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A passeggio per la Pigna di Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini

I giorni ferragostani – si sa – sono dedicati al riposo, allo svago in spiaggia, ai bagni di sole e di mare e alle feste con gli amici.

Ma se vi trovate in Liguria, nellestremo ponente, terra di vacanza per eccellenza per lombardi, piemontesi e molti stranieri, tra un bagno a mare e un aperitivo in spiaggia, potete dedicare un tardo pomeriggio a visitare la Pigna di Sanremo, la parte antica della città, nata molto prima del mitoBelle Époque della Sanremo tardo Ottocento e primo Novecento.

La Pigna è un insieme architettonico straordinario, sorto in forma di rocca sulla collina retrostante la costa. Composto di edifici alti, carruggi stretti, archi di collegamento, vie coperte da ardite volte a crociera, improvvisi slarghi dominati da chiese di sapida eleganza.

La si raggiunge partendo dalla porta di Santo Stefano (trecentesca) o dalla piazza di San Siro (la cattedrale della città, fronteggiata da un delizioso oratorio barocco) e la si percorre muovendosi per vie piccole, poco illuminate dal sole e per lo più concentriche.

Salendo, si raggiungono i giardini Regina Elena dai quali si gode di una vista di mare strepitosa e, proseguendo verso linterno, si arriva rapidamente alla Madonna della Costa, santuario di fondazione quattrocentesca, ora in foggia seicentesca, luogo di preghiera e devozione della cittadinanza sanremese.

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Questo labirinto racconta una storia ben lontana dalleleganza luccicante della Riviera. Qui Sanremo non sembra città di mare, dove la linea di costa ci fa sempre capire la direzione dei nostri passi. Al contrario, i giri stretti, i muri alti, gli archi, le volte contribuiscono allo smarrimento del viandante e del turista. I repentini passaggi dalla luce al buio, dai giardini fioriti ai palazzi ben fortificati, il silenzio delle strade pedonali ci raccontano di una città che non esibisce la propria ricchezza, anzi, la cela, per offrirla solo a selezionati visitatori, quelli che hanno lardire di lascare i comodi e ampi viali del centro per inerpicarsi qui.

Non serve ricordare che Palazzo Manara, in Via Palma, ha ospitato Paolo III Farnese nel 1538 o che la Madonna della Costa è impreziosita da opere di Bartolomeo Guidobono (1654 – 1709) o di Giulio Cesare Procaccini (1574 – 1625).

Larte qui nascosta e custodita è il segno di quellantica nobiltà culturale e artistica, spesso dimenticata, che fa di Sanremo una vera perla della Riviera.




Il Santuario della Madonna della Costa a Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini

Inerpicarsi per la Pigna di Sanremo in una mattina di agosto può sembrare impresa ardua: il caldo sulla costa tende a stroncare qualsiasi intenzione diversa da un rinfrescante bagno di mare.

Se però vincete il caldo e da Via Palazzo prendete verso le Rivolte di San Sebastiano, superata Piazza Cassini, vi trovate di fronte al dedalo di salite che, curva dopo curva, vi porta ai prima ai Giardini della Regina Elena e, subito dopo, al Santuario della Madonna della Costa.

Raggiunta la cima, alla vostra sinistra vedete l’Opera Don Orione e alla vostra destra la vallata dietro Porto Sole. Davanti a voi si apre la piazza che porta all’ingresso del Santuario.

Dopo i ripidi e buoi passaggi della Pigna, il sole vi invade gli occhi e la perfetta geometria della chiesa, meravigliosa quinta scenografica al termine della piazza in saluta, vi dona un senso di luminosa serenità e di quiete, al termine del cammino.

La basilica è citata per la prima volta nel 1474, ricordata come luogo nel quale i sanremesi festeggiavano la liberazione della tirannia dei Doria (risalente la secolo precedente).

L’attuale edificio venne eretto nel 1630, ma la cupola e la facciata furono completate più di cento anni dopo, ad opera dell’architetto Domenico Belmonte di Gazzelli.

Il santuario si sviluppa in pianta longitudinale, a croce latina, composto di una navata e un ampio transetto con altari devozionali.

La foggia esterna (dopo gli interventi del Belmonte) e l’organizzazione dello spazio e delle decorazioni all’interno denunciano l’acquisizione ormai compiuta del linguaggio barocco centro italiano.

La facciata si sviluppa in altezza, con andamento rettilineo completata, nel registro superiore, da un fastigio ampiamente decorato che ricorda il rango di Santuario e, nell’arco di chiusura, da un altro fastigio, di minor enfasi, che cita la dedicazione all’Assunzione di Maria.

Con una soluzione sintetica molto efficace, il tema tipicamente romano dei campanili di inquadramento viene riproposto “riassorbendo” però le forme dei due corpi verticali nel piano stesso della facciata. Due coppie di paraste lisce muovono le parti estreme della muratura, concludendo il loro percorso nei torricini campanari, che, insieme con il fastigio di coronamento e la sagoma della cupola retrostante, dinamizzano la struttura e bilanciano la solennità dell’insieme.


Nella luce chiarissima della prima collina, il Santuario si erge, solenne ed elegante, nei colori pastello dell’ocra dell’azzurro che si stagliano contro il cielo e il verde della vegetazione.

L’interno offre una riposante penombra di raccoglimento. Esso si configura come spazio di preghiera, con stalli in foggia di coro che percorrono tutta la navata, segno, probabilmente, della presenza di confraternite che qui svolgevano le proprie funzioni.

Le immagini si alternano in forma di scultura e di tele dipinte.

Meritano citazione la Decollazione del Battista di Giulio Cesare Procaccini, e la Visita a Santa Elisabetta del ligure Bartolomeo Guidobono.


Pur essendo molto difficile ricostruire le vicende di committenza (nel caso del Procaccini, in particolare si potrebbe ipotizzare che la tela si stata realizzata per l’edificio prima della riforma barocca), l’insieme ha una sua omogeneità molto evidente: le opere accentuano il carattere devozionale di tutto il santuario e, pur differenti nelle soluzioni stilistiche, sono accomuniate dallo stesso senso di sobrietà e rigore tipici di una precisa linea di pensiero sull’arte della controriforma nel Nord della penisola.
Completa la decorazione il catino absidale, con l’Assunzione di Maria, ad opera di Giacomo Antonio Boni, bolognese, ma attivo a Genova fino alla metà del Settecento.

Memore in parte dei trionfi prospettico illusionistici della grande tradizione Correggesca, la decorazione di Boni, composta di affresco e stucchi, ben ordinata nella sua sintassi compositiva, racconta l’evoluzione e – in parte – la semplificazione delle tendenze stilistiche e del gusto a metà Settecento.
Ancora legato al gusto romano è l’uso di colonne tortili nell’abside, per scandire gli spazi decorati dell’altare maggiore e delle due nicchie ai suoi lati.
Con le colonne in rilievo rispetto alla muratura di fondo, si genera così un sistema plastico architettonico vibrante e dinamico, memore delle esperienze barocche lombarde.




Marche del Nord: le terre di Francesco di Giorgio Martini

È stato un architetto visionario rinascimentale, Francesco di Giorgio Martini, a ridisegnare le Marche del Nord, l’antico Ducato dei Montefeltro prima e dei della Rovere poi. Un territorio di confine tra Emilia Romagna e Marche, tra la provincia di Rimini e quella di Pesaro -Urbino, circondato da dolci pendii e affacciato sulle lunghe distese di sabbia della Riviera delle Colline.  Tra rocche, castelli, fortezze militari ed eleganti manieri sono in tutto 136 le costruzioni commissionate nel ‘500, prevalentemente dai Montefeltro, all’artista e ingegnere di macchine belliche senese di Giorgio Martini di cui si possono sono ancora custoditi, negli scaffali delle maggiori biblioteche italiane, i trattati. 

E per un’estate slow gli itinerari alla scoperta di questo territorio, su cui l’influenza di Giorgio Martini è ancora oggi visibile, possono essere una valida alternativa alle destinazioni più note della Riviera.

Si tratta di luoghi dove il tempo si è fermato, al di fuori dai grandi flussi turistici e al contempo facilmente raggiungibili (la stazione di Pesaro così come quella di Rimini sono servite dall’alta velocità e da lì non mancano transfer veloci o mezzi pubblici) per immergersi in un itinerario della bellezza tra mare, distese infinite di colline e antichi borghi dove andare a caccia di tartufi, lasciarsi tentare dalle eccellenze locali come il visner, il vino di visciole (ciliegie selvatiche), presidio slow food (prodotto tra l’altro dall’azienda agricola Gentilini) e concedersi i percorsi di degustazione organizzati dalle cantine locali come Villa Ligi di Pergola. Qui, a spasso per i filari o davanti a un bicchiere, si apprendono le origini del vernaccetta, il Pergola Doc, vino che deriva da un clone aleatico di origine antiche e le antiche leggende sul Bianchello del Metauro, un vino che sarebbe stato addirittura la causa della sconfitta di Asdrubale nella battaglia del Metauro del 207 A.C.

A unire le tappe di questo insolito percorso di riscoperta dell’entroterra delle Marche del Nord e delle terre dell’antico Ducato sono le opere del primo archistar a storia: Francesco di Giorgio Martini chiamato da Siena a Urbino dai Montefeltro per rafforzare militarmente il Ducato.

Ed è proprio a Urbino che si possono ammirare i primi interventi di Giorgio Martini, subentrato a Lucino Laurana, nei lavori di Palazzo Ducale.

L’opera del Maestro tra disegni, progetti, singoli interventi e ristrutturazioni di edifici preesistenti si ammira poi nei numerosi borghi medievali, riconosciuti tra i più belli d’Italia intitolati della Bandiera arancione attribuita dal Touring, che costellano le colline circostanti. Dalla Rocca di Monte Cerignone, a quella di Frontone che ricorda nella forma una nave dotata di prua, dal Palazzo Ducale di Mercatello sul Metauro a quello di Urbania fino, sconfinando nella provincia di Ancona, al Palazzo della Signora di Jesi. A una manciata di chilometri da Rimini si trovano poi la Rocca Fregoso a Sant’Agata Feltria, sospesa per tre lati su uno strapiombo, e la Rocca di San Leo abbarbicata su uno sperone roccioso a 639 metri di altezza dove nel XVIII secolo venne richiuso Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, alchimista, medico e mago.

I simboli alchemici, esoterici e filosofici caratterizzano anche la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro Auditore posta a guardia della Valle del Foglia e affacciata sul lago artificiale Mercatale. La fortezza, al contempo edificio residenziale e roccaforte (la prima studiata per resistere alla bombarda e alle armi da fuoco), fu costruita nel 1475 per volontà di Ottaviano degli Ubaldini, intellettuale, filosofo e con fama di alchimista, oltreché fratellastro e braccio destro di Federico da Montefeltro di cui quest’ anno si festeggiano i 600 anni dalla nascita. Una visita accompagnata dai volontari, come Silvano Tiberio, memoria storica del borgo che si vanta di custodire le reliquie di San Valentino, mette in luce i diversi simboli nascosti nella Rocca e gli enigmi ancora oggi da risolvere e li inserisce nel contesto storico rinascimentale particolarmente effervescente. Ma Sassocorvaro non è solo esoterismo. La fortezza pare abbia persino ispirato Frank Lloyd Wright nella realizzazione del Guggenheim di New York. Tra le mura di questo “scrigno”, che sembra riproducano la forma di una testuggine (a simbolo dell’eternità, della forza e della durevolezza), hanno trovato alloggio nel corso della Seconda Guerra Mondiale migliaia di capolavori dell’arte italiana, compresa “La tempesta” di Giorgione e “La città ideale” di Piero della Francesca, sopravvivendo così al conflitto bellico (alle razzie e anche alle battaglie come provano le mura della Rocca) grazie all’intuizione del sovrintendente alle Gallerie delle Marche, Pasquale Rotondi.

A Fossombrone, la romana Forumum Sempronii, e a Pergola, rimangono le vestigia di questi antichi manieri che lasciano immaginare la potenza e lo splendore del Ducato. A Cagli invece un torrione ellittico nasconde un sorprendente cunicolo sotterraneo di 360 gradini, il “soccorso coverto”, che collegava la cittadina alla piazza d’arme della fortezza sovrastante sul colle dei Cappuccini smantellata da Guidobaldo, figlio di Federico, nel 1502 pur di non cederla all’invasore, Cesare Borgia.

 Nella vicina Mondavio, infine, il paese si è sviluppato attorno alla Rocca Roveresca costruita tra il 1482 e il 1492 su commissione di Giovanni della Rovere (unitosi in matrimonio con Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro) e, non avendo mai subito attacchi, arrivata intatta ai nostri giorni. Nel fossato è stato allestito il parco di macchie da guerra di Francesco di Giorgio Martini con ricostruzioni in dimensioni reali di catapulte, Trabucchi, bombarde e macchine da assedio, mentre attraversando il piazzale ci si imbatte in un incantevole minuscolo teatro settecentesco, il Teatro Apollo, ancora oggi in uso. Più che di battaglie questi luoghi parlano di bellezza e piaceri rinascimentali come quelli che ogni anno, dal 13 al 15 agosto, sono rievocati con la Caccia al Cinghiale in cui si ricostruisce l’arrivo a Moldavio di Giovanni della Rovere per la presa di possesso del Vicariato avuto in dono da Papà Sisto V in occasione dee nozze con Giovanna. Banchetti, giochi, cortei e spettacoli pirotecnici danno vita, ogni anno, alla Rocca Le spiagge di Fano sono a poche decine di chilometri da questa oasi di pace dove rilassarsi, dopo le escursioni della giornata, ammirando il tramonto sulle colline circostanti dalla terrazza dell’Hotel Ristorante Palomba, prima di farsi consigliare il miglior percorso di degustazione della cucina del “Marchignolo” dalla chef Adele Cerisoli. Da non perdere “i tacconi allo sgagg”, pasta a base di farina fave con carciofi e guanciale, fa rivivere la tradizione del Nord delle Marche.

E per un’estate slow gli itinerari alla scoperta di questo territorio, su cui l’influenza di Giorgio Martini è ancora oggi visibile, possono essere una valida alternativa ale destinazioni più note della Riviera.

 Si tratta di luoghi dove il tempo si è fermato, al di fuori dai grandi flussi turistici e al contempo facilmente raggiungibili (la stazione di Pesaro così come quella di Rimini sono servite dall’alta velocità e da lì non mancano transfer veloci o mezzi pubblici) per immergersi in un itinerario della bellezza tra mare, distese infinite di colline e antichi borghi dove andare a caccia di tartufi, lasciarsi tentare dalle eccellenze locali come il visner, il vino di visciole (ciliegie selvatiche), presidio slow food (prodotto tra l’altro dall’azienda agricola Gentilini) e concedersi i percorsi di degustazione organizzati dalle cantine locali come Villa Ligi di Pergola. Qui, a spasso per i filari o davanti a un bicchiere, si apprendono le origini del vernaccetta, il Pergola Doc, vino che deriva da un clone aleatico di origine antiche e le antiche leggende sul Bianchello del Metauro, un vino che sarebbe stato addirittura la causa della sconfitta di Asdrubale nella battaglia del Metauro del 207 a.C..

A unire le tappe di questo insolito percorso di riscoperta dell’entroterra delle Marche del Nord e delle terre dell’antico Ducato sono le opere del primo archistar a storia: Francesco di Giorgio Martini chiamato da Siena a Urbino dai Montefeltro per rafforzare militarmente il Ducato.

Ed è proprio a Urbino che si possono ammirare i primi interventi di Giorgio Martini è subentrato a Lucino Laurana nei lavori di Palazzo Ducale.

L’opera del Maestro tra disegni, progetti, singoli interventi e ristrutturazioni di edifici preesistenti si ammira poi nei numerosi borghi medievali, riconosciuti tra i più belli d’Italia intitolati della Bandiera arancione attribuita dal Touring, che costellano le.colline circostanti. Dalla Rocca di Monte Cerignone, a quella di Frontone che ricorda nella forma una nave dotata di prua, dal Palazzo Ducale di Mercatello sul Metauro a quello di Urbania fino, sconfinando nella provincia di Ancona, al Palazzo della Signora di Jesi. A una manciata di chilometri da Rimini si trovano poi la Rocca Fregoso a Sant’Agata Feltria, sospesa per tre lati su uno strapiombo, e la Rocca di San Leo abbarbicata su uno sperone roccioso a 639 metri di altezza dove nel XVIII secolo venne richiuso Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, alchimista, medico e mago.

I simboli alchemici, esoterici e filosofici caratterizzano anche la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro Auditore posta a guardia della Valle del Foglia e affacciata sul lago artificiale Mercatale. La fortezza, al contempo edificio residenziale e roccaforte (la prima studiata per resistere alla bombarda e alle armi da fuoco), fu costruita nel 1475 per volontà di Ottaviano degli Ubaldini, intellettuale, filosofo e con fama di alchimista,  oltreché fratellastro e braccio destro di Federico da Montefeltro di cui quest’ anno si festeggiano i 600 anni dalla nascita. Una visita accompagnata dai volontari, come Silvano Tiberio, memoria storica del borgo che si vanta di custodire le reliquie di San Valentino, mette in luce i diversi simboli nascosti nella Rocca e gli enigmi ancora oggi da risolvere e li inserisce nel contesto storico rinascimentale particolarmente effervescente. Ma Sassocorvaro non è solo esoterismo. La fortezza pare abbia persino ispirato Frank Lloyd Wright nella realizzazione del Guggenheim di New York. Tra le mura di questo “scrigno”, che sembra riproducano la forma di una testuggine (a simbolo dell’eternità, della forza e della durevolezza), hanno trovato alloggio nel corso della Seconda Guerra Mondiale migliaia di capolavori dell’arte italiana, compresa “La tempesta” di Giorgione e “La città ideale” di Piero della Francesca, sopravvivendo così al conflitto bellico (alle razzie e anche alle battaglie come provano le mura della Rocca) grazie all’intuizione del sovrintendente alle Gallerie delle Marche, Pasquale Rotondi.

A Fossombrone, la romana Forumum Sempronii, e a Pergola, rimangono le vestigia di questi antichi manieri che lasciano immaginare la potenza e lo splendore del Ducato. A Cagli invece un torrione ellittico nasconde un sorprendente cunicolo sotterraneo di 360 gradini, il “soccorso coverto”, che collegava la cittadina alla piazza d’arme della fortezza sovrastante sul colle dei Cappuccini smantellata da Guidobaldo, figlio di Federico, nel 1502 pur di non cederla all’invasore, Cesare Borgia.

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 Nella vicina Mondavio, infine, il paese si è sviluppato attorno alla Rocca Roveresca costruita tra il 1482 e il 1492 su commissione di Giovanni della Rovere (unitosi in matrimonio con Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro) e , non avendo mai subito attacchi, arrivata intatta ai nostri giorni. Nel fossato è stato allestito il parco di macchie da guerra di Francesco di Giorgio Martini con ricostruzioni in dimensioni reali di catapulte, Trabucchi, bombarde e macchine da assedio, mentre attraversando il piazzale ci si imbatte in un incantevole minuscolo teatro settecentesco, il Teatro Apollo,  ancora oggi in uso. Più che di battaglie questi luoghi parlano di bellezza e piaceri rinascimentali come quelli che ogni anno, dal 13 al 15 agosto, sono rievocati con la Caccia al Cinghiale in cui si ricostruisce l’arrivo a Moldavio di Giovanni della Rovere per la presa di possesso del Vicariato avuto in dono da Papà Sisto V in occasione dee nozze con Giovanna. Banchetti, giochi, cortei e spettacoli pirotecnici danno vita, ogni anno, alla Rocca  Le spiagge di Fano sono a poche decine di chilometri da questa oasi di pace dove rilassarsi, dopo le escursioni della giornata, ammirando il tramonto sulle colline circostanti dalla terrazza dell’Hotel Ristorante Palomba, prima di farsi consigliare il miglior percorso di degustazione della cucina del “Marchignolo” dalla chef  Adele Cerisoli. Da non perdere  “i tacconi allo sgagg”, pasta a base di farina fave con carciofi e guanciale, fa rivivere la tradizione del Nord delle Marche.




Festa a Santiago e relax alle Isole Cíes

La Spagna vale sempre viaggio, in qualsiasi stagione dell’anno. Ma a luglio c’è una ragione in più per scoprire alcuni dei posti più suggestivi della Galizia, il cuore Spagna Verde. Mostre, balli, musica, concerti, rappresentazioni teatrali, spettacoli di danza, “gaitas” (le cornamuse tradizionali locali), immancabili bancarelle e fuochi di artificio scandiscono infatti il mese dell'”Apostolo” dedicato a San Giacomo.

Il patrono di Santiago de Compostela (ma anche della Galizia e del Paese) si celebra il 25 luglio e le feste e le manifestazioni artistiche in strada, nelle piazze e nei palazzi storici che costellano l’antico borgo, trasformano il capoluogo gallego in una città che non dorme mai. A Santiago il rito dell’Offerta al Santo e la cerimonia del botafumeiro, il gigantesco incensiere che oscilla lungo il transetto della cattedrale millenaria, si uniscono all’incredibile spettacolo di fuochi d’artificio che illumina, nella notte del 24 luglio, la facciata barocca della cattedrale di piazza dell’Obradoiro. Quest’anno poi si celebra l’Anno Santo , Xacobeo (prorogato per due anni a causa del Covid, per la prima volta nella storia millenaria della tradizione giubilare). Per il prossimo giubileo Xacobeo occorrerà attendere fino al 2027.E l’ottenimento dell’indulgenza plenaria percorrendo uno dei cammini (volendo il cammino inglese, è di “oli” 73 chilometri e parte da La Coruna), così come l’opportunità di attraversare la porta santa della cattedrale, sono solo alcune delle tante ragioni che quest’estate portano a Santiago di Compostela.

L’ideale è quello di concedersi almeno un fine settimana lungo, meglio ancora una settimana, per scoprire i tesori nascosti di questa città universitaria,  inglobata da uno dei luoghi di culto più noti del mondo e le sue numerose delizie enogastronomiche dai frutti di mare magari accompagnati da un bicchiere di Albariño (un vino bianco fruttato), al “pulpo á Feira” (polipo con patate e paprika) fino ai “pimientos de Padròn”, peperoncini verdi fritti, serviti in una taverna tipica come la centrale O Gato Negro.

Secondo la tradizione l’apostolo Giacomo il Maggiore diede inizio alla evangelizzazione della Spagna sbarcando sulle coste della Galizia dove fu riportato, dopo il martirio, dai suoi discepoli. La tomba fu dimenticata per otto secoli quando Pelagio, un asceta,  notò strani giochi di luce nell’area (campus stellare per l’appunto) che non potevano che indicare la tomba dell’apostolo. Ebbe quindi inizio la costruzione della maestosa cattedrale che ancora oggi domina la città proclamata patrimonio Unesco nel 1985.

Basta poi affittare una macchina e allontanarsi da Santiago di pochi chilometri per scoprire gli scorci selvaggi della Costa de la Muerte e Cabo Fisterra, dove gli antichi credevano che il mondo finisse.

Proseguendo poi verso Vigo, si raggiunge un paradiso dai sorprendenti colori caraibici dove ricaricare le energie immersi nella natura. A mezz’ora di traghetto dalla costa, le Isole Cíes, nel Parco Naturale delle Isole Atlantiche (insieme a Ons, Cortegara e Salvora), vantano acqua cristallina, lunghe distese sabbiose bianche, scogliere mozzafiato e boschi fitti di pini ed eucalipti. Antico rifugio dei pirati questo paradiso caraibico nell’Atlantico, è stato insignito nel 2007 del titolo di spiaggia più bella del mondo dal Guardian. E l’estate è l’occasione ideale per goderselo visto che le acque  sono particolarmente… rinfrescanti. Tra Praia da Rodas, Figueiras, e Praia da Nosa Señora il tempo scorre fin troppo veloce, ma per godere di questo eden è necessario dotarsi di un permesso di accesso, gratuito,  prenotabile anche on line in anticipo: le isole sono a numero chiuso (2000 circa al giorno), mentre il campeggio offre rifugio a sole 800 persone.




Sport nella natura e shopping a Livigno

In questi giorni bollenti, il richiamo di Livigno diventa irresistibile. Natura selvaggia, shopping e innumerevoli possibilità di escursioni sia per gli sportivi veri che per i “divanisti” che si scoprono sportivi solo qualche settimana all’anno, in estate.

Una ciclopedonale di 17 km, sentieri in quota che raggiungono malghe isolate dove gustare un piatto di sciatt (Malga Federia) e bike park adrenalinici con percorsi downhill e freeride dai diversi gradi di difficoltà (a iniziare dal Bikepark Mottolino). Per gli amanti della bici, Livigno è un paradiso. Le due ruote, anche a pedalata assistita, doni il mezzo ideale per scoprire i percorsi mappati con gps che si snodano nell’Alta Rezia. Non mancano eventi internazionali (come la Nationalpark Bike Marathon), bike camp e itinerari gaudenti (Beer Bike Tour del Birrificio Livigno). Non solo. Ai biker sono stati dedicati anche hotel con servizi su misura come l’Hotel Concordia che, in pieno centro, permette al rientro dalle escursioni di godere della dolce vita del Piccolo Tibet, concedendosi uno spritz nelle vie dello shopping con oltre duecento negozi taxi free prima di rigenerarsi nella spa della struttura.

Per chi non ama le due ruote non mancano le alternative a iniziare dalle lunghe e oziose passeggiata nei boschi affacciati su Livigno come il Sentiero dell’Arte (Wood’n’Art), una galleria d’arte a cielo aperto costellato da sculture in legno realizzate da artisti internazionali nel corso degli anni, o il Larix Park dove tra gli arbusti secolari, prendono vita nove percorsi avventura di diversi livelli: carrucole, liane, passerelle, anelli oscillanti e ponti nepalesi per “volare” da un albero all’altro, divertendosi in piena sicurezza.

Spazio infine allo yoga. Dal 24 al 29 luglio al Montivas Lodge di Livigno è in agenda Integral Yoga (in metodo per sviluppare ogni aspetto dell’individuo: fisico, spirituale ed emotivo) con il maestro Swami Asokananda, presidente dell’Integral Yoga Institute di New York e Paola Parvati Faini, fondatrice del centro Integral Yoga Shanti di Milano. Le giornate saranno scandite da appuntamenti e proposte per la pratica dello yoga, ma anche di trekking e di relax alla spa dell’Hotel La Salin.



Merletti e miniere in Slovenia

Non solo terme e foreste. In Slovenia, crocevia di popoli e culture, non manca un patrimonio artigianale e d’impresa storico, tutto da scoprire. Come a Idrija, nella Carniola, un borgo immerso in una natura rigogliosa che è un inno all’eredità del mercurio, riconosciuta nel 2012 patrimonio Unesco.

Le leggende locali narrano che l’argento vivo venne alla luce nel 1490 da un artigiano, uno skafar (fabbricante di vasche di legno) che, intento a lavare i propri mastelli, scoprì una sostanza scintillante e inaspettatamente densa, il mercurio. Nei cinquecento anni successivi la miniera ha concorso a influenzare lo sviluppo culturale ed economico del paese con la costruzione di un teatro, del castello di Gewerkenegg innalzato nel 1533 come sede amministrativa della miniera e di scuole d’avanguardia, compresa quella del ricamo dove si insegna il ricamo a tombolo (riconosciuto patrimonio immateriale dell’Unesco) ininterrottamente dal 1876,  a bambini, adulti e anche ai turisti.A portare il ricamo in questo piccolo borgo della Carniola circondato da altopiani, sarebbero state, secondo la tradizione, le famiglie dei minatori confluite per cinquecento anni da ogni dove per lavorare in una delle più grandi miniere di mercurio al mondo che, nel corso dei secoli, ha concorso a trasformare e arricchire la città.

Muniti di giacca ed elmetto, attraverso lo storico ingresso della Galleria Sant’Antonio (Santo dei minatori) sormontato dalla scritta “Srečno” (buona fortuna), si accede un labirinto sotterraneo di 700 chilometri di gallerie, solo in parte visitabili, per scoprire il lavoro e la vita dei minatori nel corso dei secoli.

Un piatto di Idrija žlikrofi, pasta ripiena di patate, erbe e ciccioli (a cui è dedicato un festival annue che quest’anno si tiene il prossimo 20 agosto) da Gostilna pri Skafarju ripaga della fatica, ancora di più, se accompagnato dalla torta di rezi, mousse di frutti di bosco incoronata da un merletto di zucchero in cui si racconta di come una goccia di mercurio sia diventata una città.




La Valnerina e l’Umbria nascosta

Foreste, giardini d’acqua, chiese medievali e castelli leggendari ma anche borghi trasformati in hotel diffusi, palazzi nobiliari,  eremi contemporanei dove trascorrere del tempo solo per sé  e una  distesa quasi infinita di colline puntellate da abbazie e fortezze dove il tempo sembra essersi fermato. Tutto questo è la Valnerina, in Umbria, dove il paesaggio è rimasto quasi lo stesso dei dipinti del Perugino. Il mare dell’Umbria, riproposto nelle time campagne media della regione, sono le distese in tutte le tonalità del verde dove comunque non mancano fresche cascate e ruscelli per rinfrescarsi o fiumi dove praticare rafting e canyoning.  Qui, nel cuore verde d’Italia ci si rilassa tra arte e natura, lasciandosi tentare dalle prelibatezze locali anche percorrendo  itinerari dedicati come strade del vino (come quella del Rosso Sagrantino, il vino “sacro” delle Messe solenni), dell’olio Dop a cui il borgo di Torgiano ha dedicato persino un museo e le infinite vie del tartufo che possono essere percorse lasciandosi guidare nei boschi dai cavatori e dai cani addestrati alla caccia al tartufo. Un’avventura unica in cui apprendere i segreti di un sottosuolo così ricco come quello umbro, che annovera ben sette borghi storici tra le città del tubero, e di una cultura antica, quella “della cerca e dalla cavatura”, dichiarata proprio lo scorso dicembre patrimonio immateriale dell’Unesco.

A meno di venti minuti dal centro di Norcia si entra già nella zona di produzione del Nero Pregiato, tra le eccellenze della gastronomia locale. Eccellenze che spaziano dai formaggi, ai salumi fino ai legumi e che lasciano soddisfatti anche i palati più esigenti.

Una passeggiata a piedi o in bici, magari a pedalata assistita, per esplorare gli angoli più remoti della Valnerina basta comunque a smaltire i peccato di gola. Si può partire dal tracciato che segue la sponda sinistra del fiume Nera, il settimo per portata in Italia, da Sant’Anatolia di Narco e che tocca i borghi dominati da fortezze quasi millenarie di Scheggino, Arrone e Ferentillo dove, all’interno della cripta romanica di Santo Stefano si trova un peculiare Museo delle Mummie. Luoghi del silenzio in cui rivivere le leggende medievali che li pervadono. Il percorso si collega poi con la ciclabile realizzata sul tracciato dell’ex ferrovia Norcia- Spoleto, dismessa nel 1968e oggi simbolo di rigenerazione, e arriva fino alla Cascata delle Marmore, tre salti d’acqua di 165 metri complessivi immersi nei boschi e creati in epoca romana. Da non perdere una tappa a Vallo di Nera, tra i borghi più belli d’Italia e antico avamposto strategico fiume Nera dove ammirare, tra l’altro, gli incredibili affreschi di fine ‘300-inizio ‘400 della chiesa di Santa .aria Assunta recentemente restaurata e riaperta al pubblico dopo l’ultimo sisma.

Un tuffo nelle acque sulfuree dei Bagni Triponzo Terme, conosciute già dai Romani e citate nell’Eneide di Virgilio e una passeggiata al Fonti del Clitunno, un giardino d’acqua dai riflessi smeraldo che per secoli ha ispirato poeti come Properzio a Carducci, rigenerano il corpo e l’anima.

Una base ideale di partenza per immergersi nella storia del territorio sono gli hotel diffusi: antichi borghi medievali ristrutturati in cui le atmosfere delle epoche passate si fondono ai comfort moderni. Come il Castello di Postignano, fondato nel IX secolo lungo la strada che collegava Spoleto, Assisi, Foligno e Norcia e oggi monumento di interesse nazionale.

Ma per chi vuole staccare la spina dal caos della vita quotidiana, nei boschi della Riserva naturale dell’Elmo si può anche scegliere di trascorrere qualche giorno in un eremo contemporaneo, l’Ermito,  una struttura trecentesca restaurata che offre il vero lusso attuale: tempo per sé.




La Valle del Douro: itinerari “di-vini”

Un Portogallo del Nord inedito è quello che si spalanca risalendo la Valle del Douro per scoprire i segreti del Porto, il vino fortificato che ha preso il nome dalla omonima città portoghese dove il prezioso nettare riposa per anni nelle cantine sulle rive, appunto, del Rio Douro.

A Porto, alla foce del fiume, infatti il vino arrivava via fiume sulle tradizionali “barcos rabelos” dai vigneti della Valle del Douro, a un centinaio di chilometri dalla città. Ancora oggi si può percorrere lo stesso itinerario, sfruttando uno dei numerosi voli che collegano gli scali italiani alla città per poi imbarcarsi per una crociera di uno o più giorni lungo il fiume Douro, o affittare un’auto per poi immergersi nella Route 222, ritenuta tra le strade panoramiche più affascinanti in Europa o infine salendo a bordo della Linha do Douro, antica rotta ferroviaria che, ancora oggi, percorre la Valle del Douro da Regia a Tua, lentamente, a 30 chilometri all’ora per potersi concedere il tempo di ammirare il paesaggio circostante.

Nell’attesa di poter risalire la Valle magari fino al confine con la Spagna, il tempo scorre veloce passeggiando sulle strade acciottolate di Porto, tra chiese coperte di “azulejos”, piastrelle di ceramica smaltate e decorate, le variopinte case del Cais da Ribeira, antiche drogherie e la libreria di Lello e Irmao che si dice abbia ispirato le atmosfere di Hogwarts nei libri di Harry Potter. E ci si può subito immergere negli itinerari “di-vini” con protagonista il Porto. Basta infatti attraversare il fiume sul ponte in ferro di Dom Luís I, per esplorare tutti i segreti del “vinho do Porto” nelle cantine di Vila Nova de Gaia, veri e propri i musei capaci di raccontare tre secoli di storia attraverso l’evoluzione di un prodotto iconico. Dalla terrazza di Grahams (www.grahams-port.com), una cantina che risale al 1890, si attende il tramonto sorseggiando un bicchiere di Porto “Ruby” o “Tawny”. La scelta non manca

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A Vila Nova de Gaia ci si può imbarcare giornalmente per risalire il sinuoso corso del fiume fino ai vigneti della Valle del Douro, dichiarati nel 2001 patrimonio Unesco grazie i tipici terrazzamenti che disegnano il paesaggio collinare da godere dai tipici belvedere. Sul fiume si vedono ancora i barcos rabelo, le imbarcazioni  in grado di trasportare il Porto dalle tenute alla foce del fiume. A Peso da Régua si visita il Museu di Douro, a Pinhão è da non perdere la stazione ferroviaria coperta di azulejos con raffigurata la coltivazione dell’uva mentre a Lamego si salgono 600 scalini per arrivare alla Igreja de Nossa Senhora dos Remedios.

Fino a Barca de Alva, la Valle del Douro vitifero costituisce la regione vinicola demarcata più antica al mondo dove l’opera della natura, con il fiume Douro che ha scavato nel tempo valli profonde, si è unita a quella dell’uomo che a sua va ha trasformato le colline di scisto in terreni coltivabili, inclinando i terrazzamenti per ottimizzare gli effetti del sole e della pioggia sugli acini di uva, dando vita a un paesaggio e a un vino unici al mondo.

Qui è piacevole rilassarsi in una delle numerose “Quintas”, un po’ dimore aristocratiche di campagna e un po’ aziende agricole, che dominano sulla valle. Come Quinta Nova de Nossa Senhora do Carmo, una antica magione circondata da centinaia di ettari di vigneti con 11 stanze e un ristorante gourmet. È inoltre possibile organizzare giornate in vigna per la vendemmia, pic-nic tra i filari, degustazioni guidate e perfino diventare enologi per un giorno creando il proprio vino.




Arte e spiagge a Cagliari e dintorni

In questi giorni la Sardegna è un sogno che, per molti, diventa realtà. E visto che spesso l’approdo è Cagliari, raggiungibile dai principali scali della terraferma, perché non lasciarsi tentare per trascorrere qualche giorno in questa città di mare immergendosi a sua atmosfera vivace e nella sua storia secolare? Qui, oltre alla Marina e ai sei chilometri di spiaggia cittadina del Poetto costellati  dai tanti chioschi di pesce, i tesori archeologici da esplorare nei dintorni sono numerosi, così come gli scenari mozzafiato che si incontrano non appena usciti dal centro urbano, magari inoltrandosi lungo la litoranea che si dirige verso Villasimius tra macchia mediterranea, calette nascoste e mare di tutte le tonalità dell’azzurro: dall’acqua marina al blu zaffiro.

Il posto migliore per godersi lo scenario sul questa “città nuda che si alza ripida, alta e dorata” come “un gioiello di ambra che si apre all’improvviso” secondo le parole di D.H. Lawrence, è il Bastione di Saint Remy prima di perdersi, in un continuo saliscendi, tra i quartieri storici del centro, le due torri pisane del 14° secolo, Piazza Palazzo e la cattedrale di Santa Maria Assunta e di Santa Cecilia.

Tappa obbligata per scoprire le tradizioni enogastronomiche dell’isola sono le bancarelle del mercato di San Benedetto o i chioschi di Su Siccu dove assaggiare, in stagione, i ricci di mare, mentre alla Stella Marina di Montecristo, storico ristorante amato da Gigi Riva, è piacevole affidarsi ai titolari lasciandosi guidare tra cannolicchi, capesante e pescato del giorno, da Sabores infine si acquistano le eccellenze artigianali del territorio da riportare sulla.terraferma per gustarsi un pezzetto di Sardegna anche una volta rientrati alla quotidianità.

Da non perdere il museo archeologico nazionale in cui sono custodite le statue dei Giganti di Mont’e Prama a Cabras, un esercito in pietra di guerrieri, arcieri e pugilatori risalenti a oltre tremila anni fa emersi nella necropoli nuragica. A Barumini, a un’ora di macchina da Cagliari, si può poi visitare il nuraghe Su Nuraxi, riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco nel 1997, approfondendo i misteri della civiltà nuragica che alcuni studiosi, a iniziare da Sergio Frau, ritengono possa essere all’origine del mito di Atlantide.

Cagliari è l’avamposto ideale anche per viaggiare nella parte più selvaggia della Sardegna: la costa che va da Punta Molentis a Porto Sa Ruxi, un paradiso caraibico bagnato dal Mediterraneo preservato dall’urbanizzazione da scoprire a piedi, in bici, a cavallo o, meglio ancora, via mare.  Qui, nell’area marina protetta di Capo Carbonara e dintorni, le calette nascoste e le lunghe spiagge di sabbia bianca fine come la cipria si tuffano in un mare cristallino dalle tonalità cangianti dal turchese al verde smeraldo, protette da torri costiere di avvistamento spesso sorte sulle rovine di antichi nuraghi. Un giro a bordo di una goletta o di una barca a vela, permette di scoprire fondali suggestivi, relitti di ogni epoca arenatesi nelle secche e la Madonna del Naufrago di Pinuccio Sciola adagiata dal 1979 sui fondali dei Cavoli a protezione dei naviganti e celebrata, ogni anno a fine luglio, con una processione a mare e una festa che coinvolge i borghi della costa. Cala Caterina, Cala Santo Stefano e Cava Usai sono considerati acquari naturali dove si nuota tra pesci colorati. Con una buona dose di fortuna all’alba e al tramonto si possono avvistare anche delfini e tartarughe a Sud dell’Isola di Serpentara.

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A Is Piscadeddus  si riposa tra le dune, nascosti all’ombra di uno dei ginepri secolari che si affacciano sulla spiaggia, mentre a Campulongu canneti e macchia si spalancano su un lungo arenile sabbioso. Mare e archeologia si sposano a Cuccureddus con il suo sito fenicio prima e romano poi e anche  a is Traias, a breve distanza dalla necropoli di Accu is Traias. Porto Giunco è infine un set cinematografico naturale grazie alla lunga lingua di spiaggia bianca con sfumature di rosa opalino che divide il Mediteranno dallo stagno di Notteri dove svernano i fenicotteri rosa. Da qui superati i piccoli promontori che affiorano dal mare, si prosegue verso Timi Ama, dove il vento e le onde del hanno modellato gli scogli in morbide e voluttuose forme e verso Simius, la spiaggia cittadina di Villasimius che, con i suoi fondali bassi, è ideale per le famiglie. I colori del tramonto diventano infine  incandescenti sulla spiaggia bianca e sulle rocce granitiche di Is Molentis.

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A spasso per Pesaro e dintorni

Mai pensato a un week end lungo a Pesaro? Mentre l’estate diventa incandescente,  trascorrere qualche giorno in questa città proclamata capitale della cultura 2024 potrebbe essere un’ottima idea. Tra la distesa infinita di colline punteggiate da rocche, dove le fila di cipressi delimitano i campi di girasole e coltivazioni, e il mare, a Pesaro si fondono cultura, arte e una enogastronomia tutta da scoprire in un territorio, quello delle Marche del Nord proprio al confine con l’Emilia-Romagna capace ancora di sorprendere e meravigliare.
Terre di leggende, musicisti, cavalieri, alchimisti e buongustai dove si dipana un vero e proprio Itinerario della Bellezza, come lo ha definito Amerigo Varotti, direttore della ConfCommercio di Pesaro Urbino che ha svelato con percorsi dedicati il patrimonio naturale, storico, archeologico e artistico del territorio.
Le spiagge, anche quelle più segrete della Riviera delle Colline, come quella di Fiorenzuola di Focara, sono però uno dei tanti motivi per cui vale la pena concedersi qualche giorno di relax in questa cittadina di confine tra Marche ed Emilia-Romagna dove rallentare il ritmo andando alla scoperta del Parco Naturale San Bartolo, esplorando in bici i quasi cento chilometri di tracciai di “bicipolitana”, magari verso Fano e, infine e ripercorrendo le orme del suo cittadino più illustre, Gioachino Rossini. Proprio al “cigno di Pesaro e “cignale di Lugo” è dedicato ogni estate il Rossini Opera Festival, una manifestazione che da sola vale il viaggio giunta ormai alla sua 43 edizione. Il Festival si terrà dal 9 al 21 agosto proponendo tra l’altro “Le comte Ory”, “La Gazzetta”, “Otello”, “Il viaggio a Reims”, gli spettacoli “Rossinimania”, “Tra rondò e tournedos” e concerti, questi ultimi già a partire dal 12 e 14 luglio.
Dall’iconica Sfera Grande, realizzata da Arnaldo Pomodoro nel 1998 e oggi snodo della vita cittadina, tutto è facilmente raggiungibile: natura, mare, arte e storia con il Palazzo Ducale, la Rocca Malatestiana e i Musei Civici di Palazzo Mosca custodi, tra l’altro, della Pala dell’Incoronazione della Vergine, capolavoro di Giovanni Bellini.

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Perdersi poi nei dieci saloni nobiliari del Museo Nazionale Rossini allestiti nel Palazzo Montani Antaldi è un piacere da assaporare con calma per permettersi di scoprire, grazie ai pannelli interattivi,  la vita, gli amori, le passioni, ovviamente, le opere del compositore ottocentesco,  vera e propria “pop star” dell’epoca che a Pesaro ha lasciato cuore e patrimonio (con l’eredità dell’artista il comune, riconosciuto nel 2017 dall’Unesco come Città creativa per la Musica, ha istituito il Conservatorio). Nel percorso rossiniano si scoprono le molteplici e golose ricette del compositore nei menù dedicati e si visitano anche Teatro e la casa natale dell’artista, a pochi passi dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta che, al suo interno conserva, una caleidoscopica pavimentazione del VI secolo d.C.
Pesero fiorisce negli Anni ‘20 del Cinquecento sotto il dominio dei Della Rovere che avevano trasferito quu la sede principale del Ducato, prevedendo quindi la costruzione di edifici pubblici e sontuosi palazzi. Un ulteriore epoca d’oro per la città è stata a inizio Novecento quando divenne luogo privilegiato di villeggiatura della borghesia dell’epoca. Sul lungomare della città ci si imbatte in eleganti testimonianze Art Nouveau come il Villino Ruggeri, costruito per Oreste Ruggeri, industriale farmaceutico e della ceramica, costruito sotto la direzione dei lavori dell’architetto Giuseppe Brega, Villa Iside, Villa Olga, Villa Pagani e Villa Molaroni, creata per Giuseppe Molaroni, titolare della omonima una fabbrica di maioliche artistiche tutt’oggi gestita alla sesta generazione della famiglia, oltre a Villa Vittoria, divenuto ora un elegante hotel dagli arredi storici in riva al mare.
Sulle colline circostanti ci si imbatte invece in dimore nobiliari di epoca precedente  come la seicentesca Villa Caprile con i giardini all’italiana e i giochi d’acqua e la rinascimentale Villa Imperiale, antica residenza sforzesca poi ampliata e affrescata per volere dei duchi della Rovere. Percorrendo una manciata di chilometri verso l’entroterra ci si trova catapultati indietro nel tempo nei piccoli borghi medievali dominati dalle rocche di Francesco di Giorgio Martini, da Mondavio a Cagli e Sassocorvaro Auditore o di fronte a impressionanti scenari naturali come, nei pressi di Fossombrone, le Marmitte dei Giganti, canyon che raggiunge i 30 metri di altezza le cui sponde sono state modellate, nel tempo, dalla forza della corrente del fiume Metauro.
Da non perdere infine una tappa, magari all’ora del crepuscolo  alla Taverna del Pescatore di Catelfimezzo. Dal locale a picco sul mare dove la tradizionale cucina “marchignola” è portata avanti da generazioni, lo sguardo abbraccia le spiagge della Riviera Romagnola e si spinge fino a Gradara e alla Rocca di San Marino.