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Picasso e le sue passioni. Un percorso attraverso ciò che ha ispirato la sua arte. A Pavia fino al 20 marzo 2016

di Giorgia Schiera – Sita nel Palazzo Vistarino di Pavia, l’esposizione presenta più di 200 opere del pittore provenienti da numerose collezioni private.

La bellezza del palazzo settecentesco non fa altro che rendere ancora più piacevole la visita, e ci accompagna attraverso sette sale, ognuna delle quali è dedicata a temi e stili diversi.

Pablo Picasso è stato un pittore molto longevo, e perciò ha potuto creare molto e ha potuto attraversare in prima persona le più importanti correnti artistiche del Novecento.

Bambino prodigio, dopo l’infanzia a Malaga, vivrà quasi tutta la svita artistica a Parigi.

La pittura di Picasso si divide principalmente in 4 periodi. All’inizio si collocano il Periodo blu e il Periodo rosa, nei quali costruisce le figure restando però fedele ancora a quell’educazione accademica che aveva ricevuto e sviluppato negli anni dell’adolescenza: volumi ben torniti, spazio verisimile e punti di vista unico. In questa fase sono soggetto delle sue tele gli umili, i poveri, che rende utilizzando le tinte fredde del blu e del grigio. Nel periodo rosa il pittore si concentra su altre forme di emarginazione: i saltimbanchi e gli artisti di strada, stanchi e affaticati dalla vita, sono tratteggiati con toni caldi e fini tinte pastello.

Ma la rivoluzione arriva nel 1907: il Cubismo.

Picasso stravolge il concetto di pittura, realizzando le figure con più punti di vista diversi, frammentandole, per far in modo che sia lo spettatore a ricreare un’immagine ideale nella propria mente, aprendo quindi il dibattito su una domanda per il pittore fondamentale: “La pittura rappresenta davvero la realtà?”

Delle sette sale della mostra pavese, la prima è dedicata alla tauromachia, tema a lui molto caro, in quanto lo riporta alla sua infanzia. Per realizzarlo ha utilizzato la tecnica dell’acquatinta allo zucchero, una particolare tecnica di incisione. Sono esposte 26 incisioni, molto simili per stile e per rappresentazione. Non vi è colore, ma solo contrasti di chiaro scuro tra il bianco e il nero che danno dinamicità alla scena: il toro infatti sembra davvero si stia per lanciare alla carica contro il matador che intrattiene il pubblico in visibilio, mentre le linee semplici rendono le incisioni facilmente comprensibili e facilmente apprezzabili.

Passando alla seconda sala ci troviamo davanti al mondo dei saltimbanchi, tema certamente prediletto dal pittore nel suo periodo rosa. A Pavia sono però esposte solo stampe di incisioni in bianco e nero (acquaforte e punta secca). Il tema già praticato a Picasso, assume qui toni nuovi, che vanno dalla malinconia all’ironia.

Nelle sue rappresentazioni dimostra la solidità della sua tecnica e la razionalità con cui realizza i corpi e il loro volume attraverso tratti precisi, che poi andrà a svanire con il celebre quadro Le Demoiselles d’Avignon, punto di rottura tra Picasso post-impressionista e il nuovo Picasso cubista. Pur essendo piccole incisioni, sono capaci di trasmettere un certo senso di inquietudine, grazie allo stile che ricorda un artista come Munch, le cui incisioni producono le medesime sensazioni.

Nella terza sala è esposta una raccolta di studi di costumi per il Tricorno, un balletto di Sergej Aghilev (su musiche di De Falla), che affida al pittore la realizzazione della scenografia. Picasso ne studia i costumi e i decori disegnando vari bozzetti di personaggi che anima con colori brillanti, sia caldi che freddi. I personaggi hanno pose semplici, proprio per far comprendere la coreografia che le scene avrebbero  accompagnato.

Nella quarta sala sono esposti i poemi che Picasso ricopia dai Vingt Poems del poeta Louis de Gongora. Accanto al testo Picasso affianca incisioni di volti e corpi femminili, di cui alcuni semplici, mentre alcuni dal tratto elaborato, ma tutti  capaci di potenza espressiva e comunicativa, quasi come se le figure di Picasso fossero una vera personificazione di ciò che De Gongora ha scritto, e che Picasso ha riportato su incisione.

Entrando nella sala successiva ci si trova davanti al dipinto molto probabilmente ispirato alla compagna Dora Maal: Tetè de Femme. È la fase cubista del pittore, dove si esaspera la scomposizione per piani, per andare a ricreare una forma mentale dell’immagine.

Non ci troviamo davanti ad un’immagine vera e propria di donna, ma di forme geometriche che riescono a ricreare in noi l’immagine femminile.

L’uso dei colori non è armonico, le tonalità spente non trasmettono emozioni serene o di felicità, mentre la figura verso il basso si fa evanescente, come se stesse scomparendo per sempre, forse dalla vita del pittore.

Accanto alla Tète de Femme, ritratto della compagna, come potrebbe non trovarsi l’autoritratto del pittore stesso? Scelto come copertina della mostra, non ha è sottoposto a un forte processo di scomposizione, ma piuttosto una generale deformazione del viso. Picasso si è voluto rappresentare così, restando fedele al suo stile originale, e con un’idea di fondo geniale: la rappresentazione artistica come sintesi di mondo ideale e mondo infantile, in quanto da bambini non si è portati a disegnare razionalmente, ma solo seguendo il proprio istinto, la propria spontaneità, riportando l’arte alla sua forma più pura. Quella che vediamo quindi non è l’immagine del Picasso reale, ma è come Picasso vede la forma più pura di se stesso.

Consiglio vivamente a chiunque sia intenzionato a visitare la mostra di farlo nei prossimi giorni, non solo per l’originalità delle opere esposte, ma anche per ammirare un palazzo molto bello, aperto al pubblico solo poche volte all’anno.

È una visita rilassante e molto formativa che permette di trascorrere un bel pomeriggio ad ammirare le opere di un pittore che ha fatto la storia dell’arte e della cultura del Novecento.

PICASSO E LE SUE PASSIONI

Palazzo Vistarino – Pavia

Fino al 20 marzo 2016

www.picassoelesuepassionipavia.it

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Bernard Aubertin: tra le fiamme del paradiso

di Andrea Farano – Sul finire degli anni cinquanta, in un’Europa che ondeggia tra la rigorosa rappresentazione del reale e l’emancipazione del segno astratto e informale, sorge l’esigenza di una terza via espressiva che soddisfi l’impulso di una nuova partenza, annientando tutte le esperienze artistiche (ma soprattutto pittoriche) sviluppate fino a qual momento ed appagando una ritrovata esigenza fatta piuttosto di silenzio, essenzialità e purezza.

È appunto il 1957 quando a Düsseldorf, per mano di Otto Piene, Heinz Mack e Gunther Uecker, nasce il Gruppo Zero: “Zero è silenzio. Zero è inizio. Zero è rotondo. Il sole è Zero. Zero è bianco (…) Zero è l’occhio. La bocca. Il buco del culo (…) oro e argento, rumore e vapore. Circo nomade. Zero è Zero» scriverà qualche anno più tardi Piene, palesando il manifesto concettuale del Movimento, che in poco tempo diverrà fondamentale punto di riferimento delle avanguardie artistiche europee.

A questa visione ottimistica in cui regna la volontà di sperimentare il potere della creazione – coinvolgendo nel processo produttivo la luce, lo spazio, il movimento e i più disparati materiali (come resine, metalli, chiodi, legni…) – aderisce da subito il francese Bernard Aubertin (1934-2015), che troverà nella virtù demiurgica del fuoco e nella libertà infinita del colore monocromo (spintovi dal suo sodale Yves Klein) la combine ideale per il fiorire della propria dimensione artistica.

È a questo gigantesco artista (già riconosciuto dalla Storia, ma forse non ancora a sufficienza dal mercato) che la Galleria San Carlo, a due passi da Sant’Ambrogio, dedica una personale di estremo rigore antologico dove, grazie a una selezione che abbraccia la produzione dagli anni ’60 sino alla recente scomparsa, è possibile ammirare le espressioni più pure del suo genio creativo: Tableaux-clous (tavole di legno in cui pianta dei chiodi, trapassandole da parte a parte),  Dessins de feu (tele e pannelli metallici ove risaltano gli effetti della combustione indotta), ma anche Livres e Objets brulés (libri e oggetti comuni, in questo caso modellini di auto, letteralmente dati alle fiamme) rappresentano al meglio i temi fondamentali dell’estetica di Aubertin.

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Il Rosso, l’unico pigmento della sua tavolozza, al quale riconosceva una intrinseca forza primordiale e liberatoria, che travalicava lo spettro dei suoi valori simbolici e tradizionali (il sangue come l’amore), per divenire emblema supremo della Vita stessa.

Il Fuoco, la mano del Caso alla quale consegnava l’opera affinché la portasse a compimento, in una sorta di condivisione del momento creativo che assumeva i contorni di un vero e proprio rituale mistico ed epifanico.

E in mezzo loro, i fiammiferi, oggetti relitti del nostro tempo, disposti sulla superficie oggettuale con prevalente circolarità (come uno Zero forse?) a traghettare l’energia salvifica delle fiamme.

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Eppure, né il cromatismo ossessivo né l’effetto seriale delle rigorose composizioni saziano mai l’occhio di chi osserva, e si resta ad ammirare una scoperta che si ripete con cadenze continue e sempre nuove, nel tentativo di catturare l’attimo  presente e sfidare l’eternità.

Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose” – Eraclito

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“Bernard Aubertin: Se fossi foco arderei lo mondo

Galleria San Carlo, via Sant’Agnese n. 16 – Milano

prorogata sino al 10 marzo

www.sancarlogallery.com

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Il lungo viaggio di una chemise, un’epoca attraverso un abito

Intervista a Fabrizio Casu, autore emergente che giovedì 10 marzo presenta a Milano il suo ultimo saggio

di Matteo Rolando – Si chiama Fabrizio Casu il giovane scrittore emergente che presenterà il suo nuovo saggio “Il lungo viaggio di una chemise, un’epoca attraverso un abito” giovedì 10 marzo presso la Biblioteca Valvassori Peroni e il giorno seguente, venerdì 11, presso la Biblioteca Crescenzago alle ore 18.30. All’evento, organizzato in collaborazione con le biblioteche del Comune di Milano, sarà l’autore a commentare attraverso una galleria di immagini <l’evoluzione di un’intera società a cavallo fra Settecento ed Ottocento>. Ciò che rende unica quest’opera è la voce di alcuni personaggi storici con cui il lettore può rivivere in prima persona il lungo excursus di questo capo d’abbigliamento tra il XVIII e il XIX secolo. Abbiamo incontrato l’autore, che ha esordito nel 2012 con la pubblicazione di due saggi “Il secolo della moda” e “Madonna, vampira postmoderna”.

In che cosa si somigliano e in cosa si differenziano i tuoi saggi e quest’ultimo?

I tre libri che ho scritto sono essenzialmente dei saggi legati alle mie competenze specifiche ed al mio background formativo. Sono accomunati dall’interdisciplinarietà, il fatto di voler far interagire materie differenti come la moda, la letteratura, la storia, l’arte, la filosofia, la sociologia e la ricerca tendenze. Il primo libro, “Madonna vampira postmoderna”, è molto vicino a quest’ultimo, “Il lungo viaggio di una chemise”, perché in entrambi ho compiuto una ricerca ad ampio raggio: nel primo caso raccontando gli ultimi trent’anni attraverso un personaggio della pop culture, nel secondo caso dipingendo l’affresco di un’epoca attraverso un indumento.

Come descriveresti il tuo libro usando tre aggettivi?

“Il lungo viaggio di una chemise” nasce come saggio, quindi tutto ciò che scrivo è scientificamente provato e documentato facendo riferimento alle testimonianze scritte, alla ritrattistica dell’epoca, ai primi giornali di moda e ai reperti vestimentari che oggi possiamo ammirare in diversi musei del mondo: dal Kyoto Costume Institute al Victoria & Albert Museum di Londra. Tuttavia direi che quest’opera, pur essendo un saggio, non ha l’approccio freddo ed impersonale tipico di questo genere. Se dovessi definirlo con tre aggettivi, direi “narrativo” per la ricca casistica di aneddoti legati alla chemise, “emotivo”, perché è stato scritto con amore e dedizione e “seducente”, perché attraverso la ricerca lessicale e la costruzione sintattica, non vuole semplicemente raccontare, ma sedurre il lettore.

Quali personaggi storici rivivono nel tuo saggio?

Nell’opera sono veramente tanti i personaggi storici che concorrono a portare avanti, capitolo dopo capitolo, la storia della chemise: Maria Antonietta, Georgiana di Devonshire, Madame du Barry, Elizabeth Vigée Lebrun, le Merveilleuses del Direttorio, Giuseppina Bonaparte e lo stesso Napoleone! Ognuno di questi personaggi esprime uno o più tratti peculiari che stanno alla base di questa moda: l’affermazione del diritto alla privacy, la ricerca di informalità, il ritorno dell’igiene, l’esplosione dell’emotività, la passione per l’esotismo ed infine il passaggio dalla civiltà aristocratica al mondo borghese. … Ma non dobbiamo dimenticare i grandi teorici di quest’epoca,Jean Jaques Rousseau e Johann Joachim Winckelmann, senza il cui pensiero (ritorno alla natura e imitazione del passato), la chemise non avrebbe avuto ragione d’esistere.

Da cosa nasce la tua ispirazione a documentare il lungo viaggio della chemise fino ai giorni nostri?

L’ispirazione per scrivere questo libro è nata dal mio amore per le biografie storiche, per la storia dell’arte, per la sociologia e per la storia del costume in senso lato (quindi non solo per l’abbigliamento, ma anche per gli stili di vita del passato).

Quali sono i tuoi progetti per il futuro, stai già pensando a un nuovo libro?

Sì, sto già pensando ad un nuovo libro che, come quest’ultimo, si occuperà di un’ altra “epoca di transizione”. Mi affascinano le fasi di passaggio fra una civiltà ed un’altra: periodi in cui gli apporti culturali sono molteplici e contrastanti perché qualcosa sta iniziando e qualcosa non è ancora del tutto finita. Mi entusiasma tutto ciò che non è netto, le sfaccettature, la sfumatura, il contrasto, la duplicità … nella pluralità dei punti di vista riconosco sempre una ricchezza universalmente utile, che si tratti di un’epoca, di un indumento, di un’opera d’arte o di un personaggio.

presentazione Casu




Tribute. Omaggio alle Donne

In occasione della Giornata internazionale della donna 2016, lo spazio Made4Art di Milano presenta la mostra Tribute. Omaggio alle Donne.

Il progetto accosta le opere di quattro artisti dalle diverse sensibilità e specificità tecniche e artistiche per rendere omaggio all’eterno femminino attraverso il medium artistico. Due donne, due uomini, due pittrici e due fotografi, astrazione e figurazione: apparenti contrasti si incontrano per generare un risultato di inaspettata armonia, dove l’arte si rivela lo strumento più adatto per veicolare un concetto dalle infinite sfumature.

Dalle poetiche immagini fotografiche di Guido Alimento, dove il fiore diventa simbolo di una femminilità idealizzata, perfetta e forte allo stesso tempo, alle delicate figure femminili in abito da sposa che caratterizzano gli scatti di Devid Rotasperti, evanescenti silhouette che si perdono tra la nebbia e nella luce di una natura incontaminata. Dalle raffinate composizioni astratte di Giusella Brenno, oli su tela capaci di portare in superficie stati d’animo, emozioni e sensazioni profondi, facendo emergere l’interiorità dell’artista stessa, alle opere caratterizzate da un’astrazione geometrica e rigorosa realizzate da Adriana Collovati, dove il rapporto tra il colore, le forme e le inclusioni di materiali, quali oggetti, tessuti e superfici dipinte, ci trasporta in un universo simbolico e privo di riferimenti spaziotemporali, verso l’idea, il concetto, la pura essenza dell’individuo.

In un contesto storico e sociale dove le donne sono ancora troppo spesso oggetto di discriminazioni e violenze fisiche e psicologiche, la mostra di Made4Art vuole essere un vero e proprio omaggio alla figura della Donna, in tutte le sue sfaccettature, a tutte le molteplici presenze che arricchiscono la nostra vita quotidiana. L’esposizione, con data di inaugurazione mercoledì 2 marzo 2016, rimarrà aperta al pubblico fino al 14 dello stesso mese; martedì 8 marzo, Festa della donna, la mostra rimarrà aperta con orario continuato.

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Tribute. Omaggio alle Donne
Guido Alimento, Giusella Brenno, Adriana Collovati, Devid Rotasperti
Art Project Made4Art

2 – 14 marzo 2016
Inaugurazione mercoledì 2 marzo, ore 18.30
Lunedì ore 16 – 19, martedì – venerdì ore 10 – 13 e 16 – 19
Martedì 8 marzo la mostra rimarrà aperta con orario continuato

M4A – MADE4ART
di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni

Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872




A Milano, lavori in corso in piazza Oberdan per l’apertura di una nuova gelateria

I milanesi si interrogano sul futuro degli spazi una volta occupati dalla storica gelateria Venezia

di Matteo Rolando – C’è chi dice un ristorante cinese. Chi la boutique di qualche stilista. I più conservatori sognano una gelateria nuova di zecca. A Milano non fa più notizia: la gelateria-yogurteria Venezia di piazza Oberdan, proprio davanti ai bastioni di Porta Venezia e all’uscita della metropolitana, ha chiuso i battenti dall’autunno scorso.

Un luogo, ma anche un rito, quello  dello storico “puntello” – come si dice a Milano, per darsi appuntamento – davanti all’ormai ex-gelateria che ha accompagnato per decenni la routine di tanti cittadini. Ben connesso dalla metropolitana al centro e a due passi i giardini più eleganti della città, quelli dedicati a Indro Montanelli che viveva nello stesso stabile dell’Esselunga di viale Piave. I residenti vip non mancano a pochi passi da piazza Oberdan: dalla cantante Ornella Vanoni, a Cristiano Malgioglio e Federica Panicucci, per esempio. Poco più in là, in viale Majno, la casa milanese di Donatella Versace, della contessa Pinina Garavaglia e di tante famiglie blasonate.

La gelateria era un simbolo che aveva assorbito il significato architettonico dei bastioni, quello di storico spartiacque tra il centro e quella che una volta era la periferia, tra la Porta Venezia “bene” sulla destra dei bastioni e la zona più etnica sulla sinistra. Da un lato gli stabili d’epoca di viale Piave abitati dall’alta borghesia milanese, con le passatoie rosse che scivolano in cortili ordinati e silenziosi dall’atmosfera ovattata e l’imponente hotel Sheraton Diana Majestic, per i milanesi “il Diana”, noto per i suoi aperitivi trendy. Dall’altro l’ex “quartiere africano”, attorno a via Panfilo Castaldi. Una distinzione che oggi non esiste più: negli ultimi dieci anni con la riqualificazione dei marciapiedi di Corso Buenos Aires e della nuova piazza Oberdan, inaugurata ufficialmente il 4 dicembre scorso, Porta Venezia ha velocemente cambiato faccia. Di giorno il via e vai dello shopping nei negozi e la sera quello di uno dei poli della vita notturna, con i suoi ristoranti e bar.

E oggi che anche la gelateria è andata in pensione, i milanesi si chiedono cosa arriverà al suo posto. La fantasia galoppa fino ad azzardare uno Starbucks. Quest’anno una caffetteria della famosa catena americana aprirà per la prima volta in Italia, a Milano, ma nella zona di piazza Affari. E al posto della ex-gelateria Venezia arriverà una gelateria con un nuovo nome e un’altra gestione: l’inaugurazione è prevista per la primavera prossima. Per sapere come si chiamerà il nuovo puntello di tanti milanesi manca poco.




Alessandro Manzoni, visite gratuite per scoprire l’uomo e l’artista

A partire da fine febbraio, sarà prenotare visite guidate gratuite di due ore che si svolgeranno tra le Gallerie di Piazza Scala e la Casa del Manzoni, per approfondire la vita di Alessandro Manzoni attraverso le opere d’arte, i luoghi cari allo scrittore e la lettura dei suoi scritti.

La ristrutturazione della storica dimora di Alessandro Manzoni s’inserisce in un progetto di ampio respiro che, nel corso degli ultimi anni, ha reso l’area compresa tra Piazza Scala, via Manzoni e via Morone il centro nevralgico della cultura, dell’arte e dell’innovazione milanese.

CALENDARIO APPUNTAMENTI:

• Appuntamento con Manzoni, passeggiando tra Piazza Scala e via Morone. Una visita guidata alle opere esposte alle Gallerie accompagnate da brevi stralci tratti dagli scritti manzoniani per concludere la visita alla Casa del Manzoni attraversando il giardino, per scoprire anche gli aspetti più intimi del grande scrittore. La visita è gratuita, su prenotazione fino ad esaurimento posti chiamando il numero verde 800.167619 (max 20 partecipanti). Partenza dalla biglietteria delle Gallerie alle 15.30 nei giorni 23 – 24 – 25 febbraio e 1 – 2 – 3 – 8 – 9 – 10 – 15 – 16 – 17 – 22 – 23 – 24 marzo

• Quadri di versi. Letture manzoniane. Quattro appuntamenti per scoprire aneddoti manzoniani attraverso una selezione di quadri esposti alle Gallerie a cui segue un momento dedicato alla lettura di opere dello scrittore nel luogo più intimo e raccolto: la sua dimora di recente restaurata e restituita alla cittadinanza. E’ l’occasione per coniugare la bellezza dell’arte declinata fra colore, parole e per attraversare il giardino segreto nascosto ai più. La visita è gratuita, su prenotazione fino ad esaurimento posti chiamando il numero verde 800.167619 (max 20 partecipanti). Partenza dalla biglietteria delle Gallerie d’Italia alle 15.30 nei giorni 26 febbraio, 4 – 11 marzo. Partenza da Casa del Manzoni alle 15.30 il 18 marzo.

Le letture abbinate all’opera saranno così calendarizzate:

26 febbraio: Opere giovanili precedute dalla visita ai gessi del Canova su Socrate (tematica della rettitudine morale)

4 marzo: Inni Sacri preceduti dalla visita al Gregge di Carcano (tema sacro)

11 marzo: Tragedie con riferimenti ai testi politici preceduti dalla visita all’opera i due Foscari di Hayez

18 marzo: Romanzo preceduto dalla visita all’opera La filanda nel bergamasco di Ronzoni.

 

 




Luca Ronconi in mostra al nuovo spazio espositivo del Piccolo

Al via RovelloDue – Piccolo Spazio Politecnico che nasce dall’incontro tra Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa e Politecnico, legati da una sintonia che nasce un po’ dalla natura stessa di Milano come città poli-tecnica, nello spirito di Gadda e Vittorini.  Aperto tutti i giorni con ingresso libero, RovelloDue – Piccolo Spazio Politecnico  è uno spazio multimediale per il teatro che ospita mostre temporanee interattive.

La prima iniziativa – dal 20 febbraio al 17 marzo – è un omaggio a Luca Ronconi. “Non nego il sogno che inseguo da una vita: tra gli anfratti dello spazio, gli interstizi del tempo, presentare uno spettacolo infinito”. In queste parole di luca Ronconi risiede il senso del percorso: a partire dalle tre parole chiave Spazio, Tempo, Parola, è data la possibilità di una esplorazione attiva del lavoro di Luca Ronconi al Piccolo.

I diversi contributi multimediali  ricreano suggestioni e atmosfere del percorso creativo ronconiano. È un modo per rispettare il suo “sogno” di infiniti percorsi che ciascuno spettatore ricompone nella propria memoria. L’esperienza è arricchita anche da immagini di tutti gli spettacoli che dal 2000 al 2015 raccontano l’esperienza di Luca Ronconi al Piccolo, mentre a fotografie in bianco e nero è affidata la testimonianza del suo lavoro con gli allievi della Scuola di Teatro oggi a lui dedicata.

Nel teatro per come lo intendeva Luca Ronconi, ossia forma privilegiata di esplorazione del reale, sta il senso dell’eccezionalità di Infinities, lo spettacolo che il Piccolo realizzò, con l’apporto del Politecnico di Milano,  suggerendo come “infinite” siano le possibilità del rappresentabile. Contributi video mostrano Luca Ronconi alle prove, negli ex laboratori della Scala alla Bovisa, circondato dagli attori, accanto a studenti e ricercatori del Politecnico, che diceva di aver scelto come note viventi a piè di pagina, perché in un discorso scientifico non ci si può “calare”: o lo si conosce o non lo si conosce e con i quali condivise un dettato che è alla base di qualunque ricerca, estetica quanto scientifica: il bello non è applicare un metodo, è sperimentare e scoprire.

 




Mauro Balletti: sulle spalle dei giganti

di Andrea Farano – Non deve essere stato facile per Mauro Balletti conquistare l’autonomia della propria dimensione espressiva, scansando il rischio di restare schiacciato dalla gigantesca personalità artistica di due autentiche divinità laiche, come Mina e Picasso, che – per caso o empatia – ne hanno attraversato e segnato vita e visioni.

È questa la riflessione che ci accompagna durante la visita alla Galleria Artespressione, dove, sotto la guida di Matteo Pacini, Mauro Balletti (Milano, classe 1952) – fotografo, regista, pittore e scultore, noto ai più come fotografo unico e ufficiale dal 1973 di Mina, per la quale ha realizzato decine tra scatti e copertine – espone una raccolta della propria produzione degli ultimi 40 anni, tra il rigore essenziale dei disegni a china su carte ambrate, le tecniche miste in cui spicca la materia grassa dei pastelli ad olio e le monumentali stampe laser sulle quali l’autore interviene in una sorta di rilettura del segno originario.

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Eppure, quello che emerge prepotentemente dalla mostra antologica distribuita sui due piani espositivi della galleria è un artista affrancato, maturo e risolto, dove il Maestro del Cubismo e la Tigre di Cremona fanno qui e là capolino solo quali numi tutelari di un percorso rispettoso del sottile limite che separa la cieca devozione dalla consapevole citazione e dell’omaggio ispirato.

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In un universo creativo talvolta al limite del caricaturale – in cui si innestano sottili richiami all’indagine brutalmente intimistica di Lucien Freud, tra lo sguardo lascivo di Balthus e la comunicazione introspettiva di Egon Schiele – la rilettura esistenziale in chiave ironica dona veste nuova alla fisicità di ambientazioni e figure dai tratti felliniani, dove il nudo ha il coraggio di affrancarsi dall’erotismo e le forme sviluppano una plasticità quasi scultorea.

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Ed allora è facile lasciarsi condurre dal getto continuo del tratto pittorico come in un flusso ininterrotto di coscienza, scoprendosi immersi nello stupore e nella scoperta di sè.

“Citare è un continuo conversare con il passato per dare un contesto al presente. Citare è attingere alla Biblioteca di Babele; citare è riflettere su quanto è già stato detto, e se non lo facciamo, parliamo in un vuoto dove non v’è voce umana che possa risuonare.” (Alberto Manguel)

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“Mauro Balletti: Opere di grafica e pittura dagli anni ’80 ad oggi”

A cura di Matteo Pacini, dal 4 febbraio al 5 marzo 2016 (prorogata sino al 17 marzo)

Galleria Artespressione, via della Palla n. 3 – Milano

www.artespressione.com

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San Valentino, cinque idee per stupire il partner

San Valentino ormai è alle porte. Per chi non avesse ancora deciso dove trascorrere la sera il giorno più romantico dell’anno, ecco qualche cinque idee per stupire il partner.

San Valentino alla scoperta di Pavia  “In love”
Appuntamento speciale per la festa degli innamorati a Pavia dove sarà possibile prendere parte a una passeggiata (Pavia in Love appunto)  per le vie del centro cittadino e conoscere tutte le storie e gli intrighi rosa che, proprio da quelle vie medioevali della città lombarda sono passate nel corso dei millenni.   Le passeggiate (oltre a Pavia in Love, ce ne sono molte altre da scoprire: dai Longobardi ai fantasmi che infestano il Ticino, dalle caffetterie storiche pavesi ai grandi scienziati dell’ateneo pavese, da San Siro a Sant’Agostino, alle storie d’amore)  durano due ore  e sono condotte dai cantastorie dell’Associazione Culturale il Mondo di TELS e dalle guide della Cooperativa Oltre Confine.  Prenotazione obbligatoria (per informazioni:  Me in Italy by I Viaggi di TELS:  Tel. 0382578706 – Mail: info@me-in-Italy.com e Infopoint Stazione Ferroviaria di Pavia: 0382538769 – Mail: infopointpavia@gmail.com).

Un San Valentino all’insegna della magia a Londra
Un San Valentino ad Hogwarts, nella scuola di incantesimi più famosa nel mondo della fiction. I Warner Bros Studios di Londra, sede del parco a tema dedicato Harry Potter, propongono un appuntamento speciale con la magia e il romanticismo per le serate del 13 e del 14 febbraio. Cena a lume di candela nella sala grande di Hogwarts e tour notturno degli studios per 495 sterline a coppia (600 euro circa), gadget compresi. 

Un San Valentino di benessere
Allo Sport & Kurhotel Bad Moos di Sesto Moso in provincia di Bolzano, si può trascorrere una serata speciale all’insegna del benessere in una cornice romantica e spettacolare. Il pacchetto “Esclusive Night Spa” permette di prenotare dalle ore 20 alle 23 la  Panoramic Sauna St. Valentin “Cembra”, le docce a cascata sulfurea e la Sala relax Old Stube in esclusiva a 50 euro a persona.  In legno di cirmolo e con gettate di vapore agli aromi del bosco, questa sauna offre una vista incantevole sulle montagne e sulla chiesetta St. Valentin. Appena fuori si trovano le docce a cascata sulfurea per un comfort anche salutare. Dopo la sauna, sosta nella Sala relax Old Stube ricavata in un’antica Stube gotica del 13esimo secolo. Il divanetto ad angolo e le poltrone in pelle con i morbidi cuscini in loden color burro, i lettini ergonomici in legno con materassini nocciola posizionati davanti alle finestre, il tavolino e le sedie tipiche, tutto invita al rilassamento. E poi la cura per i dettagli, foto di famiglia di tempi passati, ceppi con sacchettini di fieno e pigne, tutto è studiato fin nei minimi particolari.

San Valentino al chiaro di luna sulle Dolomiti
Si parte al chiaro di luna dagli impianti di Arabba, a quota 1.602 metri, subito accolti da un piccolo aperitivo e, dopo una risalita di venti minuti, si giunge a destinazione a quota 2.478 metri . la direzione è quella del ristorante Viel dal Pan, dove sarà possibile trascorrere con un menù studiato apposta dallo  chef napoletano Ivan Matarese. Il tutto per 75 euro. Per informazioni  +39 335 6306696.

San Valentino a Stoccolma per un party lungo una notte nel cuore di Stoccolma
Per un San Valentino glamour non può esserci altra destinazione che Stoccolma per un party lungo tutta una notte e che si preannuncia un evento da tutto esaurito. Mamma mia! The party promette far rivivere le atmosfere dell’omonimo musical nel cuore di Stoccolma, patria degli Abba. L’operazione porta una firma importante, quella di Björn Ulvaeus, uno dei quattro componenti della band svedese. Il locale (Tyrol) ha aperto le porte sull’isola di Djurgården e ogni sera si trasforma in una taverna greca (come l’ambientazione del musical) dove si cena e ci si diverte a ritmo di “Dancing Queen” e delle altre hit del gruppo icona della musica glam pop degli Anni ’70

 




Ingresso gratuito e apertura prolungata alle Gallerie d’Italia per San Valentino

Le Gallerie d’Italia di Piazza Scala a Milano festeggiano San Valentino con orario prolungato fino a mezzanotte (l’ultimo ingresso è fissato alle 23), iniziative speciali per la ricorrenza  e visite gratuite per tutti, innamorati e single. Sono inoltre previste letture animate del gruppo teatrale Dramatrà e attività a sorpresa per le coppie che si presenteranno davanti ai tre esemplari del ‘Bacio’ di Hayez.

E’ stato inoltre organizzato un percorso speciale all’interno delle proprie sale: ‘Due secoli d’amore alle Gallerie’ , una passeggiata romantica fra le opere dell’Ottocento, del Novecento e della mostra temporanea su Hayez. Un viaggio alla scoperta dell’amore nella poetica artistica e nella vita, per rivelare affetti e passioni vissute dagli artisti e rappresentati dalle loro creazioni. L’amore mitologico evocato da Canova, quello di Hayez per la sua musa ispiratrice e coppie, nell’arte e nella vita, come Lucio Fontana e la sua Teresita. Accanto alle opere più significative, le guide svelano gli affettuosi legami che esse nascondono. Prenotazione obbligatoria.

DOVE, COME E A QUANTO

Gallerie d’Italia Piazza della Scala, 6 – 20121 Milano
Ingresso gratuito alle Gallerie d’Italia per San Valentino. Costo visita guidata ‘Due secoli d’amore alle Gallerie’: 5 euro a persona