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In fuga dal Capodanno

Cosa fare a Capodanno … sarà questa la domanda ricorrente per i prossimi trenta giorni. Nel dilemma, tra proposte di cenoni, parenti in arrivo, interminabili partite di Mercante in Fiera o tombolate, bilanci e buoni propositi per il 2016, ecco qualche idea su cui investire, potendo, per una fuga dal Capodanno. Un settebello di città da visitare sotto le feste, ma non solo

1-Londra, un Capodanno per tutta la famiglia. Il Capodanno in strada forse più bello in Europa con i fuochi di artificio che si specchiano nel Tamigi, le luci nella città addobbata per le feste, il Winter Wonderland di Hyde Park numerose attività per tutta la famiglia, il percorso fiabesco creato nel giardino botanico reale di Kew Garden. Una vacanza a fine dicembre inoltre è l’ultima chiamata per celebrare i 500 anni di Hampton Court, fondata dal cardinale Wolsey e diventata residenza di Enrico VIII: il castello, oltre ad essere una meraviglia architettonica e con una storia appassionante e curiosa (non solo Tudor), organizza una serie di attività anche in costume dedicate a tutta la famiglia, bambini compresi. Fino al 4 gennaio inoltre, l’offerta del castello comprende anche una pista da ghiaccio. Proprio in questi giorni infine ha aperto alla National Gallery una mostra dedicata a Goya: “The Portraits”, 70 ritratti (compreso quello della Duchessa d’Alba) riuniti per la prima volta. Per i bambini invece apre alla Somerset House la mostra dedicata a Tintin, la superstar del fumetto belga che ha appena compiuto 85 anni. Non solo.
Per le feste torna infine nella City il Taste of London Winter al Tobacco desk, un’occasione unica per gustare le specialità invernali dei migliori ristoranti della capitale, come Hix, Tom’s Kitchen, Club Gascon e Tredwell’s  e prendere parte alle lezioni di cucina con cuochi rinomati come Tom Kerridge, Monica Galetti e Marcus Wareing.
A teatro infine, oltre ai grandi classici del Natale e non solo, sale l’attesa per il debutto di Wonder.Land, versione contemporanea di Alice nel Paese delle Meraviglie, con musica di Damon Albarn (ex Blur, Gorillaz) e libretto e parole di Moira Buffini all’Oliver Theatre dal 2 dicembre e per Funny girl, per la prima volta a Londra da 50 anni esatti,  al Menier Chocolate Factory. Il periodo infine rappresenta un’ottima occasione di shopping: i saldi a Londra iniziano il 26 dicembre

 

2-Cortina: Arte, sci e bel mondo. A Cortina debutta a dicembre il pittore umbro Pinturicchio, rendendo così ancora più speciale l’offerta della località più glamour delle Dolomiti. Nella perla delle Dolomiti, presso il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi di Cortina d’Ampezzo, sarà esposta la misteriosa opera “Il Bambin Gesù delle Mani” del Pinturicchio, una meraviglia recuperata dall’oblio dalla Fondazione Giordano e un vero rebus per gli appassionati d’arte. Ricomparsa, 500 anni dopo dal nulla, l’opera del Pinturicchio, rivela al mondo la liason  Papa Alessando VI Borgia (1431 – 1503) e Giulia Farnese, bellissima amante e madre di un figlio a attribuito a Borgia. Non mancherà poi l’offerta neve e non solo che ha reso Cortina una delle icone del turismo invernale. Circondata   da cime dolomitiche che superano i 3000 metri, Cortina offre spettacoli natalizi, concerti e feste in piazza. Anche se la meta più ambita da vip e quasi famosi sono le feste nei rifugi su Cristallo e il Tofane che, per l’occasione, si trasformano in ristoranti raffinati dove festeggiare fino all’alba.

 3-Verona, il romanticismo made in Italy tra mercatini e mostre

Verona si veste a festa per Natale anche grazie al mercatino natalizio che invade le vie del centro. Un break nella città di Romeo & Giulietta quest’inverno ha anche due ragioni in più: le mostre da non perdere all’Amo (Arena Museo Opera). La prima è la grande mostra monografica dedicata a Tamara de Lempicka, una delle artiste del Novecento più amate e seguite dal grande pubblico, la mostra racconta l’eccezionale avventura artistica di Tamara attraverso 200 opere tra olii, disegni, fotografie, acquerelli, video e abiti. La seconda mostra invece, intitolata “Seurat-Van Gogh e Mondrian”, racconta, con 80 capolavori provenienti Kröller Müller Museum di Otterlo (Olanda), il post Impressionismo in Europa, ovvero quell’epocale svolta avvenuta con le sorprendenti tele di Seraut e Signac che, a fine ottocento, hanno aperto una nuova pagine nella storia dell’arte.

 

4– Vienna, un Capodanno Belle Époque tra concerti e mostre

Per chi può, il concerto dei Wiener Philharmoniker al Musikverein o, in alternativa, la tradizionale Sinfonia n.9 di Beethoven alla Konzerthaus, è il Capodanno per eccellenza.  E per una serata ancora più scintillante, l’Hofburg, antica residenza imperiale, spalanca le sue porte per un fine anno all’insegna della grande tradizione dei balli viennesi con il “Ballo di San Silvestro” che rievoca i fasti asburgici e sancisce come da tradizione l’ingresso nel nuovo anno.

Per attendere le celebrazioni di Capodanno, si può poi cogliere l’occasione per visitare quattro mostre davvero da non perdere. Due solo all’Albertina: un percorso dedicato a Edvard Munch con 120 tra le più significative opere dell’artista norvegese (tra cui anche icone del suo operato artistico come “L’urlo”, “Madonna” e “Il bacio” e i “I mondi del Romanticismo”, una rassegna che illustra i diversi volti di questo movimento artistico musicale, culturale e letterario, che iniziò ad affermarsi intorno al primo Ottocento. Si potranno ammirare opere di Caspar David Friedrich, Philipp Otto Runge, Francisco de Goya, Karl Friedrich Schinkel e William Turner. Al Belvedere Inferiore inoltre va in scena la rassegna “Klimt – Schiele – Kokoschka e le donne”, un percorso che mostra come i tre importantissimi pittori del Modernismo viennese si rapportarono allo scottante tema “donna” seguendo percorsi diversi, ma con punti di contatto. La mostra esamina analogie e differenze fra i tre pittori, e permette di inquadrare i rapporti tra uomini e donne nel primo ventesimo secolo in un’ottica nuova. L’Espressionismo Tedesco prende infine vita al Leopold Museum. La mostra al Museo Leopold sarà caratterizzata da una selezione di circa 30 dipinti e 80 opere su carta di tutti i principali esponenti dell’espressionismo tedesco, tra cui i rappresentanti del gruppo artistico “Die Brücke” Ernst Ludwig Kirchner, Otto Mueller e Karl Schmidt- Rottluff, nonché da alcuni rappresentanti della “Neue Künstlervereinigung München” e della “Blaue Reiter” come Gabriele Münter, Alexej von Jawlensky e Franz Marc.

5-New York per un Capodanno divertente tra addobbi e show La stagione delle feste natalizie di New York è da sempre ricca di appuntamenti e di eventi da non perdere che rappresentano la tradizione natalizia per eccellenza tra questi ci sono sicuramente l’albero di Natale del Rockfeller Center con le sue luci a Led e la stella di Natale Swarovski, l’Holiday Train Show at Grand Central Terminal, trenini che sfrecciano lungo una città in miniatura addobbata a festa al New York Transit Museum Gallery, l’Origami Holiday Tree dell’ American Museum of Natural History che si potrà vedere dal 23 novembre al 10 gennaio e The Rink at Rockefeller Center, una delle piste da ghiaccio più belle e tradizionali di Manhattan, proprio sotto l’albero. Per la sera poi la scelta è davvero ampia tra classici del musical a Broadway e tradizionali spettacoli natalizi come Lo Schiaccianoci di George Balanchine del New York City Ballet dal 27 novembre al 3 gennaio, Revelations, il nuovo spettacolo dei ballerini dell’Alvin Ailey American Dance Theater in scena dal 2 dicembre al 3 gennaio e il tradizionale Christmas Spectacular al  Radio City Music Hall.

6- Ferrara, un Capodanno “metatafisico” Per le feste Ferrara festeggia il centenario dal soggiorno di de Chirico, un soggiorno da cui ha preso vita la corrente dell’arte metafisica.  La mostra “De Chirico a Ferrara: metafisica e avanguardie, in programma fino a febbraio a Palazzo dei Diamanti, riporta nella città emiliana le opere che l’artista concepì dal 1915 al 1918. Questo fu infatti il periodo del suo soggiorno a Ferrara, dove fu inviato, insieme al fratello Alberto Savinio, in seguito al loro arruolamento nell’esercito italiano dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

7-Petra, un “Non” Capodanno tra scavi e Mar Morto Per chi non sopporta cenoni, partenti e addoppi tradizionali, oltre a tutta la retorica che circonda le festività, scappare in un Paese che non festeggia (ufficialmente) né Natale né Capodanno può essere una valida alternativa. Soprattutto se a poche ore di distanza dall’Italia si riesce a godere di un clima temperato, di meraviglie artistiche (come Petra) e naturali 8come il deserto del Wadi Rum e il Mar Morto).




Giotto, l’Italia. La mostra di Milano e il ritratto di una star della pittura italiana del Trecento

di Emanuele Domenico Vicini – Dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016 Palazzo reale di Milano ospita una mostra dedicata a Giotto (Vespignano, 1267 circa – Firenze, 1337), piccola nelle dimensioni, selezionatissima nei pezzi, ma di una qualità sorprendente, perché raccoglie capolavori giotteschi mai proposti in un solo contesto espositivo.
Quando la mostra fu annunciata, come gran finale delle esposizioni nate intorno ad Expo, molte furono le perplessità e i dubbi, non solo perché Giotto, maestro indiscusso della pittura italiana del Medioevo, star senza rivali della prima pagina della nostra storia figurativa, è un pittore paradossalmente ancora molto sfuggente, le cui opere di sicura attribuzione su supporto mobile sono davvero poche, ma anche per la complessità tecnica, essendo esposti pezzi assolutamente preziosi, come il polittico Stefaneschi, mai uscito dal Vaticano negli ultimi settecento anni.
La mostra rimane composta solo di 13 pezzi: pochi apparentemente, ma frutto di una precisa scelta dei curatori, Pietro Petraroia e Serena Romano, che non hanno battuto la strada più agevole di esporre, oltre ai capolavori giotteschi, altri pezzi coevi o in qualche modo connessi, per irrobustire il percorso, ma hanno preferito proporre solo il Giotto autentico, su cui non vi siano dubbi attributivi particolari.
In questo modo emerge la grandezza assoluta del maestro, la sua sperimentazione e la sua capacità di vivere una tradizione pittorica molto ben consolidata, aggiornandola attraverso ricerche stilistiche del tutto inedite.

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Le opere di datazione più antica sono il Polittico di Badia e il Polittico di Santa Reparata. Se il primo presenta ancora una serie di soluzioni di tradizione, più vicine alle consuetudini compositive del tempo (siamo tra il 1295 e il 1300), con i santi ben inquadrati nelle loro cornici, lo sguardo rivolto allo spettatore, e la Madonna al centro che regge il Bambino con i tratti del piccolo adulto, il Polittico realizzato per Santa Reparata, l’antica cattedrale fiorentina, sostituita poi dalla attuale Basilica di Santa Maria del Fiore, anche se ha la stessa struttura a comparti separati da cornici, dai quali si affacciano i santi e al centro la Madonna col Bambino, mostra già un forte senso di unità, di coesione narrativa: i santi guardano il bambino, lo benedicono, nel dialogo muto con lui, fuori di simbolo, traggono la forza della loro santità. E il bambino è finalmente nelle fattezze infantili che gli sono proprie: volge gli occhi alla madre, la accarezza, ne riceve uno sguardo colmo di tenerezza. Giotto sta traghettando la pittura sacra celebrativa di più alto profilo (perché destinata a pala d’altare di una delle principali cattedrali italiane) verso un immaginario di familiarità naturale e colma di dolcezza che non spegne la spiritualità dell’opera, ma la cala nella realtà dei sentimenti umani.
In tutte le tavole giottesche le figure si stagliano solide e precise, panneggiate con chiarezza e con un chiaroscuro molto evoluto, capace di costruire corpi solidi, evidenti, con un volume preciso che occupa spazi precisi. Anche se stagliati su fondi dorati che continuano una tradizione di gusto orientale bizantino, amatissima in Italia fino al Quattrocento per tutta la pittura su supporto mobile, i santi giotteschi sono veri nei loro gesti e nelle loro posture.
Il pezzo forte della mostra è sicuramente il Polittico Stefaneschi, realizzato dal maestro intorno al 1320, per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro cosiddetta “costantiniana”, quella cioè voluta e fondata dall’imperatore Costantino all’indomani dell’Editto di Milano (313 d.C.) con il quale la religione cristiana veniva resa libera in tutto il territorio dell’Impero Romano. Quell’edificio oggi non esiste più, sostituito dall’attuale Basilica di San Pietro, costruita su ordine di papa Giulio II, a partire dal 1506 e progettata da Donato Bramante. Per questo motivo il Polittico si trova ora conservato nella Pinacoteca Vaticana.
Il dipinto, commissionato dal cardinale Iacopo Stefaneschi per l’altare maggiore della basilica costantiniana, sta prima di tutto a dimostrare la posizione raggiunta dal maestro nel panorama italiano. Autore alcuni anni prima – come si è detto – di un’opera simile per Firenze, è lui a ricevere la commissione per la pala che avrebbe decorato la basilica più importante della cristianità, il fulcro della fede di Pietro, colma di capolavori di ogni epoca che testimoniano lo sforzo di ogni pontefice di celebrare e onorare la Roma cristiana.
Il polittico, che celebra i santi romani per eccellenza, Pietro e Paolo, è dipinto su entrambi i lati perché la sua collocazione prevedeva una faccia rivolta all’assemblea (quella con San Pietro in trono circondato da angeli e nei pannelli laterali San Giacomo, San Paolo, Sant’Andrea e San Giovanni Evangelista) e una rivolta ai canonici seduti nel presbiterio (quella con il Cristo in trono al centro e ai lati il martirio di San Pietro, crocifisso a testa in giù, e quello di san Paolo, decollato).
Questo lato soprattutto porta un esempio di modernità stupefacente. Il trono che ospita il Cristo ha uno impianto prospettico a punto di fuga centrale perfetto, con le sue arcate gotiche in scorcio, che rende molto credibile la parata di angeli festanti a corona del Cristo, intorno al trono. Seduto con il braccio alzato nella posa benedicente, il Cristo è panneggiato in blu e oro, le ombre sono attentamente chiaroscurate per garantire la piena percezione del corpo, delle gambe che avanzano, del bracco che regge il testo sacro. Tutto diventa credibile in senso naturale, ogni gesto si riempie di una sobrietà umana che da qui in avanti sarà la cifra della pittura centro italiana e che Giotto ha già ampiamente sperimentato nei grandi cicli di affreschi cui ha dato vita, fra tutti quello padovano per la Cappella della famiglia Scrovegni.
I volti dei personaggi non sono più bloccati in un’astratta dimensione di sacralità sovrannaturale, ma sono calati nel tormento delle emozioni umane. Basti guardare le due scene di martirio, a sinistra Pietro è crocifisso, come tradizione vuole, tra la cosiddetta Piramide Vaticana (demolita a partire dal 1499 per aprire la nuova Via Alessandrina) e la Piramide Cestia, due sepolture romane databili circa al I secolo dopo Cristo, che erano state per secoli ritenute le tombe rispettivamente di Romolo e Remo (venivano chiamate infatti Meta Romuli e Meta Remi). Così Pietro più chiaramente che mai diventava il simbolo della nuova Roma Cristiana che superava quella pagana.
Fedela a questa tradizione iconografica, che obbliga ad acrobazie prospettiche e proporzionali notevoli, Giotto recupera la sua piena umanità e modernità nelle espressioni di dolore, a volte violento, a volte muto e rassegnato, dipinte sul volto degli astanti.
Così anche intorno a San Paolo decapitato troviamo la stessa cura per dare una credibilità tutta umana alla scena. Più libero da vincoli di tradizione, Giotto qui inventa un frammento di scorcio naturale, composto da due colline che si muovono dolcemente dietro i protagonisti. Certamente più vincolato dalla destinazione del Polittico, e quindi meno libero di inventare perfette geometrie e solidissime architetture nelle quali far vivere le scene, come invece succede nei già citati affreschi padovani, Giotto, anche nella rigorosissima e controllatissima solennità dei polittici per le grandi basiliche italiane del Trecento, offre quelle ricerche stilistiche e quelle sperimentazioni pittoriche che ne faranno il punto di riferimento per gli artisti italiani di due secoli a venire.




Romea Green: la conquista del green food a Pavia

di Federico Poni – Negli ultimi decenni la crescita dei fast food, tutto fritto, carne grassa e verdura piena di zuccheri, è aumentata a dismisura. Eppure questi luoghi hanno creato e ancora creano una sorta di dipendenza dal famigerato “cibo spazzatura” che molti continuano a mangiare. Basti pensare che i panini del colosso dei Fast food, ammuffiscono solo dopo mesi e mesi; ancora peggio, come si è visto in un video virale qualche anno fa, si può mettere un hamburger nell’acido cloridrico e… la forma rimane intatta.
Negli ultimi anni, però, c’è stata una presa di coscienza da parte della collettività: in molti si sono resi conto della pericolosità dei fast food, un po’ per l’economia non del tutto etica, un po’ per l’assoluta e indiscutibile cucina insana.
Insomma: c’è sempre più consapevolezza verso ciò che si mangia: meno sprechi, meno fritto, meno sale, meno zuccheri, meno carne, più verdura, più spezie, più etica. In una parola: più green.
Il Green Food è un tipo di cucina nata recentemente: la salute è al primo posto, i ristoranti Green eliminano del tutto la carne (si sa che contiene molte tossine tumorali), ma si condanna anche il sale: il sodio, se in eccesso, provoca ipertensione e vari problemi cardiaci.
Anche a Pavia la storia culinaria cambia, con la recente apertura della yogurteria – Green Food “Romea Green”, succursale della famosa Gelateria “Romea”, in Strada Nuova, vicino al Ponte Coperto. Lì si servono yogurt con pochi grassi, centrifugati e frullati, ma anche cereali in tutte le salse, caldi e freddi, polpette di legumi, torte salate di tuberi e lasagne, tutto completamente vegetale. Oltre ad essere Green, è anche Street: il cuoco Filippo prepara gustosi panini a tre piani con verdure e salse dello chef, vegburger e VegDog, hamburger e HotDog in chiave vegan. Ingredienti base sono seitan e tofu, sostituti delle proteine animali nella alimentazione vegetariana, per tutti i palati. Ovviamente ci sono anche i dolci green, dai budini alle torte, dalle macedonie alla cioccolata.
Sabato 28 Novembre, al pomeriggio, ci sarà la presentazione dei Cesti di Natale della Romea Green, tra chiacchiere e assaggi, cioccolata calda e dolcetti, con una selezione accurata di prodotti top del settore bio, kamut e couscous integrale, paste di grano e biscotti, creme spalmabili senza olio di palma e vini simbiotici.
Il Green food vuole un’alimentazione all’insegna della verdura di stagione, naturale, biologica. Nessun conservante, nessun zucchero raffinato e basse temperature per conservare meglio i prodotti.
Tante persone, però, non conoscono e non praticano questa alimentazione, sottolineando che la dieta Mediterranea è la migliore al mondo. Nulla da ridire (o quasi), ma realmente, adesso, alla fine del 2015, chi parla di dieta mediterranea sa davvero che cosa sia? Forse i nostri nonni la conoscevano e la seguivano in modo veramente completo. Chi sa riconoscere oggi un tipo di cereale dall’altro? Farro, orzo, sorgo: tanta gente non sa che aspetto abbiano. Ormai gli italiani mangiano solo pasta, riso, pane e pizza. Le verdure sono solo un contorno e i legumi, proteine molto più sane della carne, ben pochi li consumano. Non c’è un pasto che non contenga derivati animali.
Dal secondo dopoguerra gli occidentali mangiano quanto vogliono, senza pensare agli sprechi e alla propria salute. Ma i tempi cambiano fortunatamente.




This Side of the Mountain. La prima personale di Thomas Masters

Lo spazio Made4Art di Milano presenta la prima personale in Italia del Maestro americano Thomas Masters (Chicago, 1954), This Side of the Mountain, con una selezione di opere rappresentative della sua ultima produzione artistica.

In esposizione 24 lavori in acrilico della serie SOUL-POEMS, un nucleo di opere che indagano il tema della condizione umana. “Questo lato della montagna riguarda ciò che conosciamo della nostra esistenza. Questo lato è incentrato su ciò di cui abbiamo avuto esperienza, testimonianza, sensazione, su quanto abbiamo creato, ciò che abbiamo trovato vero e falso, avvenimenti che durano nel tempo, fenomeni tangibili: la condizione umana “.

La mostra, con data di inaugurazione giovedì 26 novembre, resterà aperta al pubblico fino a giovedì 3 dicembre.

THOMAS MASTERS | THIS SIDE OF THE MOUNTAIN

M4A – MADE4ART

Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura

Via Voghera n. 14 – ingresso da Via Cerano

20144 Milano

Inaugurazione giovedì 26 novembre, ore 18,30

26 novembre- 3 dicembre 2015

Lunedì – venerdì 10-13/16-19

Giovedì 3 dicembre la mostra sarà aperta con gli orari 10-13/15-18

www.made4art.it – info@made4art.it- +39 02 39813872

Made4Art ringrazia Alessandra Ubezio per la collaborazione

 




GRAAL spazio arte a Milano Scultura

di Emanuele Domenico Vicini – La galleria GRAAL ha da poco lasciato la sede pavese, negli spazi di Corso Garibaldi che per cinque anni hanno ospitato esposizioni, inaugurazioni, presentazioni di nuovi artisti e attività per le scuole.
Ora GRAAL spicca il volo. Milano sarà il nuovo set dove Grazia Fedegari, direttore della Galleria, ambienterà le mostre di arte contemporanea con cui, già nei cinque anni passati, ha saputo leggere e interpretare i sentieri che l’arte contemporanea sta imboccando.
Il primo passo nella metropoli è “Milano scultura“, la fiera dedicata alla scultura, allestita negli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano fino a domenica 15 novembre. L’occasione è decisamente golosa. Alla Fabbrica del vapore gallerie d’arte nazionali e straniere portano il loro “oggi”: gli artisti su cui puntano, quelli che sanno e vogliono dire qualcosa di originale.
GRAAL è presente con le opere di Silvia Manazza, Stefano Zacconi e Sandro Cabrini, artisti giovani e meno giovani, con percorsi ed esiti (provvisori) diversi. Tecniche tradizionali e sperimentazione si intrecciano in modo affascinante e creativo: metalli, pietre, legni e stoffe danno vita a pezzi di grande rigore formale, che testimoniano una storia personale ricca di passione per il fare artistico.
Si legge chiaramente, pur nella varietà di soluzioni, la complessità del contemporaneo, etimologicamente intesa: l’intreccio continuo di echi del passato con tecniche e materiali del presente. Il dibattito sull’uomo e sugli abissi del suo animo si disvela tra le pietre, i metalli e le stoffe come un’esigenza mai sopita nella cultura contemporanea.




Torna a incantare il Villaggio di Natale Flover

Al via la 19° edizione del Villaggio di Natale Flover, il più grande mercatino di Natale al coperto in Italia, con oltre 7mila metri quadrati dedicati alla festa più attesa dell’anno. Flover, un enorme e super rifornito garden center a Bussolengo, a pochi km di Verona, si è ispirato al borgo medievale tedesco di Rothenburg ob der Tauber, in Germania per ricreare una magica atmosfera, capace di far sognare grandi e piccini, per i prossimi due mesi.

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All’interno del garden center infatti si aprono numerosi ambienti e ricostruzioni dedicati alle festività natalizie dove trovano spazio artigiani della zona, pronti a creare le proprie opere davanti agli occhi dei clienti. Ma, a differenza delle molte iniziative simili che, sotto Natale, prendono vita nei centri cittadini, nel Villaggio di Natale Flover ci sono spettacoli dal vivo (Ben cinque artisti in scena raccontano, anche attraverso numerose canzoni, “Una fiaba tra i ghiacci”   e il Frozy Show con Amelio Mazzella che ogni domenica, fono al 5 dicembre, scolpisce   sculture di ghiaccio) e ricostruzioni di ambienti a grandezza d’uomo che interagiscono con i clienti, primi fra tutti, i bambini. Luci, colori, presepi, pinguini e orsi polari “in movimento”, musiche di Natale e una mascotte esclusiva del Villaggio di Natale Flover, il pupazzo di neve Brrr, delizie gastronomiche e  corsi di creatività per ogni genere e gusto per prepararsi a un vero e proprio Natale artigianale.

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Il tema scelto per la 19° edizione del Villaggio di Natale Flover è quello di “Una fiaba tra i ghiacci” dove un elegante giardino d’inverno apre la strada verso il mondo incantato. Come in un vero paese, ai bordi delle strade del Villaggio di Natale Flover, gli artigiani al lavoro: il pirografo che realizza quadretti bruciando il legno, la decoratrice dei fiori pressati, la pittrice che decora il vetro, che creano le loro opere davanti agli ospiti. E ancora musica, spettacoli e tante golosità natalizie. Non mancheranno le stanze a tema con tutti i colori e gli abbinamenti più nuovi: palazzo di ghiaccio con bianco latte, bianco opaco, azzurro perlato, decori trasparenti per una sensazione di elegante e raffinato, con materiali luccicanti; Saint Moritz , bianco lana, champagne perlato e opaco, bronzo lucido,marrone, oro e peach rose opaco, per una sensazione di caldo e chic, con materiali come vetro, metallo, pelliccia, legno e glitter; tradizione di Natale, rosso opaco e perlato, bianco lana e latte per un ambientazione familiare e contemporanea con vetro, ceramica, bacche, tessuti.

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DOVE, QUANDO e a QUANTO

Villaggio di Natale Flover, via Pastrengo 16, Bussolengo (Verona)
Apertura: fino al 10 gennaio dalle 9 alle 19.30 con orario continuato
Ingresso: 1 euro nei week end fino a13 dicembre e il 7 e l’8 dicembre

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Gli imperdibili eventi di Aperitivo in Concerto

“Aperitivo in Concerto” presenta due imperdibili concerti. Domenica 15 novembre 2015, alle ore 11.00, presso il Teatro Manzoni di Milano (via Manzoni, 42) un formidabile (è un aggettivo del tutto pertinente), strepitoso ed esplosivo gruppo virtuoso messicano, Klezmerson.

Klezmerson combina con drammatica teatralità melodie e ritmi della tradizione ebraica d’origine yiddish (come il klezmer) con influenze latinoamericane, caraibiche, zingare e mediorientali, facendo uso anche di strumenti peculiari come il dobro, la chitarra jarana o la chitarra huapango, di un’orchestrazione che si rifà profondamente ai suoni dei cosiddetti mariachi e della musica popolare messicana, e di un linguaggio mutuato dal jazz e dall’afro-beat. Un connubio particolarissimo, trascinante e affascinante, che in scena acquisisce una dimensione inarrestabilmente e travolgentemente spettacolare, esibendo le nuove frontiere della cultura e della tradizione della Diaspora (gli ebrei giungono in Messico, per quanto nell’apparente veste di Marranos obbligati alla conversione al cattolicesimo, a partire dal 1519. Un’altra ondata migratoria incrementerà la popolazione di origine ebraica subito dopo la Prima Guerra Mondiale, con il crollo dell’Impero Ottomano. Fra gli ebrei messicani è d’uopo ricordare il compositore Daniel Catán e il leggendario violinista Henryk Szeryng). Amatissimi da John Zorn, i Klezmerson, fra le tante pagine musicali, ne interpreteranno le composizioni appositamente scritte per loro dallo stesso Zorn nella sua applauditissima serie Book of Angels. La loro esibizione, che si annuncia straordinaria, rientra nel più che decennale rapporto fra un artista come John Zorn e “Aperitivo in Concerto”, rassegna che al geniale autore americano ha dedicato non casuale attenzione, votata com’è alla trasversalità, all’alterità e al dialogo fra culture.

La creazione del gruppo (sei membri ufficiali, ma la formazione spesso si allarga) si deve al violista, pianista e compositore Benjamin Shwartz. Semplice ed assurdo al contempo il fine propostosi: offrire una retrospettiva musicale sulle proprie radici ebraiche che tenga conto, attivamente, dell’ambiente socioculturale in cui è quotidianamente immerso, quello delle immense ciudades messicane e delle frizzanti periferias che le circondano. Le potenzialità di Klezmerson sono incredibilmente vaste e, certo, il fatto non stupisce, se si osserva la sola strumentazione in dote ai musicisti: tromba, trombone, flauto, violoncello, oud, sassofono, clarinetto, viola, piano, organo, chitarre di varie dimensioni, pezzi tipici (come la leona, un cordofono simile alla chitarra, o la jarana huasteca, la classica cinque corde messicana di piccole dimensioni), percussioni di ogni forma e dimensione.

 

Domenica 22 novembre 2015, alle ore 11.00, è invece il turno di grandissimo e attesissimo ritorno. Dalla teoria armolodica di Ornette Coleman all’energico ma poetico sound del soul di Philadelphia degli anni Settanta, il Philly sound degli O’Jays, degli MFSB, di Gamble & Huff: attorniato da una eccellente sezione d’archi (proveniente dallo straordinario ensemble milanese Sentieri Selvaggi) e da virtuosi come il batterista Grant Calvin Weston, il fenomenale bassista Jamaladeen Tacuma e la straordinaria e sempre più apprezzata chitarrista Mary Halvorson, l’ormai leggendario chitarrista Marc Ribot torna a Milano e compie una rilettura ardita e trascinante di alcuni superbi decenni di storia musicale americana che hanno saputo entusiasmare generazioni di ascoltatori in tutto il mondo. L’artista riesplora questo repertorio così ricco e sofisticato, dove trova non poche radici della cultura musicale popolare di oggi. Perché non si tratta di un tuffo nel passato, ma di un indispensabile approfondimento del presente.  Un concerto semplicemente imperdibile.

 

Info Stagione 2015-2016 :

Prevendita biglietti

Biglietto intero € 12 + € 1 prev.

Ridotto giovani € 8 + € 1 prev.

alla cassa del Teatro

posti fissi e numerati

Numero Verde 800-914350

Online

www.aperitivoinconcerto.com

www.teatromanzoni.it

www.Ticketone.it + Call Center 892.101

www.aperitivoinconcerto.com




Cercasi broccoletti sulla Linea 33, storie di un tranviere pugliese a Milano

Trovarsi in una città nuova, lontani da casa e senza saper cucinare…a chi non è capitato? Roberto Fiermonte trasferitosi dalla provincia di Foggia a Milano, dopo essere ricorso a cibi e sughi pronti per un po’ di tempo, ha deciso di sfruttare al meglio il suo lavoro di tranviere per chiedere consigli, ascoltare le ricette dei passeggeri e provare poi a casa a riprodurle, avvicinandosi a pentole e fornelli.
Ecco come nasce “Cercasi broccoletti sulla Linea 33. Le storie (e le ricette) di un tranviere pugliese a Milano”. Un’alternativa scuola di cucina sulla rete tranviaria del capoluogo lombardo nella quale i passeggeri si confrontano su ingredienti, tipologie di pasta e metodi di cottura.
Da qui prendono vita le 33 ricette messe per iscritto e realizzate dall’autore, lo stesso numero della storica linea. I piatti poi diventano ancora più ricchi se si aggiungono i colori e i sapori della tavola pugliese, rispettando sempre il giusto equilibrio tra pesce, pasta e verdure, unendo ai classici manicaretti della cucina lombarda qualche idea sfiziosa che arriva dal tacco dell’Italia.
Il libro è diviso in 5 sezioni, nelle quali si riportano alcune delle fermate più conosciute delle linea 33. Uno stop in Piazza Leonardo da Vinci – Politecnico per avvertire “Profumo di Risotti”. Si prosegue per Porta Venezia – Viale Tunisia con un’irrefrenabile “Voglia di Spaghetti”; nuovamente sul tram per arrivare alla fermata Repubblica e scoprire che “È l’ora delle Trenette”. Ancora qualche minuto di viaggio per fare tappa in Stazione Centrale e “Butta le Penne, le Pendette e le Pipette!” Giunti al capolinea in Viale Lunigiana e… “Quale pasta preparo?”
Il libro vanta anche il contributo di Giuseppe Rai, Executuve chef del ristorante dell’UNA Hotel Tocq di Milano, un altro pugliese arrivato nella città meneghina.
“Cercasi broccoletti sulla Linea 33. Le storie (e le ricette) di un tranviere pugliese a Milano” è edito da Trenta Editore ed è in vendita nelle librerie italiane e sui siti di vendita online  a 10 euro.




Speed dating sullo skilift

Sette minuti. Tanto basta per incontrare la propria anima gemella. Uno speed dating un po’ speciale quello proposto nella piccolo comprensorio di Rothenthurm, a pochi km da Einsiedeln  in Svizzera.
Per i single che adorano lo sci e già ad agosto sognano di rimettere gli sci ai piedi, si tratta di una proposta irrinunciabile. Meglio quindi attrezzarsi per tempo per non lasciarsela sfuggire. L’evento dedicato ai single è previsto ogni secondo sabato del mese e, almeno per ora, dedicato alla fascia più giovane, ovvero ai single di età compresa tra i 25 ai 42 anni. I partecipanti sono invitati a salire insieme sullo skilift ad ancora di Neusell. E se tutto dovesse andare secondo i piani a poca distanza sorge lo Jadg Schloss. Questa dimora, affacciata sul Lago di Lucerna, propone pacchetti romantici con pernottamento, aperitivo, cena “alla francese” a lume di candela e una sorpresa di benvenuto.
Il comprensorio vanta 10 km di piste per ogni livello di difficoltà, dalle azzurre alle nere. E lo skipass giornaliero costa 27 franchi, all’incirca 25 euro.
Un prezzo d’occasione per incontrare l’anima gemella!
Insomma piccolo comprensorio dal paesaggio romantico che riporta in auge il fascino vintage delle ancore con un’idea decisamente originale.




Pavia, una mostra da non lasciarsi sfuggire

Ancora pochi giorni per godersi una mostra multimediale davvero particolare. Fino al 15 novembre infatti, al Castello Visconteo di Pavia, prende vita la Battaglia di Pavia, un momento storico sconosciuto ai più e che tuttavia ha cambiato il futuro dell’Europa.

1525-2015 “Pavia, la Battaglia, il Futuro “. A 490 anni dalla Battaglia di Pavia, la città ricorda il cruciale scontro tra le armate francesi e quelle spagnole. La mostra espone uno dei celebri arazzi fiamminghi dedicati alla Battaglia proveniente dal Museo di Capodimonte, e ripropone virtualmente gli altri sei pezzi della serie, consentendo al visitatore, di osservare ogni singola scena, scoprire i protagonisti e le loro storie, rivivere l’atmosfera del combattimento.

Lo scontro feroce si consumò attorno a Pavia, durante la guerra d’Italia del 1521-1526, tra l’esercito ispano-imperiale guidato dal vicerè di Napoli Charles de Lannoy e i soldati capeggiati dal Re di Francia Francesco I. La battaglia decretò la fine di un’epoca politica, militare, culturale e sociale, con la sconfitta drammatica della cavalleria francese e la cattura del suo Re ancora attaccato a superati metodi di guerra e sentimenti di cavalleria. Gli aristocratici coperti di ferro e ostinatamente aggrappati agli ideali di un mondo al tramonto, furono massacrati senza pietà da cenciosi soldati, ma dotati di rivoluzionarie armi da fuoco. L’epoca della cavalleria si era conclusa.

Sul piano politico poi, la battaglia segnò il corso della storia europea, consegnando di fatto la Lombardia, e quindi l’Italia, alla Spagna, perché “le chiavi di Napoli erano a Milano” come ben sapeva ogni diplomatico avveduto. Negli anni immediatamente successivi, dopo che Francesco I fece ritorno in Francia dalla prigionia spagnola, ci furono altre battaglie, altri assedi, altri saccheggi. L’Italia attraversò uno dei periodi più cupi della sua millenaria storia, ma il quadro
strategico generale delineato dalla battaglia del 1525 non subì mutamenti.

Non solo. Alla giornata risolutiva dello scontro, il 24 febbraio del 1525, risale poi la creazione della tradizionale zuppa pavese un piatto che nella sua apparente povertà di ingredienti può ingannare il visitatore meno accorto. Un piatto che ancora oggi trionfa nei menù della città.
La leggenda narra che la famosa zuppa fu cucinata da una contadina della cascina Repentita dove il Re di Francia era stato portato subito dopo la cattura. Francesco I era affranto per la cattura, stanco per la
battaglia, ferito, ma solo leggermente, per il combattimento sostenuto, infreddolito. La spaurita contadina, a cui fu ordinato di portare subito qualcosa da mangiare a Sua Maestà, portò quindi al Re quello che aveva: del pane raffermo abbrustolito su cui ruppe un uovo, avendo cura di mantenerne intatto il tuorlo e del brodo che verso sopra a tutto. Nobilitata dalla Maestà Reale di Francesco I dal giorno della sua nascita oggi la “zuppa” è cucinata con una infinità di varianti. Il Sodalizio dei Cavalieri della Zuppa alla Pavese ha definito una “regola” che prevede un brodo di pollo, pane abbrustolito, uovo crudo e l’aggiunta di
foglioline di crescione.

La mostra è promossa dal Comune di Pavia, nell’ambito di Experienza pavese che si vale del patrocinio Expo 2015.

DOVE, COME E A QUANTO
La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18:
Biglietto intero 7 euro, ridotto 5 euro.