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Sport nella natura e shopping a Livigno

In questi giorni bollenti, il richiamo di Livigno diventa irresistibile. Natura selvaggia, shopping e innumerevoli possibilità di escursioni sia per gli sportivi veri che per i “divanisti” che si scoprono sportivi solo qualche settimana all’anno, in estate.

Una ciclopedonale di 17 km, sentieri in quota che raggiungono malghe isolate dove gustare un piatto di sciatt (Malga Federia) e bike park adrenalinici con percorsi downhill e freeride dai diversi gradi di difficoltà (a iniziare dal Bikepark Mottolino). Per gli amanti della bici, Livigno è un paradiso. Le due ruote, anche a pedalata assistita, doni il mezzo ideale per scoprire i percorsi mappati con gps che si snodano nell’Alta Rezia. Non mancano eventi internazionali (come la Nationalpark Bike Marathon), bike camp e itinerari gaudenti (Beer Bike Tour del Birrificio Livigno). Non solo. Ai biker sono stati dedicati anche hotel con servizi su misura come l’Hotel Concordia che, in pieno centro, permette al rientro dalle escursioni di godere della dolce vita del Piccolo Tibet, concedendosi uno spritz nelle vie dello shopping con oltre duecento negozi taxi free prima di rigenerarsi nella spa della struttura.

Per chi non ama le due ruote non mancano le alternative a iniziare dalle lunghe e oziose passeggiata nei boschi affacciati su Livigno come il Sentiero dell’Arte (Wood’n’Art), una galleria d’arte a cielo aperto costellato da sculture in legno realizzate da artisti internazionali nel corso degli anni, o il Larix Park dove tra gli arbusti secolari, prendono vita nove percorsi avventura di diversi livelli: carrucole, liane, passerelle, anelli oscillanti e ponti nepalesi per “volare” da un albero all’altro, divertendosi in piena sicurezza.

Spazio infine allo yoga. Dal 24 al 29 luglio al Montivas Lodge di Livigno è in agenda Integral Yoga (in metodo per sviluppare ogni aspetto dell’individuo: fisico, spirituale ed emotivo) con il maestro Swami Asokananda, presidente dell’Integral Yoga Institute di New York e Paola Parvati Faini, fondatrice del centro Integral Yoga Shanti di Milano. Le giornate saranno scandite da appuntamenti e proposte per la pratica dello yoga, ma anche di trekking e di relax alla spa dell’Hotel La Salin.



Merletti e miniere in Slovenia

Non solo terme e foreste. In Slovenia, crocevia di popoli e culture, non manca un patrimonio artigianale e d’impresa storico, tutto da scoprire. Come a Idrija, nella Carniola, un borgo immerso in una natura rigogliosa che è un inno all’eredità del mercurio, riconosciuta nel 2012 patrimonio Unesco.

Le leggende locali narrano che l’argento vivo venne alla luce nel 1490 da un artigiano, uno skafar (fabbricante di vasche di legno) che, intento a lavare i propri mastelli, scoprì una sostanza scintillante e inaspettatamente densa, il mercurio. Nei cinquecento anni successivi la miniera ha concorso a influenzare lo sviluppo culturale ed economico del paese con la costruzione di un teatro, del castello di Gewerkenegg innalzato nel 1533 come sede amministrativa della miniera e di scuole d’avanguardia, compresa quella del ricamo dove si insegna il ricamo a tombolo (riconosciuto patrimonio immateriale dell’Unesco) ininterrottamente dal 1876,  a bambini, adulti e anche ai turisti.A portare il ricamo in questo piccolo borgo della Carniola circondato da altopiani, sarebbero state, secondo la tradizione, le famiglie dei minatori confluite per cinquecento anni da ogni dove per lavorare in una delle più grandi miniere di mercurio al mondo che, nel corso dei secoli, ha concorso a trasformare e arricchire la città.

Muniti di giacca ed elmetto, attraverso lo storico ingresso della Galleria Sant’Antonio (Santo dei minatori) sormontato dalla scritta “Srečno” (buona fortuna), si accede un labirinto sotterraneo di 700 chilometri di gallerie, solo in parte visitabili, per scoprire il lavoro e la vita dei minatori nel corso dei secoli.

Un piatto di Idrija žlikrofi, pasta ripiena di patate, erbe e ciccioli (a cui è dedicato un festival annue che quest’anno si tiene il prossimo 20 agosto) da Gostilna pri Skafarju ripaga della fatica, ancora di più, se accompagnato dalla torta di rezi, mousse di frutti di bosco incoronata da un merletto di zucchero in cui si racconta di come una goccia di mercurio sia diventata una città.




La Valnerina e l’Umbria nascosta

Foreste, giardini d’acqua, chiese medievali e castelli leggendari ma anche borghi trasformati in hotel diffusi, palazzi nobiliari,  eremi contemporanei dove trascorrere del tempo solo per sé  e una  distesa quasi infinita di colline puntellate da abbazie e fortezze dove il tempo sembra essersi fermato. Tutto questo è la Valnerina, in Umbria, dove il paesaggio è rimasto quasi lo stesso dei dipinti del Perugino. Il mare dell’Umbria, riproposto nelle time campagne media della regione, sono le distese in tutte le tonalità del verde dove comunque non mancano fresche cascate e ruscelli per rinfrescarsi o fiumi dove praticare rafting e canyoning.  Qui, nel cuore verde d’Italia ci si rilassa tra arte e natura, lasciandosi tentare dalle prelibatezze locali anche percorrendo  itinerari dedicati come strade del vino (come quella del Rosso Sagrantino, il vino “sacro” delle Messe solenni), dell’olio Dop a cui il borgo di Torgiano ha dedicato persino un museo e le infinite vie del tartufo che possono essere percorse lasciandosi guidare nei boschi dai cavatori e dai cani addestrati alla caccia al tartufo. Un’avventura unica in cui apprendere i segreti di un sottosuolo così ricco come quello umbro, che annovera ben sette borghi storici tra le città del tubero, e di una cultura antica, quella “della cerca e dalla cavatura”, dichiarata proprio lo scorso dicembre patrimonio immateriale dell’Unesco.

A meno di venti minuti dal centro di Norcia si entra già nella zona di produzione del Nero Pregiato, tra le eccellenze della gastronomia locale. Eccellenze che spaziano dai formaggi, ai salumi fino ai legumi e che lasciano soddisfatti anche i palati più esigenti.

Una passeggiata a piedi o in bici, magari a pedalata assistita, per esplorare gli angoli più remoti della Valnerina basta comunque a smaltire i peccato di gola. Si può partire dal tracciato che segue la sponda sinistra del fiume Nera, il settimo per portata in Italia, da Sant’Anatolia di Narco e che tocca i borghi dominati da fortezze quasi millenarie di Scheggino, Arrone e Ferentillo dove, all’interno della cripta romanica di Santo Stefano si trova un peculiare Museo delle Mummie. Luoghi del silenzio in cui rivivere le leggende medievali che li pervadono. Il percorso si collega poi con la ciclabile realizzata sul tracciato dell’ex ferrovia Norcia- Spoleto, dismessa nel 1968e oggi simbolo di rigenerazione, e arriva fino alla Cascata delle Marmore, tre salti d’acqua di 165 metri complessivi immersi nei boschi e creati in epoca romana. Da non perdere una tappa a Vallo di Nera, tra i borghi più belli d’Italia e antico avamposto strategico fiume Nera dove ammirare, tra l’altro, gli incredibili affreschi di fine ‘300-inizio ‘400 della chiesa di Santa .aria Assunta recentemente restaurata e riaperta al pubblico dopo l’ultimo sisma.

Un tuffo nelle acque sulfuree dei Bagni Triponzo Terme, conosciute già dai Romani e citate nell’Eneide di Virgilio e una passeggiata al Fonti del Clitunno, un giardino d’acqua dai riflessi smeraldo che per secoli ha ispirato poeti come Properzio a Carducci, rigenerano il corpo e l’anima.

Una base ideale di partenza per immergersi nella storia del territorio sono gli hotel diffusi: antichi borghi medievali ristrutturati in cui le atmosfere delle epoche passate si fondono ai comfort moderni. Come il Castello di Postignano, fondato nel IX secolo lungo la strada che collegava Spoleto, Assisi, Foligno e Norcia e oggi monumento di interesse nazionale.

Ma per chi vuole staccare la spina dal caos della vita quotidiana, nei boschi della Riserva naturale dell’Elmo si può anche scegliere di trascorrere qualche giorno in un eremo contemporaneo, l’Ermito,  una struttura trecentesca restaurata che offre il vero lusso attuale: tempo per sé.




La Valle del Douro: itinerari “di-vini”

Un Portogallo del Nord inedito è quello che si spalanca risalendo la Valle del Douro per scoprire i segreti del Porto, il vino fortificato che ha preso il nome dalla omonima città portoghese dove il prezioso nettare riposa per anni nelle cantine sulle rive, appunto, del Rio Douro.

A Porto, alla foce del fiume, infatti il vino arrivava via fiume sulle tradizionali “barcos rabelos” dai vigneti della Valle del Douro, a un centinaio di chilometri dalla città. Ancora oggi si può percorrere lo stesso itinerario, sfruttando uno dei numerosi voli che collegano gli scali italiani alla città per poi imbarcarsi per una crociera di uno o più giorni lungo il fiume Douro, o affittare un’auto per poi immergersi nella Route 222, ritenuta tra le strade panoramiche più affascinanti in Europa o infine salendo a bordo della Linha do Douro, antica rotta ferroviaria che, ancora oggi, percorre la Valle del Douro da Regia a Tua, lentamente, a 30 chilometri all’ora per potersi concedere il tempo di ammirare il paesaggio circostante.

Nell’attesa di poter risalire la Valle magari fino al confine con la Spagna, il tempo scorre veloce passeggiando sulle strade acciottolate di Porto, tra chiese coperte di “azulejos”, piastrelle di ceramica smaltate e decorate, le variopinte case del Cais da Ribeira, antiche drogherie e la libreria di Lello e Irmao che si dice abbia ispirato le atmosfere di Hogwarts nei libri di Harry Potter. E ci si può subito immergere negli itinerari “di-vini” con protagonista il Porto. Basta infatti attraversare il fiume sul ponte in ferro di Dom Luís I, per esplorare tutti i segreti del “vinho do Porto” nelle cantine di Vila Nova de Gaia, veri e propri i musei capaci di raccontare tre secoli di storia attraverso l’evoluzione di un prodotto iconico. Dalla terrazza di Grahams (www.grahams-port.com), una cantina che risale al 1890, si attende il tramonto sorseggiando un bicchiere di Porto “Ruby” o “Tawny”. La scelta non manca

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A Vila Nova de Gaia ci si può imbarcare giornalmente per risalire il sinuoso corso del fiume fino ai vigneti della Valle del Douro, dichiarati nel 2001 patrimonio Unesco grazie i tipici terrazzamenti che disegnano il paesaggio collinare da godere dai tipici belvedere. Sul fiume si vedono ancora i barcos rabelo, le imbarcazioni  in grado di trasportare il Porto dalle tenute alla foce del fiume. A Peso da Régua si visita il Museu di Douro, a Pinhão è da non perdere la stazione ferroviaria coperta di azulejos con raffigurata la coltivazione dell’uva mentre a Lamego si salgono 600 scalini per arrivare alla Igreja de Nossa Senhora dos Remedios.

Fino a Barca de Alva, la Valle del Douro vitifero costituisce la regione vinicola demarcata più antica al mondo dove l’opera della natura, con il fiume Douro che ha scavato nel tempo valli profonde, si è unita a quella dell’uomo che a sua va ha trasformato le colline di scisto in terreni coltivabili, inclinando i terrazzamenti per ottimizzare gli effetti del sole e della pioggia sugli acini di uva, dando vita a un paesaggio e a un vino unici al mondo.

Qui è piacevole rilassarsi in una delle numerose “Quintas”, un po’ dimore aristocratiche di campagna e un po’ aziende agricole, che dominano sulla valle. Come Quinta Nova de Nossa Senhora do Carmo, una antica magione circondata da centinaia di ettari di vigneti con 11 stanze e un ristorante gourmet. È inoltre possibile organizzare giornate in vigna per la vendemmia, pic-nic tra i filari, degustazioni guidate e perfino diventare enologi per un giorno creando il proprio vino.




Arte e spiagge a Cagliari e dintorni

In questi giorni la Sardegna è un sogno che, per molti, diventa realtà. E visto che spesso l’approdo è Cagliari, raggiungibile dai principali scali della terraferma, perché non lasciarsi tentare per trascorrere qualche giorno in questa città di mare immergendosi a sua atmosfera vivace e nella sua storia secolare? Qui, oltre alla Marina e ai sei chilometri di spiaggia cittadina del Poetto costellati  dai tanti chioschi di pesce, i tesori archeologici da esplorare nei dintorni sono numerosi, così come gli scenari mozzafiato che si incontrano non appena usciti dal centro urbano, magari inoltrandosi lungo la litoranea che si dirige verso Villasimius tra macchia mediterranea, calette nascoste e mare di tutte le tonalità dell’azzurro: dall’acqua marina al blu zaffiro.

Il posto migliore per godersi lo scenario sul questa “città nuda che si alza ripida, alta e dorata” come “un gioiello di ambra che si apre all’improvviso” secondo le parole di D.H. Lawrence, è il Bastione di Saint Remy prima di perdersi, in un continuo saliscendi, tra i quartieri storici del centro, le due torri pisane del 14° secolo, Piazza Palazzo e la cattedrale di Santa Maria Assunta e di Santa Cecilia.

Tappa obbligata per scoprire le tradizioni enogastronomiche dell’isola sono le bancarelle del mercato di San Benedetto o i chioschi di Su Siccu dove assaggiare, in stagione, i ricci di mare, mentre alla Stella Marina di Montecristo, storico ristorante amato da Gigi Riva, è piacevole affidarsi ai titolari lasciandosi guidare tra cannolicchi, capesante e pescato del giorno, da Sabores infine si acquistano le eccellenze artigianali del territorio da riportare sulla.terraferma per gustarsi un pezzetto di Sardegna anche una volta rientrati alla quotidianità.

Da non perdere il museo archeologico nazionale in cui sono custodite le statue dei Giganti di Mont’e Prama a Cabras, un esercito in pietra di guerrieri, arcieri e pugilatori risalenti a oltre tremila anni fa emersi nella necropoli nuragica. A Barumini, a un’ora di macchina da Cagliari, si può poi visitare il nuraghe Su Nuraxi, riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco nel 1997, approfondendo i misteri della civiltà nuragica che alcuni studiosi, a iniziare da Sergio Frau, ritengono possa essere all’origine del mito di Atlantide.

Cagliari è l’avamposto ideale anche per viaggiare nella parte più selvaggia della Sardegna: la costa che va da Punta Molentis a Porto Sa Ruxi, un paradiso caraibico bagnato dal Mediterraneo preservato dall’urbanizzazione da scoprire a piedi, in bici, a cavallo o, meglio ancora, via mare.  Qui, nell’area marina protetta di Capo Carbonara e dintorni, le calette nascoste e le lunghe spiagge di sabbia bianca fine come la cipria si tuffano in un mare cristallino dalle tonalità cangianti dal turchese al verde smeraldo, protette da torri costiere di avvistamento spesso sorte sulle rovine di antichi nuraghi. Un giro a bordo di una goletta o di una barca a vela, permette di scoprire fondali suggestivi, relitti di ogni epoca arenatesi nelle secche e la Madonna del Naufrago di Pinuccio Sciola adagiata dal 1979 sui fondali dei Cavoli a protezione dei naviganti e celebrata, ogni anno a fine luglio, con una processione a mare e una festa che coinvolge i borghi della costa. Cala Caterina, Cala Santo Stefano e Cava Usai sono considerati acquari naturali dove si nuota tra pesci colorati. Con una buona dose di fortuna all’alba e al tramonto si possono avvistare anche delfini e tartarughe a Sud dell’Isola di Serpentara.

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A Is Piscadeddus  si riposa tra le dune, nascosti all’ombra di uno dei ginepri secolari che si affacciano sulla spiaggia, mentre a Campulongu canneti e macchia si spalancano su un lungo arenile sabbioso. Mare e archeologia si sposano a Cuccureddus con il suo sito fenicio prima e romano poi e anche  a is Traias, a breve distanza dalla necropoli di Accu is Traias. Porto Giunco è infine un set cinematografico naturale grazie alla lunga lingua di spiaggia bianca con sfumature di rosa opalino che divide il Mediteranno dallo stagno di Notteri dove svernano i fenicotteri rosa. Da qui superati i piccoli promontori che affiorano dal mare, si prosegue verso Timi Ama, dove il vento e le onde del hanno modellato gli scogli in morbide e voluttuose forme e verso Simius, la spiaggia cittadina di Villasimius che, con i suoi fondali bassi, è ideale per le famiglie. I colori del tramonto diventano infine  incandescenti sulla spiaggia bianca e sulle rocce granitiche di Is Molentis.

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A spasso per Pesaro e dintorni

Mai pensato a un week end lungo a Pesaro? Mentre l’estate diventa incandescente,  trascorrere qualche giorno in questa città proclamata capitale della cultura 2024 potrebbe essere un’ottima idea. Tra la distesa infinita di colline punteggiate da rocche, dove le fila di cipressi delimitano i campi di girasole e coltivazioni, e il mare, a Pesaro si fondono cultura, arte e una enogastronomia tutta da scoprire in un territorio, quello delle Marche del Nord proprio al confine con l’Emilia-Romagna capace ancora di sorprendere e meravigliare.
Terre di leggende, musicisti, cavalieri, alchimisti e buongustai dove si dipana un vero e proprio Itinerario della Bellezza, come lo ha definito Amerigo Varotti, direttore della ConfCommercio di Pesaro Urbino che ha svelato con percorsi dedicati il patrimonio naturale, storico, archeologico e artistico del territorio.
Le spiagge, anche quelle più segrete della Riviera delle Colline, come quella di Fiorenzuola di Focara, sono però uno dei tanti motivi per cui vale la pena concedersi qualche giorno di relax in questa cittadina di confine tra Marche ed Emilia-Romagna dove rallentare il ritmo andando alla scoperta del Parco Naturale San Bartolo, esplorando in bici i quasi cento chilometri di tracciai di “bicipolitana”, magari verso Fano e, infine e ripercorrendo le orme del suo cittadino più illustre, Gioachino Rossini. Proprio al “cigno di Pesaro e “cignale di Lugo” è dedicato ogni estate il Rossini Opera Festival, una manifestazione che da sola vale il viaggio giunta ormai alla sua 43 edizione. Il Festival si terrà dal 9 al 21 agosto proponendo tra l’altro “Le comte Ory”, “La Gazzetta”, “Otello”, “Il viaggio a Reims”, gli spettacoli “Rossinimania”, “Tra rondò e tournedos” e concerti, questi ultimi già a partire dal 12 e 14 luglio.
Dall’iconica Sfera Grande, realizzata da Arnaldo Pomodoro nel 1998 e oggi snodo della vita cittadina, tutto è facilmente raggiungibile: natura, mare, arte e storia con il Palazzo Ducale, la Rocca Malatestiana e i Musei Civici di Palazzo Mosca custodi, tra l’altro, della Pala dell’Incoronazione della Vergine, capolavoro di Giovanni Bellini.

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Perdersi poi nei dieci saloni nobiliari del Museo Nazionale Rossini allestiti nel Palazzo Montani Antaldi è un piacere da assaporare con calma per permettersi di scoprire, grazie ai pannelli interattivi,  la vita, gli amori, le passioni, ovviamente, le opere del compositore ottocentesco,  vera e propria “pop star” dell’epoca che a Pesaro ha lasciato cuore e patrimonio (con l’eredità dell’artista il comune, riconosciuto nel 2017 dall’Unesco come Città creativa per la Musica, ha istituito il Conservatorio). Nel percorso rossiniano si scoprono le molteplici e golose ricette del compositore nei menù dedicati e si visitano anche Teatro e la casa natale dell’artista, a pochi passi dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta che, al suo interno conserva, una caleidoscopica pavimentazione del VI secolo d.C.
Pesero fiorisce negli Anni ‘20 del Cinquecento sotto il dominio dei Della Rovere che avevano trasferito quu la sede principale del Ducato, prevedendo quindi la costruzione di edifici pubblici e sontuosi palazzi. Un ulteriore epoca d’oro per la città è stata a inizio Novecento quando divenne luogo privilegiato di villeggiatura della borghesia dell’epoca. Sul lungomare della città ci si imbatte in eleganti testimonianze Art Nouveau come il Villino Ruggeri, costruito per Oreste Ruggeri, industriale farmaceutico e della ceramica, costruito sotto la direzione dei lavori dell’architetto Giuseppe Brega, Villa Iside, Villa Olga, Villa Pagani e Villa Molaroni, creata per Giuseppe Molaroni, titolare della omonima una fabbrica di maioliche artistiche tutt’oggi gestita alla sesta generazione della famiglia, oltre a Villa Vittoria, divenuto ora un elegante hotel dagli arredi storici in riva al mare.
Sulle colline circostanti ci si imbatte invece in dimore nobiliari di epoca precedente  come la seicentesca Villa Caprile con i giardini all’italiana e i giochi d’acqua e la rinascimentale Villa Imperiale, antica residenza sforzesca poi ampliata e affrescata per volere dei duchi della Rovere. Percorrendo una manciata di chilometri verso l’entroterra ci si trova catapultati indietro nel tempo nei piccoli borghi medievali dominati dalle rocche di Francesco di Giorgio Martini, da Mondavio a Cagli e Sassocorvaro Auditore o di fronte a impressionanti scenari naturali come, nei pressi di Fossombrone, le Marmitte dei Giganti, canyon che raggiunge i 30 metri di altezza le cui sponde sono state modellate, nel tempo, dalla forza della corrente del fiume Metauro.
Da non perdere infine una tappa, magari all’ora del crepuscolo  alla Taverna del Pescatore di Catelfimezzo. Dal locale a picco sul mare dove la tradizionale cucina “marchignola” è portata avanti da generazioni, lo sguardo abbraccia le spiagge della Riviera Romagnola e si spinge fino a Gradara e alla Rocca di San Marino.



Il Parco Museo Ginori come esempio di apertura alla generatività

di Cristina T. Chiochia L’amenità di un luogo è tutto. Quando un posto immerso tra piante ed alberi, spesso situato nelle vicinanze di una fonte o di un ruscello, ricco di ombra racconta sempre di se e di quello che rappresenta come appunto quello del Museo Ginori, in Toscana. Come recita il comunicato stampa: “attesa di riaprire le sue porte al pubblico al termine dei lavori di ristrutturazione  riallestimento, da oggi il Museo Ginori spalanca i cancelli del suo giardino, un grande spazio verde che per la prima volta viene messo a disposizione della comunità di Sesto Fiorentino”.

Un evento che si è svolto alla presenza del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, del sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, e il direttore regionale musei della Toscana, Stefano Casciu, hanno festeggiato l’apertura del giardino insieme a Tomaso Montanari presidente della Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia e Andrea Di Lorenzo direttore del Museo Ginori.

Sotto l’idea quel concetto che le grandi città italiane hanno fatto proprio, ovvero della “generatività” come processo sociale di una comunità, il Museo Ginori con la rinascita del giardino. La Fondazione Ginori  si è fatta carico della potatura e della messa in sicurezza del giardino, sottraendolo allo stato di abbandono in cui versava dal 2014, in seguito al fallimento della Richard Ginori. Infatti  dopo  la chiusura del Museo, il suo patrimonio è ancora immenso: custodisce tre secoli di storia del gusto e del collezionismo, come recita il comunicato stampa “rappresentando un unicum a livello internazionale grazie alla ricchezza e alla continuità storica del suo patrimonio, eredità della più antica manifattura di porcellana ancora attiva in Italia. Notificata come complesso di eccezionale interesse storico-artistico e archivistico dal 1962, la sua collezione comprende circa 8000 oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990, modelli scultorei, documenti cartacei e disegni, una biblioteca storica, una biblioteca specialistica e una fototeca.Dal 1965 il Museo ha sede in un edificio progettato dall’architetto Pier Niccolò Berardi, di  proprietà  demaniale  e  affidato  alla  Direzione  Regionale Musei  della Toscana, che necessita di importanti lavori di risanamento dopo gli anni di abbandono seguiti al fallimento dell’azienda Richard-Ginori”

Un gesto di amore per un luogo di cultura insomma da sottolineare. Un modo per amare non solo il proprio territorio ma anche quella idea appunto di generatività che rende possibile, attraverso processi di rete,  persone fisiche con storie diverse tra loro, impegnate nel potenziare la capacità generativa di una comunità per renderla interdipendente per creare benessere. Il wellbeing tanto atteso insomma, grazie a questo processo di amenità, è riuscito. “Come ricordato qualche giorno fa anche dal Ministro Dario Franceschini, – ha spiegato il presidente della Fondazione, Tomaso Montanari – il Museo Ginori è sopravvissuto al fallimento della Richard-Ginori grazie a uno straordinario movimento popolare che ha saputo trasformare il suo amore per questo scrigno della memoria in un efficacissimo strumento di persuasione, che ha convinto lo Stato a investire sul futuro del museo e del suo territorio. L’apertura del giardino è il primo passo per restituire da subito alla città di Sesto qualcosa che davvero si merita. Siamo profondamente convinti che un museo, questo museo, sia uno straordinario bene comune: iniziamo dunque a mettere in comune tutto quello che la Fondazione finora ha ricevuto nel suo pieno controllo, e cioè appunto il parco”. Un primo passo. Certo. Ma nella direzione giusta verso nuove forme di generatività . 




Arte come progetto culturale. Le Gallerie d’Italia a Prato

di Cristina T. Chiochia Ci sono posti privilegiati. Sicuramente il bel Palazzo degli Alberti (storico palazzo gentilizio di Prato, situato nel centro della città), è uno di questi. Dimora del XIII secolo con splendidi loggiati ed aperture in alberese che, pur mantenendo intatto l’aspetto quattrocentesco, venne modificato nei restauri del secolo scorso. Sede storica della Cassa di Risparmio e Depositi di Prato dal 1870 è ora di Banca Intesa San Paolo che ne riapre ora al pubblico, tutti i fine settimana, la Galleria a partire dal 25 Marzo 2022. Capolavori, oltre 90,  tra cui Bellini, Bronzino, Caravaggio e Filippino Lippi.  Un grande sforzo espositivo, curato da Lia Brunori con passione. Con visite ad ingresso gratuito ed apertura nei giorni festivi di sabato e domenica,  la prenotazione è possibile online direttamente dal sito delle Gallerie d’Italia.
Un dono per una città come Prato con una forte identità artistica ma che sta cambiando volto. Aprendosi in modo poderoso alla cultura, oltre al famoso polo culturale del Pecci, anche alla conservazione dei proprio capolavori identitari. “È con particolare orgoglio che oggi offriamo a Prato ed a coloro che la visitano la possibilità di accedere ad un nuovo ambiente espositivo ricco di opere, capolavori e di un’importante parte della storia di questa città. Un patrimonio culturale che come Intesa Sanpaolo siamo particolarmente lieti di essere riusciti a valorizzare, rispettando l’impegno preso nel 2018 con meticolosa attenzione all’identità, alla cura e tutela del patrimonio, alle specificità che questo territorio esprime”, la dichiarazione di Luca Severini, Direttore Regionale per Toscana e Umbria di Intesa Sanpaolo.
Terminato infatti il grande lavoro di ristrutturazione ecco un tesoro architettonico della città, si offre per essere vissuto dai suoi abitanti oltre che dai turisti e fare di Prato con visite guidate, quasi un nuovo fulcro di un progetto culturale più ampio per questa città ed unico, fatto di arte. Prato ed il suo territorio. Al fine di darne davvero valore con le sue tradizioni, a solo titolo di esempio, come quella della Madonna della Cinta, reliquia più famosa di Prato e conservata nel suo Duomo e nelle Gallerie con una sezione a lei dedicata. Come recita il comunicato stampa: “grazie al dialogo con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A., il Comune di Prato e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato, è stato possibile consentire la riapertura a beneficio della collettività, in linea con i principi di Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo. Centrale l’obiettivo della tutela del patrimonio artistico: oltre al progetto architettonico – in accordo con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. e con la Soprintendenza – sono stati realizzati importanti interventi di conservazione sulle opere.
Oggi la Galleria di Palazzo degli Alberti inaugura con un allestimento che si pone in continuità con il precedente con spazi maggiori e più funzionali al percorso di visita. La collezione consiste in 142 opere, 90 in esposizione e le restanti in deposito, tra cui beni di particolare pregio come i capolavori di Giovanni Bellini, Caravaggio, Filippo Lippi, oltre a opere di Puccio di Simone, Bronzino, Santi di Tito, Poppi, numerose e prestigiose opere del Seicento fiorentino e un cospicuo numero di sculture di Lorenzo Bartolini, artista di Prato attivo nella prima metà dell’Ottocento […]”. Un grande sforzo espositivo che è anche un grande successo per il territorio. Ne è un esempio l’ordine cronologico dei capolavori della Galleria stessa e la presenza , come si diceva precedentemente, di una sezione anche della devozione pratese della Sacra Cintola di Maria (presente in Galleria quella realizzata per l’oratorio dei Vivorati sul Cantaccio da Santi di Tito nel 1600)che si diceva miracolosa (San Tommaso, incredulo per l’assunzione della Vergine in cielo, trovò solo la cintura del suo abito da quel momento, venne conservata ed approdò a Prato, dove che divenne, nei secoli, devozione delle donne desiderose di avere un figlio. Un museo unico. Sul territorio. Per il territorio. Con il nuovo attesissimo allestimento, per tornare a “vivere la bellezza” e l’arte come un vero progetto culturale. Un successo.



NOBLE LUMIÈRE, Tina Sgrò a Palazzo Nicolaci di Noto

L’Associazione Altera Domus procede con impegno e passione nella sua missione artistica e culturale. Si è appena conclusa con grande successo e affluenza di pubblico infatti la mostra In questa luce di Francesco Lauretta, a cura di Pietro Gaglianò, presso la Galleria Palazzo Nicolaci di Noto, ma ci sarà ancora tempo invece per vedere Noble Lumière, l’esposizione di Tina Sgrò presentata sabato 7 agosto nelle sale di Palazzo Nicolaci, che, visto il boom di visitatori, non finirà il 31 di agosto come previsto, ma sarà prorogata fino al 30 di settembre.

Con questo percorso si dà vita a un ciclo pittorico di nove tele che raffigurano delle stanze di rappresentanza collocate al piano nobile, che ci parlano di “quella ‘nobile semplicità e quieta grandezza’ di cui parlava Winckelmann.”, come ricorda la curatrice della mostra Paoletta Ruffino, che poi prosegue con parole illuminanti: “L’assenza della presenza umana è il primo elemento straniante e tratto distintivo che rende riconoscibile il suo linguaggio visivo. Nelle sue opere, non è il materiale che diventa arte, ma l’immateriale: sono opere di luce, e il motivo della finestra, da cui entra un fascio abbagliante di luce, riflessa sul pavimento, è il solo protagonista di ogni stanza dipinta.”

Come dice il titolo, l’elemento della luce è fondamentale in queste opere. In tal senso afferma la stessa curatrice: “Nelle tele della Sgrò affiora la stessa fascinazione della pittrice per la luce: è una luce ‘nobile’, calda, rarefatta, filtrata, che diventa mezzo espressivo per infondere forza alle immagini e per tensionare lo spazio. I suoi ritratti d’interni sono infusi di luce solare e caratterizzati da una immobilità che si avvicina all’essenza e, nell’assenza, alla bellezza dell’anima del luogo.”

Tina Sgrò è nata nel 1972 a Reggio Calabria, avvicinandosi alla pittura fin da piccola. Si muove tra la Calabria e Milano ed è presente in importanti Gallerie italiane. Nella sua carriera ha ottenuto notevoli piazzamenti a vari premi, vincendo per esempio il Premio Marchionni 2017 – a questo arriverà anche in finale nel 2020 – nella sezione Grafica, risultando finalista nello stesso anno al Premio Lynx, a Trieste, mentre nel 2020 è stata finalista al Premio Artelaguna e in virtù di questo una sua opera verrà esposta presso le Nappe dell’Arsenale di Venezia nel 2021. Attualmente è in corso una sua personale presso il Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

C’è ancora tempo allora per visitare Noble Lumière nelle storiche sale di Palazzo Nicolaci, una mostra che attraverso giochi di luce e colori sfumati ci parla di rimembranza, eleganza e poesia.




Aqua Dome, un’oasi di benessere in quota

Circondato dai ghiacciai tirolesi, l’Aqua Dome è un’oasi del benessere alpino grazie ai suoi 22mila metri quadrati votati al relax dove trascorrere una  vacanza andando alla scoperta di questo angolo di Austria, a meno di un’ora da Innsbruck e mezz’ora dalle piste di  Sölden dove ha sciato persino James Bond (a cui non a caso è dedicato un museo).

 

Il centro termale di Aqua dome sorge all’inizio della valle del Längenfeld ed è subito riconoscibile grazie al design futuristico delle sue vasche esterne e, in particolare, delle sue tre “navicelle spaziali”, piscine termali che pare galleggino nell’aria, dove si possono alternare getti idromassaggio, acqua solforosa e  vasca salina (con un contenuto di sale al 5%).

Qui all’Aqua Dome la remise en forme è completa grazie alle dodici vasche e ai tre piani di idromassaggi, cascate, saune e bagni di vapore di ogni tipo e temperatura, stanze al sale e bagni remineralizzanti. Il percorso ideale inizia nel cuore di Aqua Dome, nel “duomo termale”, una gigantesca cupola di cristallo dove ci si rilassa circa tra idromassaggi e getti e ci si lascia trasportare dall’acqua  verso le vasche esterne. Si prosegue poi verso il  “Gletscherglühen” dove tra saune al fieno, panoramiche o finlandesi, piscine salina circondate da pareti di sale, piscine e bagni di vapore alle erbe, accompagnati da Aufguss (gettata di vapore), effetti di luce o aromi speziati, e infine oasi relax, ognuno  può trovare la ricetta del benessere più adatta per sé.  Volendo poi si possono ammirare le luci del crepuscolo in accappatoio, magari sorseggiando delle bollicine in uno dei tre bar del centro, per poi scivolare nell’acqua termale  ammirando le luci colorate di quest’oasi di benessere e la  stellata che si stende sulle cime dell’Ötztal. Per una vacanza indimenticabile infine si può scegliere di soggiornare presso le terme raggiungibili dalle camere grazie a un percorso riscaldato sotterraneo. Gli opsiti dell’hotel, una struttur a cinque stelle, hanno accesso anche a un’area termale riservata, Aqua Dome 3000, da cui si gode un suggestivo paesaggio sui ghiacciai tirolesi.