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I dodici elementi di Cardenal Mendoza

Cardenal Mendoza rivela i suoi dodici elementi attraverso un’originale edizione limitata presentata al Museo Bagatti Valsecchi di Milano.

Cardenal Mendoza Elements Edition nasce dal confronto a Jerez tra importatori, distributori, bartender e consumatori di tutto il mondo che hanno individuato i dodici elementi del brandy ovvero: mogano, rovere, uvetta, prugna, noce, nocciola, cacao, caramello, miele, vaniglia, cannella, tabacco. I dodici elementi di Cardenal Mendoza sono stati poi illustrati da Carmen Garcia Huerta su etichetta e confezione.

Cardenal Mendoza, fiore all’occhiello della cantina Sánchez Romate è stata fondata nel 1887 dalla famiglia Sánchez Romate Hno a Jerez de la Frontera ed è oggi un riferimento internazionale nel mondo dei brandy più esclusivi. La sua produzione artigianale, basata su metodo solera, gestito ancora oggi manualmente, ne è concreta testimonianza. Il vino dei vitigni autoctoni Airèn è distillato in alambicchi di rame e poi affinato per quindici anni in botti che hanno cotenuto Sherry oloroso e Pedro Ximenez.

Il brandy Cardenal Mendoza è un tributo al Cardinal Pedro Gonzáles de Mendoza, che con la sua visione e supporto rese possibile il viaggio di Cristoforo Colombo verso il Nuovo Mondo. Cardenla Mendoza è distribuito da Rinaldi 1957 spa.




L’autunno dorato del Renon sul Sentiero del Vino Rebe

Il Sentiero del Vino Rebe (vite in tedesco) sull’Altipiano del Renon celebra una tradizione vitivinicola che affonda le sue radici nell’epoca romana ed esplora a stretta connessione tra la terra, lavoro dell’uomo e paesaggio.

Con i suoi 132 ettari di superficie coltivata a vite, il Renon si distingue come uno dei principali comuni a vocazione vinicola dell’Alto Adige. Il Sentiero del Vino Rebe è un un percorso che si snoda in discesa per 3,5 chilometri da Signato a Rencio con un dislivello di circa 500 metri, regalando viste mozzafiato sul territorio circostante e sui vigneti. Lungo il tragitto, le installazioni artistiche raccontano le diverse fasi della coltivazione della vite e le peculiarità dei vitigni locali. Ogni tappa del sentiero ha un tema preciso: dall’incontro tra uomo e natura, alla vendemmia e Bolzano, città del vino.

Il Sentiero del Vino Rebe si propone come un simbolo della sinergia tra turismo e agricoltura, un invito a rallentare il ritmo e a lasciarsi trasportare dalla bellezza del Renon, dai profumi della terra e dalle storie che solo il vino sa raccontare.

Una base ideale per scoprire il Sentiero del Vino Rebe e l’autunno dorato sull’Altipiano del Renon è il Parkhotel Holzner che accoglie gli ospiti nell’atmosfera senza tempo della struttura che affonda le proprie radici nel 1908. E proprio l’anno della fondazione dà il nome al ristorante stellato diretto dallo Chef Stephan Zippl. La struttura vanta 15 categorie di camere, distribuite tra la storica casa principale e la sua parte più contemporanea, mantenendo un profondo rispetto per l’ambiente. Situato all’arrivo degli impianti di risalita che in un quarto d’ora collegano Bolzano al suo Altipiano, luogo privilegiato di villeggiatura per i bolzanini, il Parkhotel Holzner sulla stazione del trenino che, grazie al suo approccio “slow” (viaggia a30 chilometri orari) regala un punto di osservazione esclusivo per il foliage d’autunno e permette di raggiungere numerosi sentieri escursionistici che conducono agli angoli più belli del soleggiato altipiano.




I Wine Hotel della Valtellina

Con la vendemmia che avanza, ottobre diventa il periodo ideale per soggiornare nei wine hotel della Valtellina, scoprire la lunga tradizione enogastronomica della valle e percorrere i suoi 2.500 km di terrazzamenti vitati che caratterizzano principalmente la Media Valtellina. Proprio qui si trovano anche diverse strutture ricettive  dove soggiornare tra i terrazzamenti vitati e respirare il profumo della natura.

 

Il Wine Hotel Retici Balzi a Poggiridenti

Il Wine Hotel Retici Balzi è un boutique hotel non lontano da Sondrio completamente immerso nei vigneti terrazzati. La struttura ha 11 camere che prendono nome dai vini locali. Chi desidera conoscere meglio il Nebbiolo delle Alpi che nasce qui può prendere parte a una delle degustazioni che il Wine Hotel propone.

Il Wine Hotel San Carlo

Il Wine Hotel San Carlo si trova a Chiuro, nella patria del vino valtellinese. Il relais nasce da un’antica stazione di posta ristrutturata nel corso degli anni. Le 12 camere si affacciano sui terrazzamenti della Valtellina e sono dotate di una piccola cantina. La cantina  ospita al suo interno pregiate bottiglie di vini valtellinesi mentre il ristorante unisce tradizione con un pizzico di innovazione. A ottobre la struttura propone ai suoi ospiti un pacchetto speciale che coniuga esperienza in spae cena ispirata ai sapori d’autunno.

La Locanda Via Priula a Morbegno

Situata nel centro storico di Morbegno, la Locanda Via Priula offre ai suoi ospiti un soggiorno attento ai dettagli anche grazie al Wine Bar e alla tipica stua in legno presente in struttura-

Il Nebbiolo Wine B&B

Il Nebbiolo Wine B&B  è situato all’interno della Cantina Menegola a poca distanza da Sondrio. La struttura è  immersa nei terrazzamenti vitati e le  camere si aprono sul paesaggio circostante. Oltre alle degustazioni in canina, gli ospiti possono proseguire il tour enogastronomico al ristorante della struttura, la Tavernetta.

Cà Rossa B&B

Situato a Montagna nella sottozona del Grumello, il Cà Rossa è un agriturismo b&b immerso nei terrazzamenti che offre ai suoi turisti un soggiorno a stretto contatto con la natura. L’hotel dispone di 2 suite, dotate di ogni comfort con terrazzo panoramico sui vigneti. La piccola cantina del B&B è il luogo ideale dove prendere parte a degustazioni di vini locali.

Agriturismo B&B Caffè e Vino

L’Agriturismo B&B Caffè e Vino di Caiolo si trova sul versante orobico che offre una veduta panoramica sui 2.500 km di muretti a secco della Valtellina. Il B&B propone degustazioni e visite guidate a produttori.

Olmo Agriturismo

Olmo Agriturismo è una struttura nata nel 2020 a Ponchiera, una piccola frazione di Sondrio, che mira a diventare un luogo dove riconnettersi con la natura e il paesaggio circostante. Nella cantina dell’agriturismo si può prendere parte a degustazioni di vini di cantine vinicole del territorio.

Cà Barroni Agriresort

Situato nel cuore dei terrazzamenti valtellinesi, il Cà Barroni Agriresort è  una struttura di recente apertura situato nella zona del Sassella che offre ai suoi ospiti un soggiorno all’insegna di comfort ed eleganza.  Il Cà Barroni dispone di quattro camere dalle ampie vetrate affacciate sul territorio e suoi suoi terrazzamenti.




Don Papa, dalle Filippine al cuore di Milano

Il rum che viene dalle Filippine e conquista il cuore Milano.  I distillati Don Papa, distribuiti da Rinaldi 1957,  nascono nell’isola di Negros, Sugarlandia, tra le sterminate piantagioni di zucchero (da sola rappresenta metà dell’intera produzione di canne da zucchero delle Filippine), le aspre catene montuose e il panorama vulcanico del monte Kanlaon che, con i suoi  2500 metri circa di altezza, svetta tra bianche spiagge esotiche e la giungla lussureggiante. Ed è proprio il terreno vulcanico così ricco di minerali come magnesio e patassio, a regalare rotondità, pienezza e morbidezza al rum, mentre la biodiversità dell’isola è stata di ispirazione per le etichette dei distillati.

Don Papa nasce tredici anni fa su una intuizione di Stephen Carrol (exRémy Cointreau) di creare nelle Filippine un rum internazionale  di fascia elevata, un prodotto che mancava.  A dare il nome al brand è Papa Isio (il cui vero nome era Dionisio Magbuelas), un capogruppo di raccoglitori, sciamano ed eroe rivoluzionario nella guerra di liberazione delle Filippine dalla dominazione spagnola. E in Don Papa rivive la la leggendaria energia dell’eroe.

In particolare:

Don Papa 7 anni
Don Papa è l’originale Single Island Rum dalle Filippine, ispirato da Papa Isio, eroe rivoluzionario e sciamano dell’Isola di Negros. Maturato ai piedi del Monte Kanlaon, Don Papa 7 Anni è invecchiato in botti ex-Bourbon ed ex-Rioja di quercia per ottenere una profondità di sapori, prima di essere assemblato alla perfezione dal Don Papa Master Blender. Con note fragranti di scorza di agrumi, mango e nocciole arrostite al naso, il blend ammalia con sentori importanti di frutta, crema di
vaniglia e toffee al palato. Il finale regala rotondità grazie ai sentori di quercia tostata delle botti.

Don Papa Baroko
Don Papa Baroko celebra il lato più passionale ed esuberante di Papa Isio. Realizzato a partire da melassa “black gold”, è invecchiato per anni in botti ex-Bourbon alle pendici del vulcano attivo Monte Kanlaon per ottenere un finale ricco e rotondo. Al naso colpiscono gli aromi agrumati e di vaniglia. In bocca è di corpo pieno con note di frutta tropicale candita e miele; il finale è lungo e profondo con sentori di uvetta e di legno.

Don Papa Masskara
Don Papa Masskara è prodotto a partire dalla canna da zucchero locale, con una lavorazione artigianale, in piccoli lotti per una produzione limitata, invecchiato per 3 anni in botti.
Si tratta di un distillato dal colore ambrato chiaro, al naso è ricco di profumi dolci, spezie e agrumi ma specialmente con un agrume che si produce solo nelle Filippine ed è il Calamansi, al palato è sorprendente la sua bella morbidezza con delicati aromi di miele, frutta candita con un tocco di agrumi dolci nel finale.




Grazzano Visconti è green con Verde Grazzano

Verde Grazzano dà appuntamento al prossimo anno, dopo il successo dell’ultima tre giorni che ha riunito il salotto del giardinaggio nel castello e nel parco che fu di Luchino Visconti.

In questo appuntamento green che chiude la stagione estiva si possono ammirare e comprare piante rare oltre a poter partecipare a laboratori originali en plein air firmati dagli espositori di Verde Grazzano per conoscere le api o le farfalle, imparare a interpretare il linguaggio della natura, i segreti dei fiori e degli alberi, il loro messaggio alchemico, conoscere i segreti delle iris barbate, fare propria l’arte della composizione floreale o la tradizione dell’acquerello botanico o avvicinarsi alla botanica olistica, imparando a utilizzare, dopo averlo creato, il proprio smudge.

Senza considerare che ogni occasione è quella ideale Grazzano Visconti, con il suo castello, il teatro e il borgo costruito tra fine ‘800 e inizio ‘900 con fattezze medievale (si aprla di stile neomedievale) dal sogno del duca Giuseppe Visconti di Modrone di costruire un  luogo dove vivere, come in un borgo medievale, lontani dalla città e dalle industrie, coltivando la terra e dedicandosi all’artigianato. A portare il Duca alla realizzazione di questo immaginario ha concorso la sua adesione al movimento Arts and Crafts. Il borgo, disegnato dal Duca Giuseppe con l’aiuto dell’architetto Campanini, si sviluppa a ferro di cavallo intorno al castello costruito nel 1395 su concessione di Gian Galeazzo Visconti, come dono per la sorella Beatrice andata in sposa a Giovanni Anguissola e rientrato sotto la proprietà dei Visconti di Modrone nel 1870.




Follador 250 anni di terra, famiglia e Prosecco

Terra, famiglia, convivialità, sono questi i valori condivisi da nove generazioni di Follador che, in oltre due secoli e mezzo di storia  hanno dato volto al Prosecco.

Le radici dell’azienda, affondano al 1769 quando il Doge Alvise IV della casata patrizia dei Mocenigo, riconobbe e attestò la superiorità dei vini prodotti dall’antenato Giovanni Follador, che  destinò a vigneto tutte le proprie terre.

Nel corso del tempo, la passione per l’eccellenza e l’intraprendenza proiettata all’innovazione hanno guidato la famiglia alla realizzazione di obiettivi ambiziosi. Una pagina importante di questa storia è stata scritta da uno dei discendenti, Gianfranco Follador, tra i primi Spumantisti del Valdobbiadene e ideatore dell’esclusivo Metodo Gianfranco Follador.  Questa speciale tecnica di vinificazione prevede specifici passaggi nella fase iniziale e l’impiego di attrezzature adatte alla crio-macerazione, per estrapolare le molteplici proprietà delle bucce e donare struttura e personalità a ogni etichetta.

Una visione che ha portato l’azienda a competere con i migliori vini italiani e internazionali, fino al raggiungimento del titolo di “Miglior Prosecco” al The Champagne & Sparkling Wine World Championships2020, un riconoscimento che ha acceso un faro sulla maestria e il saper fare di una discendenza cresciuta fra le vigne, custode di tradizioni antiche e rituali intramontabili, tipici di un  territorio circoscritto: il Conegliano Valdobbiadene.

Terra d’incanto, tra le Dolomiti e Venezia, le colline di Col San Martino, a Valdobbiadene, sono state riconosciute nel 2019 Patrimonio Unse grazie al paesaggio culturale che le contrassegna unico nel suo genere in cui  su questa distesa di colline ricamate dai vigneti sorgono borghi storici di grande suggestione, dando vita a panorami emozionanti, come quello dominato dalle Torri di Credazzo, sotto le quali si estende una parte dei vigneti di proprietà della famiglia Follador.

 




Champagne Jacquart celebra i suoi primi 60 anni

Champagne Jacquart celebra i suoi primi sessant’anni all’insegna della gioia di vivere all’hotel Château Monfort di Milano tra degustazioni abbinate a creazioni dello chef Domenico Mozzillo che capitana la cucina del ristorante Rubacuori di Château Monfort, cocktail d’eccezione che esaltano le note aromatiche di ogni Champagne e party.

Fondata nel 1964, la Maison Jacquart nasce dall’intento di riunire l’esperienza di una trentina di
vignerons-artigiani pronti a condividere talento e  vigneti per produrre grandi vini. Nasce così il concetto di Mosaïque, un mosaico di crus, di terroir e talenti. Cresciuta negli anni con l’inserimento di nuovi soci, Jacquart oggi copre 300 ettari distribuiti su più di 60 crus in tutte le aree della Champagne. La varietà di queste parcelle in grado di garantire un’incredibile
diversità è il carattere distintivo dello Champagne.  “La filosofia della maison è quella di celebrare ogni piccolo momento della vita con una nota di gioia e leggerezza, trasformando l’ordinario in straordinario” spiega  Joëlle Weiss, enologa di casa Jacquart. Sin dalla sua creazione, infatti, Champagne Jacquart, ha sfidato i canoni tradizionali, con un approccio disinvolto e creativo, invitando a brindare per tutti i piccoli e grandi successi quotidiani, non solo nelle occasioni speciali.

Il punto di forza dell’azienda è lo Chardonnay, con la sua freschezza, finezza e capacità d’invecchiamento. Il dosaggio leggero e appropriato e un processo di vinificazione preciso e innovativo rivelano alla degustazione uno stile diretto, arioso e fine.
Per scelta, Champagne Jacquart viene affinato solo in acciaio inox senza passaggi in legno per esaltare le caratteristiche varietale dell’uva e di ogni singola parcella, valorizzandone freschezza e vivacità. “Tutte le nostre cuvées sono espressione gioiosa dello champagne, basate sulla freschezza aromatica dello Chardonnay elaborato nelle sue mille sfumature. Dalle più leggere e pungenti a quelle più eleganti e golose, accomunate dalla stessa brillantezza, dal temperamento e dall’immancabile freschezza finale.” commenta  Weiss, l’enologa di casa Jacquart.

Champagne Jacquart viene distribuito da Rinaldi 1957 spa, capitanata da Giuseppe Tamburi, che ha trasformato la
passione per i distillati e i vini in una missione.




Bici e Mare per l’autunno di Cervia

Domenica 13 ottobre torna a Cervia la cicloturistica Strade Bianche del Sale Fantini Club, giunta ormai alla sua quinta edizione
Con partenza alla francese dalle ore 7.45 alle 8.45 dal Fantini Club, si tratta di una pedalata che rievoca il ciclismo di un tempo, dedicata sia al ciclista che vuole confrontarsi su percorsi lunghi e impegnativi, che agli amanti della bici senza i vincoli della competizione agonistica, che amano pedalare senza fretta, alla scoperta del territorio.

Lo splendido itinerario prevede quest’anno quattro percorsi da 35, 65, 100 e 120 km, con partenza dalla costa per attraversare il Parco della Salina di Cervia, riserva naturale di popolamento e di nidificazione per molte specie animali e vegetali, e raggiungere le colline dell’entroterra, attraverso paesaggi incantati e suggestivi borghi storici, nel cuore della Romagna più vera. Sul percorso lungo attenderanno i gravellisti ben quattro ristori, mentre in gran finale sarà per tutti al Fantini Club, con il pasta party aperto anche agli accompagnatori.




Al Shoo Loong Kan per un viaggio in Cina senza muoversi da Milano

In viaggio in Cina, nello  Sichuan, senza muoversi dal cuore di Milano, da Via Farini 21 tra Chinatown e Porta Garibaldi. Ed è questo, un vero e proprio viaggio nel gusto dello Sichuan, che propone  Shoo Loong Kan, il primo ristorante in Italia (e uno dei sette in Europa) della catena dedicata all’hot pot, un piatto simbolo di socialità e condivisione a tavola originario della Terra dai Mille Volti, la provincia sud occidentale della Cina attraversata dal Fiume Azzurro e habitat naturale dei panda giganti.

Tra lanterne rosse e pagode in legno che riprendono l’architettura dei villaggi dello Sichuan, al Shoo Loong Kan gli ospiti si trasformano in chef, cuocendo da soli e secondo il proprio gusto carne, pesce, verdure e noodle all’interno dei brodi che bollono  in un enorme pentolone condiviso, l’hot pot. Fin dal nome Shoo Loong Kan richiama la cultura della provincia di Sichuan dove l’hot pot ha avuto origine secoli fa almeno secondo una certa tradizione (un’altra fa risalire questa fondue cinese ai mongoli),   Shoo Loong Kan, che in alfabeto fonetico pinyi diventa significa infatti promontorio del piccolo drago (Xiao ()= piccolo, Long ()= drago, Kan )= promontorio, pendio) e riporta a sua volta a Chongqing, la città dove è iniziato il rito dell’hot pot.

Ed è proprio questa particolare pentola in rame posta al centro di ogni tavolo, costantemente riscaldata e condivisa dagli ospiti, l’hot pot appunto, la protagonista di Shoo Loong Kan. Nell’hot pot bollono fino a tre diversi brodi (il prezzo varia da 12 a 15 euro, è fisso, non dipende dal numero dei commensali e il brodo verrà costanemente riempito nel corso della serata), dai più classici ai più piccanti anche con variante vegana, in cui cuociono le pietanze da abbinare poi a una o più salse, create secondo il proprio gusto con un mix di oltre 16 condimenti, spezie, oli vegetali, sperimentando ogni volta nuove combinazioni. Un’esperienza sensoriale divertente, aggregante e gustosa dove lasciarsi stupire, guidati dallo staff, da sapori inattesi e da verdure dai nomi impronunciabili, condividendo con gli altri commensali la sorpresa della “pesca” nel brodo.

Nell’hot pot infatti cuociono diversi ingredienti contemporaneamente in un mix tutto da inventare tra frutti di mare e pescato, tagli di carne, Wagyu compreso, e frattaglie selezionati da Macelleria Sirtori, verdure e funghi orientali dalle foglie di crisantemo al taro, dalle patate igname alle alghe, dal sedano lattuga al melone d’inverno, dai funghi shitake agli enoki, dalle orecchie di Giuda ai shimeji bianchi o marroni.

Per  chi desiderasse qualcosa dalla cucina ci sono anche alcune chicche dello chef Michele Yang. Il tutto da abbinare a vini, birre e sake (anche in degustazione) o con i Loong Tea a base di the freddo alla camelia e frutta, peculiarità del locale. Ad accogliere gli ospiti Chen Yeyan, per anni direttore di sala dello storico ristorante giapponese Osaka.




La Carmen colossal di Zeffirelli seduce l’Arena di Verona

La Carmen in versione colossal di Franco Zeffirelli in scena all’Arena di Verona è un caleidoscopio di colori, danze travolgenti, emozioni e musica che catapulta lo spettatore in una caotica Siviglia ottocentesca rendendolo partecipe delle vicende dell’eroina raccontata da Prosper Mérimée che, anche grazie ai librettisti Meilhac e Halévy, è allo stesso tempo una femme fatale determinata, egoiste e sprezzante capace di far perdere all’uomo il controllo di sé, una donna consapevole dei propri desideri, uno spirito libero e la vittima chi  è incapace di accettare la libertà come valore fondate della vita di una persona.. L’allestimento, che ha aperto l’Opera Festival due anni fa, porta sul palco cinquecento persone tra solisti, coro delle voci bianche A.li.ve diretto da Paolo Facincani, coro, orchestra, ballo della Fondazione Arena di Verona, figuranti, i ballerini della Compañia Gades e cinque cavalli. È un allestimento dinamico, colorato cinematografico, autentico, immersivo che per le quattro ore circa dell’opera avvolge lo spettatore.

Zeffirelli accompagna lo spettatore dentro la tormentata vicenda della sigaraia e dei suoi amori feroci e roventi con il brigadiere Don Josè e il torero Escamillo, con quadri che, fin dall’ouverture, mostrano la grandezza delle masse in scena. Lo spettacolare allestimento integra, anche grazie al coinvolgimento della Fondazione Franco Zeffirelli, le migliori intuizioni del Maestro  per gli allestimenti del 1995 e del 2009 con nuovi elementi tratti dai bozzetti originali come i velari che incorniciano il proscenio delimitando, come in un teatro al chiuso, i confini della storia raccontata sul palco. Gli sgargianti costumi sono quelli originali di Anna Anni, mentre le luci sono opera di Paolo Mazzon che evidenzia prima l’atmosfera mediterranea, poi la segretezza dei traffici notturni sui monti e infine il climax con la torrida piazza con al centro una croce votiva quando, nel giorno della corrida, si consuma la tragedia.

La seconda rappresentazione di Carmen al 101° Arena di Verona Opera Festival, in una serata dedicata a Carlo Bergoni nel centenario della sua nascita, è stata accolta da una lunga standing ovation che ha tributato il successo dell’opera e dell’intero cast. A dirigere il maestro Leonardo Sini che ha impresso un efficace ritmo teatrale e creato le giuste atmosfere cromatiche.  Protagonista del capolavoro di Bizet nella serata del 13 luglio è Aigul Akhmetshina che ha saputo sprigionare la sensualità di Carmen in una interpretazione fluida e disinvolta. La sua gitana, nata libera, seduce Don Josè, interpretato dal tenore Freddie De Tommaso che ha unito un’esecuzione impeccabile alla tragica espressività del protagonista, salvo poi innamorarsi del toreador Escamillo, portato in scena da un convincente Erwin Schrott dalla voce piena e potente. Daria Ryback è stata una Micala, la fidanzata di Don Josè, dalla vocalità fresca e sicura che ha incantato il pubblico nel terzo atto nella struggente Je dis que rien ne m’épouvante. Completano il cast Jan Antem e Vincent Ordonneau (i contrabbandieri Dancairo e Remendado), Chiara Maria Fiorani, al suo debutto areniano, Alessia Nadin (le amiche di Carmen: Frasquita e Mercedes), Gabriele Sagona e Fabio Previati (Zuniga e Morales).

Nonostante Carmen sia la seconda opera più rappresentata sul palco dell’Arena di Verona subito dopo l’Aida (nel 1914, fu il primo titolo ad essere rappresentato in Arena dopo il successo della prima Aida e con il Festival 2025 si raggiungeranno le 300 rappresentazioni), questa versione vale sicuramente il viaggio a Verona per l’atmosfera incandescente creata sul palco; per l’attualità di una storia, quella di Carmen, in grado di rinnovarsi anno dopo anno e di apparire sempre moderna agli occhi degli spettatori; per la realizzazione d’eccezione in ogni singolo dettaglio, compresa l’improvvisazione flamenca a cui la Compañia Antonio Gades dà vita nel cambio di scena a cavallo tra il terzo e quarto atto; ma soprattutto per le voci in grado di incantare, replica dopo replica, migliaia di turisti e melomani.

Meglio organizzarsi fin da subito per non lasciarsi sfuggire l’occasione di assistere a questo appassionante allestimento che ha dato il via al 101° Opera Festival 2024. Le repliche rimaste non sono tantissime e nell’ordine: il 20 e 25 luglio; il 3, 8, 17, 23 agosto e il 7 settembre. Sul palco si alterneranno stelle internazionali come Clémentine Margaine (20, 25/7 e 3, 17, 23/8) e Alisa Kolosova (8/8) nel ruolo di Carmen; i tenore Francesco Meli (il 20/7, 3, 8, 17/8 e 7/9), Roberto Alagna (25/7 e 23/8) e Paolo Lardizzone nel ruolo di Don Josè; i soprani Daria Rybak (20/7), Aleksandra Kurzak (25/7 e 23/8), Pretty Yende (3/8 e 8/8), Mariangela Sicilia (17/8 e 7/9) nel ruolo di Micaela e  Luca Micheletti (20/7 e 25/7), Dalibor Jenis (8/8, 17/8, 23/8 e 7/9) e Ludovic Tézier (il 3/8) nel ruolo di Escamillo. Per l’ultima rappresentazione del 7 settembre sul podio è atteso infine il ritorno di Daniel Oren.