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Un calendario per contare i giorni della speranza

Una giornata di sole caldo e intenso; i colori delle colline pavesi a Fortunago, uno dei borghi più suggestivi dell’Oltrepò: questa la cornice dove ogni anno si svolge la giornata dell’Associazione SOS Ospedale di Bukavu, una ONLUS, nata nel 2002 che nutre, protegge e difende i bambini della città di Bukavu, in Congo, terra dilaniata da guerre, da epidemie e da una situazione economica disastrosa.
L’associazione, un centinaio di membri in tutto, ha costruito un centro nutrizionale e ora lo mantiene; si occupa dei degenti dell’Ospedale ed è attiva su molti progetti che ogni anno vengono segnalati dalle religiose che prestano la loro opera nell’ospedale.
Non è facile garantire un costante contributo economico. Si devono inventare iniziative, proporre attività diverse, che riescano a portare all’attenzione di tutti il dramma di questa terra.
In principio furono i mercatini natalizi e primaverili, poi le bomboniere, che i soci realizzano su ordinazione per le più diverse ricorrenze, poi ancora largizioni e donazioni individuali e molto altro.
Da quest’anno entrano in scena anche i calendari della associazione.
Grazie alla collaborazione con la Tipografia Commerciale Pavese, che ha creato il format e preparato il modello, chi lo desidera può acquistare tutti i calendari che vuole, personalizzandoli con una dedica, un augurio di buon anno o un saluto a un amico. Basta contattare il numero o la mail sulla brochure, fare l’ordine ed entro novembre si potranno ritirare i calendari prenotati.
La ONLUS ha un piccolo ricavo, ma soprattuto ha visibilità, diffonde la propria mission.
Amici di Cosmopeople, perché non acquistiamo uno, dieci, tanti calendari? Con poco (un calendario costa 10 euro), aiutiamo una ONLUS bella e sana. Con una spesa minima facciamo un regalo utile, raccontiamo il bene fatto a chi ne ha bisogno e mettiamo in circolo un po’ di amore.

Per informazioni:

www.bukavu.it

aiutobukavu@libero.it

 




LA SERIALITA’ DELL’ ANTICO in esposizione alla Fondazione Prada

di Gabriele Antoninetti – Se finora siamo stati abituati a interpretare il “classico” come creazione artistica di un unicum, da adesso in poi forse è il caso di rivedere questa associazione di idee. E Salvatore Settis ce lo dimostra con la sua “Serial Classic. Moltiplicare l’arte tra Grecia e Roma”, in esposizione dal 9 maggio al 24 agosto 2015 alla Fondazione Prada (Milano).
Gli artigiani, nel mondo antico greco e romano, il più delle volte lavoravano in serie, basandosi su opere già esistenti. Non solo copie, quindi, ma vere e proprie riproduzioni seriali di sculture classiche occupano gli spazi di questa ex distilleria milanese di inizio Novecento, a pochi passi da Porta Romana e riportata solo ora a nuova vita.
Addentrandoci nel percorso espositivo, giocato su due piani, viene in mente la lezione di Carlo Scarpa, per i diversi livelli di altezza cui le sculture sono poste e forse anche per l’utilizzo di materiali puri come il classico travertino romano (qui sapientemente mixato col plexiglass).
Vero è che, a curare tutti i locali della Fondazione Prada, è stato l’ottimo Rem Koolhaas, che ha saputo mettere mano – e testa – a un progetto ambizioso quanto arduo. Scommessa vinta, considerati anche i notevoli riscontri positivi sia di pubblico che di critica. Il visitatore che entra nella prima sala (“Podium”, non a caso) si trova di fronte una serie di manufatti scultorei di recente realizzazione: dagli originali, pervenutici frammentariamente, di opere di I secolo A.C., fino ai “neonati” gessi (forse un po’ troppo colorati, sicuramente accattivanti) riproducenti i noti bronzi di Riace. Il piatto ghiotto, però, ci è parso quello al piano superiore: assieme a una serie di calchi delle Cariatidi dell’Eretteo (degni di una gipsoteca didattica), compaiono due copie romane dell’ Aristogitone (senza Armodio), attribuito a suo tempo a Crizia e Nesiote, e una splendida Penelope, datata addirittura al V sec. a.C., proveniente da Teheran. Pure di essa sono stati eseguiti per l’occasione dei calchi in gesso: compreso uno, in versione domestica (aderente al mito?), della sposa di Odisseo che, con in mano un rocchetto di filo per la tessitura, sembra voler quasi riprodurre (in serie) l’immagine (perduta?) della perfetta moglie fedele.
Vale la pena del biglietto visitare anche gli altri padiglioni, tra cui quello dedicato al Novecento (An Introduction – Sud, Deposito – dal 9 maggio al 10 gennaio 2016): da Burri a Fontana, passando per i monocromi di Klein, abbiamo un perfetto “bigino” per fare bella figura all’ esame di storia dell’arte.




Elite Model cerca la nuova Gisele Bundchen

di Matteo Rolando
Prima tappa a Milano il 13 giugno presso Superstudio Più di via Tortona

Bisognava capirlo subito che lei era una ragazza “con le palle”: quando all’inizio della sua carriera le intimarono:<Hai un naso troppo importante per fare la modella>. Oppure quando anni dopo, prima del matrimonio, suo marito il giocatore di football Tom Brady le confessò che la sua ex fidanzata era incinta di tre mesi. Ma lei tirò dritto per la sua strada e diventò per tutti Gisele, una delle supermodelle più contese dalle passerelle di tutto il mondo. L’ex fidanzata di Leonardo di Caprio, la brasiliana Gisele Bundchen, oggi si dedica alla sua linea di intimo e al dorato mondo della charity, presa come ispirazione dalle ragazze di tutto il mondo che vorrebbero calcare i tappeti rossi. Alla candida età di appena 35 anni, lei si che si può permettere la pensione con un patrimonio stimato di oltre 300 milioni di dollari. Infatti, secondo la prestigiosa rivista americana Forbes la ex-modella sarebbe tra le più pagate al mondo, oltre 40 milioni di dollari all’anno per sette anni consecutivi tra il 2006 e il 2013. Per i comuni mortali non resta che sognarla, una carriera come la sua: il 25 aprile scorso la Bundchen sfilò per l’ultima volta alla San Paolo Fashion Week, tra applausi, standing ovation e persino lacrime dei più afecionados. Un addio che segna il passo dei tempi nel mondo della moda, per un mestiere, quello di modella, metafora da sempre dell’eterna giovinezza.

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Giselle ebbe una carriera fulminante: fu scoperta nel 1994 dal manager dell’agenzia Elite Model Management in un McDonald’s di San Paolo, e pochi mesi dopo vinse a Parigi il concorso per modelle emergenti Elite Model Look. Il suo ritiro dalle scene lascia “spazio” – si fa per dire – ai sogni di altrettante aspiranti modelle e modelli che potranno partecipare a un Live Casting italiano organizzato della stessa agenzia di moda fondata a Parigi nel 1972 che portò Gisele a tanta fama. Prima tappa del model scouting sabato 13 giugno 2015 presso il Superstudio Più di Milano, poi a Roma presso l’Empire Palace Hotel di via Aureliana sabato 4 luglio. Giunto alla sua 32esima edizione, l’Elite Model Look è il contest internazionale di model scouting più prestigioso e influente del settore, organizzato in circa 50 paesi e a cui l’anno scorso si sono candidate più di 400.000 persone. Per partecipare alla selezione gratuita, è necessario avere un età compresa tra i 14 e i 22 anni per le ragazze e i 16 e 22 anni per i ragazzi, rispettivamente con un’altezza minima di 172 cm e 184 cm. I candidati dovranno compilare un form con i loro dati e caricare 3 fotografie seguendo le indicazioni fornite nel corso della procedura di iscrizione on line (http://www.elitemodel.it). La vincitrice ed il vincitore italiani si contenderanno insieme agli altri vincitori nazionali il titolo mondiale nel corso della Elite Model Look World Final a fine anno. Certo non c’è paragone con Gisele: a lei è bastato andare a mangiare un hamburger per diventare una supermodella milionaria. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare.

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Steve McCurry porta il caffè in mostra a Milano

Steve McCurry, il fotografo celebrato nel mondo per la sua foto della ragazza afghana diventata simbolo della guerra nel paese, è in scena a Milano con una mostra dedicata al caffè.

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FROM THESE HANDS: A JOURNEY ALONG THE COFFEE TRAIL è il titolo della mostra dedicata al fotografo Steve McCurry, organizzata da Lavazza e firmata dall’architetto Fabio Novembre, che sarà allestita a Milano, dal 5 giugno al 5 luglio 2015, nella Sala Colonne del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia.

Al centro della mostra, 62 scatti realizzati da Steve McCurry in 12 diversi Paesi: Brasile, Burma, Colombia, Etiopia, Honduras, India, Indonesia, Perù, Sri Lanka, Tanzania, Vietnam, Yemen.

L’allestimento di Fabio Novembre è studiato per accompagnare il pubblico nelle atmosfere evocate dagli scatti. Le foto di Steve McCurry sono sempre l’inizio di un viaggio in cui è meraviglioso addentrarsi. L’idea da cui è stato sviluppato l’allestimento, diventa quindi un labirinto che si integra perfettamente nelle geometrie della Sala Colonne del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. Il visitatore potrà ammirare le opere di Steve McCurry riprodotte su pannelli concepiti come pagine di un volume fuori scala. La bellezza e l’umanità che scaturiscono dalle immagini di Steve McCurry è amplificata dall’allestimento di forte impatto scenico studiato e realizzato dall’architetto Fabio Novembre.

Unico comune denominatore: il caffè. Si tratta infatti delle foto più belle ed evocative scattate da Steve McCurry nel corso di un viaggio che copre un arco temporale di oltre trent’anni sulle strade del caffè, raccolte nell’omonimo volume edito in queste settimane da Phaidon, tra i maggiori editori di arti visive e fotografiche.

La maggior parte delle fotografie raccolte nel libro ed esposte nella mostra sono infatti le immagini scattate da Steve McCurry nell’ambito del progetto İTierra! e concretizzano l’idea di Francesca Lavazza, Direttore Corporate Image dell’azienda, di riunire all’interno di un’opera questo lavoro sull’umanità del caffè nei suoi molteplici volti e storie. Alcune di queste immagini sono assolutamente inedite, come i ritratti realizzati in Etiopia e Vietnam, gli ultimi due Paesi coinvolti da Lavazza nel progetto di sostenibilità.

Steve McCurry  sarà anche protagonista a Milano di due attesissimi appuntamenti che si svolgeranno nei giorni successivi all’inaugurazione della mostra:

– il 5 giugno alle ore 22, una suggestiva lectio magistralis nella piazza antistante il Museo della Scienza e della Tecnologia a Milano, con uno spettacolo di project mapping, consentirà per la prima volta al grande pubblico di entrare in contatto con uno dei massimi esponenti della fotografia contemporanea; Steve McCurry svelerà i segreti del suo lavoro dietro l’obiettivo;

–  il 6 giugno alle ore 18, una lectio magistralis nell’Auditorium di Padiglione Italia – Expo 2015 di cui Lavazza è Official Coffee Partner.

Entrambi gli appuntamenti sono aperti al pubblico e gratuiti.

La mostra di Steve McCurry si sposterà a Venezia, dal 23 settembre all’8 novembre, presso Le Tese dell’Arsenale per permettere anche al pubblico veneziano di ammirare questa suggestiva mostra.

Dove, come e a quanto

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” (primo Chiostro) Via San Vittore, 21 – Milano

Dal 5 giugno al 5 luglio 2015
Ingresso incluso nel biglietto del Museo
martedì-venerdì 9.30-19 / sabato 9.30-21 / domenica 9.30-19

 




A passeggio per EXPO

di Giuliana Tonini – Ho fatto una prima puntatina all’Expo. Con la formula ingresso alle 19 e chiusura alle 23.
Solo un primo assaggio in attesa di visite più sostanziose, perché in sole quattro ore dell’Expo ci si può giusto fare un’idea d’insieme.
Premetto che, tra le fazioni ‘l’Expo mi è piaciuto’ e ‘l’Expo non mi è piaciuto’, io appartengo alla prima.
Dunque, in quattro ore si può scegliere di scorrazzare sul decumano e sul cardo di romana memoria e tra i padiglioni del sito, visitandone qualcuno tra quelli che rimangono aperti di sera ai visitatori, oppure una alternativa può essere cominciare a visitare bene i padiglioni e mettere poi ‘visto’ o ‘da rifarci un giro’ sulla propria mappa.
Io ho scelto di scorrazzare, pur dopo qualche tentennamento sul visitare subito il Padiglione Zero, che introduce all’esposizione presentando un percorso sul rapporto dell’uomo con l’ambiente e col cibo dalla sua comparsa sulla Terra fino ad oggi. ‘Divinus halitus terrae’, che campeggia su una delle pareti esterne del Padiglione Zero, all’ingresso del sito espositivo, era molto invitante, ma mi sono riservata di gustare appieno questo pezzo forte la prossima volta.
È divertente risalire il decumano e vedere il risultato delle corse disperate delle ultime settimane prima dell’apertura. Il risultato sono padiglioni che io ho trovato affascinanti sia dal punto di vista dell’architettura, design e tecnologia sia dal punto di vista dei contenuti e dell’atmosfera.
Una delle critiche più frequenti è che l’Expo di Milano non è altro che una fiera tendente al parco dei divertimenti. Ma mi viene da pensare che essere una fiera è la funzione stessa di una esposizione universale, in cui i paesi partecipanti mostrano quello che sono, e soprattutto saranno, capaci di fare e produrre in un determinato settore.
Nei padiglioni in cui sono entrata, il tema dell’esposizione – Nutrire il pianeta, Energia per la vita – è stato reso con installazioni accattivanti, pannelli descrittivi ed esposizione di oggetti relativi alla produzione del cibo. Ho sentito dire più di una volta che gli unici paesi che hanno centrato questo tema, concentrandosi soprattutto verso il futuro dell’alimentazione, sono stati Germania e Svizzera. La prossima volta sarò particolarmente curiosa di visitare i loro padiglioni.
E ora veniamo a quella che, secondo me, è la superstar dell’Expo: l’albero della vita.
Lo trovate alla fine del cardo, vicino al padiglione Italia, di cui è il simbolo. È al centro di un lago artificiale perfettamente rotondo, che dà il nome all’area circostante, Lake Arena.
Già alla luce del giorno e ‘a riposo’, coi suoi trentasette metri di legno e acciaio, la creatura del veneziano Marco Balich – direttore artistico del padiglione Italia – ispirata a un disegno di Michelangelo, fa proprio un bell’effetto. Ma quando lo si vede animarsi col suo suggestivo spettacolo di luci, colori, fuochi, acqua e musica non si può non esserne rapiti. Lo spettacolo più bello e più lungo, quasi un quarto d’ora, è quello notturno, alla mezza di ogni ora. E si vive una autentica atmosfera di rito collettivo, con centinaia di persone attorno all’albero della vita, accorse sulle gradinate intorno allo specchio d’acqua o in piedi nello spazio circostante.
Ci sono poi alcune cose, grandi e piccole, che ho trovato particolarmente ‘sfiziose’. La riproduzione della Madonnina nel padiglione della Veneranda Fabbrica del Duomo. La rete del padiglione del Brasile, dove bambini e adulti si divertono come pazzi a camminare sospesi a mezz’aria e dondolando. Le coltivazioni su pannelli verticali e la stupefacente cascata digitale del padiglione USA. Le sculture giganti di Libeskind all’incrocio tra il cardo e il decumano. I contenitori di sakè nel padiglione giapponese. Le altalene (i ‘kiik’) del padiglione estone, che oscillando generano energia elettrica. Le tipiche poltroncine in vimini da spiaggia che il padiglione tedesco mette a disposizione dei visitatori per riprendere fiato tra una visita e l’altra, su cui si ha l’impressione di essere in villeggiatura sul Mare del Nord. La scultura coi ‘carciofoni’ tricolore bianchi, rossi e blu del padiglione della Francia.
E il suggestivo e caleidoscopico percorso tra gli specchi nel padiglione Italia, con le proiezioni di celebri paesaggi italiani e opere d’arte? Eh…. sarebbe sicuramente entrato a pieno titolo nella mia top ten di questa prima puntata….. se fossi riuscita a vederlo. Sì, perché il padiglione di noi padroni di casa chiude alle 20.30. Già il fatto che diversi padiglioni siano chiusi durante le ore serali di visita è una delle note negative dell’esposizione. Ma che proprio quello del paese organizzatore chiuda all’ora di cena mentre il Turkmenistan e altri sono gli ultimi a spegnere le luci non fa una bella impressione.
In ogni caso, però, il mio bilancio di questa prima visita è più che positivo. L’Expo Milano 2015 mi piace. E aspetto la prossima visita per vedere e scoprire tante altre cose, ed entusiasmarmi ancora.




EXPO CILE il paese alla fine del mondo

di Matteo Rolando – Due volte a settimana, alle 10 del mattino, nel padiglione cileno di Expo si celebra l’alzabandiera: si canta l’inno cileno e tre “carabineros”officiano la cerimonia secondo la tradizione nazionale. Il blu, bianco e rosso della bandiera rappresentano il mare (l’oceano Pacifico), le Ande e il sangue dei patrioti cileni che combatterono per l’indipendenza, insieme a una stella a indicare che il Cile è una repubblica unitaria e non federale. Il padiglione ha una superficie di circa 2.000 metri quadrati, suddivisi in tre piani: al piano terra c’è l’ingresso, il ristorante e un negozio che vende prodotti di artigianato, souvenir, alimenti e vini. Al primo piano ci sono le sale espositive, e al secondo gli uffici amministrativi e un auditorium per le conferenze.
Rafael Bordachar, 26 anni, è una delle guide che dà il benvenuto ai visitatori e ha fatto molto strada per arrivare fino ad Expo: in Cile ha superato una selezione molto rigida, con una serie di interviste individuali e di gruppo, a cui hanno partecipato più di 2.000 persone. E’ così che ci racconta la sua esperienza.
Da che parte del Cile vieni?
Da Curicò, una città a sud di Santiago, la cui economia si basa su colture di mele e vite (Curicó è una cittadina di circa 100.000 abitanti che si trova nella regione di Maule, di cui è anche capoluogo).
Come hai imparato l’italiano?
L’ho imparato perché ho studiato in Italia e ho conseguito la laurea in architettura a Venezia nell’anno 2013. L’Italia è un paese molto importante per la cultura e ho voluto studiare qui.
Come hai deciso di venire a lavorare in Italia, a Expo?
Volevo lavorare per qualcosa che rappresentasse il mio paese all’estero. Expo è una buona occasione per condividere la propria cultura e apprendere quella di altri paesi in un contesto multiculturale.
Come inizia la tua giornata tipo?
Arrivo al padiglione insieme ai miei colleghi, mi metto la divisa: pantaloni e giacca nera e una maglietta con una stampa di Mister Nobody, un personaggio con forma di cuore disegnato da un poeta centenario cileno, Nicanor Parra, che rappresenta il mio paese. (Uno dei più importanti poeti cileni contemporanei).
Come si svolge il tuo lavoro?
Mi incontro con i miei colleghi e ci dividiamo quotidianamente le attività di accoglienza nelle diverse “stanze” che compongono il padiglione, e facciamo da guida ai visitatori. Arrivano al padiglione 50 persone ogni dieci minuti per la visita guidata, che dura venti minuti, con una media di 3.000 visitatori al giorno e altri ancora che preferiscono andare a mangiare e a vedere i negozi presenti all’interno.

Di che nazionalità sono i visitatori?
Principalmente sono italiani, ma ci sono anche molti stranieri.
Qual è la parte più emozionante della visita secondo te?
La seconda parte, la “sala de las personas”, in cui ci sono otto schermi e in ognuno si vede l’ immagine di un cileno che lavora la terra: è la catena produttiva agricola delle diverse regioni, quindi viene rappresentata tutta la diversità del paese.
Quali sono le tue aspettative per il tuo futuro lavorativo, dopo l’esperienza Expo?
Ho un lavoro in Cile come architetto, ma mi piacerebbe studiare urbanistica e lavorare in un ente governativo.
Cosa ti piace di Milano e dell’Italia?
Mi piace che sia una città cosmopolita e molto verde, con strade alberate che mi ricordano Santiago del Cile. Gli italiani sono molto simpatici ed è un paese molto ricco di cultura, gastronomia e paesaggi affascinanti.
Una curiosità su Expo?
In ogni padiglione lavorano persone di tutte le nazionalità, non solo appartenenti al paese espositore. Per esempio nel mio, noi guide non siamo tutte cilene. Questo è l’animo multiculturale di Expo: durante e dopo il lavoro abbiamo occasione condividere le nostre esperienze con i colleghi di diverse parti del mondo.
Una curiosità sul tuo paese?
Il Cile è il paese più a sud del mondo e il più lungo del mondo: questo gli dà la particolarità di avere diciassette climi diversi. Lavorando in Expo mi sento a casa, perché ogni giorno ho un contatto diretto con la mia cultura, oltre che con le altre . Sei mai stato a visitare il paese “alla fine del mondo”?

Con queste parole Rafael mi lascia e torna al suo lavoro: é così che giorno dopo giorno, visita dopo visita, i padiglioni di Expo accolgono i visitatori, offrendo una loro panoramica culturale e gastronomica sullo sfondo di una Milano in fermento come mai prima.




La “città ideale” in mostra a Pavia

A Pavia, dal 26 maggio al 26 giugno 2015, presso la Sala delle Sibille (Pal. San Tommaso), Piazza del Lino 2, si potrà visitare la mostra progetto “Storie di città tra cielo e terra. La città che non c’è, ma che si vede“. Un evento organizzato dall’Osservatorio Permanente sull’Antico a cui hanno partecipato i licei pavesi Istituto Volta, Foscolo, e San Giorgio che si sono confrontati sul tema della città ideale.

Ci sono città – o parti di esse – che attendono ancora di essere portate alla luce e che, nondimeno, si intravedono attraverso il velo del tempo, attraverso uno sguardo dall’alto, immortalato ‘tra cielo e terra’ dall’aerofotografia. Sono città – o parti di esse – che ‘non ci sono’ (ancora), ma che, nonostante tutto, si vedono e, timidamente, parlano e raccontano storie.

E ci sono pure città che non sono state mai fondate e mai costruite e che, dunque, non ci sono per davvero. Sono i ‘non-luoghi’ immaginati dagli antichi; sono i ‘luoghi felici e perfetti’ inventati dai filosofi; sono le ‘isole’ lontane come l’Atlantide di Platone o come l’Utopia di Thomas More.

Ci sono città che nessuno ha mai visto perché non esistono sulla terra e mai sono esistite: sono ‘idee’ di città, sospese ‘tra cielo e terra’. Eppure, una ‘esistenza’ ce l’hanno: non sulla terra, ma nei libri. È qui che sono: nascoste e in attesa di essere mostrate. E qui, insieme o accanto ai ‘mondi’ altri e irrimediabilmente ‘estranei’ al piano delle possibilità reali, esistono anche città ideali e realizzabili, progettate senza mai perdere di vista le città della storia e dichiaratamente contrapposte alle utopie politiche e urbanistiche.

La città che non c’è, ma che si vede fa parte del patrimonio dell’umanità. E ha gli stessi diritti della città che c’è (o c’è stata) ma che ora non si vede più o del tutto.

Sono, dunque, le città disegnate ‘a tavolino’ da architetti ante litteram. Chiuse nelle pagine dei libri; e che vivono nelle parole dei filosofi. Sono realtà (non reali) che attendono di essere disvelate, attraverso lo studio delle fonti, attraverso la realizzazione di modelli, a partire da una attenta interpretazione dei testi e da ipotesi di ricostruzione.

Storie di città tra cielo e terra. La città che non c’è, ma che si vede
presso Sala delle Sibille (Pal. San Tommaso), Piazza del Lino 2, Pavia
dal 26 maggio al 26 giugno 2015

apertura della mostra: dal martedì al giovedì dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 16.00
per visite in orari e giorni diversi scrivere a osservatoriosullantico@unipv.it




Gardaland batte EXPO 5 a 1

Perché visitare l’EXPO quando si può andare a Gardaland con la stessa cifra e, più o meno, con lo stesso tempo partendo da Milano? E’ probabile che con il passare dei giorni in molti si trovino di fronte a questa alternativa per il fine settimana: stessa cifra (a prezzo pieno Expo costa 39 euro al giorno, Gardaland 38,5 euro. Per gli abbonamenti stagionali  invece quelli ordinari per adulti per Expo ammontano a 115 euro, per Gardaland partono da 52), stesso impiego di tempo partendo da Milano e provincia (per Peschiera del Garda, via Frecciabianca, ci vuole un’oretta, quanto per recarsi a Rho in metro) e stessa aspettativa di divertimento.

Ora, avendoli provati entrambi, peraltro nella stessa afosa prima settimana di maggio, posso sostenere che, per quel che mi riguarda, Gardaland batte Expo 5 a uno.  Ecco perché:

1-Il fattore D come divertimento. Se ci si vuole divertire su montagne russe, giostre e giochi interattivi, tanto vale andare a Gardaland maestri del settore da oltre 40 anni.
Non è un caso che  in EPXO il padiglione di maggiore successo è quello del Brasile dove si può passeggiare (e saltare a meno che hostess e steward non vigilino troppo da vicino) su un’enorme rete in corda elastica stesa su giardino di coltivazioni autoctone.  Ma mentre sulla rete si affollano decine di persone ogni minuto,  sono in pochi coloro che si soffermano poi sui pannelli esplicativi. Alzi la mano chi è realmente interessato a scoprire le tecnologie attuali e quelle che guideranno l’alimentazione del futuro (nei casi per di più in cui realmente i padiglioni di EXPO hanno sviluppato il tema della manifestazione, non limitandosi a un allestimento scenografico ma più da Bit che non da Esposizione Universale)! Ha tutta la mia ammirazione. Per quanto mi riguarda io confesso che i miei interessi nell’ambito delle tecnologie agricole sono piuttosto limitati (molto a dire il vero. Scoprire l’origine del pomodorino ciliegia non mi elettrizza e neppure sapere che sussistono delle tecnologie per desalinizzare l’acqua)  e che la mia soglia di attenzione su filmati celebrativi dei diversi governi, sul modello del Cinegiornale dell’istituto Luce, non vanno oltre i due minuti.
…E allora tanto vale liberarsi dai sensi di colpa e, se si cerca il divertimento, dirigersi direttamente a Gardaland, piuttosto che ai padiglioni di EXPO, dove i tappeti elastici non mancano e ci si può tranquillamente saltare sopra, ci sono tutte le varianti possibili di montagne russe e persino le giostre con i cavalli modello ottocentesco e i filmati proposti sono in 4D e divertentissimi, non celebrazioni dei singoli paesi da toni trionfali.

2-Scenografie e istallazioni: Albero della Vita contro Casa (Albero) di Prezzemolo. Spesso chi va in EXPO cerca architetture particolari, d’avanguardia, come quelle che hanno segnato le EXPO degli ultimi cento cinquant’anni e allestimenti innovativi. Probabilmente non mancano anche se, personalmente, e non ho trovato nulla di così straordinario. Ma non sono un’esperta né di architettura né di design. Certo: mi piacerebbe capire quale sia il confine tra il kitch e l’opera d’arte visto che, mio giudizio, molte istallazioni di EXPO lo oltrepassano nonostante le prime iniziali ovazioni: tanto per fare alcuni esempi la struttura con i tre cavalli a dondolo nei colori della bandiera italiana, quella con la mano aperta, le sculture dei tre carciofi e dei peperoni o il grande uccello davanti a padiglione ceco…solo per fare alcuni esempi. Ma si tratta di un’opinione chiaramente. Peraltro mi sono divertita a fotografare tutte queste istallazioni, insieme al padiglione a forma di canestro del Qatar, alla fortezza del deserto dell’Oman, alle vele del Kuwait, alla sfera dell’Azerbaijan e all’Albero della Vita con fiori e logo di EXPO che si aprono durante il giorno, e razzi e luci di sera. Ma lo stesso Albero della Vita ha una forma che ricorda molto da vicino i cosiddetti “calcinculo” dei vecchi luna-park.
E allora tanto vale Gardaland, tripudio di scenografie curatissime nei minimi dettagli su cui non ci si deve interrogare troppo sui significati reconditi: Fuga Da Atlantide, Mammut, I Corsari e la Valle dei Re da sole valgono il viaggio. Per non parlare del villaggio del Vecchio West, parte della storia ormai quarantennale di Gardaland, e della più recente Casa (Albero) di Prezzemolo in cui, a differenza dell’albero della vita, ci si può anche entrare.

3-La parata di Foody contro Prezzemolo&Friends. Non c’è storia. Con 40 anni di esperienza alle spalle, le parate e gli show di Gardaland sbaragliano quanto (poco) finora si è visto in EXPO.

4-Alberi, fiori, fresco e panchine. Anche qui non c’è storia. Da quarant’anni Gardaland cura ogni minimo dettaglio dei giardini in cui è immerso il parco, EXPO offre prati e, all’interno dei singoli padiglioni, qualche giardino a cui tuttavia si accede troppo spesso dopo estenuanti code. Non solo. A Gardaland le panchine sono dovunque e sono previste persino aree relax, come se in un parco di divertimenti si rischiassero forti dosi di stress. In EXPO le panchine sono proprio sconosciute e per riposarsi un po’ tra un’attrazione e l’altra, occorre generalmente entrare negli spazi dei padiglioni o dei ristoranti oppure trovar posto nei prati. In ultimo: Gardaland è stato studiato per i mesi estivi e l’acqua vaporizzata o nelle attrazioni e nelle fontanelle, abbonda. Senza considerare che il lago di Garda è a un tiro di schioppo dal parco…. e un tuffo nelle giornate più calde potrebbe risolvere tutto. In EXPO per combattere l’afa ci sono solo le numerose fontanelle di acqua potabile, ma le zone in ombra sono davvero rare, così come l’acqua vaporizzata e inesistenti le vasche dove, almeno ufficialmente, si può trovare refrigerio.

5-Code&Scolaresche Certo le file non mancano sia per EXPO che per le Gardaland. Ma EXPO è entrata di diritto nelle gite scolastiche di quest’anno, in quanto si suppone che si apprenda qualcosa, quindi tute le scuole d’Italia si stanno dirigendo a Rho per l’occasione. A Gardaland non ancora. Peraltro a Gardaland basta pagare e c’è perfino il modo di saltare le code attraverso corsie preferenziali.

EXPO invece per ora è imbattuta sull’offerta serale. Almeno fino a metà giugno quando anche Gardaland chiuderà in battenti alle 23 anche se, per ora, EXPO offre l’offerta migliore anche sul fornte die prezzi di una serata in Expo (il biglietto di ingresso dopo le 19 costa solo 5 euro).




A GRAAL vince il Bene

di Emanuele Domenico Vicini – Si è conclusa la mostra concorso Creative food per giovani artisti presso la Galleria GRAAL spazio arte di Pavia, importante manifestazione che da ormai tre anni invita gli studenti più creativi a partecipare con idee, mezzi, intuizioni, per inventare la propria arte, nelle forme più libere e originali.
Quest’anno l’Expo ha dettato legge e il tema scelto è stato quindi il cibo e l’alimentazione: Creative food era il titolo dell’evento, perché il cibo è creatività, invenzione, cultura e come poche altre cose al mondo può stimolare l’ingegno artistico.
Ha vinto Samantha Musina, quinta liceo, che ha centrato l’obiettivo con un’ingegnosa quanto semplice soluzione. Il nostro bene più importante è una scatola di cartone colma di terra con l’indicazione “fragile”. La terra è l’origine di ogni cosa. Da lì derivano il nostro cibo e la nostra stessa vita. Ma la terra oggi è sotto attacco: l’uomo stesso, che per primo trae vita dalla terra, ne minaccia l’esistenza. Non si parla allora solo della terra da cui nasce ogni frutto ma della Terra, della Madre Terra dell’origine stessa della vita.
Il linguaggio è semplice e chiarissimo e, proprio per questo, molto efficace. L’invito è rivolto a tutti. Attenzione: la vita della Terra è a rischio.
Samantha è una studentessa del corso di arti figurative che ha passato questi anni di scuola a lavorare sul colore, sul disegno, sulla forma plastica, sulla sfumatura e sul chiaroscuro. Eppure qui pensa da artista concettuale, elabora un’idea, che diventa messaggio preciso, e la sviluppa recuperando un linguaggio metaforico che allude alle soluzioni delle avanguardie degli ultimi anni Sessanta. Il riferimento più diretto è all’Arte Povera, i cui protagonisti combattevano contro le convenzioni di una forma complessa e artificiosa, per evocare le strutture più antiche e originali del linguaggio della società contemporanea.
Samantha sceglie la semplicità del concetto e della forma.  E la semplicità vince. Così Musina si è  aggiudica il premio della giuria critica di GRAAL e il premio assegnato dagli internauti che online hanno visitato la mostra qui su Cosmopeople e su Facebook.
Vince l’arte concettuale, vince il pensiero sulla forma e vince la speranza che le giovani generazioni capiscano che la Terra è il nostro bene più prezioso.



Dove EXPO andare: piccolo manuale di sopravvivenza

Dopo due giorni interi, dall’alba al tramonto passati in EXPO, ho finalmente imparato ad orientarmi tra cardo e decumano (i due grandi viali che definiscono il perimetro dell’Esposizione), ma soprattutto ho appreso qualche piccolo trucco di sopravvivenza in quella grande fiera, a metà strada tra una Las Vegas tricolore e un parco giochi per adulti, che è l’EXPO, in scena a Rho (Milano) dal 1 maggio al 31 ottobre. Ecco il mio manuale:

1-Quando andare: assolutamente alla sera, a meno che non si venga apposta a Milano (e, anche in questo caso, potrei suggerire almeno una decina di posti dove aspettare l’ora X) e si debba a tutti i costi rientrare in giornata a casa.
Prima di tutto perché dopo le 19.00 l’ingresso costa solo 5 euro rispetto ai 39 euro previsti per il biglietto ordinario e poi perché, finalmente, si inizia a respirare. Sono infatti moltissime le scolaresche che, quanto meno in questi primi giorni, affollano viali, ristoranti e padiglioni. E solo verso sera si inizia a trovare qualche spazio libero, si riducono le file per l’ingresso ai padiglioni  e ci si riesce a muovere più agilmente. Senza considerare che l’estate a Milano è piuttosto afosa, di giorno e di notte ma soprattutto di giorno. Attenzione però: molti padiglioni, a iniziare da quello Italiano (il che si commenta da solo visto che proprio l’Italia ospita la manifestazione….ma tant’è), non aspettano le 23 per chiudere le loro porte …. meglio quindi programmare il proprio tour nel mondo per tempo per non perdersi le attrazioni desiderate e arrivare per le 21 o le 22 all’Albero della vita dove è in programma uno spettacolo di luci e suoni da non perdere.

2-Come andare: se si parte da Milano centro assolutamente con i mezzi pubblici.
Si tratta di una scelta non solo sostenibile o ecocompatibile, ma di buon senso. Si arriva più velocemente, non si ha il problema del traffico e neppure delle troppe code all’ingresso (Cascina Merlata può essere particolarmente intasata visto che vi arrivano tutti i pullman delle scolaresche) e non si devono aspettare le navette per arrivare agli accessi dell’EXPO dai parcheggi. Il biglietto andata e ritorno della metropolitana costa 5 euro (1,6 euro a tratta di integrazione se si ha un abbonamento, mensile o annuale, ordinario).
Se si raggiunge l’EXPO da fuori Milano, è possibile valutare un biglietto giornaliero con cui muoversi anche in città. E’ stato inoltre emesso un biglietto ferroviario giornaliero valido sull’intera regione lombarda, metropolitana compresa (ma in EXPO ci si arriva anche in treno e l’accesso da Cascina Triulza è ancora più comodo dalla stazione rispetto alla metro), a 16 euro.

3-L’attrezzaturascarpe comode  prima di tutto (l’EXPO è molto estesa e ci si muove a piedi. Nell’andata si può perdere la cognizione della lontananza dall’ingresso, attratti dai padiglioni ma, al ritorno, i piedi potrebbero dolere); Autan o simili visto che  le zanzare incombono già a maggio (da portarsi dietro soprattutto se si sceglie di rimanere  se si va al crepuscolo …  in questo caso l’Autan è fondamentale per sopravvivere); ombrello o impermeabile o cappello antipioggia (in EXPO molti spazi non sono riparati, padiglioni compresi,….meglio quindi partire attrezzati se il rischio pioggia incombe); attrezzatura fotografica prediletta (una volta all’EXPO, per quanto molte istallazioni siano piuttosto kitsch e l’aspetto di insieme simile a un luna-park, si viene presi inevitabilmente dall’entusiasmo) e bottiglietta d’acqua (in EXPO i prezzi variano e la base di partenza, dopo le prime verifiche, è di 1,5 euro per bottiglietta da mezzo litro… meglio portarsi dietro l’acqua quindi, tanto più che sparsi tra i padiglioni ci sono numerose fontanelle che erogano, gratuitamente, acqua potabile liscia e gasata e una bottiglia vuota torna utile).

4-Come muoversi: individuare prima di tutto un volontario. In EXPO, almeno ad una prima analisi, non si trovano servizi di informazione “ufficiali” ma solo volontari, ragazzi con giacca bianca a logo EXPO che girano spesso in gruppo.
Sono i volontari EXPO  a detenere il “potere” ovvero mappe e informazioni più o meno attendibili (di ufficiale c’è poco, quindi le informazioni di cui dispongono spesso derivano dall’esperienza personale dei singoli) sugli eventi in corso, sugli spettacoli previsti ai vari padiglioni e sui concerti. Esistono anche dei pannelli video al lato del decumano e del cardo  che tuttavia, almeno per questa prima tornata in EXPO, forniscono solo due informazioni relative agli eventi (ovvero la parata delle mascotte di EXPO e i programmi di luci e suoni all’albero della vita).
Ogni padiglione ha un suo palinsesto di concerti, show ed eventi (alcuni padiglioni poi prendono vita solo con i concerti e gli show…)  e anche EXPO, almeno in teoria, ne ha uno proprio (ma ieri, 8 maggio, era prevista alle 20.00 una rappresentazione della Traviata, annullata all’ultimo minuto senza che nessuno sapesse nulla in merito e senza avvisi), ma le informazioni ufficiali sono latenti. Per questo trovare un volontario informato equivale a trovare un tesoro!

5-Capitolo “Emergenze”. 
La prima indiscussa per noi italiani è quella del  caffè: i banchetti di Eataly offrono Illy a un euro, mentre i padiglioni, soprattutto quelli esteri, hanno prezzi che per un italiano possono apparire esorbitanti … ma d’altro canto fuori confine anche Starbucks vende caffè a prezzi stellari e nessuno se ne stupisce. I ristornati esteri hanno semplicemente adottato in Italia la propria politica di prezzi nazionale che, per acqua e caffè, ad un italiano può apparire piuttosto salata.
Quella classica, la toilette, non dà grandi problemi: l’area è dotata di diversi bagni adeguatamene segnalati e anche i singoli padiglioni nazionali ne sono in genere forniti.
Fame&sete. La sete si può calmare tranquillamente alle fontanelle che erogano acqua gratuitamente…o per qualcosa di diverso, a pagamento, nei diversi ristori presenti su tutto il perimetro (la birra si trova a partire dai 3,5 euro, il calice di vino dai 4 euro). Quanto alla fame, non è una fiera del cibo. I ristornanti ci sono  ma sono a pagamento con prezzi variabili e formule menù più o meno accessibili. Come sempre, vale il consiglio di dare un occhio alla carta e ai prezzi prima di trovarsi con delle salate sorprese. Per chi preferisse un pic nic non mancano gli spazi dove fermarsi per uno spuntino (la passeggiata del padiglione della Germania e la terrazza del Turkmenistan, per quanto mi riguarda, sono imbattibili)
Stanchezza. Sul decumano e sul cardo non ci sono panchine ma, in compenso, abbondano istallazioni con postazioni relax praticamente dovunque tra i padiglioni. Persino i gabbioni della Tecnogym (finora sempre visti vuoti ad eccezione del personal trainer a disposizione di chi volesse fare ulteriore movimento) offrono grandi palloni (in teoria strumenti per addominali e simili) su cui sostare. Al lato delle due strade principali ci sono spazi verdi su cui, se si ha tempo e voglia, si può sostare.
Le batterie: per ricaricare cellulari, tablet, pc e macchine fotografiche ci sono due postazioni: al padiglione Enel (in zona Corea) e da McDonald’s (in fondo al decumano, in zona Al Qatar e Turkmenistan e… per ironia della sorte vicino anche al padiglione di Eataly) dove, con il solito pragmatismo a stelle e strisce, hanno persino previsto postazioni dotate di cavi per coloro che si fossero dimenticati a casa il carica batterie.