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Sinus Underwater Wines, la prima cantina calabrese “in fondo al mar”

I protagonisti della Sirenetta cantavano gli universi che prendevano forma  “in fondo al mar”, e  nelle profondità marine di San Nicola Arcella con Sinus Underwater Wines prende vita la prima cantina subacquea della Calabria.
A 800 meri di distanza dalla costa della baia di San Nicola Arcella più volte premiata con la Bandiera Blue a 35 metri di profondità, apre a gennaio 2025  uno spazio per l’affinamento di  vini, spumanti, distillati e birre accessibile ai diversi produttori locali e non solo.

Le bottiglie vengono immerse  in mare all’interno di apposite gabbie contenitrici da un equipe specializzata per un periodo minimo di sei mesi e beneficiano delle condizioni uniche dell’ambiente sottomarino, ovvero  la temperatura costante (che difficilmente la temperatura sale oltre i 13/14 gradi durane l’estate, creando un ambiente ideale per una affinamento lento e regolare, condizioni ideali per rum e whisky in quanto favoriscono lo sviluppo di note aromatiche ancora più complesse), un ambiente ipossico che preserva l’integrità aromatica di vini e spirt,  la pressione costante (a 35 metri sotto il livello del mare la pressione dell’acqua rimane stabile a quattro bar, favorendo una maturazione uniforme e controllata perfetta per migliorare la struttura dei vini rossi complessi), l’assenza di luce e micro movimenti delle correnti che suportano una fermentazione più attiva negli spumanti.

 




Wine is a rockstar con Elemento Indigeno

Vini curiosi che provengono da ogni parte del mondoal di fuori delle classiche rotte, vini che esplorano terroir e incontrano popoli, vini che raccontano produzioni e svelano contaminazioni, vini uniti da un fil rouge:  Elemento Indigeno, progetto di Compagnia dei Caraibi, racchiuso a sua volta nel catalogo “Wine is”.

Elemento Indigeno esplora le radici del processo naturale e culturale della fermentazione, alla scoperta delle sue sfaccettature culturali, raccontando la storia del legame tra il fluire naturale del processo, l’adattamento culturale e l’atto artigiano.  In questo senso Wine si si propone come una ode alla diversità e, allo stesso tempo come un ponte che unisce culture attraverso otto macrocategorie che attraversano 29 Paesi grazie a 75 produttori e più di 360 referenze

Wine is a rockstar raggruppa i vignaioli autori a 360° dei propri progetti che danno vita ad etichette fuori dagli schemi.

Wine is roots racchiude i produttori di zone vitivinicole storicamente importanti, ricche di storie e tradizioni. È qui che troviamo aziende profondamente radicate nel territorio, attive da più generazioni che valorizzano vitigni autoctoni, viti centenarie e denominazioni di prestigio.

Wine is contaminations è un invito alla scoperta di nuovi sapori. Qui a interpretare il ruolo di protagonista nel processo fermentativo non è solo l’uva ma anche la mela.

Wine is a rematch riunisce i vigneron che nonostante le iniziali sconfitte, hanno scelto di non arrendersi.

Wine is a guardian raggruppa dodici produttori che lavorano per conservare le uve autoctone conservando la memoria storica.

Wine is a backpacker combina storie di giovani produttori che, dopo aver girato il mondo e imparato dai migliori produttori, sono tornati a casa dando vita a nuove creazioni.

Wine is conviviality è la categoria dedicata alle bottiglie dalla beva facile e dalle buone vibrazioni.

Wine is finished mette insieme etichette in via di esaurimento, vini che non saranno più disponibili per l’acquisto in futuro e che saranno sostituiti da nuove selezioni

 




Go Vegan! Come celebrare il World Vegan Day

Non è solo la festa di Ognissanti, il 1° novembre infatti si celebra, ormai da trent’anni, il World Vegan Day, una giornata dedicata allo stile di vita vegan e un’occasione perfetta per realizzare ricette plant-based. Un giorno interamente vegano nel mondo genererebbe un risparmio di 22.000.000 di tonnellate di CO2 (Ourworldindata.org), più delle emissioni annuali della Bolivia, e di 6,5 miliardi di m3 di acqua (Waterproof Print.org), pari all’acqua di 2.600 piscine olimpioniche. E allora, spazio a nuovi suggerimenti per testare la cucina veg in Italia o nel mondo.

A Milano il Ristorante Rubacuori di Château Monfort, festeggia la ricorrenza con  “Cioccolato e Lamponi”, un dessert firmato dall’Executive chef Domenico Mozzillo e che sorprende con il  gioco di consistenze. Anche Torino punta sul dolce con Ambra, il nuovo Tartufo di cioccolato firmato La Perla di Torino realizzato con solo quattro ingredienti, cacao, dattero, cocco e mandorla, per una etichetta cortavegan senza zuccheri aggiunti.  In Alto Adige i Vitalpina Hotels Südtirol hanno lanciato una linea di prodotti biologici e vegani che si propongono di  concentrare il meglio della natura altoatesina in tre prodotti a disposizione degli ospiti delle strutture: barretta alla frutta e ai cereali in tre varietà; la miscela bio per pane fatta con farina di farro e segale e prodotta da 50 agricoltori aderenti al progetto Regiokorn e lavorata secondo una ricetta tradizionale. e lo sciroppo con il miglior ribes nero della Val Martello. Se invece si preferisce il salato Gambero Rosso, pochi mesi fa, ha stilato una classifica dei migliori burger vegani in commercio che vede sul podio  al 1° posto, a pari merito, il Miniburger L’Originale vegetale agli spinaci di Kioene e il  Burger vegetale al pomodoro di Unconventional, seguiti dai Mini burger bio alle carote peperoni e curcuma di NaturaSì, per chiudere con il Burger vegetale ai funghi di Kioene e il Big burger di miglio bio di Mediterranea Bioveg.

Al di fuori dei confini italiani, la gastronomia di eccellenza peruviana può contare sulla  biodiversità dei prodotti e la grande ricchezza di materie prime locali che si concretizzano per iniziare, in quattromila varietà di patata, 35 tipi di mais, 650 varietà di frutti e oltre 40 superfood. Sono numerose le rivisitazione in chiave vegan delle ricette più iconiche peruviane come Causa Limeña, simbolo della capitale, preparata con strati di patate (papas amarillas), avocado e peperoncino (ají amarillo) e farcita  nella versione vegana si concentra con avocado, spezie fresche e un tocco di lime che richiama i sapori tipici della cucina limeña. Ma anche il Ceviche, nato a Trujillo e considerato Patrimonio culturale della nazione, ha una sua variante vegana. Il Ceviche Vegano, ripieno di funghi o palmito (cuore di palma), marinato in lime e arricchito con cipolla rossa, coriandolo, e mais tostato, noti come cancha.  La Sopa de quinoa vegana, una miscela di verdure, patate, brodo e quinoa bollita e speziata con origano, cumino e coriandolo richiama il lago Titica, mentre il ersione vegana del Rocoto Relleno,  peperone ripieno tipico ad Arequipa è proposto con zucchine, cipolle e poi con formaggio fuso sopra.

Quella giapponese non è la prima cucina vegana probabilmente si pensa, ciononostante a cui si pensa, la cucina vegana del Paese offre un’esperienza sensoriale unica. In Giappone infatti esiste una tradizione culinaria chiamata shojin ryori, profondamente radicata ai principi del Buddismo zen, che si traduce in un’alimentazione puramente vegetale, in linea con il precetto buddista della non violenza e del rispetto per tutte le forme di vita. o.
Piatti come il sushi di verdure, il ramen con brodo vegetale, il dashi vegano, la tempura di verdura o la zuppa di miso mettono in luce la purezza e la semplicità degli ingredienti, esaltando sapori naturali e genuini. Alghe, tofu, miso e verdure di stagione si combinano per creare piatti ricchi di gusto e nutrienti, senza l’uso di prodotti di origine animale. Allo stesso modo aumentano anche il numero di chef che cercano di ricreare ricette tradizionali utilizzando ingredienti vegani. Numerose sono le ricette vegan friendly, come la zaru soba (i noodles di grano saraceno bolliti e raffreddati) o il curry giapponese, nella sua variante veg; per un veloce spuntino invece i konbini (i minimarket giapponesi) offrono un’ampia scelta di snack vegani, a partire dagli onigiri – le celebri polpette di riso ripiene.




Da Ghe Sem prodotti cinesi reinterpretati in chiave italiana

Dopo i dumplimg dai sapori italiani, Ghe Sem, il primo dim sum bar di Milano, introduce anche i bao (panini coti al vapore) dai ripieni tutti italiani.
Ghe Sem apre nel 2016 con l’idea di unire gli antichi rituali dei pastifici cinesi e le tecniche di preparazione orientali alla bellezza
della cucina mediterranea. Nascono così dumpling dai ripieni tutti italiani, drink d’autore con il cocktail bar che miscela prodotti italiani e orientali, e ora come fuori menu: i bao, sia dolci che salati.

I dim sum rimangono i protagonisti del menù di Ghe Sem. Ravioli dalla tipica forma e consistenza dei dumpling cinesi, ripieni di cacio e pepe, sugo all’amatriciana, cotechino con lenticchie, carbonara, norma, polpo alla luciana. Con oltre 25 tipi diversi di ravioli, anche dolci, ogni piatto stupisce con sapori che variano da boccone a boccone.

Anche i Bao da Ghe Sem rispettano la logica di mantenere un prodotto concettualmente cinese reinterpretato in chiave italiana. E infatti tra i bao salati non manca un omaggio a Milano con la farcitura con ossobuco alla milanese, mentre le alternative stagionali includono proposte come il bao trevigiano con gorgonzola, radicchio e noci. Tra i Bao dolci sono protagoniste la crema e la granella di pistacchio oltre alla Nutella e alla granella di nocciola.




Bolzano in festa in autunno

In autunno Bolzano s’infiamma di colori e di feste golose che hanno come protagonisti vino, speck, castagne, uva e mele con un fitto calendario di appuntamenti che il capoluogo altoatesino offre a chi sceglie di trascorrere qualche giorno in città.

E infatti un’occasione imperdibile per scoprire il centro storico di Bolzano è lo specksafari proposto, in collaborazione con il Consorzio Tutela Speck Alto Adige,tutti i venerdì fino a fine ottobre. Alla visita del centro storico è abbinata alla degustazione di speck in un’osteria tradizionale dove potrete conoscere meglio la storia, il processo di produzione e i criteri di qualità di questo particolare salume. Accompagnerà l’assaggio un calice del vino di Bolzano. La passeggiata dura un paio d’ore e costa venti euro a testa  con prenotazione entro le ore 12 del giorno della visita.

Non solo. Fino a fine ottobre ogni sabato si può poi partecipare al Bacchus Urbanus, un particolare trekking urbano lungo percorsi che attraversano le zone produttive dei due vini autoctoni di Bolzano, il Santa Maddalena e il Lagrein. Un’escursione a tema di circa due ore con visita e degustazione guidata presso alcune cantine produttrici del pregiato nettare. Massimo 20 partecipanti, costo venti euro a testa e prenotazione entro le ore 17 del giorno precedente.

Non manca il Törggelen, antica tradizione medievale che da ottobre fino all’inizio dell’Avvento celebra la fine della vendemmia (la parola deriva dal latino torquere, torchiare, e si riferisce alle uve appena pressate) e viene celebrata andando di maso in maso ad assaggiare specialità come lo speck e altri salumi, le castagne arrostite, gli Schlutzkrapfen (ravioli ripieni), la zuppa d’orzo, la Schlachtplatte (una ricca portata di salsicce e carne contornate dai crauti) e, ovviamente, il vino novello. Per l’occasione le numerose cantine vinicole sparse sul territorio organizzano visite guidate con degustazione, mentre una passeggiata nei boschi, tra i castagneti e i vigneti che abbracciano la città, non può che terminare in una delle tante Buschenschänke, le tipiche locande contadine, per gustare i tipici piatti contadini preparati con prodotti stagionali e a km zero e concedersi un  bicchiere di vino.

A metà ottobre poi si celebra in piazza Walther una sorta di “Thanksgiving” alpino con le eccellenze del territorio per festeggiare la fine e la buona riuscita del raccolto. Organizzata dal Bauernbund, l’Unione Agricoltori e Coltivatori Diretti dell’Alto Adige, questa festa tradizionale vedrà una quarantina di bancarelle animare il salotto buono della città con frutta e verdura, succhi e sciroppi, erbe aromatiche e distillati, formaggi e salumi portati da coltivatori e contadini direttamente dai loro campi e fattorie.

Dal 21 al 24 novembre Bolzano rende omaggio alla mela dell’Alto Adige con Apfelfesta, una festa interamente dedicata al frutto del benessere e al suo mondo. In piazza Walther, accanto al bellissimo Duomo, saranno allestiti banchetti di esposizione e vendita e infopoint per presentare le diverse varietà di mele, nonché i prodotti derivati dalla lavorazione delle mele, dall’aceto al sidro, dallo strudel ai chips di mela, e fornire informazioni sui metodi di coltivazione, di raccolta e distribuzione. Non solo. Anche tanta musica, laboratori e giochi per i bambini, e nei ristoranti menù a tema per un goloso viaggio nelle sue sfumature del gusto.




I dodici elementi di Cardenal Mendoza

Cardenal Mendoza rivela i suoi dodici elementi attraverso un’originale edizione limitata presentata al Museo Bagatti Valsecchi di Milano.

Cardenal Mendoza Elements Edition nasce dal confronto a Jerez tra importatori, distributori, bartender e consumatori di tutto il mondo che hanno individuato i dodici elementi del brandy ovvero: mogano, rovere, uvetta, prugna, noce, nocciola, cacao, caramello, miele, vaniglia, cannella, tabacco. I dodici elementi di Cardenal Mendoza sono stati poi illustrati da Carmen Garcia Huerta su etichetta e confezione.

Cardenal Mendoza, fiore all’occhiello della cantina Sánchez Romate è stata fondata nel 1887 dalla famiglia Sánchez Romate Hno a Jerez de la Frontera ed è oggi un riferimento internazionale nel mondo dei brandy più esclusivi. La sua produzione artigianale, basata su metodo solera, gestito ancora oggi manualmente, ne è concreta testimonianza. Il vino dei vitigni autoctoni Airèn è distillato in alambicchi di rame e poi affinato per quindici anni in botti che hanno cotenuto Sherry oloroso e Pedro Ximenez.

Il brandy Cardenal Mendoza è un tributo al Cardinal Pedro Gonzáles de Mendoza, che con la sua visione e supporto rese possibile il viaggio di Cristoforo Colombo verso il Nuovo Mondo. Cardenla Mendoza è distribuito da Rinaldi 1957 spa.




Don Papa, dalle Filippine al cuore di Milano

Il rum che viene dalle Filippine e conquista il cuore Milano.  I distillati Don Papa, distribuiti da Rinaldi 1957,  nascono nell’isola di Negros, Sugarlandia, tra le sterminate piantagioni di zucchero (da sola rappresenta metà dell’intera produzione di canne da zucchero delle Filippine), le aspre catene montuose e il panorama vulcanico del monte Kanlaon che, con i suoi  2500 metri circa di altezza, svetta tra bianche spiagge esotiche e la giungla lussureggiante. Ed è proprio il terreno vulcanico così ricco di minerali come magnesio e patassio, a regalare rotondità, pienezza e morbidezza al rum, mentre la biodiversità dell’isola è stata di ispirazione per le etichette dei distillati.

Don Papa nasce tredici anni fa su una intuizione di Stephen Carrol (exRémy Cointreau) di creare nelle Filippine un rum internazionale  di fascia elevata, un prodotto che mancava.  A dare il nome al brand è Papa Isio (il cui vero nome era Dionisio Magbuelas), un capogruppo di raccoglitori, sciamano ed eroe rivoluzionario nella guerra di liberazione delle Filippine dalla dominazione spagnola. E in Don Papa rivive la la leggendaria energia dell’eroe.

In particolare:

Don Papa 7 anni
Don Papa è l’originale Single Island Rum dalle Filippine, ispirato da Papa Isio, eroe rivoluzionario e sciamano dell’Isola di Negros. Maturato ai piedi del Monte Kanlaon, Don Papa 7 Anni è invecchiato in botti ex-Bourbon ed ex-Rioja di quercia per ottenere una profondità di sapori, prima di essere assemblato alla perfezione dal Don Papa Master Blender. Con note fragranti di scorza di agrumi, mango e nocciole arrostite al naso, il blend ammalia con sentori importanti di frutta, crema di
vaniglia e toffee al palato. Il finale regala rotondità grazie ai sentori di quercia tostata delle botti.

Don Papa Baroko
Don Papa Baroko celebra il lato più passionale ed esuberante di Papa Isio. Realizzato a partire da melassa “black gold”, è invecchiato per anni in botti ex-Bourbon alle pendici del vulcano attivo Monte Kanlaon per ottenere un finale ricco e rotondo. Al naso colpiscono gli aromi agrumati e di vaniglia. In bocca è di corpo pieno con note di frutta tropicale candita e miele; il finale è lungo e profondo con sentori di uvetta e di legno.

Don Papa Masskara
Don Papa Masskara è prodotto a partire dalla canna da zucchero locale, con una lavorazione artigianale, in piccoli lotti per una produzione limitata, invecchiato per 3 anni in botti.
Si tratta di un distillato dal colore ambrato chiaro, al naso è ricco di profumi dolci, spezie e agrumi ma specialmente con un agrume che si produce solo nelle Filippine ed è il Calamansi, al palato è sorprendente la sua bella morbidezza con delicati aromi di miele, frutta candita con un tocco di agrumi dolci nel finale.




Follador 250 anni di terra, famiglia e Prosecco

Terra, famiglia, convivialità, sono questi i valori condivisi da nove generazioni di Follador che, in oltre due secoli e mezzo di storia  hanno dato volto al Prosecco.

Le radici dell’azienda, affondano al 1769 quando il Doge Alvise IV della casata patrizia dei Mocenigo, riconobbe e attestò la superiorità dei vini prodotti dall’antenato Giovanni Follador, che  destinò a vigneto tutte le proprie terre.

Nel corso del tempo, la passione per l’eccellenza e l’intraprendenza proiettata all’innovazione hanno guidato la famiglia alla realizzazione di obiettivi ambiziosi. Una pagina importante di questa storia è stata scritta da uno dei discendenti, Gianfranco Follador, tra i primi Spumantisti del Valdobbiadene e ideatore dell’esclusivo Metodo Gianfranco Follador.  Questa speciale tecnica di vinificazione prevede specifici passaggi nella fase iniziale e l’impiego di attrezzature adatte alla crio-macerazione, per estrapolare le molteplici proprietà delle bucce e donare struttura e personalità a ogni etichetta.

Una visione che ha portato l’azienda a competere con i migliori vini italiani e internazionali, fino al raggiungimento del titolo di “Miglior Prosecco” al The Champagne & Sparkling Wine World Championships2020, un riconoscimento che ha acceso un faro sulla maestria e il saper fare di una discendenza cresciuta fra le vigne, custode di tradizioni antiche e rituali intramontabili, tipici di un  territorio circoscritto: il Conegliano Valdobbiadene.

Terra d’incanto, tra le Dolomiti e Venezia, le colline di Col San Martino, a Valdobbiadene, sono state riconosciute nel 2019 Patrimonio Unse grazie al paesaggio culturale che le contrassegna unico nel suo genere in cui  su questa distesa di colline ricamate dai vigneti sorgono borghi storici di grande suggestione, dando vita a panorami emozionanti, come quello dominato dalle Torri di Credazzo, sotto le quali si estende una parte dei vigneti di proprietà della famiglia Follador.

 




Champagne Jacquart celebra i suoi primi 60 anni

Champagne Jacquart celebra i suoi primi sessant’anni all’insegna della gioia di vivere all’hotel Château Monfort di Milano tra degustazioni abbinate a creazioni dello chef Domenico Mozzillo che capitana la cucina del ristorante Rubacuori di Château Monfort, cocktail d’eccezione che esaltano le note aromatiche di ogni Champagne e party.

Fondata nel 1964, la Maison Jacquart nasce dall’intento di riunire l’esperienza di una trentina di
vignerons-artigiani pronti a condividere talento e  vigneti per produrre grandi vini. Nasce così il concetto di Mosaïque, un mosaico di crus, di terroir e talenti. Cresciuta negli anni con l’inserimento di nuovi soci, Jacquart oggi copre 300 ettari distribuiti su più di 60 crus in tutte le aree della Champagne. La varietà di queste parcelle in grado di garantire un’incredibile
diversità è il carattere distintivo dello Champagne.  “La filosofia della maison è quella di celebrare ogni piccolo momento della vita con una nota di gioia e leggerezza, trasformando l’ordinario in straordinario” spiega  Joëlle Weiss, enologa di casa Jacquart. Sin dalla sua creazione, infatti, Champagne Jacquart, ha sfidato i canoni tradizionali, con un approccio disinvolto e creativo, invitando a brindare per tutti i piccoli e grandi successi quotidiani, non solo nelle occasioni speciali.

Il punto di forza dell’azienda è lo Chardonnay, con la sua freschezza, finezza e capacità d’invecchiamento. Il dosaggio leggero e appropriato e un processo di vinificazione preciso e innovativo rivelano alla degustazione uno stile diretto, arioso e fine.
Per scelta, Champagne Jacquart viene affinato solo in acciaio inox senza passaggi in legno per esaltare le caratteristiche varietale dell’uva e di ogni singola parcella, valorizzandone freschezza e vivacità. “Tutte le nostre cuvées sono espressione gioiosa dello champagne, basate sulla freschezza aromatica dello Chardonnay elaborato nelle sue mille sfumature. Dalle più leggere e pungenti a quelle più eleganti e golose, accomunate dalla stessa brillantezza, dal temperamento e dall’immancabile freschezza finale.” commenta  Weiss, l’enologa di casa Jacquart.

Champagne Jacquart viene distribuito da Rinaldi 1957 spa, capitanata da Giuseppe Tamburi, che ha trasformato la
passione per i distillati e i vini in una missione.




Livigno gourmet con il Sunrise Mattias

Inizio primavera gourmet a Livigno.  L’8 e il 9 aprile è in agenda infatti la settima edizione di Sunrise Mattias in cui otto chef stellati si propongono di rendere omaggio a Mattias Peri, primo chef di Livigno e della Valtellina a ricevere una stella Michelin nel 2009, esaltando i sapori della tradizione e divulgano l’arte culinaria. Mattias Peri ha dato un’identità alla cucina delle Alpi e valorizzare il territorio e i suoi abitanti: è proprio grazie a lui, infatti, che la località ha compiuto un grande salto di qualità a livello culinario e il suo impegno e passione hanno tracciato la strada.

L’appuntamento annuale  organizzato dall’Associazione Mattias, prevede  due giornate scandite da esperienze che mettono in primo piano l’anima gastronomica di Livigno: la scuola di formazione di cucina con lezioni tenute, tra l’altro da Alessandro Negrini, chef de Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano e Davide Caranchini del ristorante Materia a Cernobbio; la cena di beneficenza dell’8 aprile presso il Kosmo Taste The Mountain  e la colazione gourmand preparata ai piedi del Plan da li Carbonéira

In particolare i protagonisti della serata dell’8 aprile il cui ricavato è devoluto in borse di srdo ai ragazzi degli istituti alberghieri, sono Michele Talarico, head chef del ristorante che ospiterà questo appuntamento; Alessandro Negrini, chef de Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano; Davide Caranchini del ristorante Materia a Cernobbio; Giancarlo Morelli del Pomiroeu di Seregno; Gianni Tarabini del ristorante La Preséf a Mantello; Paolo Rota, chef del ristorante Da Vittorio a St. Moritz; Valeria Mosca, fondatrice di Wood*ing e Gianluca Fusto, chef maître pâtissier di Fusto Milano.