di comando.

Il tutto parte con i racconti di come era immaginata la stazione spaziale nelle varie epoche umane, dall’antico fino alla fantascienza, per poi arrivare alla realtà della Corsa allo Spazio tra i due colossi della Guerra Fredda, sempre in conflitto per avere il suprematismo tecnologico.

A fianco del modello dello Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita dall’URSS circa 60 anni fa, si trovano le storie dei due uomini che per primi andarono nello spazio, il sovietico Jury Gagarin e lo statunitense Alan Shepard: con questo preludio si aprono le porte a cimeli spaziali, riproduzioni (e originali) di razzi e shuttle che hanno sorvolato l’atmosfera, come il modulo di comando dell’Apollo o le capsule da trasporto Mercury e Geminy ma anche vari abbigliamenti per le diverse tipologie di missione.

Chi non vuole chiudere nel cassetto il sogno dello spazio potrà sperimentare una simulazione di volo a “bordo” del Mercury Liberty Bell 7. Il “G-Force – Astronaut Trainer” genera forza di gravità simulando la partenza, il volo sopra l’atmosfera e infine l’atterraggio: provare l’illusione di volare nello spazio è roba per tutti.

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NASA – A Human Adventure è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 19:30 fino al 4 marzo 2018 presso lo Spazio Ventura XV, in via Giovanni Ventura 15 a Milano.




Artemisia: la vita della pittrice in musical

Torna in scena “Artemisia – Il Musical” in una location speciale: il Teatro Flaiano in Roma.

Il musical originale prodotto da Massimo Rossi e dalla cooperativa M.M. Mondo Musica sulla vita dell’eclettica Artemisia Gentileschi, pittrice caravaggesca del ‘600, è pronto a trionfare sulle scene, con un cast parzialmente rinnovato ma sempre con la stessa grande voglia di mettersi in gioco.

Il debutto sarà il 6 Ottobre, e da lì lo si rivivrà ogni fine settimana dello stesso mese ed il primo di Novembre, ogni sabato e domenica in doppia replica pomeridiana (ore 17.00) e serale (ore 21.15) per 19 repliche complessive.

Il musical ha per di più ottenuto la concessione del patrocinio del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo.

L’evento si pone sulla scia dei successi ottenuti nel 2015, culminati con la vittoria assoluta al concorso “PrIMO” (Premio Italiano Muical Originale) decretata dal voto online, e ottenendo il premio della critica della giuria di qualità, in ex-aequo con l’opera “Violet&Mussolini”. Ma non solo. L’interesse del pubblico è stato tangibile anche e soprattutto dal sold out della Prima nazionale presso il Teatro Lyrick di Assisi (il 22/03/2015), e dalla successiva e fortunata riproposizione al Teatro Romano di Gubbio (il 31/07/2015).

La peculiarità della vicenda raccontata ha permesso infatti al pubblico di avvicinarsi a tematiche attuali ed importanti, come la violenza di genere e il diritto alle pari opportunità. Ed è proprio per questo che il progetto riparte.

La vita di Artemisia viene sviscerata in fondo nei vari e complicati rapporti con le figure maschili per lei di riferimento: dal controverso padre Orazio (anch’egli pittore), al suo stupratore Agostino Tassi; dal ribelle e anticonformista Caravaggio, all’importante e geniale Galileo Galilei. Ognuna di esse ha un’incidenza rilevante nell’esistenza della protagonista, che tuttavia man mano si emancipa dalle loro ombre fino al raggiungimento di uno dei suoi più grandi sogni: entrare nell’Accademiadelle Arti e del Disegno di Firenze. La realizzazione di Artemisia come donna ed artista coincide dunque con quella di tante altre, divenendone i qualche maniera il simbolo per eccellenza.

Artemisia si erge infatti a figura simbolo dell’indipendenza femminile, capace di affermare sé stessa in un mondo che fa della potenza e del dominio virile i suoi cardini fondamentali.

Il musical nasce dalle musiche originali di Marco Rosati e dai testi e le liriche di Lucia di Bella, che nella nuova versione apporta sostanziali modifiche per raggiungere una coerenza storica totale rispetto alla stesura e la regia originale di Enrico Zuddas. La regia di questo riallestimento è affidata ad Alberto Sebastian Ricci. L’orchestra dal vivo sarà guidata dal maestro Massimiliano Tisano, mentre Elisa Pierini coadiuvata da Alice Rosati curano le coreografie.

Artemisia avrà il volto di Eleonora Lombardo (Biancaneve il musical, Ladies – la commedia musicale con Riccardo Fogli, Rent) affiancata da Lalo Cibelli (già in Georgie il musical, Amalfi 839AD e Il grande dittatore al fianco di Tosca) nei panni di Orazio Gentileschi e Sara Nardelli in quelli di Tuzia Medaglia. Il genio di Caravaggio sarà in mano a Giovanni Zanotti, e Nicola Fesani sarà lo scabroso Agostino Tassi. Pierantonio Stiattesi sarà interpretato da Nicola Vivaldi mentre Stefano Colli e Riccardo Sarti si alterneranno nel ruolo di Galileo Galilei.

Completano il cast Mirko Saulino, Martina Casagrande, Maria Letizia Orsini, Laura Lanzi, Alessandro Pannacci, Maria Borsini e Laura Saulino.

“Artemisia – Il Musical” è un evento avvincente, trascinante e coinvolgente nella sua complessità. Ironico al punto giusto, con punte di drammaticità, è sicuramente in grado di affascinare e rapire il pubblico del musical italiano e allo stesso tempo di stimolare riflessioni tanto crude quanto necessarie in merito a quanto nella società contemporanea non funziona.

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ARTEMISIA – IL MUSICAL

Di Marco Rosati(musiche) e Lucia Di Bella(liriche e testi)

regia di Alberto Sebastian Ricci

coreografie di Elisa Pierini con il supporto di Alice Rosati

orchestra dal vivo diretta dal maestro Masimiliano Tisano
PROGRAMMAZIONE

Doppia replica pomeridiana e serale ore 17.00 e ore 21.15

Ogni sabato e domenica di Ottobre

Sabato 4 e domenica 5 Novembre
BIGLIETTI

Platea: 30€

Galleria: 25€

Biglietti acquistabili:

dal sito web Ticket Italia al link: http://ticketitalia.com/index.php?route=product/category&path=98″,

presso le ricevitorie:
Libreria Feltrinelli, Viale Giulio Cesare, 58 00135 Roma, Tel 06 87440263
Libreria Feltrinelli, Viale Giulio Cesare, 58 00135 Roma, Tel 06 87440263

presso tutte le ricevitorie autorizzate sul territorio nazionale

direttamente dal botteghino del teatro durante i giorni di spettacolo




Si balla e si canta con GREASE al Teatro della Luna

Riparte da Milano, per un solo weekend al Teatro della Luna, dal 6 all’8 ottobre, il tour del musical GREASE della Compagnia della Rancia, una festa travolgente che dal 1997 accende i teatri italiani, con l’edizione speciale con band dal vivo per festeggiare 20 anni di GREASEMANIA in Italia, che la scorsa primavera ha fatto scatenare oltre 37.000 spettatori.

Uno spettacolo cult, un vero e proprio fenomeno di costume “pop”, firmato dall’indiscusso maestro del musical italiano Saverio Marconi.

Per questa edizione speciale è Guglielmo Scilla, conosciuto sul web anche come Willwoosh, – che, dal successo della rete, ha collezionato importanti esperienze in TV (l’ultima in ordine di tempo è la partecipazione a Pechino Express, insieme ad Alice Venturi con la coppia degli #Amici), radio e cinema, – ad interpretare il protagonista del musical Danny Zuko, il leader dei T-Birds.

Al fianco di Guglielmo Scilla, Lucia Blanco (A Chorus Line, La Bella e la Bestia, Mamma Mia!, La febbre del sabato sera, Dirty Dancing e Footloose) veste i panni di Sandy, la ragazza acqua e sapone come Sandra Dee e Doris Day, che arriva a Rydell e, per riconquistare Danny dopo un flirt estivo, si trasforma diventando sexy e irresistibile.

Insieme a loro, l’esplosivo Kenickie (Riccardo Sinisi), la ribelle e spigolosa Rizzo (Eleonora Lombardo), i T-Birds, le Pink Ladies e gli studenti dell’high school più celebre; mentre Nick Casciaro – dopo le esperienze musicali a Italia’s Got Talent e Amici – interpreta il doppio ruolo di Vince Fontaine e Teen Angel. Un angelo davvero particolare, cui è dedicato il nuovo brano “Ho bisogno di un angelo” (“All I Need Is An Angel”), scritto da Tom Kitt and Brian Yorker per Grease Live! e per la prima volta al mondo inserito in una versione teatrale su gentile concessione di Warner Chappell, con la traduzione di Franco Travaglio, che firma le liriche italiane dello spettacolo insieme a Michele Renzullo.

Saverio Marconi, coadiuvato da un grande team creativo di cui fanno parte Gillian Bruce, Mauro Simone, Gabriele Moreschi, Carla Accoramboni, Valerio Tiberi, Francesco Vignati, Marco Iacomelli, Riccardo Di Paola, Gianluca Sticotti, Donato Pepe e Enrico Porcelli, pur conservando tutti gli ingredienti che hanno reso GREASE un successo senza tempo, per questa edizione speciale propone una nuova lettura di alcuni momenti,.

GREASE, con la sua colonna sonora elettrizzante da Summer Nights a You’re the One That I Want, le canzoni aggiunte di B. Gibb, J. Farrar, L. St. Luis, S. Simon e le coreografie irresistibili, piene di ritmo ed energia, non è mai stato così attuale: ha fatto innamorare (e ballare) intere generazioni, ed è stato capace di divenire un vero e proprio fenomeno pop, sempre più vivo nella nostra estetica quotidiana, tra canzoni indimenticabili e protagonisti diventati vere e proprie icone generazionali.

In 20 anni di successi in Italia, si è trasformato in una macchina da applausi (quasi due milioni di spettatori dal 1997 ad oggi!), cambiando il modo di vivere l’esperienza di andare a teatro.

Oggi GREASE è una festa da condividere con amici, figli, famiglie intere o in coppia, è trascorrere due ore spensierate, è non riuscire a restare fermi sulle poltrone ma scatenarsi a ballare: un inno all’amicizia, agli amori indimenticabili e assoluti dell’adolescenza, oltre che a un’epoca – gli anni ’50 – che oggi come allora rappresentano il simbolo di un mondo spensierato e di una fiducia incrollabile nel futuro e nel progresso.

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GREASE

edizione speciale 20 anni di successi in Italia
con Guglielmo Scilla Danny Zuko
regia Saverio Marconi
con band dal vivo

PROGRAMMAZIONE
Venerdì 6 ottobre ore 21
Sabato 7 ottobre ore 15.30 e 21
Domenica 8 ottobre ore 15.30

BIGLIETTI da € 29 a € 59
Riduzioni under 14/over 70

I biglietti sono in vendita in tutti i punti vendita TicketOne, on line su www.ticketone.it, telefonicamente chiamando l’892101 (numero a pagamento) e al botteghino del teatro a partire da due ore prima dell’inizio degli spettacoli.
Utilizza su TicketOne il bonus cultura per acquistare i biglietti di GREASE: info www.18app.it

TEATRO DELLA LUNA
+39 02 48857 7516
via G. di Vittorio, 6 – 20090 Assago (MI)
M2 linea verde – fermata Milanofiori Forum

Ufficio Gruppi e Promozione
+39 02 48857 333 – ufficiogruppi@teatrodellaluna.com