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ConFusion, un locale da scoprire sulle rive dell’Adige

ConFusione 1 italo e tatjanaIl ConFusion è un locale da scoprire almeno per tre ragioni: la posizione incantevole sulle rive dell’Adige e proprio a ridosso del centro storico di Verona, la cura maniacale di singolo  dettaglio dalle posate, ai portatovaglioli, fino alla presentazione del piatto, ma soprattutto, una cucina che unisce tre tradizioni: quella mediterranea, quella giapponese e, infine, quella sudamericana. La proposta della carta, sia per un drink che per un cena, non è mai banale ma è frutto di un’attenta ricerca che esalta tradizioni diverse e materie prime di qualità.

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Il ConFusion, lounge, caffetteria e ristorante, nasce a Verona dal desiderio dello chef Italo Bassi di esprimere a pieno la propria personalità e quella della moglie Tatjana Rozenfeld, profondamente innamorata dell’arte, con un’idea in mente ben precisa: quella di privare dell’eccesso di formalismo l’esperienza di una cucina d’autore e di un menu gourmet.

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Al ConFusion c’è un’attenzione assoluta alla materia prima italiana, caposaldo della cucina di Italo Bassi, e alla sua presentazione in piatti sempre eleganti, dove emerge anche l’esperienza giapponese dello chef. “Tre ingredienti in un piatto, se di ottima qualità, sono già troppi – dice Italo Bassi – Se si ha a disposizione un grande ingrediente occorre farsi da parte e lasciare che sia lui ad interpretare il ruolo da protagonista”. In cucina, oltre a Bassi, anche il sous chef giapponese Masaki Inogouchi e Ivan Bombieri. La contaminazione tra differenti espressioni gastronomiche passa anche dalla loro grande professionalità. Da  non perdere il polpo all’olio di oliva con crema di peperoni dolci e fagiolini profumati all’aglio e yuzukoshò (18 euro), che unisce il Mediterraneo all’Oeriente e lo ying yang di gamberi rossi, quinoa allo zenzero racchiuso da una sfera di avocado e adagiato su una mousse di peperoni rossi (leche de tigre) al mango e con un assaggio di caviale (18 euro), un’esplosione di sapore dalla forma stupefacente. Interessante la proposta di sushi.

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Il ConFusion porta a Verona un concetto di locale internazionale, con tre differenti spazi al proprio interno. Si parte dall’angolo caffetteria “perché bere un gran caffè è ormai molto difficile”, spiega lo chef. Si prosegue con il palcoscenico, la cucina, uno spazio al piano terra che richiama la cultura giapponese di mangiare direttamente al banco di fronte allo chef. Qui nascono i piatti del ConFusion e qui lo chef Inogouchi prepara le proposte di sushi presenti in carta. Al piano superiore il lounge bar con una selezione di assoluto livello e la competenza di due barman professionisti, circondato da 7 terrazzini affacciati sul dolce scorrere del fiume Adige, particolarmente romantico la sera. Tre differenti anime che al ConFusion si mescolano e si intrecciano con disinvoltura, abbattendo i paletti temporali e prolungando l’orario in cui è possibile gustare le creazioni dello chef, magari abbinandole con un miscelato di livello o con un grande champagne.

DOVE

Verona, Via Ponte Nuovo, 9
Telefono: 045 4624806
Drink a partire da 10 euro
Prezzo medio per cena: 40-50 euro. Percorsi di degustazione 5 portate 65 euro; 7 portate: 85 euro.

 

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La cucina di Singapore sbarca a Milano con Pasta B

A due passi dal Duomo di Milano è possibile provare la cucina singaporiana in un locale dall’atmosfera rilassata ma curata specializzato nella pasta che, per quanto riguarda la cucina asiatica, significa principalmente, ma non solo, ravioli e noodles. L’indirizzo è di quelli da portare sempre con sé, per uan paua pranzo fuori dall’ordinario, una gustosa alternativa all’aperitivo o un dopo cinema in pieno centro di Milano e a prezzi accessibili (si può cenare con 20 euro): Pasta B via Hoepli 3.   La ricetta dell’impasto è un segreto che i signori Han custodiscono da 27 anni  e che, di fatto, è diventata porta bandiera dei diversi locali aperti nel mondo:  Jing Hua Xiao Chi o, in italiano, Pasta B.

Pasta B

Tutto è iniziato nel 1989 quando i signori Han aprirono il Jing Hua Xiao Chi, un locale specializzato nella preparazione di ravioli. Dopo quasi trent’anni di esperienza, la seconda generazione ha svelato al mondo le preziose ricette per realizzare le specialità che, fin ad allora, era possibile assaggiare solo a Singapore e in Giappone. Milano è finora la sola città europea in cui è approdata Jing Hua Xiao Chi, Pasta B, anche se non si escludono nuove aperture nella penisola.

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Pasta B grazie alle origini della stessa famiglia Han dove si fondono tradizioni giapponesi, coreane e indonesiane, propone una cucina singaporiana con influenze fusion. Tra le specialità di Pasta B spiccano i ravioli: alla piastra, al vapore e bolliti, interamente fatti a mano arricchiti da diversi e gustosi ripieni comemaiale e gambero (della tradizione di Singapore), pollo, manzo o solo verdure. Il più famoso dei ravioli Jing Hua è il “little juicy steamed meat dumpling”, un bocconcino ripieno di carne trita di maiale e una zuppa ricca di sapore, tutto racchiuso in una pasta sottile ma resistente.  Da non perder ei ravioli alla piastra, la cottura infatti esalta in modo sorprendendo i gustosi ripieni. Assolutamente da provare i noodles, ovvero gli “spaghetti” tipici della tradizione orientale, realizzati homemade, saltati o in brodo, con verdure, pollo o maiale. Potete accompagnarli dal caratteristico katsuobushi ,pesce affumicato ed essiccato a scaglie, dal mentaiko (uova di pesce Pollack marinate con erbe e spezie) o dallo shiso (erba medicinale chiamata anche basilico cinese). I dolci infine sono fatti tutti in casa e proposti con un’ accurata selezione di tè asiatici. Servizio veloce e attento. Un consiglio: il personale è davvero preparato sulla misteriosa cucina singaporiana e sulle influenze asiatiche, non abbiate timore di chiedere approfondimenti o di farvi consigliare i diversi accostamenti possibili che possano esaltare il piatto ordinato.

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DOVE, COME E A QUANTO

PastaB
Indirizzo: via Hoepli 3
Orari: Apertura dalle 11:30 alle 22:00. Riposo il lunedì a cena.
Telefono: 02 7200 4298
Prezzo medio: 20-25 euro




I Giardini Paprika e Cannella portano, anche ad agosto, la Sardegna a Milano

Chi ad agosto resta a Milano, potrà comunque sognare il mare con l’avventura culinaria proposta da Ai  Giardini Paprika e Cannella, il salotto condotto dalla coppia Davide Paderi e Giovanna Taddei che offre golosi piatti della tradizione italiana e mediterranea, con una particolare declinazione al meglio della Sardegna.

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Ai Giardini Paprika e Cannella a dirigere è lo chef Mauro Bizzarro (per otto anni nelle cucine di Giacomo Milano) possono . Nel menu stagionale spiccano tra gli antipasti i classici “mare crudo” (gamberi gobbetti al lime, scampo di Mazara del Vallo, carpaccio di tonno rosso, tartare di salmone e ricciola, ostrica con bagnetto rosso) o il “mare caldo” (insalata di polpo alla catalana, salmone confit con cremoso di barbabietola e cipolla rossa brasata, crema di ceci con gambero rosso al vapore, spiedini di seppia in panure aromatica e gambero gratinato al pistacchio); il tortino di alici del Mediterraneo al crumble di pistacchi di Bronte, melanzane, mozzarella di bufala campana e olio al pomodoro e basilico o la tartare di salmone irlandese al fresco di limone, insalatina di finocchi e chutney di mango al rhum scuro e cannella. Spettacolare e assolutamente da provare la parmigiana di melanzane con vellutata di basilico e pomodorini confit così come la norcineria di Camaiore Prosciutto toscano DOP Bonuccelli tagliato al coltello o la mortadella al tartufo del salumificio B.B.S o il culatello nostrano di Novellara servite con gnocco fritto. Tra i primi troviamo i paccheri napoletani “Vicedomini” al ragu di mare; i culurgiones di patate alla nuorese con salsa di pomodoro, parmigiano e basilico; le chicche di patate abruzzesi al ragù di scorfano, profumo di timo e datterini arrosto; i ravioli al nero di seppia ripieno di branzino con ricotta di bufala campana su ristretto di gamberi rossi ed erba cipollina; la fregola sarda fatta a mano alle vongole veraci e bottarga di muggine. Secondi di mare come un’impareggiabile frittura di calamaro, gamberi rossi e zucchine julienne; il filetto di tonno su riduzione al porto bianco, cristalli di porro e fagiolini sautè; il salmone marinato alla barbabietola e coriandolo con insalatina croccante e yogurt greco al finocchietto selvatico; il calamaro ripieno al frutto del cappero, pomodorini San Marzano su fresco di gazpacho rosso; i gamberoni flambati al calvados su vellutata di patate viola e polvere di olive nere. Non mancano le escursioni gastronomiche di terra tra costata fiorentina di bovino “Carni Nobili”, galletto amburghese al mattone con salsa bbq e verdure grigliate, costolette d’agnello in croccante di pane a scaglie con caponata di melanzane all’agretto e maionese di sedano. Senza dimenticare i dolci, tutti fatti in casa come il pane e la focaccia,: dalle caramelle di pasta sfoglia con crema al mascarpone alla delizia al limone e frutto della passione, al soufflé al cioccolato caldo con gelato alla crema. La lista vini comprende svariate etichette provenienti da ogni regione italiana, diverse bottiglie importanti e qualche bollicina francese.

Ai Giardini Paprika e Cannella Culurgiones

DOVE, COME E A QUANTO

Ai Giardini Paprika e Cannella
Via Ludovico Settala 2, Milano
Tel. 02.2049650
Chiuso domenica e sabato a pranzo
Prezzo medio 35€

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Fivizzano porta in tavola il meglio della lunigiana

La biodiversità in mostra nella 15° edizione di Sapori dal 2 al 5 giugno. Il borgo lunigianese di Fivizzano si trasforma nella capitale delle eccellenze gastronomiche, dove gli ingredienti della tradizione diventano tesoro culturale e vanno in scena i prodotti del Parco dell’Appennino tosco-emiliano, patrimonio consolidato Man and the Biosphere dell’Unesco. Una carrellata di gusto che fa scoprire come la storia di un territorio passi obbligatoriamente dalla tavola. Tra una degustazione e l’altra, spazio a spettacoli e manifestazioni culturali. 

Favizzano Gruppo storico per F

La manifestazione è la scusa adatta per organizzarsi un fine settimana, quello del solo ponte dell’anno per di più, per un fune settimana. Fivizzano infatti è un gioiello tutto da scoprire. “La Firenze della Lunigiana”, così è stata soprannominata Fivizzano durante i secoli, definizione che ancora oggi resta viva tra la popolazione. La sua posizione geografica, letteralmente incastrata tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco-Emiliano, l’ha sempre resa un territorio particolarmente ambito, contesa tra la famiglia Malaspina e la grande famiglia de’ Medici, fino ad entrare sotto il controllo del Gran Ducato di Toscana ed essere ceduta, dopo il 1844, al Ducato di Modena; quest’ultimo ha controllato Fivizzano sino all’Unità d’Italia. Un illustre passato che ha reso Fivizzano un “gioiello” dal punto di vista artistico, storico e architettonico visto che conserva importanti testimonianze. In primis l’imponente Piazza Medicea al centro della quale si trova la fontana fatta erigere da Cosimo III nel 1683. Poco distante dalla piazza l’ex Convento degli Agostiniani con l’annessa Biblioteca all’interno della quale sono custoditi importanti incunaboli e l’Erbariolo Lunense. Di grande importanza anche il Museo della Stampa poiché, proprio a Fivizzano, intorno al 1470, furono stampati libri con i primi caratteri tipografici italiani mobili, con anticipo rispetto a molte capitali europee. Sempre nel centro storico anche la Chiesa dedicata ai Santi Jacopo e Antonio: al suo interno il Fonte Battesimale risalente al XIV secolo, una lunetta affrescata con una Deposizione opera della scuola pittorica di Andrea del Sarto, il Tabernacolo in argento dell’altare maggiore e l’immagine della Beata Vergine in memoria di un’apparizione e di una guarigione miracolosa.

Al vasto patrimonio storico-artistico Fivizzano affianca anche quello ambientale e naturalistico. Tra boschi, vallate e corsi d’acqua, questo territorio è perfetto per chi ama le escursioni e l’aria aperta. Degna di nota la vicina Equi, località conosciuta per gli stabilimenti termali e per la bellezza delle sue grotte: un esteso percorso carsico formatosi millenni fa grazie all’azione dell’acqua, oggi Geo-Archeo Park.

L’edizione “Sapori” 2016 sarà   di appuntamenti e iniziative, tutte siglate dall’importante riconoscimento che il Parco dell’Appennino-Tosco Emiliano ha ricevuto nel 2015, ossia l’essere entrato a far parte della Rete delle Riserve ‘Uomo e Biosfera’ MaB UNESCO (Man and the Biosphere). Proprio per celebrare questo “traguardo”, all’interno della Biblioteca di Fivizzano, saranno messi in mostra i prodotti dell’area MaB suddivisi tra Dop e Igp; una carrellata di gusto per far scoprire come la storia di un territorio passi obbligatoriamente dalla tavola e dallo stretto legame che l’uomo sigilla con il suo luogo d’origine, sempre nel pieno rispetto della natura e di quanto ci viene offerto.

La 15° edizione di Sapori esibirà tra le vie e gli antichi luoghi di quella che, un tempo, era chiamata “Il bel cantuccio di Firenze” perché feudo dei Medici, i 64 prodotti dell’Area MaB affiancati da tutte le altre bontà che contraddistinguono la Lunigiana e i territori limitrofi, comprese le regioni confinanti. Via libera per assaggiare (e scoprire) alcune specialità della Garfagnana come il pane di patate, il Biroldo (insaccato con le parti meno nobili del maiale), la Mondiola, (salame tipico della zona) e il farro garfagnino, giusto per citarne alcuni; ci saranno anche i formaggi della Lunigiana, la tipica Mortadella, i prodotti con la farina di castagne, le cipolle di Treschietto e il Miele Dop. Spazio anche per il Parmigiano Reggiano, il Cotechino e l’Aceto Balsamico di Modena e il Prosciutto di Parma. Non mancheranno nemmeno le perle enologiche della Valle di Magra, di alcune zone della Toscana e dell’Emilia.

 

COME E DOVE

2-5 giguno Fivizzano
In Auto – Autostrada A15 (Parma – La Spezia): uscita al casello di Aulla, proseguire per la Strada

In Treno – Linea La Spezia-Parma, stazione di Aulla. Ad Aulla c’è la stazione degli autobus con linee che conducono nelle principali località della Lunigiana.

 




“Nonna Domenica”, una boutique del gusto dove riscoprire i sapori della tradizione

Le mode vanno e vengono e Milano ne è, da sempre, crocevia. Il rischio? È quello di non conoscere più le tradizioni della cucina italiana che pure, a molti neofiti di sushi e sashimi, potrebbe riservare grandi e golose sorprese. Proprio per questo,  nasce a Milano “Nonna Domenica” una piccola boutique del gusto dedicata alla cucina della nonna e ai sapori della tradizione, quelli appunto per cui non servono dizionari bilingue o costanti aggiornamenti online per capire le meraviglie presenti nel piatto. Sapori autentici, prodotti quando possibile bio e una ricerca costante della tradizione tricolore, nel materia e nella preparazione, sono questi i tratti essenziali di “Nonna Domenica”. L’indirizzo è di quelli da preservare con cura:  via Altaguardia 16, a cinque minuti a piedi dalla fermata della metropolitana di Porta Romana. Meglio prenotare però allo 02-58317200. Il locale si riempie presto apprezzato da chi, in questi pochi giorni dall’apertura, ne ha già provato la qualità, l’ambiente  e i prezzi non eccessivi (per un primo e un secondo si spendono 25-30 euro).  Sono solo 26 infatti  i coperti, così da creare un ambiente intimo seppure curato al minimo dettaglio, dove poter parlare e ascoltare senza essere assordati da vicini ingombranti o da una musica invadente. Il salotto di “Nonna Domenica” è solo leggermente più grande del salotto delle nonne, quello dove la famiglia si riuniva di domenica, ma ugualmente accogliente e dal gusto un po’ retro che invita  alla cordialità e alle chiacchiere. Sarà forse un caso ma persino la musica ascolta da “Nonna Domenica” si adattava perfettamente al locale: solo successi italiani dagli Anni ’70 in poi, quelli conosciuti e canticchiati da tutti nonostante le mode che, nella musica come nel cibo, ogni mese invadono Milano.

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Il ristorante nasce dall’idea di Fabio Marenco che nella vita si sdoppia: consulente d’azienda di giorno in Long term Partner e di sera ristoratore per passione con un locale dedicato, per l’appunto, alla nonna: “Nonna Domenica”. Da sempre culto del buon cibo e del buon vivere, Marenco ha coinvolto in quest’avventura quattro soci per trovare,, secondo le sue stesse parole, “un ristorante dove potessi mangiare sano e bene prima di tutto io”. La chef Ilaria, nella prima vita architetto, ha poi tramutato l’idea iniziale in realtà e ricette adeguate addirittura ai tempi moderni da ricettari pluricentenari come le “uova in crostata croccante su crema di asparagi”, un piatto del 1884 portato nel futuro e offerto per 13 euro.  L’idea è basata su tre semplici principi: l’Italianità: nessuna regione precisa, ma tanti spunti e ricette speciali; la tradizione: nessun ingrediente lontano dalle cucine delle nostre nonne; le lunghe preparazioni: macerazioni, frollature, cotture rappresentate da piatti “lenti” per antonomasia.  Il menu poi varia spesso con proposte sempre nuove. 
 
Nonna domenica 4Nonna domenica
Il menù da “Nonna Domenica” non è fisso, ma varia con le stagioni e con le settimane. Ogni volta “Nonna domenica” propone qualcosa di nuovo, goloso e assolutamente da provare. Per questo, anche se è aperto da poco, il ristorante ha già una nutrita rigata di habitué. Da gustare, con il pane fatto in casa, l’arancino spaccato con ragù e accompagnato da culatta scelta, lo sformatino di carote con cuore fondente, il frico friulano con cialde di polenta o il polpo arrosto su crema di patate. Tra i primi meritano una menzione particolare gli Spatzle allo speck con noci e salvia, il risotto zucca e crescenza con semi di zucca o gli gnocchi al ragù bianco di agnello tagliato al coltello con scorzetta di limone e ginepro. Re indiscusso dei secondi piatti è lo stufato d’asina (ormai una rarità introvabile) o, in alternativa, la dadolata di filetto alla “Salsa Speciale della Nonna” con patate al forno e zucchine grigliate. Ottimo il Brandacujun alla ligure o il carciofo capitolino. Come dessert consigliato il castagnaccio all’antica con uvetta, pinoli e rosmarino. Il
Il menù non esteso, pochi piatti, preparati con cura .ma che ciclicamente cambiano secondo diverse categorie: i piatti della nonna, legati alla tradizione e una preparazione lunga che riesce a sprigionare al meglio profumi e sapore, i piatti tipici della cucina regionale e le proposte per una clientela vegana o vegetariana.  La cucina è saporita e leggera, anche la trazione in effetti può essere se non migliorata quanto meno aggiornata alle esigenze moderne. Il tutto accompagnato da una selezione di vini rossi e bianchi scelti  tra piccole cantine italiane con una produzione sotto le 100mila bottiglie all’anno.



Burgenland, un’Austria da scoprire dove splende sempre il sole

Non siamo i soli a poterci definire come Paese del sole. Anche l’Austria ha una regione del sole,  Burgenland,  che vale la pena di scoprire e offre una media di 300 giorni di sole all’anno. Il  Burgenland, al confine con l’Ungheria, è tra le regione austriache quella meno conosciuta. Ma è un peccato. Si tratta infatti di un’area che vanta meraviglie artistiche (non è un caso che Burgenland significhi proprio terra di castelli), splendidi scenari naturalistici (con ben sei parchi nazionali), numeroso fonti termali e una cultura enogastronomica che gode dell’influenza delle diverse popolazioni che hanno abitato nel territorio.  Una regione che non assomiglia per nulla all’idea canonica di Austria e, anche per questo, varrebbe la pena visitare. Nel Burgenland  infatti non vi sono montagne, ma distese pianeggianti a perdita d’occhio, colline tondeggianti, aree verdi fluviali e filari di viti infiniti. Il Burgenland è raggiungibile in auto, treno o autobus da Graz o da Vienna.

Come terra di confine il territorio è costellato da castelli rocche con funzione difensiva attorno a cui si sono, nei secoli, sviluppati interi paesi. Il Burgenland è la regione austriaca meno conosciuta, ma è ricca di suggestioni culturali e naturalistiche. Burgenland vuol dire terra dei castelli, a testimonianza della sua posizione di confine e della sua funzione difensiva contro gli Ottomani. Molti paesi sono nati intorno a rocche difensive. Tra i più noti vi sono il trecentesco  forte Forchtenstein, quartier generale della famiglia Esterházy sorge arroccato a ud, sui monti Rosaliengebirge, del trecento. Ma vi sono anche il castello di Lockenhaus, altra roccaforte degli Esterhàzy e ultimo castello cavalleresco d’Austria,  oggi adibita a hotel; il castello di Güssing, costruito sul cono di un vulcano spento e da cui si può ammirare un panorama mozzafiato; il castello di Bernste, della famiglia Batthyány e dove visse conte Ladislaus Almasy, a cui è ispirato “Il paziente inglese”; il castello barocco di Halbturn, ex residenza estiva dell’imperatore.

La scoperta del Burgenland  non può che partire dal capoluogo  Eisenstadt, la “città di ferro” per via delle mura ritenute inespugnabili, legata a doppio filo con i principi ungheresi Esterházy e il compositore Josef Haydn che per trent’anni rimase a servizio della città e dei principi. Gli Esterházy sono una delle più antiche famiglie nobiliari dell’Ungheria ed erano, a partire dal 1600, tra le famiglie più ricche dell’Europa centrale. Proprio Esterházy, nonostante le diverse proprietà possedute nella regione, scelsero Eisenstadt come residenza principale.  Il magnifico castello barocco ancora oggi è  testimone della potenza e della ricchezza raggiunta dagli Esterházy.

Per chi preferisce una full immersion nella natura il  Lago Neusiedl (Neusiedler See) e il parco nazionale di Neusiedler See-Seewinkel, patrimonio dell’umanità Unesco, costituiscono  un perfetto punto di partenza per escursioni naturalistiche, birdwatching e attività all’aria aperta (attorno al lago e nella grande pianura pannonica ci sono piste ciclabili per 2.500 i chilometri, non manca poi la possibilità di praticare vela, windsurf, kite o golf).  In quest’area di confine tra le Alpi e la puszta ungherese, vive un’eccezionale molteplicità di specie, animali e piante sono presenti anche nelle aree alpine, asiatiche o mediterranee. Non solo.  Questa riserva, vero e proprio concentrato di biodiversità e varietà paesaggistica, comprende diversi tipi di habitat: il lago della steppa con la presenza di canneti, i laghi di acqua salata che durante la stagione estiva evaporano, dune di sabbia e la torbiera bassa dell’Hànsag. Proprio dal Neusiedler See-Seewinkel transitano gli stormi di uccelli migratori che dall’Europa volano in Africa, per questo il aprco è diventato un vero e rprio eden per tutti gli appassionati di birdwatching.




Svizzera: 1600 km di gusto. Il Grand Tour

Prodotti locali,  ricette tradizionali, baite, “home restaurant” in stile “nonna di Heidi” per condividere un pranzo o una cena con gli  imprenditori agricoli e chef innovativi come Nenad Mlinarevic, Cuoco dell’anno 2016 e chef presso il ristorante Focus del Park Hotel Vitznau . Un percorso suggestivo in cui le meraviglie culturali e artistiche della Svizzera si fondono con i maestosi scenari montani e si sublimano nelle eccellenze enogastronomiche.  Il Grand Tour della Svizzera passa infatti da 22 laghi, cinque passi alpini e 11 siti Unesco. Insomma un viaggio da organizzare assolutamente, sa che si pensi a una lunga vacanza che a più week end.

Ovviamente per un Grand Tour del gusto in Svizzera non possono mancare né acqua né vino. D’altro canto la Svizzera è la riserva idrica d’Europa con più di 7mila laghi, 120 ghiacciai, fiumi che percorrono migliaia di chilometri. Lungo il Grand Tour si può osservare l’azione millenaria dell’acqua che ha plasmato la bellezza del territorio. Davvero suggestiva, ad esempio, è la tratta da Greppen a Beckenried che costeggia il Lago di Lucerna passando per i villaggi di Weggis e Vitznau. Si può poi caricare l’auto sul battello per raggiungere la sponda opposta e continuare poi in direzione di Altdorf, Svitto ed Ensiedeln. Lungo il Grand Tour poi ci sono numerose aree vitivinicole da esplorare: dal Vallese al Lavaux, patrimonio Unesco, al Ticino, regno del Merlot, Neuchâtel e Biel dove vengono coltivati prevalentemente vitigni Chasselas, Pinot grigio e Chardonnay e infine il Sentiero della Vite che si snoda tra Twann e Ligerz (sopra al Lago di Biel). Non solo. Per chi preferisce distillati più decisi, Grand Tour del gusto in Svizzera  prevede perfino i trekking del whisky  (due proposte di itinerari: la prima include nove tappe e nove whisky, di produzione propria, a scelta in una delle Gasthaus; la seconda  n tutte le 27 Gasthaus della regione e altrettanti whisky) in uno dei paesaggi più incontaminati della Confederazione, l’Appenzello.

Un’idea per organizzarsi il proprio Grand Tour in Svizzera è quella di volare su Zurigo e da lì prevedere una decina di giorni alla scoperta delle meraviglie dei diversi cantoni. Già Zurigo meriterebbe di suo ben più di un paio di giorni: metropoli d’arte e di finanza affacciata su un lago e circondata dalle Alpi, per un mix inconfondibile. Da Zurigo poi s può andare a Sciaffusa alle Cascate del Reno, tra le più imponenti d’Europa, per poi approdare a San allo, la maggiore città della Svizzera Orientale situata tra il lago di Costanza e Alpenzello. Il viaggio continua poi attraverso Appenzell (regione di Alpenzello) e Mainenfel, il villaggio di Heidi, per approdare a Davo. L’itinerario poi si sviluppa attraverso l’Engadina per arrivare a Lugano e da qui fino a Zermatt, ai piedi del Cervino. La tappa successiva è Montreux per poi virare, subito dopo, su Gstaad, tra le mete più amate dal gotha internazionale. Si passa poi da INterlaken e qui, sarebbe davvero un peccato, non cogliere l’occasione di raggiungere in treno il ghiacciaio dello Jungfrau a 3454 metri di altezza e di rilassarsi, il giorno dopo, a bordo di una crociera sul lago di Thun o Brienz. Prima del rientro da Zurigo, l’ultima tappa è Lucerna, porta d’ingresso della Svizzera Centrale situata sul lago dei Quattro Cantoni.

In attesa di potersi concedere il Grand Tour della svizzera, non mancano tuttavia le occasioni per organizzare qualche week end alla scoperta di alcune delle località più gustose della Confederazione Elvetica. Tra le tappe del gusto più vicine ai nostri confini merita una menzione la proposta studiata da un caseificio di Airolo, nel Ticino, che permette di prendere parte a lezioni tenute da un esperto casaro e trasformare il latte alpino del San Gottardo in un delizioso formaggio. In seguito le creazioni vengono messe a stagionare nelle cantine del caseificio ed una volta raggiunta la giusta maturazione vengono spedite direttamente a casa, purché la casa sia in Svizzera.  Il caseificio dimostrativo del Gottardo si trova ai piedi del passo omonimo (strada della Tremola, tappa del Grand Tour of Switzerland) e, per chi non avesse voglia di aspettare i risultati della propria fatica, ha al suo interno un ristorante dove gustare fondue e raclette.

A Lugano l’Hotel The View permette di vivere un’esperienza gourmet a 360°: su richiesta si fa la spesa e si cucina con gli chef Eros Picco e Tommaso Arrigoni per carpirne i segreti.

A Lucerna è da non perdere la boutique del cioccolato di Max Chocolatier che, dal 2009, vende  creazioni originali in cui la materia prima è rigidamente selezionata e segue la stagionalità.  La boutique organizza degustazioni e workshop, su prenotazione, per creare la propria tavoletta di cioccolato sotto la supervisione di esperti pasticceri.

L’area invece che circonda il comune di Svitto è da sempre nota per i suoi ciliegie e proprio il Kirsh è diventato un’icona della zona. A Brunnen, non lontano della fabbrica Victorinox, la distilleria Dettling vende kirsch così pregiati che nel 2015 è entrata a far parte della World Class Distillery per l’ottava volta. Il segreto sta nella tecnica di distillazione – scoperta già nel 1867 dal fondatore, Franz-Xaver Dettling – e nella selezione delle ciliegie che devono essere mature al punto giusto.

Una sosta consigliata è certamente l’Abbazia di Bellelay, vicino a La-Chaux-de-Fonds, già XII secolo alcuni monaci producevano formaggio dalla forma cilindrica che aveva acquisito una tale reputazione da essere utilizzato come moneta di scambio. Si tratta del Tête de Moine, formaggio DOP a pasta semidura, prodotto solo con latte crudo non pastorizzato, che viene raschiato e servito a rosette.

Altra tappa golosa è nella Valle dell’Emme, area rurale dove si produce l’Emmentaler e dove ha sede Kambly che da tre generazioni è sinonimo di arte dolciaria. Il 21 e 22 maggio 2016 si celebra il compleanno del Bretzeli (ben 110 anni), il biscotto che diede inizio all’avventura imprenditoriale di Oscar Kambly. La sua idea era preparare biscotti gli abitanti della valle usando una ricetta della nonna …oggi Kambly. La fabbrica può essere visitata e si può partecipare a laboratori di pasticceria con maestri pasticceri

Per chiudere in bellezza, l’Engadina è in grado di soddisfare anche i palati più esigenti. A Saint Moritz si possono addirittura percorrere vie gastronomiche con itinerari di diversa lunghezza e livello di difficoltà.  Il punto di partenza è per tutti la stazione a monte di Furtschellas dove al ristorante “La Chüdera” viene servito un antipasto a base di affettati misti, sulla terrazza panoramica o all’interno. Da qui si continua sul tracciato breve per circa due ore fino alla Pensiun Crasta via Marmoré in Val Fex, dove gustare il piatto principale. Se si vuole combinare l’esperienza culinaria alla vista fantastica delle cime e dei laghi alpini del Corvatsch, si può poi scegliere di prendere il sentiero più lungo e impegnativo che in circa cinque ore porta al lago Sgrischus e al Piz Chüern e scende verso la Val Fex. Alla Pensiun Crasta gli escursionisti potranno scegliere tra quattro piatti tipici dei Grigioni: la zuppa d’orzo, il rösti con formaggio e uova, la pasta di castagne con funghi porcini o la polenta con formaggio. Il dolce fatto in casa  viene servito alla terza e ultima tappa della Via Gastronomica, presso l’albergo-ristorante Chesa Pool, nel borgo di Platta sempre in Fex. Da qui in mezz’ora si rientra al villaggio di Sils.

 




In arrivo il Taste of Milano

È iniziato il count down per Taste of Milano che quest’anno debutta negli spazi di  The Mall in Porta Nuova  al centro della nuova area iconica di Milano, crocevia di moda, arte, tecnologia e finanza. L’appuntamento con i quattro giorni del gusto è fissato dal 19 al 22 maggio.  Tra le novità prevista da questa edizione ci sono un’area dedicata ai più piccoli,  l’ingresso libero dopo le 23 e il dj set fino alle due di notte per trasformare in un party la festa del gusto.
Saranno dieci le cucine installate all’interno di The Mall che vedranno alternarsi, nei quattro giorni dell’evento, chef e brigate da Milano e dall’Italia. La formula per gustare l’alta cucina resterà invariata: 3 portate in formato degustazione realizzate da ogni ristorante con prezzi variabili tra i 5 e i 7 ducati (un ducato corrisponde a un euro) e confermata la quarta portata, che in questa edizione rappresenterà l’icona di ogni chef, al costo fisso di 10. Ad essere protagonisti della scena saranno i milanesi: Roberto Okabe con Finger’s, Andrea Provenzani de Il Liberty, Yoji Tokuyoshi di Tokuyoshi, Roberto Conti de Il Ristorante Trussardi alla Scala, Felice Lo Basso del nuovo Felix Lo Basso Restaurant, Wicky Pryian del Wicky’s, Elio Sironi del Ceresio 7, Alessandro Buffolino di Ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia, Andrea Berton del Ristorante Berton, Luigi Taglienti del nuovo Ristorante Lume e Tano Simonato di Tano Passami l’Olio. Da fuori regione invece vedremo ai fornelli Giuseppe Iannotti di Kresios di Telese Terme (BN) e Barcellona, Terry Giacomello di Inkiostro di Parma, Angelo Troiani de Il Convivio di Roma e Christian e Manuel Costardi del Ristorante Christian&Manuel di Vercelli.

Per l’intera durata di Taste of Milano sarà poi possibile partecipare a lezioni di cucina per apprendere tutti i segreti dalle labbra degli chef con Electrolux Chefs’ Secrets un’area dotata di 24 postazioni di lavoro dotate di piani cottura a induzione di ultima generazione e piccoli elettrodomestici.

L’ingresso a Taste of Milano è di 16 euro, consumazione escluse.
Orari: giovedì dalle 19:00 alle 02:00, venerdì dalle 19:00 alle 24:00, sabato dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00 e domenica dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00.




La Filetteria Italiana, un nuovo indirizzo per i foodies

La Filetteria Italiana è il nuovo angolo di paradiso per tutti i buongustai, o almeno per i buongustai non vegetariani. Il concept del locale, una novità per il territorio italiano, ha aperto le porte in pieno centro a Milano, a Brera, nell’area più bohèmien della città e propone solo filetti di ogni tipo di carne, provenienti da allevamenti selezionati e certificati.  L’indirizzo è di quelli da non perdere, in via Legnano 18, e si cena a partire dai 20 euro ovviamente la cifra sale qualora si vogliano provare tagli di filetto più blasonati quali il Kobe (proposto a 55 euro), il bufalo o il bisonte (entrambi a 40 euro), o il cammello (a 36 euro).  La Filetteria Italiana nasce da un’idea di Edoardo Maggiori che ha deciso di  concentrarsi sul più pregiato dei tagli di carne realizzando un ristorante dall’ambiente e dall’animo internazionale.

Ogni filetto, servito con le cotture classiche preferite dal cliente, è accompagnato da una serie di salse squisite proposte a rotazione secondo stagione, tra le 50 ideate dallo chef Sammy Assandri. Come la teriyaki con zenzero (fatto marinare una notte intera), la fumè (affumicata, con miele e olio di sesamo), la yakiniku (peperoncini dolci, olio di sesamo e pomodoro), la Susanna (a base di pepe rosa macerato per diverse ore in una crema di panna pastorizzata dallo chef), l’ottomana (a base di melanzane, cipolle di Tropea e olive taggiasche), la salsa verde spumosa, la fonduta valtellinese o la riduzione di aceto balsamico aromatizzata al cipollotto, tanto per citarne alcune. Verdure di ogni tipo, ma anche funghi porcini, funghi shitake, di stagione, arrostite grigliate e trifolate fino alla crema granulosa di cavolfiori, sono solo alcuni esempi dei tanti contorni tra cui scegliere per esaltare i pregiati filetti. Per ben cominciare non mancano entrée a base di tartare speciali condite con zola e tartufo o con rosmarino e capperi, così come per chi non rinuncia al dolce una lista dei golosi dolci (sempre preparati dallo chef) come la mascarponata al lampone, il liquiriziamisu o la nuvola bianca al Macha.

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Bertamè un garage che si trasforma in ristorante

Bertamè è  la storia di un meccanico della vecchia Milano e, allo stesso tempo, è anche la storia di un ragazzo appassionato di sport e di cose belle, che si mette prima in gioco per creare un concept store e poi per reinventare il futuro  di una vecchia trattoria di quartiere, con un pergolato incorniciato da un glicine secolare, che riprende vita grazie al sogno di due ragazzi che guardano al futuro con il gusto per i sapori

Bertamè è la storia di Lorenzo Bertamé e riunisce, sotto un solo nome, tre anime: un garage, un concept store e una trattoria dove i vecchi sapori sono reinventati alla luce di una cucina che coniuga tradizione e innovazione. Un marchio che nasce in un garage e arriva fino in tavola, trovandosi perfettamente a suo agio e lavorando ad alti livelli in ognuna di queste realtà.

È il 1981 quando la piccola auto officina Bertamé apre i battenti in via Lomonaco, traversa di Viale Lombardia, in Città Studi a Milano. Un riferimento per gli abitanti del quartiere, che nel corso degli anni hanno stabilito un rapporto familiare con il proprio meccanico di fiducia. Come spesso accade, Roberto Bertamé non manca di insegnare un mestiere al figlio Lorenzo, classe 1972, cresciuto tra il rombo dei motori.  Lorenzo rileva l’attività nel 2004 e , in poco tempo, il garage diventa  una sorta di spa per le automobili.  Gli affari vanno bene e, se Lorenzo fosse stato un tipo di quelli che si accontentano, non avrebbe nemmeno notato i locali vuoti lasciati dalla banca fallita all’angolo, con quelle belle vetrate che si affacciano sul trafficato viale Lombardia. Invece Lorenzo rileva i locali e li trasforma in un open space, “Be More, dove dare una sbirciatina agli accessori per auto e moto, ma anche oggettistica, dipinti, pezzi d’arredo di design, fino ad arrivare a capi d’abbigliamento e bijoux.

Dal design alla cucina spesso il passo è breve, non solo per quanto riguarda la mise en place della tavola. Affascinato della manualità e dalla cura artigianale di ogni genere di prodotto e grande cultore della qualità della materia prima, Lorenzo Bertamé ha potuto recentemente rilevare i locali di una storica trattoria in via Lomonaco, che ha appena riaperti i battenti, dopo un accurato lavoro di ristrutturazione.

La Trattoria Bertamé si configura come un luogo intimo e familiare, che racchiude in sé tutto l’amore la tradizione e per la cura dei dettagli con la freschezza di un design raffinato. Punto forte del locale è sicuramente il giardino d’inverno, situato sotto un pergolato incorniciato da un magnifico glicine secolare, che per tutta l’estate si configurerà come un ambìto angolo di pace al riparo dal caos cittadino.

Lorenzo Bertamé ha lavorato in prima persona alla ristrutturazione del locale, supportato da Marcello Baroli, che nel 2011 ha fondato MBM Extreme Designer, unendo la pratica dell’attività agonistica relativa all’ambiente motociclistico con quella di interior. Bertamé ha poi affidato le chiavi della cucina a Uriel Manuel Cosi, giovanissimo chef  cresciuto tra il Messico e gli Stati Uniti che ha studiato per la Tattoria Bertamè un menù fatto di pochi piatti ben selezionati, in cui la qualità della materia prima la fa da padrone: il Tartufo di San Giovanni D’Asso, la Composta di Cipolla di Cannara o la Bottarga di Orbetello.  Tutto è rigorosamente preparato al momento, a partire dal pane. Manuel rivisita la cucina tradizionale con il tocco sapiente dello chef, che sa aggiungere una nota esotica ed inaspettata in ogni piatto, da cui emergono chiaramente la sua passione e la dedizione per questo lavoro. Già con 30 euro si può sperimentare una cena sotto il pergolato. A pranzo la Trattoria Bertamè offre soluzioni anche più convenienti.