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X-CHANGE: arte fotografica e sensibilizzazione ambientale

Amy-d Arte Spazio, in occasione dell’edizione 2016 del Mia Fair, presenta a Milano X-CHANGE, un progetto economART a cura di Anna d’Ambrosio.

Nel tempo in cui l’ambiente è al cuore delle preoccupazioni pubbliche, sullo sfondo anche della COP21, la conferenza mondiale sul clima, Amy-d Arte Spazio presenta un progetto di arte fotografica e sensibilizzazione ambientale che parla di cambiamenti climatici e cambiamenti cause ed effetto che si generano, creano, producono.

X-CHANGE è il tentativo di costruzione di una cosmologia, ad opera di Beba Stoppani, Daesung Lee, Edoardo Miola; un progetto modulare discorsivo di confronto dialettico tra tre artisti, narrazione visiva di una storia da dove si era interrotta.

La costruzione di una cosmologia è uno spazio di produzione di pensiero, di conoscenza e di (auto)coscienza. Questo progetto nasce da un vuoto, un’urgenza, che gli artisti, compagni di viaggio, hanno avvertito.

Quali le reali potenzialità dell’arte nell’operare cambiamenti all’interno del corpo sociale?

Quale ruolo può avere la ricerca artistica nell’ambito degli studi e delle pratiche legate alla sostenibilità?

Quale il valore aggiunto nel coinvolgimento degli artisti in questo ambito?

Esiste un’Estetica della Sostenibilità?

Questi e altri quesiti sono alla base della sperimentazione che si vuole mostrare.

Il progetto intende proporre una riflessione critica articolata che affronti in maniera interdisciplinare la questione ambientale, intesa nel duplice aspetto di crisi della società termo-industriale fondata su fonti energetiche non rinnovabili e di crisi ecologica dovuta all’inquinamento e al preoccupante surriscaldamento del pianeta.

Il problema ecologico non può essere ridotto ad una questione ambientalista tout court, ma va analizzato e inteso nelle sue molteplici implicazioni filosofiche, psicologiche, ambientali, economiche e sociali. L’ecologia non solo come scienza della natura, ma come scienza dell’interrelazione del confine, della trasversalità, quale nesso focale del binomio natura/cultura.

Le diverse specificità artistiche presenti in X-CHANGE, ad opera degli artisti Beba Stoppani, Daesung Lee e Edoardo Miola, condividono una strategia che non denuncia passivamente il degrado del nostro pianeta, né offre nuove e funzionali soluzioni tecnologiche; articolano, invece, le contraddizioni e le responsabilità incrociate in cui ci imbattiamo in prima persona e come società.

La loro “arte” non indica la “giusta” via etica ed ambientalista, ma permette di analizzare e mettere in discussione le nostre azioni e le nostre percezioni.

Mette in moto un atteggiamento critico che interviene, si infiltra, re-interpreta e decodifica le relazioni umane con le forme di vita non-umana e con gli altri esseri viventi.

L’obiettivo è ricercare, rivelando nella riutilizzazione di materiale fotografico realtà incorporate, corpi organici/inorganici nascosti.

Emergono forme di vita e di interazione natura-uomo-macchina come mutante che documentano i loro interventi di ricerca e di creatività sperimentale.

Pertanto, questo tipo di X-CHANGE emerge come pratica contemporanea.

X-CHANGE

ARTISTI:

Beba Stoppani, 0° a 5000 mt

Daesung Lee, Ghoramara / Futuristic Archaeology

Edoardo Miola, FORE-X

Testo critico: Gigliola Foschi

5 – 15 maggio 2016

Amy-d Arte Spazio

Via Lovanio 6, 20121 Milano

MM2 Moscova

www.amyd.it – info@amyd.it – 02.654872

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500 che passione!

di Giuliana Tonini – Sono appassionata di auto d’epoca. Vado a vederle alle fiere del settore, alle mostre e nei musei, e mi diverto molto a trovarne per strada e a fotografarle. La mia preferita in assoluto – diciamo proprio che la adoro – è la vecchia, storica, Cinquecento. Quando ne trovo una, sono contenta come una bambina che gioca alla caccia al tesoro.

Come gli sceicchi arabi hanno nei loro garage decine di sgargianti Ferrari, Rolls-Royce e Bentley, io, se potessi, metterei su la mia scuderia personale di sgargianti 500 di tutti i colori.

Non sono l’unica ammiratrice, ovviamente. La 500 è un vero e proprio mito intramontabile. In tutta Italia ci sono numerosi club di appassionati e di proprietari di 500, che organizzano raduni in ogni parte del Paese, e anche su Facebook la Cinquecentina, o Cinquino, è una indiscussa reginetta.

Conosciamola meglio, e proviamo a capire il perché sia un mito.

È stata in produzione dal 1957 al 1975, per diciotto anni consecutivi. L’anno prossimo compirà 60 anni, e mi auguro che la FIAT organizzi delle belle e adeguate celebrazioni per la sua fortunata creatura.

Il papà del gioiello della FIAT è Dante Giacosa, ingegnere, progettista e designer che ha creato, nel corso dei decenni, innumerevoli modelli per la casa automobilistica di Torino, tra cui, solo per citarne alcune, la 600 e l’Autobianchi ‘Bianchina’, contemporanee della 500, e la storica Topolino del 1936, che è stata la prima 500, di cui il modello del 1957 è discendente diretto.

L’idea di partenza è arrivata da un impiegato tedesco della Deutsche Fiat, che aveva inviato alla casa madre dei disegni per una nuova creazione ispirati alle linee del Maggiolino Volkswagen.

La microvettura utilitaria della FIAT è nata, in pieno boom economico, per essere la macchina che tutti avrebbero potuto permettersi di acquistare. Era l’auto più economica di casa FIAT e aveva una struttura essenziale che non richiedeva grandi spese di manutenzione.

E la macchina di tutti lo è diventata davvero. Dopo un primo anno con un andamento di mercato un po’ in sordina, anche per lei è arrivato il boom. Durante gli anni Sessanta e Settanta quasi tutte le famiglie e quasi tutti i giovani avevano una 500, oppure una 600, del colore che piaceva di più.

Nel corso degli anni il Cinquino si è evoluto, con una produzione di modelli diversi e per tutti i gusti. Come, solo per citarne alcuni, la 500 Abarth: la versione sportiva per i più giovani, quella con le strisce rosse sulle fiancate, che prendeva parte anche a competizioni automobilistiche; la versione station wagon: la 500 Giardiniera o Giardinetta; oppure quella, indimenticabile, con le porte controvento.

Ecco quindi perché il fascino della Cinquecento è sempreverde: perché rappresenta un pezzo di storia italiana, e chi ne possiede una ne è giustamente orgoglioso.

E poi, con quella forma simpatica e graziosa, i suoi colori, il suo fascino retrò e quel rumore meccanico di motore d’altri tempi, la vecchia Cinquecento è davvero irresistibile. Non per niente in uno dei raduni, che si possono vedere anche su YouTube, un esemplare portava un cartello che diceva: sono una piccola rubacuori.

E di raduni, i proprietari delle 500 iscritti ai vari club, ne fanno veramente tanti. Si ritrovano in ogni parte d’Italia, con decine di macchine, e percorrono le strade in una coloratissima fila, a suon di clacson.
Non per niente la FIAT, nel 2007, l’ha fatta rinascere, ‘reincarnandola’ in un modello dalle forme moderne, ma che richiamano in tutto e per tutto quelle della piccola utilitaria degli anni Sessanta e Settanta. Ed è stato un successo. Oggi la nuova 500 spopola per le strade.

E il marchio 500 è un vessillo, tanto che la FIAT lo ha utilizzato anche per la 500L e la 500X, due modelli di SUV degli ultimi anni, pensati anche per il mercato nordamericano, che poco assomigliano alla leggendaria utilitaria, ma che ne condividono il brand.

Una leggenda non può che essere protagonista di molte avventure. Tra le più singolari, sul sito www.idiaridelcinquino.it, troviamo la storia e le immagini di Danilo Elia, Fabrizio Bonserio e Zivile Linkeviciute, appassionati di viaggi (e ovviamente della piccola FIAT) che, con un modello del 1973, sono andati da Bari fino a Pechino, e poi hanno fatto un viaggio intorno al Mediterraneo.

E da non lasciarsi sfuggire è la creatura (proprio in senso Frankensteiniano) del  titolare e degli ingegneri della OEMMEDI’ Meccanica di Acquapendente (VT), officina specializzata in auto e moto d’epoca. Come dei dottor Frankenstein delle auto, hanno creato, in un unico esemplare, la 500-Laborghini, una macchina col motore di una Lamborghini e la carrozzeria – adattata anche per potere farci stare il potentissimo motore – di una vecchia FIAT 500. Andare su YouTube per credere!




Emilio Scanavino: l’Alfabeto dell’Esistere

di Andrea Farano – Questa volta lasciamo da parte quel (spesso) malcelato aplomb d’imparzialità doverosamente richiesto a chiunque scriva con velleità (re)censorie e dichiariamo previamente il nostro amore incondizionato per Emilio Scanavino (Genova, 1922 – Milano, 1986), il pittore al quale riconosciamo la più alta capacità di dipingere le recondite paure ma, perché no, anche le speranze che si annidano profonde nel nostro essere.

È con questo spirito che ci siamo avviati, qualche giorno fa, all’inaugurazione della mostra allestita presso i rinnovati spazi espostivi (davvero splendidi, indipendentemente dalla mostra in corso) della Galleria Dep Art, timorosi e insieme consapevoli del fatto che più le aspettative sono alte, più la delusione è facile.
Fortunatamente il colpo d’occhio all’ingresso ha da subito certificato la qualità assoluta della selezione compiuta da Antonio Addamiano, capace di raccogliere e presentare – in concomitanza con il roboante MiArt – il meglio della produzione dell’ultimo ventennio di vita dell’artista ligure, esponente di quella corrente artistico/pittorica volgarmente conosciuta come informale e che dagli anni ’50 aveva eletto, pur con i doverosi distinguo dei mille rivoli europei, il “gesto” (ed il “segno” che ne scaturiva) a cardine e motore principale della comune dimensione espressiva.

Ci troviamo quindi di fronte a testimonianze della piena maturità compositiva di Scanavino, quando – pienamente interiorizzato il mondo giovanile fatto di tracce e presenze dall’aspetto larvale, che ne avvicinava la poetica ai contemporanei Novelli e Peverelli (ma anche e soprattutto a Wols, per guardare oltre confine), e depurato da certe innegabili suggestioni spazialiste e finanche surrealiste – il tratto segnico, che da sempre ne è l’emblema, si delinea più granitico e stentoreo.

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Il senso dell’attesa – favorito da una tavolozza di fondo quasi priva di colori – viene squarciato dalla presenza di immagini codificate e ossessive, che si rivelano da un tempo ignoto e, pur lontane da ogni figurazione allegorica, impongono all’osservatore una riflessione profondamente emotiva da cui è difficile scappare.

Quella massa spigolosa che incombe, aggrappandosi in sospensione ad una luce (speranza?) lontana, ci palesa quei segreti travagli interiori che ci legano, ci spaventano, ci trattengono e ci àncorano nel nostro immobilismo quotidiano.

Il Groviglio è il nodo psichico che non sappiamo sciogliere.
Lo Scavo nel colore è la nervatura che ci tiene in piedi.
La Traccia è la testimonianza ultima della nostra esistenza.

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Particolare attenzione dedichiamo alla serie degli “Alfabeti Senza Fine”, splendidamente rappresentata in mostra da esemplari più che significativi, dove quadrettature e reticoli – casellario sempiterno dei nostri schemi mentali e comportamentali, o gabbie dentro le quali ci muoviamo o siamo rinchiusi – accolgono e subiscono le ineluttabili tensioni che vi si annidano, rinnovando un perpetuo conflitto con l’ordine prestabilito.

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Usciamo dalla galleria, lasciando – purtroppo – alle pareti gli unici specchi capaci di mostrare come siamo fatti… dentro.

Il nodo racchiude la costrizione del destino, l’oscuro intreccio di segreti, l’impotenza dell’uomo di fronte all’oracolo.
Se lo osserviamo con un po’ di attenzione vediamo luccicare gli anelli del serpente.”
Ernst Jünger

Emilio Scanavino: Opere 1968-1986
Dep Art Gallery, via Comelico n. 40 – Milano
sino al 1 giugno 2016
www.depart.it

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LA COPPIA DEI CAMPIONI”: UNA STORIA D’AMICIZIA E DOLCEZZA

di Elisa Pedini – Presentato oggi alla stampa il film “La coppia dei campioni”, in uscita domani, 28 aprile, del regista Giulio Base, che, per la seconda volta, si cimenta in una commedia tutta all’italiana. La prima, lo ricordo, era stata “La bomba”, commedia del 1999, ultima interpretazione di Vittorio Gassman. Base è uomo di cultura e spessore molto profondi, nonché professionista poliedrico ed eclettico: attore, sceneggiatore, regista, produttore. La sua regia e per conseguenza, la sua cinepresa, non sono mai né superficiali, né scontate e la commedia “La coppia dei campioni” rappresenta queste sue caratteristiche. Pellicola simpatica, comica, ironica, onesta, ma, soprattutto, come afferma lo stesso regista in conferenza stampa, un film «d’amicizia e dolcezza» e aggiunge che «è la storia di due anime che, nel cercare un posto, diventano quasi amici». Non immaginatevi, dunque, la solita commedia e non immaginatevi un film sul calcio. I protagonisti principali sono Massimo Boldi, nel ruolo del dottor Fumagalli e Max Tortora, che interpreta Zotta. Un nuovo “tandem” del cinema, perché sono per la prima volta insieme sul grande schermo. Eppure, sembrano fare coppia da sempre. Il loro affiatamento è fortissimo. Boldi definisce questo film «una novità, una sfida» perché «i miei film sono sempre usciti a Natale o a metà novembre – afferma – quindi è una novità quest’uscita a tarda primavera». La trama è già divertente di suo: due impiegati della stessa multinazionale vincono in premio i biglietti e il relativo viaggio, per andare a vedere la finale di Champions League a Praga. L’uno, dirigente di Milano, tale dottor Piero Fumagalli, in realtà, non lo vince, lo estorce al suo subordinato e così, da subito, si delinea la personalità del primo protagonista. L’altro, magazziniere di Roma, Remo Ricci, detto Zotta, invece, lo vince. Due anime opposte, due mondi agli antipodi. Spocchioso, pieno di soldi e convinto che tutto si possa comprare, il primo; persona normale il secondo, con un lavoro normale e tutti i problemi della vita quotidiana che ha un’altrettanto normale famiglia italiana di questi tempi. Lo spettatore non ci mette che qualche scena a comprendere che il primo, in realtà, deve tutto, nonché il posto di lavoro, al matrimonio che ha contratto con una contessa; mentre il secondo, sarà anche umile, ma ha studiato e ha una cultura: cita Wagner, Beckett, parla inglese. I due s’incontrano all’imbarco in aeroporto. L’antipatia è immediata. Il viaggio inizia, ma non tutto va come dovrebbe: causa maltempo, l’aereo deve effettuare un atterraggio di fortuna in Slovenia. Per Fumagalli e Zotta comincia una “frequentazione” forzata, che si dipana in tutta una serie di comici aneddoti per riuscire a raggiungere Praga. La commedia è decisamente riuscita e non vi dico altro, lascio a voi il piacere di gustarvela. Mi piace, però, sottolineare le parole di Giulio Base in conferenza stampa, che, con l’umiltà che caratterizza le grandi menti, dice del suo film: «Volevo raccontare solo una storia d’amicizia. Il film non ha pretese d’essere diverso da quello che si vede. È un film onesto. Una storia d’amicizia e di dolcezza.» In realtà, secondo me, il film è condotto con grande delicatezza e maestria ed è ricco di citazioni importanti. L’ho premesso: non è la solita commedia. In particolare, è curata la nascita di questa amicizia, nonostante le differenze e le opposizioni. Ci sono profonde umanità e dolcezza nella premura con cui Zotta corre in soccorso di Fumagalli dopo la sua “notte brava” e anche in quello “scusa”, che, quest’ultimo, grida al suo compagno, quando si rende conto che, di fatto, il suo “quasi amico” è un amico. Ritengo sia superfluo parlare dell’esecuzione dei due protagonisti. Massimo Boldi è un “must”, ormai, del cinema italiano. Che piacciano o no i suoi film, è un dato di fatto ch’egli sia invitto sul grande schermo dal 1975. Eppure, quando gli chiedo il segreto del suo successo, abbassa lo sguardo e risponde: «Non lo so! Avevo una grande passione e ne ho fatto la mia professione. Ma, mai avrei pensato… È capitato. È capitato e basta!». Da questa risposta, non stupisce come gli riesca bene interpretare la dolcezza di questo film. Max Tortora, non è certo da meno essendo sugli schermi, televisivi prima e cinematografici poi, dal 1990. Sopra ogni cosa, però, non si può non ammettere che il connubio Boldi-Tortora non funzioni all’unisono e non dia seriamente quel “quid” in più a una pellicola, di per sé, già molto apprezzabile. Interrogati a riguardo, i due attori s’esprimono così: «Lavorando con Massimo – afferma Max Tortora – ho potuto constatare di persona e quindi, scoprire, tutti i registri di cui è capace. A seconda di quello che serve, lui è in grado di tirare fuori il meccanismo giusto. Sarà che io sono musicista autodidatta e lui è un ex batterista, ma definirei la nostra intesa: musicale». Boldi annuisce e aggiunge: «Si c’è forte intesa, anzi, c’è musicalità perfetta. (ride) Siamo malati di Dallarite! (si riferisce a Toni Dallara, n.d.r.) E partiamo a cantare, ovunque!» Ed è vero, perché partono a cantare anche in conferenza stampa, suscitando l’ilarità di noi giornalisti presenti. Un binomio che funziona davvero e che fa sperare in una prolifica collaborazione futura.




Un week end nella Valle della Loira sulle orme di Leonardo

Proprio 500 anni fa Leonardo da Vinci lasciava l’Italia con tre tele (la Gioconda, Sant’Anna e San Giovanni Battista) per trasferirsi alla Corte di Francesco I di Francia, ad Amboise, dove vivrà i suoi ultimi tre anni  di vita nel vicino Castello del Clos Lucé. E la Francia ha deciso di celebrare questo anniversario con tre anni di festeggiamenti e rievocazioni, un’occasione unica per organizzarsi un week end lungo fuori porta e, sulle orme di Leonardo, andare alla scoperta della Valle della Loira,  patrimonio dell’Unesco, dei antichi castelli (Chambord, Chenonceau, Chinon,  Villandry, Tours, Azay-le-Rideau … ) e dei suoi giardini fiabeschi.  D’altro canto la Valle della Loira è meta ideale in primavera e la si può percorrere, grazie alla fitta rete di ciclabili (tra i primi percorsi proposti in ambito europeo) anche sulle due ruote: 800 km di piste verdi che attraversano campi e boschi e portano, sempre a una destinazione fiabesca.

Per celebrare degnamente il genio italiano di Leonardo, si può iniziare il tour proprio al Castello di Clos Lucé dove si possono visitare le stanze di Leonardi e sono riproposti in scala alcuni modelli di alcune delle sue più celebri invenzioni. La costruzione in mattoni rossi e di tufo fu costruito su fondamenta gallo-romane durante il regno di Luigi XI e diventò la proprietà di un favorito del Re, Etienne-le-Loup, ex cuoco. Completata nel 1490 da Carlo VIII, la dimora riceve una cappella aggiunta all’ala occidentale, offrendo così un oratorio ad Anna di Bretagna, giovane sposa del re Carlo VIII. Quin nell’aprile del 1516, dopo anni di peregrinazioni, giunge Leonardo che trova nel castello del Clos Lucé la sua prima dimora personale. Il castello, raggiungibile oltre che in bici e in auto, anche in treno e mezzi pubblici (Stazione ferroviaria Tours – St Pierre des Corps,  20 km dal Clos Lucé) e aereo (aeroporti d’Amboise Dierre a 15 km o Tours a 25 km), è appetto dalle 9 alle 19 (nei mesi estivi l’orario è prolungato fino alle 20). L’ingresso per gli adulti costa 14 euro.
Altra tappa fondamentale per ripercorrere le orme di Leonardo è il Castello Reale di Amboise dove appunto risiedeva la corte di Francesco I,  committente di Leonardo. Amboise nasce come fortezza medievale per poi trasformarsi in una residenza reale sotto i regni dei Re Carlo VIII e Francesco I (fine XV – inizio XVI secolo) che si circondano di letterati e artisti. Nella cappella di Amboise riposa Leonardo da Vinci che riposa nella cappella del castello. Il Castello è raggiungibile anche dalla Stazione ferroviaria TGV (Tours-Saint-Pierre-des-Corps) a 20 km dal castello o tramite il collegamento  (Sncf) fino alla stazione ferroviaria di Amboise. L’ingresso costa 10,9 euro.
Infine, una terza e ultima tappa per un week end dedicato a Leonardo non può che essere presso il Castello rinascimentale di Chambord, icona e meraviglia del rinascimento francese e vero e proprio castello delle fiabe in mezzo auna foresta.  Chambord nasce dal sogno di Francesco I. Nessuno conosce il nome dell’architetto di Chambord, ma questo capolavoro sembra essere inspirato dagli schizzi di Leonardo, soprattutto per quanto riguarda la famosa scala a doppia rivoluzione. Chambord è un castello dalle proporzioni perfette che provoca un sentimento di maestosità, un’armonia nei volumi e le decorazioni, assolutamente da non perdere. Il Castello si raggiunge anche in treno da Parigi (fermata Blois poi navetta Blois-Chambord da maggio ad agosto) ed è aperto dalle 9 alle 19. L’ingresso costa 11 euro.

LE INIZIATIVE IN ONORE DI LEONARDO

Le celebrazioni iniziano a giorni presso il Castello di Clos Lucé con la nona edizione de “L’Univers de la Création”  (dal 28 aprile al 20 maggio 2016) con la Corea del Sud come Paese ospite.
Un appuntamento annuale con gli  eredi di Leonardo da Vinci. Il castello del Clos Lucé accoglie grandi artigiani d’arte coreani e francesi che testimoniano l’eccellenza del savoir-faire in svariati settori, come la ceramica, l’arte dei ventagli , della seta e dei tessuti in genere, la coltelleria e la creazione di maschere.

A giugno segue la mostra  “Dal Clos Lucé al Louvre, i tre capolavori di Leonardo da Vinci” – 18 giugno -31 dicembre 2016
Realizzata con il concorso di diversi esperti, fra cui il professor Carlo Pedretti, presidente onorario del Comitato Scientifico, e di Alessandro Vezzosi, Commissario della mostra, questa mostra ha l’obiettivo di celebrare il quinto centenario (1516-2016) di un evento decisivo nella vita di Leonardo e per la storia dell’arte: il genio-artista lascia infatti Roma per Amboise e si stabilisce al Manoir del Cloux, oggi Clos Lucé. La mostra mette in luce il ruolo fondamentale che i tre dipinti di Amboise hanno avuto all’apogeo dell’arte di Leonardo. E mostra il fenomeno del mito Leonardo attraverso cinque secoli. Mito che prende origine proprio al Castello del Clos Lucé e cresce progressivamente fino all’esposizione dei dipinti al Museo del Louvre, ricostruendo i percorsi delle opere fra Valle della Loira e Parigi grazie a prestiti di diversi musei.

A settembre infine si terrà Festival Europeo di Musica Rinascimentale -23, 24 e 25 settembre 2016Dal 2005, il Festival celebra Leonardo musicista e interprete di talento, invitando gli ensembles più prestigiosi. L’ edizione 2016, inserita negli anni leonardeschi, è dedicata ai giovani talenti.

Al Castello Reale di Amboise  invece ogni domenica alle 11.30, dall’8 maggio al 15 settembre, si potrà prendere parte a visite guidate espressamente dedicate a Leonardo.

Non solo. Dal 15 aprile al 15 novembre presso il Castello di Amboise si terrà Studio Leonardissimo. Sull’esempio di Leonardo, che ad Amboise disegna il castello reale nel 1517, i visitatori sono invitati a cercare l’ispirazione nei panorami d’eccellenza dei giardini che dominano la Loira. A disposizione di artisti e visitatori cavalletti e tele di grande formato, e ogni creazione viene condivisa sui social per eleggere l’artista del mese e di ogni stagione.

A maggio si terrà la Festa del paradiso, un appuntamento ispirato alle feste rinascimentali italiane con esibizione di artisti di strada, laboratori di introduzione alla musica e alla cucina dell’epoca.

In estate, (luglio e agosto nelle notti di mercoledì e sabato oltre ad alcune date supplementari) infine prenderà vita presso il Castello di Amboise un nuovo spettacolo storico notturno, La Profezia di Amboise, che ricostruisce la storia della corte agli albori del Rinascimento, creato dallo scenografo Damien Fontaine.

 




“TRUMAN”: QUANDO UN AMICO È PER SEMPRE

di Elisa Pedini – Dal 21 aprile sarà nelle sale italiane “Truman” del regista catalano Cesc Gay. La particolarità della sua regia è proprio quella di mettere in risalto, in modo molto naturale e realistico, le sfumature e l’introspezione dei rapporti umani con delicatezza e humour. Già in “Una pistola en cada mano” del 2012, dove peraltro ritroviamo la triade Gay-Darin-Cámara, questo regista s’era fatto apprezzare proprio per la sua grande capacità di descrivere plurime realtà attraverso la molteplicità delle relazioni umane. “Truman” è una pellicola intelligente, toccante, profonda. Una perla di maestria, sia dal punto di vista della regia che dell’esecuzione, pronta a ribaltare l’anima anche del pubblico più esigente e duro. Amo definire questo regista un “impressionista del grande schermo” perché  riproduce le sensazioni e le percezioni umane, con tocchi veloci e delicati, ma precisi come un bisturi, “disegnando” una tela perfetta giocata tra i contrasti di luci e ombre dei colori puri, forti e vividi dell’anima umana. Cesc Gay analizza i fili che reggono le relazioni umane, proponendo dialoghi e situazioni molto reali sia nelle parole, che nelle dinamiche, che nella gestione delle inquadrature. Ogni dettaglio non è casuale, ma riproduce, esattamente, le conversazioni tra congiunti, amici o parenti che siano: i timori, il detto e il non-detto, i silenzi, gli sguardi, le sospensioni: ovvero, quegli istanti in cui si sta parlando con una persona cui si tiene, ma l’emozione blocca le parole in gola, ma l’altro, che ci conosce, capisce comunque. Nella regia di Cesc Gay, persino i pensieri parlano. La sua telecamera è una mano delicata e rispettosa che raccoglie il cuore dei protagonisti per metterne a nudo l’anima. È delicata come cristallo la materia che manipola e proprio per questo non tralascia mai la levità, l’ironia e lo humour. D’altronde, nei rapporti umani è così: mai e poi mai si vorrebbe far del male a chi si ama e allora si cerca di dire le cose, anche le più dure, in modo sincero, ma dolce e gentile. Si entra in punta di piedi dentro l’anima di qualcuno. Proprio questa è la delicatezza che usa Cesc Gay e che ritroviamo in modo potente in questo film. La trama di “Truman” è impegnativa: tocca tasti gravi come la malattia e la morte; ma, sopra tutto e tutti, resta la capacità umana di provare emozioni, resta la forza dell’amicizia, resta il rispetto profondo per l’anima umana. Julián è un affermato attore argentino che vive a Madrid: estroso, bohémien, separato, con un figlio che studia ad Amsterdam. Vive la sua vita da single “Don Giovanni” in compagnia del suo amatissimo Truman: un bullmastiff che lui considera il suo secondo figlio. Qualcosa, però, cambia nella vita patinata di Julián: un verdetto nefando e un futuro che svanisce. Sua cugina Paula ne avvisa il migliore amico di Julián, Tomas, professore madrileno che si è trasferito a vivere in Canada. Posato, responsabile, pragmatico, Tomás ha formato la sua famiglia, solida e stabile, e insegna all’università. Non esita a volare dall’amico. Nel suo cuore cova la speranza che la sua vicinanza possa cambiare la situazione, ma, ben presto, comprende che tutto è, invece, segnato. Tutto è deciso. Il grande cruccio di Julián è trovare una famiglia che si prenda cura di Truman, con amore e dedizione, quando lui non ci sarà più. Non vi dico altro sulla trama, perché è un film da vedere, da vivere e da gustare. Aggiungo solo che i due amici passano quattro intensi giorni insieme vivendo tante situazioni e incontrando le possibili famiglie adottive per Truman. I dialoghi sono la vera chiave portante. La comunicazione è un dono squisitamente umano ed è proprio comunicando che le persone attivano le interrelazioni tra loro, scambiandosi emozioni, idee, intese, disaccordi. In particolare, fra battute, scherni, scambi d’opinione, silenzi d’una profondità sconcertante, lo spettatore viene portato dentro l’anima dei protagonisti. Non si sfugge alla regia di Cesc Gay. Mi sono ritrovata a sentire dentro le vibrazioni delle paure, degli abissi, dei protagonisti, anche quando le medesime venivano solo sottintese e non esplicitate. Senza neppure accorgermene, mentre ridevo delle battute che normalmente si scambiano due grandi amici, le lacrime mi scendevano. Potevo sentire, attraverso quei dialoghi e quegli sguardi, i sentimenti interiori dei protagonisti, i loro diversi modi di vedere e d’approcciare la drammaticità degli eventi. La delicatezza e il rispetto tipici della regia di Cesc Gay, in “Truman” trovano il loro compimento perfetto. Pellicola preziosa, intensa, significativa che tiene lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo fino all’ultimo secondo. Fino all’ultimo struggente saluto all’amico Truman. Magistrale e penetrante l’interpretazione di due colossi della cinematografia spagnola come Ricardo Darin, che interpreta, con incredibile naturalezza, la drammaticità del personaggio di Julián e Javier Cámara, nel ruolo del grande amico Tomás. Non per altro, entrambi vincitori del premio Goya per “migliore attore”. Parlando d’interpretazione magistrale non posso certo non menzionare un attore davvero speciale: Troilo, lo splendido bullmastiff nella ineguagliabile parte di Truman, che da il nome al film.

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Gianni Oliva: Šiauliai. Attimi di sospensione sulla Collina delle Croci

In occasione di Photofestival 2016, lo spazio Made4Art di Milano presenta Šiauliai, personale dell’artista e fotografo Gianni Oliva (Torino, 1964) a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni, una mostra con il Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica di Lituania nella Repubblica Italiana.

In esposizione una serie di scatti realizzati nel 2007 alla Collina delle Croci (Kryžių Kalnas), nei pressi della città lituana di Šiauliai, compresa l’opera vincitrice del primo premio al Photissima Art Prize Torino 2015.

Luogo di pellegrinaggio e meta turistica, la piccola altura su cui si ergono decine di migliaia di croci piantate dai fedeli, secondo una tradizione popolare che dura da secoli, è diventata nel corso del tempo simbolo religioso e dell’identità nazionale lituana.

Gianni Oliva ha ritratto la Collina delle Croci in una gelida giornata autunnale, realizzando con paziente attesa scatti di intensa poesia e di grande forza evocativa, dove l’infinita distesa di croci e le piccole figure che talvolta appaiono nei loro abiti colorati emergono da un paesaggio reso indistinto dalla neve. Attesa, momento di sospensione per cogliere l’istante giusto, che si rivela essere una delle componenti fondamentali della produzione artistica di Oliva, “uno dei momenti più eccitanti e creativi dell’arte fotografica. Spesso immaginiamo una fotografia e improvvisamente questa prende vita davanti ai nostri occhi componendosi”.

In mostra presso Made4Art di Milano una selezione delle 14 immagini fotografiche della serie Hill of Crosses, scattate in un’unica giornata nell’ottobre del 2007. Šiauliai, con data di inaugurazione mercoledì 20 aprile, rimarrà aperta al pubblico fino al 9 maggio.

Gianni Oliva. Šiauliai

a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni
M4A – MADE4ART | Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura

Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano

20 aprile – 9 maggio 2016

Inaugurazione mercoledì 20 aprile, ore 18.30

La mostra non sarà aperta al pubblico nei giorni 25, 28, 29 aprile e 2 maggio

Lunedì ore 16 – 19, martedì – venerdì ore 10 – 13 / 16 – 19 
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872

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Londra, Amsterdam e Pontedera: tre week-end per tre compleanni reali

Week-end  superstar per fine aprile. Gli eventi che celebrano la primavera si susseguono su tutto il terrirono e anche fuori dai confini della Penisola. L’importante è saper scegliere. Ecco tre idee per tre differenti week-end che a loro modo celebrano tre diversi e compleanni: quello della regina Elisabetta d’Inghilterra, quello di Willem-Alexander, re dell’Olanda e quello della Vespa, regina della Dolce Vita italiana.

1-Londra compleanno reale, Shakespeare e  St George’s Day. Il 21 aprile la regina Elisabetta compie i suoi primi 90 anni e, anche se le celebrazioni ufficiali sono generalmente posticipate a giugno a causa degli acquazzoni che nella capitale inglese, ad aprile, sono ancora più frequenti del solito, non ci sarà pub a Londra e dintorni in cui l’evento non sia celebrato con un brindisi. Meglio ancora con due brindisi, o anche qualcuno di più.  Per chi si può fermare per il week-end lungo, il  23 aprile si potrà assistere alle celebrazioni per  il St George’s Day e per i 400 anni dalla morte di Shakespeare, tra Trafalgar Square e South Bank. Le iniziative, anche gratuite, sono numerose e interesseranno il pieno centro della City. Un’occasione unica per volare a Londra e unirsi ai festeggiamenti, completamente laici, in Trafalgar Square per il patrono inglese (St George appunto, il leggendario cacciatore di draghi e salvatore di principesse), per poi attraversare il Tamigi e recarsi a South Bank, al Shakepeare’s Globe Theatre, a ricordare i quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare. Non solo. Il Shakepeare’s Globe ha allestito una passeggiata di tre km circa tra Westminster e il Tower Bridge dove una serie di 37 schermi riporteranno un vita i principali personaggi del drammaturgo grazie con brevi filmati recitati dai maggiori attori teatrali mondiali. 

 

2 – Amsterdam tra parate dei fiori ad Haarlem e festeggiamenti reali nella capitale. Un’idea da non perdere per un week-end fuori porta è quella di volare in Olanda per assistere alla parata dei fiori di Haarlem, una feste piena di colori e aromi. Quest’anno si terrà il 23 e il 24 aprile. Il percorso si snoda su 42 klm da Noordwijk ad Haarlem e porta sulle strade venti enormi carri e trenta auto addobbati di fiori. Il punto forse più suggestivo da cui assistere alla parata è il parco botanico di Keukenhof, non lontano da Amsterdam, da cui la sfilata passa a metà pomeriggio, intorno alle 15.30. Qui, circondati da sette milioni di bulbi in fiore, si potrà godere dello spettacolo reso possibile dall’opera di centinaia di volontari. Per chi poi si può permettere qualche giorno di vacanza in più, è assolutamente da non perdere la “Festa del Re”, Koningsdag, il giorno in cui l’intera Amsterdam impazzisce e si riversa per le strade della capitale olandese. La festa (in precedenza cadeva il 30 aprile) celebra Willem-Alexander, nato, appunto, il 27 aprile 1967. Nelle strade, lungo i canali, nei parchi e ovunque ci sia spazio, esplode il più grande street party dell’anno. Tra “orgoglio arancio”, musica live, dj set, party e un mercato delle pulci che si stende per tutta la città, troverete un’atmosfera elettrizzante imperdibile. Il vrijmarkt (mercato libero) offre l’opportunità a grandi e piccini di vendere oggetti di seconda mano per le strade e nei parchi di Amsterdam, per l’occasione trasformata nel più grande mercatino delle pulci del mondo. Gli olandesi, gli stranieri in città e i turisti conquistano ogni spazio libero di Amsterdam in una giornata di felice caos e, secondo tradizione, fin dalla notte precedente – la Notte del Re – ha inizio una serie infinita di party: dj set nelle piazze, barche colorate nei canali, musica dal vivo che dai bar e dai caffè invade le strade.
 

3- Pontedera (Pisa) 22-25 aprile “70 anni di Vespa”. Pontedera si prepara a celebrare il mito per eccellenza della Dolce Vita: la Vesta che, proprio in questi giorni, celebra i suoi primi 70 anni di vita. Un altro compleanno, per così dire, regale.  Piaggio infatti festeggia i suoi primi 70 anni da quanto Enrico Piaggio, il 23 aprile 1946, ha depositato il brevetto per la Vespa, icona due ruote dell’italian way of life. Il programma è fitto: tra raduni,  inaugurazioni di mostre al museo Piaggio, gare, cene di gala, tour sulle colline circostanti, cene di gala e musica dal vivo e culminerà con il concerto di Enrico Ruggeri il 24 aprile. Per tutti i fan della Vespa l’appuntamento per il week-end lungo tra le colline pisane è di quelli irrinunciabile.




DESIGN E ARREDAMENTO: ALL’INSEGNA DELLA PERSONALIZZAZIONE

di Elisa Pedini – Per la settimana del design e il Salone del Mobile ho pensato di proporvi qualcosa di diverso dal solito. Mi sono concentrata su alcuni aspetti delle nuove collezioni che mi hanno colpita particolarmente pensando a chi, magari, si trovi in un momento di “rivoluzione casalinga”. Ho pensato a quando mi sono trovata io nella situazione di arredare la casa prima e di rinnovare poi e all’importanza che certi eventi hanno giocato in entrambe le situazioni. Ho deciso d’approcciarmi, dunque, con lo stesso spirito, individuando quelle che, per me, sono caratteristiche importanti: originalità e fruibilità. Da questo tour “mirato” ho selezionato e creato un mio itinerario sulla base degli ambienti e degli oggetti che sono d’uso quotidiano. Nel mio caso, per esempio, la zona Living è un aspetto molto importante: non è soltanto l’“area vita” della mia quotidianità, ma è anche e soprattutto, l’ambiente “sociale” della casa: ovvero, quello che condivido con gli amici. Lo immagino e lo voglio, un ambiente “Zen” fortemente caratterizzato: un “giardino” dentro un appartamento di 50mq. Le sue caratteristiche primarie, secondo il mio approccio, devono essere: rilassante, accogliente, giovane, ecologico, leggero alla vista, senza spigoli, dalle forme originali, ma comode; compatto per motivi di spazio, ma completo in ogni suo aspetto, coordinato in tutte le sue parti e che non m’impegni eccessivamente nella manutenzione. Sono andata a caccia di questo “living ideale” e l’ho immaginato per voi.

Per il mobilio, mi ha incuriosita la proposta originale e simpatica d’un’azienda che si chiama “Carton Factory” (www.cartonfactory.it), di Monteriggioni in provincia di Siena, in mostra al Din in Via Massimiano/Via Sbodio, zona Lambrate. È una start-up che nasce dalla trasformazione e rivalutazione d’uno scatolificio del 1947. Simbolo d’un’Italia che si rinnova, che non s’arrende e che crea, quest’azienda ha abbandonato l’uso del cartone per il packaging, rivolgendosi a un uso molto più creativo del medesimo. Il tavolo “Floyd”, per esempio, ha per base un albero stilizzato e per ripiano una lastra di cristallo temperato: leggero alla vista, ma robusto e compatto al tatto, sembra proprio un “giardino in casa”. Può essere abbinato alle sedie “Bruce” con braccioli, o al modello “Terence” senza braccioli. La linea propone, in coordinato, anche la zona relax del Living con l’originale poltrona “Chiocciola”, per esempio e librerie dalle stesse forme arrotondate. Tutti i modelli sono realizzati con materiali altamente ecologici: legno e cartone certificato FSC (Forest Stewardship Council: si tratta di un sistema di certificazione internazionale che garantisce che la materia prima usata per realizzare un prodotto in legno o carta proviene da foreste dove sono rispettati dei rigorosi standard ambientali, sociali ed economici; n.d.r.) e ogni modello è personalizzabile in dimensioni e colori.

Inoltre, un Living che si rispetti, almeno per me, è fatto di dettagli preziosi, anzi, è proprio dalla cura dei particolari che si può comprendere e “respirare” l’anima di chi abita la casa, che ne riempie e vivifica ogni ambito. Nel mio modo “umanizzato” d’interpretare gli interni: il mobilio rappresenta il corpo; i dettagli, lo spirito. Nulla più d’una luce calda e avvolgente può riverberare la “Luce interiore” di chi abita la casa. Le architetture di luce sono importanti e fondamentali per il benessere degli abitanti. Fra le tante proposte che ho visto, il mio cuore resta legato al vetro e alla magia d’un’azienda che ha davvero fatto la storia: Venini di Murano (www.venini.com), realtà rappresentativa d’una delle tradizioni più rinomate della nostra Italia, ovvero quella dei maestri vetrai, esistente dal 1921. Acquisita da gennaio 2016 da un’altra grande azienda italiana, la Damiani, esponente, dal 1924, d’un’altra eccellenza del nostro paese, che è quella dei maestri orafi. Venini è in mostra al Rocca 1794 in Piazza Duomo, 15 fino al 17 aprile. L’arte di questa azienda unisce alla tradizione, la flessibilità e l’originalità del design creando dei veri capolavori. Lampade che grazie al loro aspetto, ma soprattutto grazie alla creazione di meravigliosi giochi di luce, personalizzeranno i vostri ambienti. Qui vi propongo quelle lampade che mi hanno colpita e che vedo all’interno della mia idea di “ambiente con anima”, come per esempio “Bloss”, dell’architetto Emir Uras. È una lampada da tavolo, dal design semplice, ma estremamente affascinante. La sua forma evoca un microcosmo: una sfera in vetro opalino, disponibile nei colori ambra e talpa, su base in metallo cromato. L’oggetto perfetto per creare un’atmosfera “Zen” di relax e benessere. Altro oggetto che ha attirato la mia attenzione è “Kalika” del designer Massimo Iosa Ghini. Una lampada da tavolo che s’ispira alle forme magiche e intramontabili della natura: un bocciolo in cristallo “rigadin” su supporto in metallo ramato o cristallo e nichel spazzolato. L’ultimo pezzo su cui attirerei la vostra attenzione è “Visir”, ideata da Venini. Il nome stesso ci riporta alle corti d’oriente ed evoca un’atmosfera magica ed esotica. Il Visir, dignitario plenipotenziario, dalle vesti e dai copricapi preziosi e ricchi di perle e cristalli, ha ispirato questa lampada dalle dimensioni importanti che ci conduce nel mondo delle fiabe, delle leggende e dei misteri delle notti d’oriente. Paralume in tessuto su un supporto in metallo cromato e cristallo trasparente blu notte, oppure in metallo cromato e cristallo opalino color talpa.

Altro aspetto fondamentale, per chi, come me, è amante della massima personalizzazione degli ambienti e dei dettagli, è la tavola. Il momento conviviale è per noi italiani importantissimo e per me, che prediligo l’originalità e il gusto, è basilare accogliere i miei commensali a una tavola che mi rappresenti, con dettagli lineari, ma, contemporaneamente, particolari e coordinati. In quest’ottica non può mancare una grande azienda italiana come Alessi (www.alessi.com), fondata nel 1921 da Giovanni Alessi e leader mondiale per la qualità dei prodotti e l’eccellenza del design. Pensando alla quotidianità della mia vita, mi sento di proporre il servizio da tavola completo “Tonale”, ideato dall’architetto inglese David Chipperfield, trae ispirazione dalle ceramiche coreane, giapponesi e cinesi associando alla purezza della forma la delicata poetica delle tonalità utilizzate dal pittore bolognese Giorgio Morandi nelle sue opere. La linea era già stata presentata con successo nel 2009, ma è solo oggi che si completa in ogni dettaglio col piatto da portata e il vaso da fiori e due nuove tonalità di colore: Pale Blue e Pale Green. Questi nuovi toni di colore, più freddi, che richiamano elementi naturali come l’acqua e il cielo, applicati al bicchiere, alle tazzine, al piatto fondo, alle ciotole, all’insalatiera e ai nuovi vasi per fiori, si affiancano ai toni caldi e terrosi della serie originaria. Mi piace l’idea d’una tavola ove nulla stoni e che essa stessa s’arredi per un momento d’incontro conviviale. Dove l’omogeneità delle forme può essere variata nei colori, consentendo una delicata originalità pittorica sulla propria tavola quasi fosse una tavolozza. Infine, per un tocco originalissimo alla nostra tavola, magari per esaltare e sottolineare proposte particolari della nostra cucina ai nostri ospiti, proporrei la serie “Ellipse” della designer Abi Alice. Affascinata dalla forma scultorea, pura e minimale dell’ellisse, sviluppa una serie di contenitori multifunzionali in acciaio in tre formati, declinandoli in gradevoli abbinamenti di bianco/giallo/bianco, turchese/bianco/turchese e giallo/turchese/giallo. A queste tre serie si affianca un sofisticato contenitore di piccole dimensioni, presentato in acciaio inossidabile lucido e in acciaio satinato con doratura manuale in oro 24 carati. Due raffinate varianti indicate per servire in tavola con eleganza antipasti, finger food, cioccolatini o piccoli dolci.

Come ultimo suggerimento, sempre nell’ottica della massima personalizzazione degli ambienti, non poteva certo mancare il tessile e dunque, il Gruppo Zucchi-Bassetti (www.zucchibassetti.com), che nella nuova collezione ci propone dei design raffinati per tutti i gusti, con la solita alta qualità di prodotto. In questa sede, pensando a una “casa con anima” e del “tutto coordinato”, propongo tre linee; ma posso garantirvi che la fantasia e l’originalità non hanno davvero limiti. La prima linea che mi ha affascinata è “Lacca” di Bassetti. Ispirata alle antiche lacche cinesi, di cui il nome, è composta da un ramage floreale centrale e da una balza in motivi ricamo e geometrie. Propone un copripiumone double-face con federe e coordinati i copricuscini d’arredo, la tovaglia e le tovagliette all’americana, il telo multifunzione, il plaid con leggera imbottitura anallergica e l’elegante e raffinato kimono. Le varianti di colore sono il rosso delle lacche, il blu Cina e il tortora. L’altra preziosa linea, che mi ha colpita, si chiama “Celtic” e fa parte della “Zucchi Collection”, che prende il nome dalla collezione aziendale di antichi stampi per stoffa, cui le fantasie e le geometrie della “Zucchi Collection” traggono ispirazione. Tali magnifici stampi sono, peraltro, in mostra presso lo store di via Cavallotti 13, nel cuore di Milano. “Celtic” è caratterizzata da una struttura geometrica rigorosa e al contempo, da forme morbide e fluide. Inoltre, è impreziosita dall’inserimento della “Z” di “Zucchi”. La linea include la parure di lenzuola, le federe, il copripiumino e il plaid in leggera imbottitura anallergica, entrambi double-face, la trapunta in calda imbottitura anallergica, il telo multifunzione e i copricuscini d’arredo. Proposta in tre varianti cromatiche: rosso, blu navy e grigio. L’ultima proposta è giovane e frizzante: si tratta della linea classica “Pantone Universe” di Bassetti, che copre tutta la gamma di colori in tinta unita e cosa bellissima, sia per gli amanti del ton-sur-ton che del coordinato fantasia, vi “veste” l’intera casa: asciugamani, lenzuola, federe, copripiumoni, copriletti, tovaglie, tovagliette all’americana, guanti da forno, presine, grembiuli da cucina. Le proposte del Gruppo Zucchi-Bassetti non si fermano, comunque, qui e si arricchiscono della nuova collezione di Tommy Hilfiger; delle raffinatissime proposte della “Descamps Collection”, che, peraltro, in occasione dei 30 anni della famosa spugna della Maison: “La Mousseuse”, propone sul mercato la nuova collezione di asciugamani ispirati al tulle; della collezione bohémienne di Jalla, che rinnnova di mille colori la spugna spugna soffice e morbida e infine della raffinata e delicata collezione per il letto di “Jardin Secret Collection”.

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La scrivania ecologica helloStandy al Fuorisalone

Viene presentata in questi giorni, durante l’evento Fuorisalone, al Salone del Mobile che si tiene a Milano fino al 17 aprile, helloStandy, la nuova standing desk fai-da-te che permette di incentivare la produttività lavorativa del 20%, salvaguardando salute e ambiente. helloStandy, infatti, è la nuova, rivoluzionaria piattaforma di cartone riciclato pensata e realizzata in Italia che trasformerà qualsiasi mobile o scrivania in una funzionale standing desk.

Utilizzata anche dall’amministratore di Facebook Mark Zuckerberg – che ha fatto abolire ben 250 scrivanie presso i propri uffici – la standing desk non è altro che una scrivania alta per permettere ai propri dipendenti di lavorare in piedi in ufficio o comodamente da casa. Una scelta rivoluzionaria che, non solo è in grado di aumentare la produttività lavorativa, ma anche di tutelare la salute di tutti quei lavoratori che sono costretti a passare molte ore seduti dietro ad una scrivania e l’ambiente.

Sono ormai accertati i danni procurati dalle abitudini sedentarie, per questo le standing desk stanno letteralmente conquistando il mercato americano e si apprestano a fare lo stesso in Europa. Tuttavia, i costi di questi innovativi mobili non sono indifferenti – il costo medio di una standing desk può variare dai 300 e fino ai 4000 dollari. Ma con helloStandy è possibile usufruire di tutti i benefici di una standing desk a soli 29 euro, grazie ai risparmi conseguibili attraverso l’impiego di materiali riciclabili.

Inoltre, helloStandy può essere utilizzata su qualsiasi superficie piana ed è in grado di supportare il peso di qualsiasi computer, pur essendo leggerissima. Realizzata in cartone spesso 5 mm e di misura 50×50 cm, questa rivoluzionaria e pratica piattaforma di design occupa uno spazio irrisorio. Infatti, presentandosi come un cartone pieghevole, si potrà decidere di utilizzarla solo all’occorrenza, per poi richiuderla facilmente e senza ingombrare alcuno spazio. Una scelta salutare ed ecologica che migliorerà anche l’efficacia lavorativa.

Dopo la settimana ad una delle maggiori fiere di design, in cui sarà possibile effettuare già un preordine, il prodotto sarà acquistabile direttamente sul sito www.hellostandy.com con consegna in qualsiasi parte del mondo.