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“ESCOBAR” – UNA STORIA INTENSA AD ALTA TENSIONE

di Elisa Pedini – Esce domani, 25 agosto, nelle sale italiane il film “Escobar”, per la regia e sceneggiatura di Andrea Di Stefano. Pellicola decisamente intrigante, potente, intensa. Assolutamente, da non perdere. Il regista, al suo esordio sul grande schermo, ci regala un vero capolavoro. Personalmente ha raccolto il materiale su Pablo Escobar, figura estremamente peculiare della scena del crimine organizzato. Nessuno come lui è stato amato e odiato, venerato e temuto. Un film che tiene lo spettatore incollato alla sedia per due ore, senza che neppure se ne accorga. Ogni aspetto è curato. Ogni situazione narrata, perfettamente calibrata. Nessuna scena inutile. Nessuna lungaggine. Tutto è necessario e l’attenzione non cala mai. La tensione è palpabile e presente sin dalla prima scena del film, senza mai trascendere né nella violenza gratuita, né in scene, tanto sperticate quanto improbabili. Una regia, a parer mio, magistrale, che si gioca sull’introspezione psicologica e sugli sguardi, oltre che sull’azione reale. Inquadrature a mezzo primo piano che rapide si spostano in soggettiva, bucando lo schermo. Lo spettatore è negli occhi dei protagonisti e ne prova gli stessi pensieri, le stesse emozioni, la stessa paura. Quando non si ha bisogno d’indulgere in inutili scene di violenza o di sesso, che nulla apportano né alla trama, né allo spettatore, è perché si ha davvero qualcosa da raccontare e soprattutto, perché si sa, veramente, fare regia. Pellicola degna d’encomio. La trama vede due storie parallele dipanarsi attorno a quella principale che è imperniata su Pablo Escobar: quella di Nick e Dylan e quella di Nick e Maria; ma nessuna soverchia l’altra, pur venendo ben sviluppate e delineate, né, tanto meno, sottraggono attenzione alla linearità e inesorabilità degli eventi. Ogni personaggio ha il suo spessore, alle volte solo tratteggiato; ma sufficiente per evincere perfettamente sia l’interiorità, che l’esteriorità del vissuto sullo schermo. La storia inizia in medias res. Una giovane e bella coppia, Nick e Maria, si stanno, a quanto pare, preparando a una celere fuga; ma qualcuno bussa. La tensione è già presente, nei loro sguardi, nel contrasto tra la luminosità della stanza in cui si trovano e il buio da cui si sente provenire il rumore. Nick è convocato da Pablo Escobar. Questi, sta per consegnarsi alle autorità e prega, colto in una profonda quanto terrificante umanità, per poi parlare ai suoi uomini, in tutta la sua inquietante, terribile, figura. Ha bisogno di fare un’ultima delicatissima operazione. Da qui, lo spettatore viene portato indietro nel tempo, a quando Nick, giovane e bel surfista canadese, arriva in Colombia per raggiungere suo fratello Dylan. Davanti ai suoi occhi si apre un paradiso: una laguna turchese, spiagge bianche come l’avorio e onde perfette. Non per niente, il titolo originale è proprio “Escobar: Paradise Lost”. I due fratelli pensano davvero d’aver trovato il loro paradiso in terra. Il loro sogno è stabilirsi lì e aprire una scuola di surf. Nick incontra Maria, bella e sensuale colombiana. La loro storia d’amore si sviluppa chiaramente per lo spettatore, che la percepisce e la vive senza ch’essa divenga mai esplicita o mielosa. Bastano pochi tratti per avere chiara la situazione. Tutto sembra perfetto. Maria vuole presentare ufficialmente Nick alla sua famiglia e in particolare a suo zio, amato e acclamatissimo, i di cui manifesti troneggiano in tutto il paese: Pablo Escobar. Sentire Maria definirlo come un esportatore del principale prodotto colombiano: la cocaina, è semplicemente geniale e mette il punto, attraverso una sola frase, sulla duplicità di visione del personaggio: narcotrafficante spietato e senza scrupoli per il mondo, benefattore per i suoi congiunti e il suo popolo. È così che Nick entra a far parte della “famiglia”, naturalmente, non solo nel senso amorevole del termine, ma anche nel senso più occulto che il crimine organizzato da a tale parola. Il primo dialogo tra Pablo e Nick è apparentemente molto tranquillo nei toni e nelle espressioni dei due protagonisti; ma posso garantirvi che lo si percepisce, letteralmente, agghiacciante. Il ragazzo non sa nulla di Escobar ancora e parla con serenità, senza comprendere né sospettare le conseguenze delle sue parole. Solo trasferendosi a vivere nella villa di Pablo vedrà, intuirà, capirà. Siamo appena all’inizio del film, in verità. La storia prosegue in un climax di tensione fino a ricongiungersi alla scena iniziale e condurre per mano lo spettatore verso situazioni sempre più ambigue e inquietanti fino alla conclusione del film. Volutamente non vi dico altro perché è un film che va visto e gustato: nella profondità e sapienza delle inquadrature, nei giochi di forte luce e cupa tenebra, nell’accostamento dei toni caldi e freddi, nella tranquillità dei dialoghi che sottendono, nel loro placido svolgersi, terribili minacce e verità. Tutto scandisce la tensione, senza mai stressare lo spettatore. Di fatto, non si vede nulla di cruento, ma tutto è percepito in modo potentemente “brutale”. L’interpretazione è affidata a un cast d’eccezione, che si conferma tale e non ha certo bisogno né di encomi, né di presentazioni: Benicio Del Toro, nel ruolo di Pablo Escobar, Josh Hutcherson e Claudia Traisac, rispettivamente Nick e Maria nel film e Brady Corbet, nella parte di Dylan.




“TORNO DA MIA MADRE” – UNA “FAVOLA” TENERA E MALINCONICA

di Elisa Pedini – Nelle sale italiane da domani, 25 agosto, il film “Torno da mia madre”, ad opera del regista e sceneggiatore francese Éric Lavaine. Commedia piacevole e leggera, che, al dunque, si mostra più come una “favola” sulla famiglia e sulle problematiche odierne, che, purtroppo, molti quarantenni si trovano a vivere. Le tematiche trattate sono molto attuali, ma la realtà si stempera nella tenerezza della poesia, tenendo toni malinconici, molto tenui e superficiali, senza sviscerare né introspettivamente, né socialmente, le varie situazioni proposte. Pertanto, è un film piacevole e anche comico, che va approcciato come una bella favola, senza forzarne i parallelismi con la vita vissuta. Mi spiego nel dettaglio, partendo dalla trama. La protagonista è Stéphanie, bella donna e architetto di quarant’anni. Il film inizia con lei, molto elegante e serenamente alla guida della sua cabrio rossa fuoco, mentre attraversa panorami stupendi. Tuttavia, quest’immagine di ricchezza e serenità, termina coi titoli di testa, quando, Stéphanie, restituisce l’auto e a piedi s’allontana con il suo bagaglio verso la fermata dell’autobus. È evidente che qualcosa è cambiato. Infatti, la donna fa ritorno a casa della madre, Jaqueline, la quale, l’accoglie a braccia aperte. Apprendiamo che Stéphanie è divorziata con un bambino e che ha chiuso il suo studio per fallimento, perdendo tutto. La prostrazione della donna è comprensibile ed evidente: è passata dall’avere tutto, al perdere tutto in un attimo. Quello che mi ha irritata e non poco è che Stéphanie non fa che lamentarsi e piangersi addosso: ogni occasione è buona per dire quanto sia sfortunata e quanto sia nei guai. Per quanto possa essere comprensibile il suo scoramento e l’imbarazzo di dover tornare dalla propria madre, non è possibile non pensare a quanti si trovino nella sua stessa, identica condizione, senza, però, avere la grandissima fortuna di rifugiarsi a casa di mamma. Aspetto fondamentale, perché, non solo le dona un tetto sicuro sopra la testa, ma anche la serenità di cercare un lavoro e il lusso di rifiutare impieghi umili e pesantemente squalificanti. Personalmente, avrei preferito udire meno lamentele e più gratitudine. E questo, secondo me, è l’aspetto più importante, per il quale, il film va gustato come una “favola”, da prendersi così com’è, senza parallelismi con la vita reale. L’ho premesso che la pellicola evita il drammatico, stemperandolo nella tenerezza della malinconia e del sentimento. Ovviamente, come si poteva, logicamente, supporre, le abitudini delle due donne sono diverse e da qui scaturiscono le situazioni più esilaranti del film. Soprattutto, perché, Jacqueline, ha un segreto, che vuole comunicare ufficialmente ai figli. Per tale ragione, ella assume non solo comportamenti strani, incomprensibili agli occhi di Stéphanie, che, addirittura, li scambia per segnali di demenza senile; ma organizza anche un pranzo con tutti i suoi tre figli. Quella tavola, imbandita con amore dalla mamma, diviene, però, una specie d’arena, dove i tre “gladiatori” combattono le loro personalissime guerre. Trapelano gelosie, vecchi rancori e soprattutto una sorta di fastidio verso la nuova situazione che s’è venuta a creare. Anche qui, però, il regista non s’inoltra nell’introspezione psicologica dei personaggi e non va oltre il mostrare tre personalità con grandissimi problemi relazionali, se non psichici, come nel caso di Carole, la sorella di Stéphanie. La reazione, giusta e coerente di Jacqueline, pone fine alla “corrida familiare”. Da questo momento, il film si concentra maggiormente sulle vicende personali della madre e del suo “segreto”, lasciando un po’ in secondo piano tutto il resto. Neppure nel momento di pathos della rivelazione ai figli della “grande notizia” si raggiunge una profondità introspettiva. La reazione dei tre, per quanto, forse, abbastanza probabile e realistica, resta sempre superficiale. L’impressione è che, Lavaine, abbia desiderato produrre una commedia “vera”, ma poi abbia avuto remore nel mostrare la durezza della verità. I toni stemperati e comici della commedia scorrono, comunque, gradevoli, con vicissitudini divertenti e alle volte, persino esilaranti, fino a garantire il lieto fine. Una “favola” piacevole, che lascia sereni. Ambientazioni bellissime e una fotografia molto curata danno il tocco finale. Un’altra cosa che mi ha colpita è l’estrema luminosità: questa pellicola è dominata dalla solarità e dai colori caldi, che trasmettono un senso di grande pace allo spettatore. Da sottolineare anche l’interpretazione sia di Alexandra Lamy, nel ruolo di Stéphanie, che risulta molto credibile e riesce a trasmettere il senso di disagio del suo personaggio, sia dell’eccellente Josiane Balasko, nella parte di mamma Jacqueline, che, non solo, risulta essere l’unica figura, in sceneggiatura, con una vita vera e ben vissuta e con un carattere ben definito, ma viene anche interpretata in modo profondamente “sentito” e sfaccettato.




BOOM Festival & Burning Man in Portogallo

Dall’11 al 18 agosto Idanha-a-Nova, piccolo comune portoghese ricco di storia e tradizione si trasforma nel palcoscenico europeo della cultura alternativa e della musica elettronica, con il BOOM Festival, evento dedicato alla cultura indipendente e che attira i giovani di tutto il mondo anche grazie al meraviglioso contesto naturale nel quale è inserito, il Geopark Naturtejo, area protetta dall’Unesco.

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Il BOOM Festival propone una settimana di eventi all’insegna della sostenibilità e del rispetto per la Terra: arti sceniche, musica elettronica, teatro, cinema, workshop  installazioni. Dal 1997, anno della sua fondazione, sono infatti migliaia ogni anno i ‘Boomers’ che da 150 Paesi del globo raggiungono il ‘Burning Man’ del Vecchio Continente per immergersi nell’atmosfera libera e creativa del Festival: non semplicemente un evento ludico, ma una mentalità che si discosta dal modo di pensare convenzionale e rispecchia nuovi modi di esprimersi attraverso l’adesione alla cultura alternativa e psichedelica internazionale. Scenografie spettacolari fanno da sfondo a questo raduno colorato e interculturale che si alimenta non solo di musica underground, ma anche di danza, pittura, scultura, land e video art, installazioni futuristiche.

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Insignito per diversi anni con il Greener Festival Award Outstanding, il BOOM Festival è  un caso virtuoso dove sostenibilità ambientale si lega a doppio filo con efficienza e funzionalità: acqua, area camper, assistenza medica e Wi-fi sono fornite gratuitamente a tutti i Boomers. Ottime notizie per chi non avesse ancora prenotato le vacanze, o chi sta ancora cercando l’ennesima buona ragione per visitare il Portogallo!
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Attraverso Festival, l’evento dell’estate per scoprire Langhe, Roero e Monferrato

Il 24 agosto prende vita la prima edizione di Attraverso Festival, il festival che tra concerti, teatro, cibo e vino, si offre come un vero e proprio percorso turistico-spettacolare per visitare, narrando con parole e musica, il territorio inserito nella World Heritage List dell’Unesco nel 2014 e quelli limitrofi del Piemonte meridionale, tra Langhe, Roero e Monferrato. Concerti, spettacoli ed eventi teatrali si propongono di far scoprire quest’area fino al 4 settembre.

Con lo sguardo al futuro ma il cuore ben saldo nel passato Attraverso ha l’obiettivo di far dialogare tra loro, con gusto, i diversi linguaggi della nostra epoca: quello letterario e quello teatrale, quello musicale e quello della cultura materiale del territorio. Proprio in questo intento sta il significato di una delle parole chiave del Festival, la resilienza, intesa come la capacità di resistere e di reinventarsi partendo dalla propria storia.
Partendo da queste premesse ha preso forma l’articolato programma di Attraverso che si sviluppa spettacoli di teatro, concerti, performances, incontri e narrazioni Attraverso raggiunge ben diciannove comuni delle province di Cuneo, Alessandria e Asti. Un Festival diffuso quindi, nei più diversi luoghi già carichi di storia e di eccellenza, che hanno come denominatore comune la bellezza e il paesaggio delle colline a vite che li contraddistingue, dove nascono i grandi vini piemontesi. Un viaggio attraverso le abbazie e le piazze, i cortili, i ricetti e i castelli, per riscoprire il territorio in compagnia di alcuni protagonisti che hanno fatto del racconto e della bellezza la propria matrice stilistica.

Ed è così che troviamo Carmen Consoli a Alba per l’unica data piemontese del suo tour estivo, Marco Paolini in scena a Monforte D’Alba, Massimo Cotto e Cristina Donà a Costigliole D’Alba, il maestro Ezio Bosso a Pollenzo-Bra, le fanfare Kocani Orchestar e Bandakadabra a Ovada, i Mau Mau a Grinzane Cavour, Paolo Rossi a Nizza Monferrato, Sergio Berardo e Dino Tron dei Lou Dalfin, a Bosio.
Accanto a questi nomi ci saranno anche: il poeta Guido Catalano a Alba e Novi Ligure, Antonio Marangolo e Peppe Consolmagno a Rocca Grimalda e Lerma, la conferenza spettacolo con Steve Della Casa e Efisio Mulas,  conduttori di Hollywood Party, trasmissione radiofonica di Radio Rai 3, a Parodi Ligure, i Bandaradan a La Morra, 88 Folli a Cella Monte, I Cormorani e Dj Angelo di Radio Deejay a Canelli, Giuseppe Cederna a Serralunga D’Alba e presso la suggestiva cornice del Parco artistico nel vigneto ORME SU LA COURT, mentre la performance di 3d visual mapping “Attraverso Paesaggi – Musica da vedere, immagini da ascoltare” caratterizzerà il centro storico di Casale Monferrato.

Un programma vario che riflette la ricchezza e varietà dei territori che lo accolgono, tra bellezze paesaggistiche e prelibatezze eno-gastronomiche. E proprio l’enogastronomia è l’altro protagonista di Attraverso Festival. Partendo da quel denominatore comune delle tre zone qual è il prezioso nettare degli Dei presente in varie declinazioni, con i racconti sensoriali dei Narratori del Vino, assaporato durante le degustazioni offerte dalle Pro Loco dei comuni coinvolti e dall’incontro/chiacchiera sul tema “I partigiani del vino” tenuto da Angelo Gaja, Oscar Farinetti. Walter Massa e Omar Pedrini a Barbaresco in occasione dell’ evento conclusivo del Festival che vedrà sullo stesso palco, anche Bella Ciao, il più grande spettacolo di folk revival italiano riallestito cinquanta anni dopo.  Vino, buon cibo e  spirito di festa popolare.

Durante le giornate di spettacolo sarà inoltre possibile partecipare a visite guidate in alcuni dei luoghi che ospitano il Festival come il tour guidato di Alba Sotterranea o la possibilità di scoprire la Torre di Barbaresco e il Castello di Monticello Borgo, gli INFERNOT celati nei sotterranei dell’Eco Museo della Pietra da Cantoni di Cella Monte o, ancora, sarà possibile visitare le mostre allestiste all’interno della  Fondazione Bottari Lattes. Gli amanti della natura avranno invece l’occasione di imparare a riconoscere le erbe selvatiche commestibili insieme alla Chef Anna Rivera di Arquata Scrivia della Condotta di Slow Food oppure di partecipare ad un trekking all’interno del Ente parco Aree Protette Appennino Piemontese o ancora passeggiare felici alla scoperta dei segreti della bio-architettura, perfettamente integrata nel territorio che la ospita. Senza dimenticare il percorso d’arte tra le vigne nel Parco artistico nel Vigneto “Orme su La Court” che scopre le tappe dell’acqua, dell’aria e del fuoco pensate e realizzate da Emanuele Luzzati fino al grande portale sulle colline realizzato da Ugo Nespolo.




ConFusion, un locale da scoprire sulle rive dell’Adige

ConFusione 1 italo e tatjanaIl ConFusion è un locale da scoprire almeno per tre ragioni: la posizione incantevole sulle rive dell’Adige e proprio a ridosso del centro storico di Verona, la cura maniacale di singolo  dettaglio dalle posate, ai portatovaglioli, fino alla presentazione del piatto, ma soprattutto, una cucina che unisce tre tradizioni: quella mediterranea, quella giapponese e, infine, quella sudamericana. La proposta della carta, sia per un drink che per un cena, non è mai banale ma è frutto di un’attenta ricerca che esalta tradizioni diverse e materie prime di qualità.

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Il ConFusion, lounge, caffetteria e ristorante, nasce a Verona dal desiderio dello chef Italo Bassi di esprimere a pieno la propria personalità e quella della moglie Tatjana Rozenfeld, profondamente innamorata dell’arte, con un’idea in mente ben precisa: quella di privare dell’eccesso di formalismo l’esperienza di una cucina d’autore e di un menu gourmet.

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Al ConFusion c’è un’attenzione assoluta alla materia prima italiana, caposaldo della cucina di Italo Bassi, e alla sua presentazione in piatti sempre eleganti, dove emerge anche l’esperienza giapponese dello chef. “Tre ingredienti in un piatto, se di ottima qualità, sono già troppi – dice Italo Bassi – Se si ha a disposizione un grande ingrediente occorre farsi da parte e lasciare che sia lui ad interpretare il ruolo da protagonista”. In cucina, oltre a Bassi, anche il sous chef giapponese Masaki Inogouchi e Ivan Bombieri. La contaminazione tra differenti espressioni gastronomiche passa anche dalla loro grande professionalità. Da  non perdere il polpo all’olio di oliva con crema di peperoni dolci e fagiolini profumati all’aglio e yuzukoshò (18 euro), che unisce il Mediterraneo all’Oeriente e lo ying yang di gamberi rossi, quinoa allo zenzero racchiuso da una sfera di avocado e adagiato su una mousse di peperoni rossi (leche de tigre) al mango e con un assaggio di caviale (18 euro), un’esplosione di sapore dalla forma stupefacente. Interessante la proposta di sushi.

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Il ConFusion porta a Verona un concetto di locale internazionale, con tre differenti spazi al proprio interno. Si parte dall’angolo caffetteria “perché bere un gran caffè è ormai molto difficile”, spiega lo chef. Si prosegue con il palcoscenico, la cucina, uno spazio al piano terra che richiama la cultura giapponese di mangiare direttamente al banco di fronte allo chef. Qui nascono i piatti del ConFusion e qui lo chef Inogouchi prepara le proposte di sushi presenti in carta. Al piano superiore il lounge bar con una selezione di assoluto livello e la competenza di due barman professionisti, circondato da 7 terrazzini affacciati sul dolce scorrere del fiume Adige, particolarmente romantico la sera. Tre differenti anime che al ConFusion si mescolano e si intrecciano con disinvoltura, abbattendo i paletti temporali e prolungando l’orario in cui è possibile gustare le creazioni dello chef, magari abbinandole con un miscelato di livello o con un grande champagne.

DOVE

Verona, Via Ponte Nuovo, 9
Telefono: 045 4624806
Drink a partire da 10 euro
Prezzo medio per cena: 40-50 euro. Percorsi di degustazione 5 portate 65 euro; 7 portate: 85 euro.

 

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La cucina di Singapore sbarca a Milano con Pasta B

A due passi dal Duomo di Milano è possibile provare la cucina singaporiana in un locale dall’atmosfera rilassata ma curata specializzato nella pasta che, per quanto riguarda la cucina asiatica, significa principalmente, ma non solo, ravioli e noodles. L’indirizzo è di quelli da portare sempre con sé, per uan paua pranzo fuori dall’ordinario, una gustosa alternativa all’aperitivo o un dopo cinema in pieno centro di Milano e a prezzi accessibili (si può cenare con 20 euro): Pasta B via Hoepli 3.   La ricetta dell’impasto è un segreto che i signori Han custodiscono da 27 anni  e che, di fatto, è diventata porta bandiera dei diversi locali aperti nel mondo:  Jing Hua Xiao Chi o, in italiano, Pasta B.

Pasta B

Tutto è iniziato nel 1989 quando i signori Han aprirono il Jing Hua Xiao Chi, un locale specializzato nella preparazione di ravioli. Dopo quasi trent’anni di esperienza, la seconda generazione ha svelato al mondo le preziose ricette per realizzare le specialità che, fin ad allora, era possibile assaggiare solo a Singapore e in Giappone. Milano è finora la sola città europea in cui è approdata Jing Hua Xiao Chi, Pasta B, anche se non si escludono nuove aperture nella penisola.

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Pasta B grazie alle origini della stessa famiglia Han dove si fondono tradizioni giapponesi, coreane e indonesiane, propone una cucina singaporiana con influenze fusion. Tra le specialità di Pasta B spiccano i ravioli: alla piastra, al vapore e bolliti, interamente fatti a mano arricchiti da diversi e gustosi ripieni comemaiale e gambero (della tradizione di Singapore), pollo, manzo o solo verdure. Il più famoso dei ravioli Jing Hua è il “little juicy steamed meat dumpling”, un bocconcino ripieno di carne trita di maiale e una zuppa ricca di sapore, tutto racchiuso in una pasta sottile ma resistente.  Da non perder ei ravioli alla piastra, la cottura infatti esalta in modo sorprendendo i gustosi ripieni. Assolutamente da provare i noodles, ovvero gli “spaghetti” tipici della tradizione orientale, realizzati homemade, saltati o in brodo, con verdure, pollo o maiale. Potete accompagnarli dal caratteristico katsuobushi ,pesce affumicato ed essiccato a scaglie, dal mentaiko (uova di pesce Pollack marinate con erbe e spezie) o dallo shiso (erba medicinale chiamata anche basilico cinese). I dolci infine sono fatti tutti in casa e proposti con un’ accurata selezione di tè asiatici. Servizio veloce e attento. Un consiglio: il personale è davvero preparato sulla misteriosa cucina singaporiana e sulle influenze asiatiche, non abbiate timore di chiedere approfondimenti o di farvi consigliare i diversi accostamenti possibili che possano esaltare il piatto ordinato.

Pasta B 2

DOVE, COME E A QUANTO

PastaB
Indirizzo: via Hoepli 3
Orari: Apertura dalle 11:30 alle 22:00. Riposo il lunedì a cena.
Telefono: 02 7200 4298
Prezzo medio: 20-25 euro




Anne Leibovitz in mostra a Milano dal 9 settembre 2016

“WOMEN: New Portraits”, la mostra in cui si possono ammirare i nuovi scatti commissionati alla celebre fotografa Annie Leibovitz, sarà inaugurata a Milano il 9 settembre 2016 presso gli spazi di Fabbrica Orobia 15, e resterà in programma fino al 2 ottobre, come tappa di un tour globale che tocca 10 città.​

Il nuovo lavoro di Annie Leibovitz prosegue un progetto iniziato oltre quindici anni fa con “Women”, una raccolta di ritratti pubblicata nel 1999 e tuttora molto popolare. Susan Sontag, che aveva collaborato alla realizzazione del primo progetto, l’aveva definita un “work in progress”. “WOMEN: New Portraits” riflette i cambiamenti del ruolo della donna nella società contemporanea e, nel corso del prossimo anno, andrà a costituire un’unica opera composta da molteplici scatti.​

Il progetto è stato voluto da UBS. Annie Leibovitz ha dichiarato: “Quando ho proposto a UBS di proseguire il progetto WOMEN, non c’è stata alcuna esitazione. Facciamolo, è stata la risposta, e il supporto è stato straordinario su tutti i fronti. L’impresa è molto ambiziosa, il soggetto talmente vasto, è come andare in mare aperto e fotografare l’oceano.”

DOVE, COME E A QUANTO
Fabbrica Orobia 15
Via Orobia 15, 20139 Milano, Italia
9 settembre – 2 ottobre 2016
Dal lunedì alla domenica ore 10-18, venerdì fino alle ore 20
Ingresso LIBERO
Fabbrica Orobia 15, costruita nel 1920, è uno spazio industriale storico, situato nel sud di Milano, vicino alla Fondazione Prada, in una zona che sta rapidamente diventando una destinazione per l’arte, la cultura e la moda.




Limoni si trasforma in beauty center

Trucco e parrucco da Limoni dove l’elegante lounge,  completa di cabine (skin care, make up, brow e nail bar), offre anche un’occasione per ritagliarsi un’ora di relax con trattamenti personalizzati. Non più quindi un semplice negozio di profumeria, ma un beauty center dove rinascere con un’esperienza di bellezza a 360 gradi che sappia anticipare ed esaudire le esigenze di stile  femminili e maschili. L’idea è quella di offrire in un unico ed elegante ambiente nei centri cittadini, e quindi a portata di mano anche in pausa pranzo, trattamenti in grado di soddisfare qualsiasi esigenza con prezzi accessibili e personale altamente specializzato.

Il primo negozio a compiere il grande salto è il flagship store di Limoni a Milano in corso Buenos Aires. Ma tra i progetti del gruppo vi è quello di una progressiva espansione su tutto i territorio.

LLG Leading Luxury Group, la holding a cui fanno riferimento sia Limoni che La Gardenia,  ha affidato i servizi Hair Styling e Barberia delle beauty lounge Limoni e La Gardenia a Hair Studio’s e Barberia Elite, i brand del Gruppo Panariello.

 




I Giardini Paprika e Cannella portano, anche ad agosto, la Sardegna a Milano

Chi ad agosto resta a Milano, potrà comunque sognare il mare con l’avventura culinaria proposta da Ai  Giardini Paprika e Cannella, il salotto condotto dalla coppia Davide Paderi e Giovanna Taddei che offre golosi piatti della tradizione italiana e mediterranea, con una particolare declinazione al meglio della Sardegna.

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Ai Giardini Paprika e Cannella a dirigere è lo chef Mauro Bizzarro (per otto anni nelle cucine di Giacomo Milano) possono . Nel menu stagionale spiccano tra gli antipasti i classici “mare crudo” (gamberi gobbetti al lime, scampo di Mazara del Vallo, carpaccio di tonno rosso, tartare di salmone e ricciola, ostrica con bagnetto rosso) o il “mare caldo” (insalata di polpo alla catalana, salmone confit con cremoso di barbabietola e cipolla rossa brasata, crema di ceci con gambero rosso al vapore, spiedini di seppia in panure aromatica e gambero gratinato al pistacchio); il tortino di alici del Mediterraneo al crumble di pistacchi di Bronte, melanzane, mozzarella di bufala campana e olio al pomodoro e basilico o la tartare di salmone irlandese al fresco di limone, insalatina di finocchi e chutney di mango al rhum scuro e cannella. Spettacolare e assolutamente da provare la parmigiana di melanzane con vellutata di basilico e pomodorini confit così come la norcineria di Camaiore Prosciutto toscano DOP Bonuccelli tagliato al coltello o la mortadella al tartufo del salumificio B.B.S o il culatello nostrano di Novellara servite con gnocco fritto. Tra i primi troviamo i paccheri napoletani “Vicedomini” al ragu di mare; i culurgiones di patate alla nuorese con salsa di pomodoro, parmigiano e basilico; le chicche di patate abruzzesi al ragù di scorfano, profumo di timo e datterini arrosto; i ravioli al nero di seppia ripieno di branzino con ricotta di bufala campana su ristretto di gamberi rossi ed erba cipollina; la fregola sarda fatta a mano alle vongole veraci e bottarga di muggine. Secondi di mare come un’impareggiabile frittura di calamaro, gamberi rossi e zucchine julienne; il filetto di tonno su riduzione al porto bianco, cristalli di porro e fagiolini sautè; il salmone marinato alla barbabietola e coriandolo con insalatina croccante e yogurt greco al finocchietto selvatico; il calamaro ripieno al frutto del cappero, pomodorini San Marzano su fresco di gazpacho rosso; i gamberoni flambati al calvados su vellutata di patate viola e polvere di olive nere. Non mancano le escursioni gastronomiche di terra tra costata fiorentina di bovino “Carni Nobili”, galletto amburghese al mattone con salsa bbq e verdure grigliate, costolette d’agnello in croccante di pane a scaglie con caponata di melanzane all’agretto e maionese di sedano. Senza dimenticare i dolci, tutti fatti in casa come il pane e la focaccia,: dalle caramelle di pasta sfoglia con crema al mascarpone alla delizia al limone e frutto della passione, al soufflé al cioccolato caldo con gelato alla crema. La lista vini comprende svariate etichette provenienti da ogni regione italiana, diverse bottiglie importanti e qualche bollicina francese.

Ai Giardini Paprika e Cannella Culurgiones

DOVE, COME E A QUANTO

Ai Giardini Paprika e Cannella
Via Ludovico Settala 2, Milano
Tel. 02.2049650
Chiuso domenica e sabato a pranzo
Prezzo medio 35€

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A Milano si vola con la galleria del vento

Per tutti i milanesi che vedono le vacanze come un traguardo ancora lontano da raggiungere, è in programma un evento assolutamente da non perdere che potrebbe aiutare a sopportare meglio gli ultimi giorni di lavoro prima delle agognate vacanze.

Venerdì 22 luglio, dalle ore 15.00 alle 24.00, sarà installata presso Marketsound – il village che ospita i grandi eventi musicali dell’estate milanese – una galleria del vento verticale che in tutta sicurezza permette di sfruttare un potente flusso d’aria che annulla la forza di gravità, permettendo alla persona di galleggiare su una bolla d’aria, esattamente come succede a un paracadutista quando si lancia da un aeroplano. Il tunnel, che garantisce una vera e propria esperienza di volo, è attualmente l’unico disponibile in Italia e ha un diametro di 11 mt. per 8 mt. di altezza. La struttura del tunnel permette a chi vola di godersi una prospettiva inedita e di interagire con gli spettatori. Si tratta di un’esperienza alla portata di tutti, dai 14 ai 60 anni e non richiede una prestazione fisica particolare né comporta alcun rischio. Serve solo tanta voglia di divertirsi e di lasciarsi andare. L’esperienza è stata voluta da Groupon che,  con l’obiettivo di continuare a proporre esperienze che rendano l’estate degli italiani “sensazionale”, ha voluto regalare ai milanesi la possibilità di vivere, gratuitamente, un’esperienza unica, come quella di volare!