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Selfie, la rinascita di Simona Ventura?

di Federica Pisati – “Cerco sempre di rinascere, come l’araba fenice, mi piace ricominciare da zero” dichiara Simona Ventura presentando la seconda edizione di  Selfie- le cose cambiano che debutta su Canale 5, in prima serata, l’8 maggio.

Mitologicamente associata al ciclo della vita, la fenice è simbolo di immortalità dello spirito. Sono ricchi i riferimenti alla partecipazione all‘Isola dei famosi 2016 da parte della presentatrice. Così come il reality, anche Selfie si presenta come un percorso che genera un cambiamento nella vita delle persone. “Selfie mi ha cambiato moltissimo è stata la mia rinascita dopo L’Isola”  spiega Simona Ventura che poi aggiunge: “Una volta tornata avevo voglia di spaccare il mondo, volevo l’opportunità di avere un programma nuovo ed ottenerlo è stata una bella soddisfazione”. Senza considerare infine che “Selfie mi ha permesso di tornare a Mediaset dopo 11 anni di Rai. Ora mi sento di nuovo a casa” conclude la conduttrice.

“In redazione, dopo la prima edizione del tv show, sono arrivate le 45mila richieste d’aiuto” sottolinea Simona Ventura che poi accenna agli  svariati temi sociali toccati dal programma e illustrati dagli stessi protagonisti. Vengono raccontate storie di bullismo a causa dei difetti fisici, di donne che si sono trascurate per mantenere unita la loro famiglia, oppure ancora vittime di violenza domestica che scrivono al programma chiedendo di rimuoverne i segni rimasti sulla pelle. In questi casi specifici, il ricorso alla chirurgia estetica è probabilmente la scintilla che invoglia le persone a ricominciare ed a ritrovare loro stesse. L’obiettivo del programma è appunto quello di aiutare le persone comuni, principalmente attraverso la chirurgia a ritrovare autostima e sicurezza alle persone che per diversi problemi le hanno perse. Ma non solo, si affrontano semplici problemi di look per affrontare anche micro e macro chirurgia, attraversando in alcuni casi problemi psicologici come ansie, fobie, manie e dipendenze. 

Ad affiancare Super Simo ci sarà Belen Rodriguez che si prenderà carico dei casi accompagnando ciascun partecipante fino alla scala delle meraviglie. Oltre a Belen troviamo 3 coppie di mentori: Stefano De Martino con Bernardo Corradi; Alessandra Celentano e Mattia Briga; Iva Zanicchi e Barbara De Rossi ed un giurato che cambierà ogni puntata, il primo in questa veste sarà il Professor Stefano Zecchi. La giuria stabile vedrà la partecipazione di Platinette, Alex Belli, Pamela Camassa e Tina Cipollari. Ad affiancare la giuria permanente, a comporre l’equipe medica ci saranno il professor Giorgio Nardone fondatore del centro di terapia strategica di Arezzo; la dottoressa Sarà Farnetti, specialista in medicina interna; il Professor Marco Gasparotti chirurgo estetico ricostruttivo; il dottor Antonio Spagnolo medico chirurgo specializzato in chirurgia plastica, ricostruttiva e medicina estetica ed ancora il dottor Emanuele Puzzilli medico dentista e il dottor Bruno Carlesimo specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica.  




Michelangelo & Sebastiano: la National Gallery esplora il rapporto

Il rapporto tra Michelangelo e Sebastiano del Piombo è il tema della mostra dedicata ai due artisti italiani che sarà in scena per tutta la primavera alla National Gallery di Londra. Michelangelo & Sebastiano apre il 15 marzo e termina il 25 giugno.  L’esposizione, che analizza il rapporto tra i due artisti sostanzialmente contemporanei  (Michelangelo 1475-1564 e Sebastiano del Piombo 1485-1547), esplora i talenti complementari e le personalità divergenti dei due artisti. La mostra comprende circa settanta opere tra dipinti, disegni, sculture e lettere, prodotte da Michelangelo e Sebastiano prima, durante e dopo la loro collaborazione. Michelangelo & Sebastiano, grazie all’ampia corrispondenza tra i due artisti presentata dall’esposizione, offre una visione unica nella loro vita personale e professionale, le loro preoccupazioni, le frustrazioni e i momenti di gloria.

Nel 1511, Sebastiano del Piombo, un giovane pittore veneziano dal talento eccezionale, arriva a Roma e viene rapidamente coinvolto dalla scena artistica e altamente competitiva della città. Qui incontra Michelangelo, all’epoca al lavoro per il soffitto della Cappella Sistina. I due diventano rapidamente amici e alleati contro lo straordinario Raffaello, da poco arrivato in città e con una fama in aumento tra i più influenti patroni di Roma. Come unico pittore ad olio in città rivale di Raffaello, Sebastiano del Piombo diventa un collaboratore ideale per Michelangelo. Da parte sua, Sebastiano del Piombo beneficia immensamente dei disegni e delle proposte concettuali di Michelangelo e insieme creano una serie di opere di grande originalità e rara bellezza. Quella tra Michelangelo e Sebastiano del Piombo è una collaborazione sviluppatasi in  un momento particolarmente drammatico per l’Italia stretta tra guerra e alle prese con lo  scisma teologico nel Nord Europa, ma anche di grande energia intellettuale e innovazione artistica.

La amicizia tra Michelangelo e Sebastiano del Piombo iniziata a Roma nei primi anni del ‘500 dura per oltre venticinque anni, ben oltre il trasferimento a lungo termine di Michelangelo nella sua nativa Firenze (1516) e la morte di Raffaello (1520), per poi chiudersi bruscamente con il ritorno di Michelangelo a Roma per dipingere il Giudizio Universale nella Cappella Sistina, apparentemente a causa di un diverbio sulla tecnica pittorica.

Un prestito chiave della mostra Michelangelo & Sebastiano è il Compianto su Cristo morto, noto anche come la Pietà di Viterbo (circa 1512-16 – in foto) Si tratta del primo dipinto frutto della collaborazione tra Michelangelo e Sebastiano e rappresenta eloquentemente l’unione delle due menti. Raramente esposto fuori dall’Italia, è anche il primo grande paesaggio notturno nella storia, originale nell’iconografia per la separazione del Cristo dal grembo della madre.

A suo tempo, la Pietà di Viterbo fu ricevuta con ampie lodi, grazie a cui Sebastiano del Piombo si aggiudicò le due seguenti importanti commissioni, entrambe completate con l’aiuto di Michelangelo – la decorazione della cappella Borgherini in San Pietro in Montorio, Roma (1516-24) e la Resurrezione di Lazzaro (1517-19). Quest’ultima fu dipinta in concorrenza con la grande Trasfigurazione (ora ai Musei Vaticani) di Raffaello per la cattedrale di Narbonne, dalla cui  fu rimossa nel XVIII secolo. La Resurrezione di Lazzaro diventò poi parte del gruppo fondamentale di dipinti che forma parte della collezione della National Gallery nel 1824, a cui fu attribuito il primo numero di inventario, NG1.

Recenti ricerche scientifiche condotte presso la National Gallery hanno fornito nuovi spunti sui rispettivi lavori dei due artisti sulla Resurrezione di Lazzaro. La riflettografia infrarossa ha evidenziato che il contributo di Sebastiano del Piombo al dipinto fu più considerevole e indipendente dall’influenza di Michelangelo di quanto si fosse pensato. Ora resta inteso che Michelangelo è intervenuto solo in una fase relativamente avanzata nello sviluppo del dipinto, rivedendo con i disegni la figura del Lazzaro resuscitato, già dipinto da Sebastiano del Piombo

Tra le altre opere in evidenza c’è Il Cristo risorto di Michelangelo, una statua di marmo di dimensioni maggiori del naturale scolpita da Michelangelo nel 1514-15,  prestata dalla Chiesa di San Vincenzo Martire di Bassano Romano (Italia). Il Cristo risorto sarà esposto con un calco in gesso del XIX secolo ispirato alla seconda versione dello stesso soggetto di Michelangelo (1519-21), che risiede sempre nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Mai vista prima, questa giustapposizione permette ai visitatori di vedere per la prima volta queste statue fianco a fianco.

La Visitazione di Sebastiano dal Louvre di Parigi e il Compianto sul Cristo morto dallo State Hermitage Museum di San Pietroburgo lasceranno le loro collezioni per la prima volta per viaggiare a Trafalgar Square. Quest’ultimo sarà riunito con La discesa di Cristo al Limbo (1516) di Sebastiano del Piombo proveniente dal Museo del Prado di Madrid, e con una copia del secolo XVII di Francisco Ribalta del Cristo che si rivela agli apostoli di Sebastiano, non conservato. I tre dipinti saranno presentati come il trittico originale per la prima volta da quando furono separati nel 1646.

Per evocare l’esperienza di vedere le opere in situ, sarà utilizzata una rivoluzionaria tecnologia per presentare una spettacolare riproduzione tridimensionale della cappella Borgherini in San Pietro in Montorio, Roma. Utilizzando le più avanzate tecniche di acquisizione digitale e di ricostruzione delle immagini, la National Gallery porterà la cappella a Londra per una coinvolgente esperienza della struttura così come fu creata.

“Questa è la prima esposizione del suo genere mai allestita, e la prima a presentare l’opera di Sebastiano del Piombo nel Regno Unito. Sebbene altamente stimato tra i collezionisti nel secolo XIX , Sebastiano è stato emarginato nell’immaginario collettivo in gran parte a causa della sua stretta associazione con Michelangelo, Raffaello e Tiziano. Spero che questa mostra possa incoraggiare un nuovo punto di vista su questo grande artista originale, evidenziando anche un aspetto trascurato dell’attività di Michelangelo” afferma Matthias Wivel, curatore del The Credit Suisse Exhibition: Michelangelo & Sebastiano.

Il direttore della National Gallery, dott. Gabriele Finaldi, commenta “La mostra ci introduce nel cuore dell’Alto Rinascimento a Roma, dove stava nascendo un’arte nuova ed eroica. In un contesto di guerra e di conflitto religioso Michelangelo e Sebastiano del Piombo hanno prodotto opere sulla vita e la morte e la risurrezione che sono tra le più potenti e toccanti mai realizzate. Questa è un’opportunità unica per vedere un’eccezionale raccolta di capolavori”.

 

Michelangelo & Sebastiano DOVE, COME E A QUANTO- 15 marzo-25 giugno
National Gallery, Londra

Biglietto: 18 sterline
Orari: 10-18. Venerdì ultimo ingresso: 201.15

 

 




Keith Haring in mostra a Milano

Dal 21 febbraio al 18 giugno 2017, Milano celebra il genio di Keith Haring (1958-1990) con una grande mostra allestita a Palazzo Reale.  L’esposizione di Keith Haring prevede con una vasta selezione di opere provenienti da tutto il mondo e mette in evidenza i riferimenti tra Haring e altri artisti e linguaggi.

A Palazzo Reale saranno presenti oltre 90 opere del geniale artista americano, molte di grandi dimensioni, alcune inedite o mai esposte in Italia, provenienti da collezioni pubbliche e private americane, europee, asiatiche.  La rassegna, per la prima volta, rende il senso profondo e la complessità della sua ricerca, mettendo in luce il suo rapporto con la storia dell’arte.

All’interno del percorso espositivo, i lavori di Haring vengono posti in dialogo con le sue fonti di ispirazione, dall’archeologia classica, alle arti precolombiane, alle figure archetipe delle religioni, alle maschere del Pacifico e alle creazioni dei nativi americani, fino a arrivare ai maestri del Novecento, quali Pollock, Dubuffet, Klee.

 

 

L’esposizione Keith Haring. About Art, curata da Gianni Mercurio,  ruota attorno a un nuovo assunto critico: la lettura retrospettiva dell’opera di Keith Haring non è corretta se non è vista anche alla luce della storia delle arti che egli ha compreso e collocato al centro del suo lavoro, assimilandola fino a integrarla esplicitamente nei suoi dipinti e costruendo in questo modo la parte più significativa della sua ricerca estetica.

Le opere dell’artista americano si affiancano a quelle di autori di epoche diverse, a cui Haring si è ispirato e che ha reinterpretato con il suo stile unico e inconfondibile, in una sintesi narrativa di archetipi della tradizione classica, di arte tribale ed etnografica, di immaginario gotico o di cartoonism, di linguaggi del suo secolo e di escursioni nel futuro con l’impiego del computer in alcune sue ultime sperimentazioni. Tra queste, s’incontrano quelle realizzate da Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Paul Klee per il Novecento, ma anche i calchi della Colonna Traiana, le maschere delle culture del Pacifico, i dipinti del Rinascimento italiano e altre.

Keith Haring è stato uno dei più importanti autori della seconda metà del Novecento; la sua arte è percepita come espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo: droga, razzismo, Aids, minaccia nucleare, alienazione giovanile, discriminazione delle minoranze, arroganza del potere. Haring ha partecipato di un sentire collettivo diventando l’icona di artista-attivista globale.

Tuttavia, il suo progetto, reso evidente in questa mostra, fu di ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico personale, immaginario simbolico, che fosse al tempo stesso universale, per riscoprire l’arte come testimonianza di una verità interiore che pone al suo centro l’uomo e la sua condizione sociale e individuale. È in questo disegno che risiede la vera grandezza di Haring; da qui parte e si sviluppa il suo celebrato impegno di artista-attivista e si afferma la sua forte singolarità rispetto ai suoi contemporanei.

La mostra sarà ordinata in un allestimento emozionante e al contempo denso di rimandi al contesto in cui la breve ed esplosiva vita di Haring gli consentì di esprimersi come una delle personalità più riconosciute dell’arte americana del dopoguerra.

DOVE, COME E A QUANTO

 

 

 

KEITH HARING. ABOUT ART

Milano, Palazzo Reale: 21 febbraio – 18 giugno 2017

 

lunedì: 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
giovedì e sabato: 9.30-22.30

Biglietti: 12 euro

 

 




Bruno Biondi e il fascino delle sue stanze verticali

Siamo sballottati dalla vita odierna come se fosse un caos, quindi arriviamo a sera e cerchiamo una tranquillità, un appiglio. La linea verticale è trovare se stessi in una serenità stabile” – Bruno Biondi

di Federico Poni – “Le Stanze Verticali” è una mostra personale dell’artista Bruno Biondi, curata da Massimiliano Binazza, in esposizione presso la galleria Statuto13.

I dipinti dell’artista si basano su tre colori, il nero, il grigio ed il bianco, colori freddi che, con le diverse tecniche usate, sembrano prendere parola e creare una sensazione che si può percepire con tutti i sensi.

La particolarità delle composizioni è la verticalità: una richiesta di salvataggio dal buio grazie alla luce, tema principale delle serie di Biondi. Inoltre l’artista lavora sulle tecniche di scavo, taglio del legno, della tela o del cartone, che richiamano una caduta, una non accettazione, quasi un odio, della società.

Qualche volta, però, troviamo anche dei dipinti bianchi, casti, puri: la salvezza è arrivata anche se rimane sempre una “ferita”, rappresentata da un taglio o uno scavo nel cartone.

Il cartone ondulato, oltre ad essere il nome di una serie, è un materiale scelto spesso da Biondi: lucido e omogeneo sulle contrapposte facce che sono però tenute insieme da onde. Queste onde, secondo l’artista, rappresentano, allo stesso tempo, ordine e disperazione, un silenzioso urlo di dolore.

A contrasto con i dipinti bianchi se ne trova uno completamente nero, senza altre tonalità, con due nette linee scavate: una strada senza uscita, un’imperfezione voluta, come un segno di autocritica.

La maggior parte delle opere sono suddivise in due parti, una più cupa e una più chiara, con in mezzo la fatidica linea: un bipolarismo formato da sofferenza e speranza in cui l’artista è completamente perso, immerso in un mare colmo di odio.

Queste sensazioni melanconiche sono idealmente riassumibili nel concetto schopenhaueriano del pendolo: un continuo alternarsi di totale dolore e, in questo caso, di una costante minima speranza: un “memento mori” astratto.

Il minimo comune denominatore delle opere, quindi, sono le linee verticali, che fungono da specchio, in primis, per l’artista ma anche per gli individui della nostra odierna società. Una, due o tre linee: delle pseudo strade opache, ruvide o lisce, brevi o lunghe che richiamano sempre un’autobiografia del momento.

Bruno – come lo descrive il curatore della mostra – è riflessivo, profondo, dallo sguardo impenetrabile. Le sue opere sono una via per esorcizzare le sue paure, i suoi fantasmi inconsci”.

Le Stanze Verticali sono quindi dei luoghi onirici che dominano la mente ma che l’artista desidera poter dominare, “come se personificassero il luogo dove un regista teatrale/l’artista riesce a scrutare da dietro la quinta scenica, a regolare, a dirigere e infine a decidere quale sarà la trama, quale sarà il finale”.

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Le Stanze Verticali – Mostra personale di Bruno Biondi

Galleria d’Arte Contemporanea Statuto13
Via Statuto, 13 (corte int.) – 20121 Milano

In mostra fino al 24 gennaio 2017
Apertura al pubblico: ore 11-19 da martedì a sabato




Case & Cinema: vivere dentro a un film

Vivere come dentro a un film potrebbe presto diventare realtà per alcuni fortunati  che potranno letteralmente portare il cinema fin dentro le pareti di casa. Sono infatti in vendita case in cui sono stati ambientati set di film diventati veri e propri cult. E si possono comprare online sul sito di immobiliare.it.

A Cortina d’Ampezzo è in vendita, con prezzo riservato, la villa dove sono stati girati ben blockbuster dei cinema di tutot il mondo: nel 1963 La Pantera Rosa con David Niven e Peter Sellers e, nel 1981, 007 Solo per i tuoi occhi con Roger Moore e Carole Bouquet.

A Roma per 4,1 milioni di euro si può diventare proprietari di un palazzo che nel 1977 è stato il set di Una giornata particolare, uno dei più intensi capolavori del grande schermo, di Ettore Scola con Sophia Loren e Marcello Mastroiani e, nel 1995, del Romanzo di un giovane povero con Alberto Sordi.  Non lontano da Roma, ma in provincia di Latina, a Terracina è in vendita per “soli” 3 milioni di euro la casa dove Carlo Verdone, nel 1998, ha filmato alcune scene di un altro dei pezzi da novanta del cinema degli ultimi vent’anno: Gallo Cedrone.

Per meno di un milione di euro invece si può trovare a Torino l’appartamento  dove sono stati girati sia Bianca come il latte, rossa come il sangue, film con Luca Argentero del 2013, sia La verità, vi spiego, sull’amore, film con Ambra Angiolini, Giuliana De Sio e Carolina Crescentini che sarà nelle sale dal prossimo aprile.

 

 




L’international day of Italian Cuisinses celebra l’orgoglio per la cucina italiana nel mondo

Da dieci anni, il 17 gennaio si celebra l’orgoglio per la cucina italiana nel mondo anche se sotto un band tutt’altro che made in Italy, ovvero International day of Italian Cuisinses.  È il giorno di Sant’Antonio Abate patrono, tra l’altro dei macellai. Quest’anno le celebrazioni hanno un protagonista d’eccezione: la pizza, in due versioni, la classica margherita e quella dello chef di ogni singolo ristornate che parteciperà all’evento. L’intento è quello riaffermare l’eredità italiana di un piatto conosciuto in tutto il mondo … ma troppo spesso contraffatto.
Sono quindi previsti centinaia di ristornati in tutto il mondo pronti a celebrare, con la pizza, l’orgoglio tricolore in cucina. Nelle precedenti edizioni della manifestazione sono stati portati alla ribalta, tra l’altro, la parmigiana di melanzane, la cotoletta alla milanese, il pesto genovese, le tagliatelle al ragù bolognese, il tiramisù, il risotto all m ilanese, gli spaghetti al pomodoro, la cotoletta e la pasta alla carbonara. Insomma una piccola parte del meglio della nostra cucina che, troppo spesso, all’estero viene interpretata secondo suggestioni locali. Oltre alla pizza all’ananas e alla “pepperoni pizza”, apparsa talmente tante volte nelle serie televisive americane da far percepire la pizza come un piatto tipico a stelle e strisce, si possono in effetti ricordare le varianti di pasta alla carbonara proposte all’estero con ogni ingrediente tranne quelli previsti dalla classica ricetta della cucina delle nostre nonne o piuttosto un piatto di parmigiana che in Australia significa cerne di pollo con salsa al pomodoro e un formaggio bianco, che dovrebbe evocare la mozzarella, in cima alla composizione artistica.




Al Teatro La Fenice si brinda con il Concerto di Capodanno

Per chi non avesse ancora deciso dove andare per le Feste, Venezia potrebbe essere un’ottima meta. Anche perché proprio al Teatro La Fenice di Venezia  si tiene il Concerto di Capodanno, il concerto per iniziare il nuovo anno nella migliore tradizione tricolore, giunto ormai alla sua quattordicesima edizione. Partono infatti dalla splendida cornice del Teatro La Fenice gli auguri, televisivi, di un felice nuovo.  Anche il Concerto di Capodanno 2017, diretto da Fabio Luisi, si chiude con un brindisi d’auguri da non perdere, quello della Traviata di Giuseppe Verdi.
La prima parte del Concerto di Capodanno sarà esclusivamente orchestrale, la seconda, che vedrà anche la partecipazione dei solisti e del Coro preparato da Claudio Marino Moretti, sarà invece dedicata al melodramma con un programma di famose arie d’opera come il celeberrimo brindisi dalla Traviata di Giuseppe Verdi.
Luisi è uno dei maggiori direttori italiani, già direttore musicale della Staatskapelle di Dresda, direttore principale del Metropolitan di New York e dal 2018 sarà direttore musicale del Maggio Musicale Fiorentino.

DOVE, COME E A QUANTO

29 dicembre- 1 gennaio   Concerto di Capodanno – Teatro La Fenice di Venezia.
giovedì 29 dicembre 2016 ore 20:00
venerdì 30 dicembre 2016 ore 17:00
sabato 31 dicembre 2016 ore 16:00
domenica 1 gennaio 2017 ore 11:15

Biglietti da 55 euro




Il Rigoletto secondo Opera Young al Teatro Litta

L’opera lirica è un grande patrimonio culturale che va salvaguardato e tramandato. Opera Young è un nuovo progetto fatto da giovani e rivolto a tutti gli appassionati e a chi si vuole avvicinare ad un mondo di grandi passioni e per questo molto moderno. Tutti giovani sul palcoscenico, in buca e dietro le quinte per proporre quattro tra i più famosi titoli del melodramma.

Si comincia con Rigoletto, una delle più celebri opere di Giuseppe Verdi e tutto il repertorio italiano. Il maestro Marco Beretta, direttore musicale e preparatore dell’intero cast dell’opera, vuole dare una lettura il più possibile fedele alla scrittura verdiana e nello stesso tempo legata alla migliore tradizione esecutiva in una visione interpretativa più attuale. In questa versione, agile e originale nella messa in scena, il regista Alberto Oliva propone una riflessione sulla politica e sulle dinamiche del potere. Il buffone di corte è un mestiere con le sue regole e le sue caratteristiche, anche fisiche. La gobba è un abito da lavoro, un costume così condizionante da diventare anche un modo di essere, al punto da distorcere la verità fino a farne una forma perversa di satira autolesionista. La corte del Duca è un bordello di donne oggetto, tutte intercambiabili, leggere ed evanescenti come abiti da sera – di cui è piena la scena – vacue e vuote come un grande guardaroba che non appartiene a nessuno. Se l’abito non fa il monaco, di certo fa il politico. E così Rigoletto vive una doppia vita, ha una doppia personalità: quando dismette l’abito da cortigiano gobbo, diventa un padre iperprotettivo e paranoico, ma anche capace di un amore incondizionato e sublime per a sua unica figlia. Con l’amore di redime, ma è destinato a pagar cara la leggerezza de suo lavoro portato all’eccesso di zelo. Maschere, abiti, doppie facce e ambiguità sono le caratteristiche dominanti nelle dinamiche del potere, grazie alle quali si sale e si scende, dalla polvere alle stelle e viceversa. Non manca anche il gioco dei doppi, con i personaggi che si specchiano gli uni negli altri, Gilda e Maddalena, Rigoletto e Sparafucile, ma anche incastri e sovrapposizioni, esaltati musicalmente dal celebre, magnifico e inarrivabile quartetto divenuto proverbiale.

Lo spettacolo si mantiene del tutto fedele all’opera di Giuseppe Verdi, con un impianto scenico molto semplice, costumi contemporanei che esaltano l’universalità della storia e il ripetersi delle stesse congiunture, perché la politica è fatta dagli uomini, che hanno sempre gli stessi istinti, le medesime pulsioni che mettono in pratica con analoghe strategie, intrighi, inganni e maledette coincidenze. Il conflitto che maggiormente dilania le scelte dei politici è quello tra il senso del dovere e il sentimento. Rigoletto paga lo zelo che lo contraddistingue nello svolgere il suo ruolo di buffone sbruffone (quando non è di sua figlia che si parla), ma allo stesso modo è fatale l’errore del suo doppio Sparafucile, che per affetto risparmia una vita e ne condanna un’altra, innocente.

 

TEATRO LITTA


11 dicembre ore 16.30

RIGOLETTO
di Giuseppe Verdi

PROGETTO OPERA YOUNG
di ADADS
direttore Marco Beretta
regia Alberto Oliva
coro e orchestra Opera Young
trucco e acconciature  APTA Accademia Professionale di Trucco Artistico Società Umanitaria Milano
costumi di Artescenica di Reggio Emilia
luci Marco Meola
assistente alla regia Arianna Aragno

PER INFORMAZIONI:
www.adads.it
www.mtmteatro.it

BIGLIETTERIA
Teatro Litta –  Corso Magenta 24, Milano
02 86454545
biglietteria@mtmteatro.it

PREZZI
biglietto intero: 25 euro
biglietto ridotto (over 60, under 25): 20 euro

ORARIO SPETTACOLO: domenica 11 dicembre ore 16.30




La Savignano si racconta in occasione della presentazione del volume “Luciana Savignano – L’eleganza interiore”

Sabato 10 dicembre alle ore 17 Luciana Savignano incontrerà il pubblico nel Ridotto di Palchi del Teatro alla Scala in occasione della pubblicazione del volume “Luciana Savignano – L’eleganza interiore” scritto dal danzatore e critico di danza Emanuele Burrafato (Roma 2016). L’artista ne discuterà con l’autore e la critica di danza Elsa Airoldi.

Il libro ripercorre le tappe della carriera della Savignano, sviluppatasi sui palcoscenici di tutto il mondo al fianco dei coreografi e dei danzatori più rappresentativi della seconda metà del Novecento quali Maurice Béjart, Roland Petit, Paolo Bortoluzzi, Rudolf Nureyev, Alvin Ailey, Mario Pistoni, personalità straordinarie di cui spesso l’artista regala un ritratto toccante ed esclusivo.

Recensioni, profili critici, interviste inedite e raro materiale fotografico illustrano il suo percorso artistico, evidenziando le peculiarità di una danzatrice unica e irripetibile, capace di incarnare sulle scene una femminilità diversa e lontana da ogni stereotipo di ballerina. Il racconto prende vita a Milano, tra le mura della scuola del Teatro alla Scala, e si sposta subito dopo sul suo palcoscenico, fino a toccare i teatri più importanti del globo.




Aperitivo in concerto con la travolgente Ester Rada

Come ogni anno, “Aperitivo in Concerto” festeggia il Natale con uno spettacolo di alta qualità ideativa e massima capacità d’intrattenere. Domenica 11 dicembre ore 11,00, al Teatro Manzoni di Milano è di scena la cantante etiope-israeliana Ester Rada, spettacolosa interprete che ha dimostrato di saper rileggere, con trascinante ed esplosiva vitalità, tradizioni come quella etiope e quelle mediorientali all’insegna di una vocalità che trae esempio dalle lezioni di interpreti storiche africano-americane come Ella Fitzgerald, Nina Simone, Aretha Franklin e, in tempi ancora più vicini a noi, Eryka Badu e Lauryn Hill.

Autentico animale da palcoscenico, Ester Rada, classe 1985, testimonia la nuova creatività che quotidianamente ormai ci giunge da ogni parte del globo, fondendo linguaggi, culture e tradizioni diverse e dando vita a sincretismi che già oggi sono la colonna sonora del nostro domani.

Oggi Ester Rada è una fra le più significative interpreti internazionali a emergere dalla scena israeliana, in un contesto dominato da sempre dalle grandi voci africano-americane. Il connubio fra culture e tradizioni diverse che il suo stile di canto incarna aggiunge ulteriore fascino all’impresa.

APERITIVO IN CONCERTO” – stagione 2016/2017
Teatro Manzoni, via Manzoni 42 Milano

CONCERTO DI NATALE

DOMENICA 11 DICEMBRE 2016 – ORE  11

Prima e Unica data italiana
La nuova stella nel firmamento del soul  ESTER RADA

Prevendita
Biglietto intero €15 – Ridotto giovani € 10 – alla cassa del Teatro
Numero Verde 800-914350
Online: www.teatromanzoni.it – www.Ticketone.it + Call Center 892.101