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Una mostra giovane per l’Art Forum Wurth Capena

di Cristina T. Chiochia
La mostra “NAMIBIA. Arte di una giovane generazione nella Collezione Würth”  arriva a Capena, all’Art Forum Würth dal 24 ottobre 2022 – 14 ottobre 2023 dopo essere stata presentata nel 2016 al Museo Würth di Künzelsau, ben 80 opere di 33 artisti contemporanei che vivono e lavorano in Namibia. Un modo per descrivere un’itnera arte di una generazione artistica che cerca nella ricerca di nuove tematiche e modalità espressive un modo per esplorare i profondi cambiamenti in atto. Un modo per realizzare con gli artisti:  Elago Akwaake, Lukas Amakali, Petrus Amuthenu, Barbara Böhlke, Margaret Courtney-Clarke, Linda Esbach, Gisela Farrel, Elvis Garoeb, Beate Hamalwa, Martha Haufiku, Ilovu Homateni, Saima Iita, John Kalunda, Lok Kandjengo, Filemon Kapolo, Isabel Katjavivi, Paul Kiddo, David Linus, Nicky Marais, Othilia Mungoba, Alpheus Mvula, Peter Mwahalukange, Frans Nambinga, François de Necker, Saara Nekomba, Urte R. Remmert, Fillipus Sheehama, Findano Shikonda, Papa Ndasuunje Shikongeni, Ismael Shivute, Elia Shiwoohamba, Tity Kalala Tshilumba, Salinde Willem un passo importante sul concetto di spiritualità e senso della vita rurale. Rito di passaggio tra passato presente e futuro che si prefiggono di mostrare come  recita il comunicato stampa: anche  “l’emergere di nuove problematiche come il consumo eccessivo (Fillipus Sheehama, Ismael Shivute), la disuguaglianza sociale (Petrus Amuthenu, Ilovu Homateni) e il problema della comunicazione (Urte R. Remmert). Combattuti tra il ricordo del loro patrimonio culturale e la realtà sociale, politica ed economica odierna, gli artisti namibiani contemporanei restituiscono una visione eterogenea del loro paese”. Non solo pittura arte, disegno e fotografia ma anche la forma espressiva tradizionale del quilting ovvero l’arte delle trapunte.
L’arte della trapunta e del riciclo sono infatti un punto di partenza importante per la mostra, come le tecniche su linoleum e su cartone. Generazioni a confronto. Sintesi di cosa è la Namibia oggi.
Capena insomma, vicino a Roma, diventa “caput mundi ” di un nuovo senso di appartenenza.
Un modo per essere e sentirsi vivi.
Tra un prima e un dopo e, chissà, un “forse” possibile.  Una mostra giovane, attenta
Basta aspettare.



Torna l’immaginario naturale ed inedito di Milano Golosa

di Cristina T. Chiochia
Torna Milano Golosa, torna per festeggiare con i suoi dieci anni di vita, i palati più fini e la grande gioia di vivere che circonda il mondo della ripartenza, dopo la terribile pandemia mondiale, vero e proprio ritorno dell’immaginario al naturale ed all’inedito in cucina. Complice il sole del week end dal 8 al 10 di Ottobre si celebrano le eccellenze italiane sulla tavola.
Nuova zona, quella dove si costruirà il nuovo villaggio olimpico, accanto a Fondazione Prada, per la location, enorme; ma la  qualità è quella di sempre: per offrire momenti di gusto sia tra gli stand che  durante gli showcooking che di ora in ora, in modo sapiente, danno alla possibilità della scelta di valore in tavola, anche il giusto abbinamento o riflessioni di vita sempre più consapevoli e necessarie.

10 anni di successi per la manifestazione di Milano golosa insomma che quest’anno si declinerà su temi importanti ed attuali: no spreco, spesa consapevole e recupero in cucina, tra cucine diverse.  E poi, al centro di tutto, il momento del “convivio”. Dello stare insieme. Con se stessi e con gli altri. Ne sono, a solo titolo di esempio, la presenza di WildenErbals che con una degustazione va oltre il concetto del “kombucha”: ovvero la differenza delle bevande fermentate botaniche e fermentati botanici alcolici. Con la degustazione di  Wilden.herbals si testimonia come è necessario di questi tempi un po’ confusi, non porre dei limiti all’immaginazione e al mondo delle piante officinali, erbe e spezie, sia per una tisana davanti alla tv in solitaria, che un momento conviviale, tra amici. E cosi, tra le radici di Frècc, viene presentata la linea di bevande fermentate botaniche, in collaborazione con Latta, fermenti e miscele, che, come recita il sito “comprende 3 prodotti: Frècc Boost, Frècc Digestive e Frècc Hangover. La storia di Frècc ci ha aperto ampi orizzonti sulle possibilità offerte dalle bevande fermentate a base di erbe e ci ha spinto verso territori arditi come i fermentati botanici alcolici”. Ma cosa è il kombucha? L’ha bene spiegato la degustazione offrendo un dietro le quinte davvero inedito su questo modo di rapportarsi al mondo degli infusi di erbe a tutti i partecipanti.

Altra eccellenza presente da segnalare a titolo di esempio, è quella presentata dalla azienda  Agricola Libone con il proprio stand: ovvero dare esempio della produzione e trasformazione di frutta e peperoni di senise IGP. Stavolta, grazie al prezioso elemento del perone e, in un secondo momento, della sua lavorazione. Una azienda che nasce solo nel 2000 ma che, giovane e dinamica, sviluppa su ben 65 ettari di terreno  querce secolari che custodiscono la produzione delle piccole meraviglie poi offerte allo stand, in particolare il pepeone di Senise IGP pregiato e presentato in tre diverse linee: secco, presentato nelle tipiche collane , macinato e “crusco” per un aperitivo, antipasto o snack. Un altro dietro le quinte insomma inedito che testimonia, qualora ce ne fosse stato bisogno, la grande attenzione con cui questa manifestazione sceglie i suoi protagonisti. Ed i palati dei visitatori, ringraziano.



Aperitivo in giallo nel pavese

Metti una sera di autunno, seduto comodamente su un divano o una poltrona, un buon bicchiere di vino in mano, il camino che scoppietta e riscalda e Autori pavesi di gialli che che raccontano i loro lavori…

Ecco a voi la Rassegna Giallo Pavese-Aperitivo in collina con gli Autori, ideata e moderata da Marina Crescenti e Annalisa Gimmi, con il Patrocinio Gratuito del Comune di Redavalle e del Comune di Pietra de’ Giorgi. Si tratta di un ciclo di 6 tavole rotonde, in cui saranno presentate le opere di Autori pavesi, allo scopo di valorizzare una realtà oggi compenetrata nel tessuto culturale del territorio, quella del genere Giallo e Noir.

Gli incontri si terranno tra ottobre 2022 e maggio 2023, presso il prestigioso Centro Enoculturale Tenuta Calcababbio, Strada Comunale Calcababbio 1, Pietra De’ Giorgi (PV). Gli Autori, le moderatrici e il pubblico saranno seduti intorno a un grande tavolo; altri spettatori potranno accomodarsi sui divani e sulle poltrone intorno, mentre il camino di cui dispone la sala sarà sempre acceso. Il pubblico potrà interagire con gli Autori anche nel corso del dialogo con le moderatrici. Durante l’incontro, si brinderà con i vini della Tenuta Calcababbio, accompagnati da stuzzichini della casa. Al termine, ci si sposterà nella sala attigua per gustare un risotto con verdure di stagione, accompagnato sempre con dell’ottimo vino e altre sfiziosità. Per il pubblico, la quota singola di partecipazione sarà di 10.

A ciascuna tavola rotonda parteciperanno più Autori, che esporranno prospettive personali su un genere letterario molto amato dal pubblico. L’ambientazione pavese e/o la “pavesità” degli scrittori sono un aspetto imprescindibile della vita culturale cittadina. La presenza di più Autori a evento ha il precipuo scopo di giungere a scambi culturali stimolanti e di offrire a ciascun Autore la possibilità di confrontarsi con i diversi approcci dei colleghi verso il genere giallo.

I singoli eventi – organizzati in modo da cogliere le atmosfere delle stagioni più affascinanti e suggestive nelle colline dell’Oltrepo e quelle più romantiche del Natale nella Tenuta Calcababbio – si terranno nelle seguenti date, abbinate ai seguenti gruppi di Autori:

sabato 1º ottobre 2022 ore 17,30

Ilaria Fulle, Roberto Monti

sabato 15 ottobre 2022 ore 17,30

Massimo Marcotullio, Paolo Rovati

sabato 3 dicembre 2022 ore 12,30

Katia Ferri Melzi d’Eril, Marina Crescenti, Flavio Santi

sabato 15 aprile 2023 ore 17,30

Paolo Gaetani, Annalisa Gimmi, Furio Sollazzi

sabato 6 maggio 2023 ore 17,30

Claudia Celè, Francesco Mastrandrea & Mauro Sangiorgi

sabato 20 maggio ore 17,30

Massimo Bocchiola, Vittorio Renuzzi




Torna YogaFestival a Milano

di Cristina T. Chiochia
 
Lo Yoga torna, dopo varie parentesi in remoto, finalmente in  presenza e sul tema accattivante dell’ascolto e della pace. E l’arrivo del diciassettesimo YogaFestival milanese al superstudio più dal 30 al 2 ottobre 2022 , lo dimostra. Un evento che si è sempre palesato per i suoi grandi numeri: ben oltre le 13.000 partecipanti nelle scorse edizioni in presenza).
Torna lo yoga con i maestri più accreditati a livello internazionale in ben oltre 50 freeclass aperte davvero a tutti con ben 44 eventi per chi è all’inizio della pratica o semplice curioso fino ad arrivare al vero esperto. Inoltre stands e special guest  tra cui Sara Bigatti.
Come recita il comunicato stampa: “Nella sua 17° edizione, l’appuntamento annuale più atteso da tutti gli yogi e gli appassionati, italiani e non solo, propone come nuovo tema conduttore la capacità di essere IN ASCOLTO, di noi stessi e degli altri, imperativo per accogliere e vivere la vita con gioiosa consapevolezza.

Le 3 giornate proposte da YogaFestival Milano saranno un’occasione unica per ascoltare e vivere quello che i migliori insegnanti e maestri hanno da trasmettere per rasserenare la mente e donarci una visione più ampia della vita, indicando, appunto, come restare IN ASCOLTO La pratica dello Yoga (e la sua esplosione particolare in questi ultimi 2 anni e mezzo così difficili lo dimostra ulteriormente) può significativamente liberarci verso una pace e un equilibrio interiori che mai come nei nostri tempi diventano preziosi: divulgare questi benefici fa parte ormai da quasi 20 anni della mission di YogaFestival. Concludendo insomma, proprio perché lo yoga insegna a modificare attraverso la percezione del corpo e la respirazione  ciò che non può essere modificato o a stimolare e cambiare ciò che invece può esserlo, grazie  a un grande evento, come quello milanese, sarà possibile farne esperienza.




Tiziano ed il suo colore al cinema

di Cristina T. Chiochia

Tiziano ed il suo colore diventano un film per il cinema per tre giorni con TIZIANO. L’IMPERO DEL COLORE,  il 3, 4, 5 ottobre, al cinema.
Il film, diretto da Laura Chiossone e Giulio Boato e stato scritto da Lucia Toso e Marco Panichella con la supervisione di Donato Dallavalle, per una produzione Sky, Kublai Film, Zetagroup, Gebrueder Beetz e Arte ZDF.
Lo sfondo non poteva essere dei più attuali.
Dall’inizio alla fine. La  scelta di mettere in rilievo il destino, la peste e renderlo attuale con degli sfondi della sua Venezia inediti, ripresi durante il lockdown. Dopo il pubblico delle grandi mostre ed i tanti libri pubblicati su Tiziano recentemente, Tiziano si offre al pubblico del grande schermo attraverso degli esperti e personaggi della recente storia imprenditoriale italiana, al fine di comprenderne meglio i contorni, lo stile e la vita.
Uno degli aspetti interessanti del film, è presentarlo attraverso il suo rapporto con ciò che ama e chi ama.
In una sorta di percorso emozionale e, come sfondo , la sua Venezia che, come recita il comunicato stampa “[…]per tutta la sua esistenza, rimarrà la base operativa da cui spostarsi per conquistare e creare un “impero del colore”, una fucina creativa eccezionale capace di accogliere viaggiatori e influenze provenienti da tutto il mondo. Ce lo raccontano nel film Amina Gaia Abdelouahab, curatrice indipendente e storica dell’arte, co-founder e vicepresidente di Progetto A, Bernard Aikema, Professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Verona, Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore, finanziatore del Foro delle Arti, Francesca Del Torre, assistente scientifica all’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini e curatrice per la pittura italiana del Rinascimento al Kunsthistorisches Museum di Vienna, Miguel Falomir Faus, Direttore del Museo Nacional del Prado a Madrid, studioso di pittura italiana del Rinascimento e del Barocco, Sylvia Ferino-Pagden, curatrice di mostre, in precedenza Curatrice della Pittura rinascimentale italiana e Direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum di Vienna, Jeff Koons, uno degli artisti più influenti e seguiti al mondo, Patrizia Piscitello, storica dell’arte, curatrice, responsabile Ufficio mostre e prestiti e Curatrice collezioni del Cinquecento del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Tiziana Plebani, storica, cultrice di Storia moderna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, in precedenza responsabile del Dipartimento Storia e Didattica della Biblioteca Nazionale Marciana, Giorgio Tagliaferro, Professore Associato in Arte Rinascimentale all’Università di Warwick con un Ph.D. in Storia dell’arte all’Università Ca’ Foscari di Venezia”.
Tiziano oltre Tiziano.
Le sue origini e la ricomposizione attraverso la rilettura “attualizzata” dei suoi capolavori e le interviste esclusive di una storia davvero da conoscere e raccontare, tra l’artista, l’amante e l’imprenditore.
Uomo ambizioso, Tiziano, che con una solida forza di volontà costruì con cariche pubbliche (la possibilità imperiale di nominare notai per esempio o di avere una rendita dalla Repubblica di Venezia per il suo lavoro) e talento personale (i suoi capolavori ed il suo modo di definire il colore cambiarono la storia dell’arte europea) una carriera da vero “influencer” contemporaneo.
Superando con il suo colore, lo splendore che fino ad allora si era visto nel tratteggiare ritratti con la sua affinata sensibilità di riconoscere il bello: di un abito, di un sorriso, di uno sguardo o di un atteggiamento. Basti pensare al mondo racchiuso nella sua pennellata nel rendere pellicce o rigidi ricami o gli ornamenti dorati a sbalzo: colori vivi e lucidi, contemporanei a chi li vedeva e che giungono a noi in una sorta di avvolgente viaggio nel tempo sul corpo umano che si fa creatura in particolare quello femminile. Da vedere.



I profumi che hanno fatto la storia: i favolosi anni ’60

Non so voi, ma io quando penso agli anni ‘60 e in particolare ai profumi da uomo, ho stampata in mente l’immagine di Alain Delon mollemente sdraiato a bordo piscina nell’omonimo film del 1968 con Romy Schneider. A dirla proprio tutta, in realtà mi viene in mente quell’immagine anche quando mi chiedono quale sia per me l’archetipo della bellezza maschile…

Ma lasciamo da parte il mio pénchant per il bell’Alain e parliamo di alcuni dei profumi più iconici del favoloso decennio 1960-1969.

Negli anni ‘60 il movimento hyppie, nato a San Francisco, predica un ritorno alla natura, il rifiuto delle costrizioni, l’uguaglianza dei sessi e la ricerca dei paradisi artificiali al grido di “fate l’amore, non la guerra”. I simboli di questa gioventù ribelle sono la musica pop, i giacconi di cuoio nero, e i capelli lunghi. Dalle manifestazioni contro la guerra del Vietnam al maggio sessantottino, un vento di ribellione soffia ovunque tra i giovani e si diffonde in Europa. La gioventù scopre l’India, i suoi guru, le sue sette e i suoi aromi: si profuma di sandalo, muschio e patchouli e brucia bastoncini di incenso.

Parallelamente a questa anti-moda, l’alta moda si orienta verso il prêt-à-porter di lusso con Yves Saint-Laurent, Daniel Hechter, Paco Rabanne, Cacharel, Courrèges.

Nel 1966, Dior lancia Eau Sauvage, creata da Edmond Roudnitska: a un tempo discreta e persistente, segna l’avvento della profumeria al maschile e apre la via alle eau frâiche femminili, mascoline e androgine. Eau Sauvage è stato il primo profumo per uomo di Dior e, per almeno 25 anni, è stato il profumo per uomo più venduto al mondo. Roudnitska, nel crearlo, decise di mantenere la semplicità della struttura classica del profumo per uomo, ma aggiungendo un tocco di eleganza con l’uso di fiori, fino ad allora esclusivi dei profumi femminili, e con l’hédione, una nuova sostanza che verrà molto utilizzata da Roudnitska, ad aggiungere freschezza. L’essenza legnosa e aromatica del profumo creano un’essenza selvatica che dà il nome al prodotto.

E il nostro Alain fu anche il primo testimonial utilizzato da Dior per pubblicizzare questa fragranza.

Per quanto riguarda la profumeria femminile, come dicevamo i profumi negli anni ‘60 diventano più accessibili non solo dal punto di vista dei costi, ma anche più leggeri e freschi.

Oggi vogliamo citare Calèche, un altro capolavoro di Hermès uscito nel 1961, esattamente a 10 anni di distanza da Eau d’Hermès (trovate qui l’articolo che abbiamo dedicato a questa maison) e creato da Guy Robert. La prima fragranza femminile della maison: un profumo delicato per un’amazzone moderna (se preferite, potete immaginarvi comodamente sedute all’interno della carrozza che dà il nome alla fragranza). Un profumo gioioso e femminile ispirato da un cuoio dall’odore fiorito, con un accordo di note di legni bruciati. E’ la rosa liana Argyreia a dare questa sensazione di cuoio fiorito addolcita da note verdi come mughetto, narciso e iris. Il profumo possiede un carattere cipriato e dolce che richiama la scia di vetiver e di muschio bianco.

Il secondo profumo che riteniamo emblematico del decennio è Chamade di Guerlain. Con il cuore che batte al ritmo de La Chamade, romanzo di Françoise Sagan, rivendica la parità tra uomini e donne e il diritto di decidere della propria vita. Ispirandosi al celebre romanzo e all’energia di questa rivoluzione in corso, Jean-Paul Guerlain immagina la “sua” Chamade, una fragranza decisa che infrange anch’essa i codici del suo tempo e che vuole esprimere il battito spaventato del cuore quando si è infinitamente innamorati.

(bottiglietta vintage)

Dedicato alla donna emancipata, questo fiorito ambrato verde vede per la prima volta in assoluto utilizzati i boccioli del ribes nero, a cui aggiungono freschezza l’accordo di giacinto ed il galbano, per poi arrivare alle note di fondo: vaniglia, sandalo e gelsomino. Un’audace incarnazione della libertà di essere ed amare.

Ma adesso tocca a voi: qual è l’uomo più bello di tutti i tempi? E il profumo da uomo che più vi piace?  Scrivetecelo nei commenti, alla prossima!




I profumi che hanno fatto la storia: l’Interdit e Cabochard

Non possiamo lasciare gli anni ‘50 per avventurarci nel decennio successivo prima di aver parlato di una iconica fragranza di Givenchy, che venne creata appositamente per un’altra bellissima icona di quegli anni: Audrey Hepburn. 

Stiamo parlando di L’Interdit, profumo nato dal legame unico e leggendario che unì uno dei più grandi couturier mai esistiti – Hubert de Givenchy – e una delle attrici più famose e amate di sempre. Il rapporto tra lo stilista francese e Audrey Hepburn è ancora oggi uno dei grandi sodalizi creativi mai raccontati. Per lei, Givenchy disegnò i meravigliosi abiti di Sabrina, Cenerentola a Parigi e, naturalmente, Colazione da Tiffany. 

Un’altra creazione, meno vicina alla natura del designer ma sempre sinonimo dell’affetto che egli provava per Audrey Hepburn, è stata una fragranza unica, commissionata apposta per l’amica e musa, diventata poi uno dei grandi profumi da donna più amati: L’Interdit.

Così raccontano la storia del profumo i giornali di gossip dell’epoca: Hubert lo regala all’amica dicendole che la nostra presenza arriva sempre con il nostro profumo e che perciò lei non poteva non avere il suo profumo personale, unico e riconoscibile. Con l’aiuto del naso François Gravon crea una fragranza speciale, androgina con note di fiori bianchi femminili ma anche con accenni dark di ambra, muschio animale e fava tonka.

Una composizione fatta di contrasti, proprio come la personalità di Audrey. Per presentarlo alla star, Hubert lo vaporizza su un fazzoletto e glielo fa annusare. Lei lo trova meraviglioso. Lui le dice che è solamente per lei. Perché solo lei può portarlo. 

Hubert, però, dopo averlo donato alla sua musa si accorge di aver commesso un errore: lascia il fazzoletto impregnato della creazione in una stanza dove riceve le clienti couture: Tra queste, Jackie Kennedy e Madame Lanvin, che un giorno sentendo l’ambiente inondato da quell’aroma insiste per averlo.

Hubert a quel punto ha un problema, dire a Audrey che avrebbe dovuto mettere in commercio il suo profumo. «Je vous l’Interdis!» (Io glielo proibisco!) lei dice. Così la fragranza nata senza fini commerciali ma come un’ode all’amicizia che legava i due trova un nome: L’Interdit ed entra nel mondo e nella storia della profumeria.

Hubert de Givenchy, l’enfant terrible della moda, è stato il primo couturier a introdurre plastica e alluminio nelle sue creazioni. Il primo ad aver utilizzato solo modelle nere a Los Angeles. Il primo ad aver sdoganato la stampa animalier. Per lui era più importante il valore, il messaggio che le sue creazioni veicolavano, piuttosto che vendere qualche modello in più. Ed è stato anche il primo ad aver fatto pubblicità a un profumo usando un volto, una testimonial, Audrey Hepburn in questo caso.

Oggi la fragranza non è variata di molto, rimanendo – come amava dire la Hepburn – un talismano che dà la forza di fare qualsiasi cosa, un modo di essere “Choc within chic”. Poco mutata nel tempo anche la boccetta, che oggi ha una forma più moderna, ma sempre caratterizzata da grazia e semplicità, le stesse caratteristiche dell’anima gentile ma anche sfaccettata per la quale era stata creata.

Chiudiamo il decennio 1950-1960 con un profumo creato da Madame Grès, a seguito di un viaggio in India in cui viene inebriata di odori, colori e sapori orientali e sconosciuti. Dopo aver aperto la sua casa di moda nel 1942 a Parigi, Madame Grès divenne famosa per i suoi disegni fluidi che drappeggiavano il corpo come pieghe sulle statue greche. Bernard Chant era il profumiere responsabile della creazione di questa nuova fragranza voluta dalla stilista, e anche se a Madame Grès non piaceva personalmente, sentiva che Chant aveva creato una gemma con Cabochard.

Donna di carattere, forte e volitiva, battezza volontariamente il suo profumo con un nome gergale e dice: “Cabochard è il profumo delle donne che fanno sempre di testa propria.

“Caboche” infatti significa testardo in francese, suggerendo che chi indossa questo profumo trasmetterà la sua durezza, nonostante la facciata da “signora per bene”. Può odorare di fiori, ma sono fiori che bisogna bucare attraverso una nebbia di fumo di sigaretta per poterli cogliere.

È un aroma intenso e, per l’epoca, fu rivoluzionario, poiché includeva tra le sue note aromi maschili assolutamente insoliti nel campo femminile della profumeria. Tuttavia, riflette raffinatezza ed eleganza, e rappresenta una donna che rifugge dall’ordinario per entrare nel mondo inesplorato. E’ un cosiddetto chypre cuioiato (per la definizione di chypre, vi rimandiamo al secondo articolo della serie, quello dedicato alla Maison Guerlain).

Nella sua piramide olfattiva, centinaia di aromi provenienti dal continente Orientale si uniscono e si mescolano a note speziate, fruttate, aromatiche e floreali, in combinazione con agrumi e persino tabacco e cuoio. Una fusione impensabile che crea un finale unico, indescrivibile e inconfondibile, e che ha ispirato numerose composizioni sia nell’immediato ma anche più in là nel tempo.

 

Cabochard si inserisce dunque nel filone che abbiamo visto iniziare nel secondo dopoguerra, con fragranze come Bandit (ve lo ricordate? Non per nulla contiene il galbano come Cabochard), profumi che sfidano gli stereotipi, che iniziano a smontare le barriere tra uomini e donne – dopotutto, chi l’ha detto che certi profumi o certe note devono appartenere ad un sesso piuttosto che ad un altro? – che sfidano le convenzioni e vengono creati per stupire e farsi notare.

E voi: avete delle note olfattive o dei profumi che non osate indossare? Fatecelo sapere nei commenti e sui social!




Antonella Ruggiero e l’Orchestra Sinfonica di Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini 

Antonella Ruggiero è una delle più grandi interpreti italiane e memoria storica del Festival di Sanremo: le sue partecipazioni alla kermesse nazionale, con i Matia Bazar prima e poi come solista, hanno sempre regalato performances di rara eleganza, mai scontate, lontane dalle mode passeggere e ancorate a un bisogno di ricerca e di sperimentazione che non è di tutti.

Il concerto che ha offerto il 12 agosto 2022 all’Auditorium Franco Alfano di Sanremo ha dimostrato la bontà di quel percorso. I pezzi proposti, dai più popolari (Vacanze Romane, Ti sento), ai primi successi dei Matia Bazar (Cavallo Bianco) alle esperienze post Matia Bazar (Echi di infinito) si sono animati di vita nuova e hanno retto come pochi altri lo scorrere degli anni.

La Ruggiero mette la sua tecnica perfetta al servizio di uno stile interpretativo poliedrico e vario, plasmato in modo diverso su ogni singolo brano.

Gli arrangiamenti riescono a trasformare le linee melodiche al bisogno in arie belcantistiche con evidenti echi operistici, o in pezzi symphonic rock dal sapore cinematografico (strepitoso quello di Ti sento), o in esercizi di stile ritmico tutt’altro che scontati (Vacanze Romane). Ma non mancano le incursioni nel sound etnico (il Kyrie della Missa Luba o Guantanamera) e i recuperi filologici (fra gli altri, un’indimenticabile Parlami d’amore Mariù).

Un concerto così composto non prende corpo senza un’orchestra che sa trasformare l’idea in forma e suono.

La Sinfonica di Sanremo, diretta dal maestro Giancarlo De Lorenzo ha dato il suo meglio. Ritmica, timbri, coloritura: tutto ha contribuito a creare un effetto di grande impatto, eclettico e perfettamente aderente alla multiforme varietà dei brani proposti.

Sul sito https://www.antonellaruggiero.com/concerti/ le date dei prossimi concerti della Ruggiero.

All’indirizzo https://www.sinfonicasanremo2.it/prenotazioni/negozio/abbonamento-11-concerti- auditorium-alfano/ le date dei prossimi appuntamenti estivi della Sinfonica di Sanremo.

Da non dimenticare infine la bellissima location ritrovata dell’auditorium Franco Alfano. Piccolo gioiello alla greca, costruito negli anni Cinquanta all’interno del Parco Marsaglia (metà imperdibile per gli amanti della natura esotica in città, segno concreto della salubrità del clima sanremese e delle inattese meraviglie che ancora la città può offrire), l’auditorium ha funzionato fino agli anni Novanta per poi chiudere per vent’anni in attesa di un recupero, finalmente compiuto. Da un anno la città ha di nuovo uno spazio pubblico per ascoltare la propria orchestra.




I profumi che hanno fatto la storia: DIORISSIMO e quel fiore il cui profumo non può essere catturato

di Claudia Marchini

Quando ho iniziato ad interessarmi in maniera più rigorosa e attenta ai profumi e all’arte di crearli, non sapevo che non da tutti i fiori si possono estrarre gli oli essenziali necessari a produrre l’essenza del fiore stesso. Uno di questi fiori è il mughetto, il fiore portafortuna di Christian Dior, che lo stilista amava particolarmente per la sua freschezza effimera, la delicatezza e semplicità, tanto che ne portava sempre in tasca qualche ramoscello. Ogni anno il primo maggio i suoi artigiani e le sue clienti più affezionate ne ricevevano un bouquet, e gli dedicò persino una straordinaria collezione Haute Couture nel 1954. Lo indossava spesso all’occhiello del bavero e scaramanticamente ne cuciva un rametto negli orli degli abiti prima della sfilata. E al suo fioraio di fiducia chiese di trovare il modo di recapitargli mughetti freschi tutto l’anno. 

Diorissimo è dunque il profumo che contiene lo spirito di questo fiore così amato dal grande stilista. E’ IL MUGHETTO per eccellenza. La sua nascita risale agli anni ‘50, precisamente fu lanciato nel 1956.

Nel 1953 il già famosissimo profumiere Edmond Roudnitska era stanco della soavità e della dolcezza dei profumi di moda all’epoca, e decise di realizzare una nuova fragranza più “fresca e trasparente”. La sua intenzione era quella di ricreare il profumo del mughetto, tuttavia a differenza di quanto accadeva con le rose o i gelsomini, l’essenza del fiore di mughetto non poteva essere estratta, perché i suoi petali sono troppo fragili. Dopo due anni di tentativi, nel 1955 Roudnitska aggirò il problema creando una ricostruzione quasi perfetta del profumo del fiore utilizzando molecole di altri fiori (tra cui rosa e gelsomino).

Proprio in quel periodo Roudnitska e Christian Dior si erano conosciuti ed avevano pensato ad una collaborazione, che si concretizzò nella nascita di Diorissimo Per la campagna pubblicitaria di Diorissimo, si ricorse ad una illustrazione di René Gruau, illustratore e amico del couturier: una donna, di spalle, con in mano un mazzo di mughetti. 

Il nome stesso fa riferimento ad un’altra passione del couturier, quella per la musica, ed evoca le sfumature musicali mezzo piano, pianissimo, fortissimo dei grandi compositori da lui amati. 

Il profumo fu inizialmente lanciato in una edizione limitata con flacone dorato di cristallo sfaccettato, impreziosito da un motivo floreale, e con tappo a forma di bouquet di fiori in bronzo dorato. Il flacone era stato disegnato dallo stesso Christian Dior e realizzato dalle Cristalleries de Baccarat e si ispirava ai candelabri dorati della camera da letto di Marie-Antoinette a Versailles. La bottiglia classica è disegnata invece da Fernand Guéry-Colas, che aveva già disegnato la bottiglia di Miss Dior. 

Diorissimo ebbe subito successo, e la sua leggerezza segnò un’evoluzione nel campo della profumeria. Luminoso come un mattino di primavera, fresco e gioioso, delicato ma al contempo persistente. Ogni donna desiderava essere immersa in quella primavera perpetua, in una nuvola di effluvi freschi e rinfrescanti ma che in fondo nascondono anche una certa carnalità e sensualità (dovuta alla nota di fondo del gelsomino). Non è un caso forse che il 1956 è l’anno che consacrò come sex symbol internazionale Brigitte Bardot, con quella sua bellezza così giovane e spontanea, e al contempo sensuale e sfacciata. 

Tra le più note estimatrici di questa iconica fragranza, come non ricordare un’altra icona: Lady Diana. 

Il couturier morì alla fine del 1957: Diorissimo fu l’ultimo profumo commercializzato durante la sua vita.

(bottiglia attuale)

E a proposito di mughetto, sapete che il 1° maggio in Francia è anche la festa del mughetto? In questo giorno infatti per le strade delle città e paesi francesi si trovano tantissimi venditori ambulanti e fiorai che vendono questo fiore. Il 1° maggio in Francia è l’unico giorno dell’anno in cui ci si può improvvisare venditori di mughetto: l’importante è stare a 50 metri da un fioraio!

La festa del mughetto trae le sue origini nel 1561 grazie a Carlo IX che, avendo ricevuto un mazzolino di mughetto come portafortuna, decise di offrirne uno ad ogni dama di corte. Nei primi del Novecento il 1° maggio in Francia fecero la stessa cosa gli stilisti che regalarono un mazzetto di mughetto a tutte le loro operaie. Ma è solo nel 1976 che la festa del mughetto sarà associata a quella del lavoro e il mughetto rimpiazzerà la rosa nell’occhiello dei manifestanti.




Lo Star Roof con le stelle di Giancarlo Perbellini per l’avvio dell’Arena Opera Festival Experience

La magia dell’Arena si apre a Sponsor, 67 Colonne, Imprese che vorranno diventare partner dell’Arena di Verona, ma anche a spettatori e appassionati che per una sera vorranno regalarsi un’esperienza mai realizzata prima: fino al 30 luglio, sarà possibile assistere allo spettacolo dalla prima fila star dopo aver gustato nella cornice incantevole dello Star Roof  una cena a cura dello chef 2 stelle Michelin Giancarlo Perbellini e godere di una selezione di vini a partire dallo storico sponsor dell’Arena Sartori.

L’iniziativa, una delle quattro proposte della nuova offerta corporate Arena Opera Festival Experience, finanzierà la valorizzazione del monumento attraverso la progettazione di un museo dell’Anfiteatro, grazie alla collaborazione con il Comune di Verona, la Direzione Musei e Monumenti, e la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Verona, Rovigo e Vicenza.

 Giovedì 14 luglio ha preso il via l’offerta corporate di Fondazione Arena per il Festival 2022, per arricchire l’opera in Arena con alcune esperienze imperdibili.

Fino al 31 luglio saranno attive 4 diverse proposte corporate (The Star Roof, The Stone Lounge, Backstage Vip Pass, Meetings&Events in Gran Guardia) per rispondere ad ogni esigenza; dalle degustazioni, ad un’introduzione allo spettacolo, al tour nel backstage per entrare nel vivo della macchina areniana, alla cena stellata nel cuore dell’Arena, con un’attenzione particolare all’accoglienza degli ospiti dal loro arrivo a Verona fino all’ingresso in Arena.

Il payoff del Festival “Il luogo più italiano sulla Terra” trova piena espressione in queste attività, che sintetizzano alcune delle eccellenze italiane: un anfiteatro millenario come l’Arena, il fascino dell’opera nel più grande Teatro a cielo aperto, allestimenti monumentali che strappano applausi a scena aperta, la tradizione enogastronomica icona dell’Italia nel mondo. È un percorso che vuole guidare gli ospiti a lasciarsi incantare per uscire, al termine dello spettacolo, un po’ più “italiani”.

Lo Star Roof, la terrazza delle stelle, è un luogo magico e nascosto ai più che congiunge l’ala all’Arena. L’esclusività della location si coniuga all’intento di far conoscere e vivere l’Arena e l’opera rendendole un momento di scoperta, culturale ed enogastronomica, per poi vivere l’esperienza dello spettacolo “sotto le stelle” dalla prima fila star (novità del 2022), la più richiesta delle poltronissime di platea.

Ogni sera, prima dell’opera, solo 24 fortunati potranno accedere a questo luogo magico che si affaccia su Piazza Bra brulicante di turisti; dopo la cena, gli ospiti avranno un accesso riservato e saranno accompagnati direttamente in prima fila per l’opera.

Ma l’iniziativa dello Star Roof è ancora più importante se si pensa che finanzia un progetto a favore della tutela e della valorizzazione del monumento, in collaborazione con il Comune di Verona, la Direzione Musei e Monumenti, e la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Verona, Rovigo e Vicenza.

«Abbiamo presentato queste nuove iniziative con grande orgoglio – dichiara Cecilia Gasdia, Sovrintendente e Direttore Artistico della Fondazione Arena di Verona – ed ora veniamo alla pratica: desideriamo avvicinare ulteriormente il pubblico alla nostra istituzione, all’Arena come teatro, monumento, simbolo, casa collettiva. Creeremo un legame più forte partendo da un pubblico speciale – quello di sponsor, donatori, imprese e sostenitori dell’Arena – e da luoghi speciali, ossia spazi inesplorati già bellissimi e che ora saranno valorizzati in momenti indimenticabili per i primi fruitori, nel rispetto totale dell’anfiteatro millenario che ci ospita. E proprio per il futuro dell’anfiteatro Arena ci sarà un riscontro tangibile: accogliendo un suggerimento del Soprintendente Tiné e sulla scia di ciò che accade in altri Paesi di grande mecenatismo privato, abbiamo pensato di destinare una parte del biglietto al finanziamento di opere tangibili a tutela e salvaguardia di questo luogo storico di arte, bellezza, e spettacolo».

L’esperienza ha come protagonista 2022 Giancarlo Perbellini, chef stellato veronese invitato da Fondazione Arena a curare l’esclusivo menù per gli ospiti.

«Sarà un menù all’insegna della leggerezza e del gusto, in linea con la durata degli spettacoli. – dichiara Giancarlo Perbellini – Per la serata inaugurale di giovedì partiremo con un prodotto di stagione, il pomodoro fondente con crema di squacquerone, spuma di verdure e basilico, per proseguire con un piatto simbolo di San Zeno, gli gnocchi, con spuma di patate e bottarga di tonno. Come secondo proporremo un trancio di branzino con crema di zucchine trombetta, pistacchi di Raffadali e tosazu, il tutto servito in abbinamento a un Soave, e in chiusura, un croccante di frutta e crema di vaniglia. Mentre per la serata di venerdì proporremo, al posto del branzino, un petto di faraona con riduzione di mela verde e crema di ceci in abbinamento a un Valpolicella Ripasso, e come dessert la nostra interpretazione della crostata alla frutta». 

Tutte le iniziative sono gestite dal gruppo Noahlity che, oltre a contribuire alla vendita e all’organizzazione delle esperienze, è diventato uno delle 67 Colonne dell’edizione 2022.

Per la verifica delle modalità di adesione e delle disponibilità di questa e di tutte le altre offerte, è attivo l’indirizzo mail corporate@arenadiverona.it.