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“Integratori alimentari: efficaci, sicuri e salutari”

di Elisa PediniÈ stato presentato alla stampa la prima “Review sull’Integrazione Alimentare”: ovvero, un dettagliato resoconto scientifico sugli integratori alimentari condotto da “Integratori Italia” di AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari).

Da diversi anni, la ricerca scientifica si è data l’obiettivo di validare il ruolo delle sostanze presenti negli integratori alimentari nel coadiuvare le funzioni fisiologiche in soggetti sani. Nonostante la difficoltà oggettiva di dimostrare scientificamente un beneficio clinicamente rilevante sul mantenimento dello stato di salute e del benessere psico-fisico, possiamo, oggi, finalmente, disporre di dati scientifici che confermano quanto i diversi componenti degli integratori: dalle vitamine e minerali, ai prebiotici e probiotici, agli estratti vegetali, sino alle numerose molecole biologicamente attive, derivate dagli organismi animali e vegetali, svolgano, effettivamente, tale ruolo.

Un pool di otto tra i maggiori esperti italiani, composto dalla dr.ssa Franca Marangoni, dal prof. Benvenuto Cestaro, dal prof. Giovanni Scapagnini, dal dr. Andrea Poli, dal prof. Vincenzo De Leo, dalla prof.ssa Patrizia Restani, dal prof. Lorenzo Morelli e dal prof. Giancarlo Cravotto, ha realizzato, dopo oltre un anno di lavoro, questo resoconto, che fa chiarezza sia sui principi attivi, sia sulle diverse esigenze nelle varie fasi della vita.

Pochi sanno che l’Italia è leader per la produzione e la qualità di questo tipo di prodotti e il loro utilizzo è un importante coadiuvo al benessere. Ritengo sia utile illustrare i punti cardine, di quanto emerso dai dati scientifici, al fine di legarli a quelli che potrebbero essere gli aspetti pratici e quotidiani di maggior interesse. Poche sono le informazioni divulgate su questo tipo di prodotti, che, invece, potrebbero risultare degli ottimi alleati in periodi di particolare fabbisogno energetico o nutrizionale, o in periodi delicati della vita. Ci tengo sia chiaro il messaggio che, esattamente come il loro stesso nome implica, m’accingo a parlare di prodotti che integrano uno stile di vita, già sano, in individui che godono di benessere sia fisico che mentale. Nessun integratore può sostituire il potere di: una dieta equilibrata e metodica, che dev’essere sempre “funzionale”, ovvero, rispondere alle condizioni fisiologiche e al dispendio energetico, badando anche alla biodisponibilità dei nutrienti; un regime di vita igienico; un’attività fisica quotidiana e delle relative endorfine da sport, meglio ancora se svolto all’aria aperta. Tuttavia, esistono periodi nei quali il nostro stato di benessere viene messo alla prova e allora, può essere necessario integrare la nostra dieta con elementi concentrati di sostanze, per affrontare al meglio determinate situazioni. In particolare, la vita quotidiana comporta alti fattori di stress, che possono provocare alterazioni al nostro benessere. Tutti i nutrienti si trovano nei cibi, ma, alle volte, in percentuali così ridotte, che, per far fronte a un determinato fabbisogno, si dovrebbe arrivare a mangiare quantità improponibili d’uno o più alimenti. Ecco che, allora, intervengono gli integratori, la cui azione, scientificamente provata, è volta proprio a supplire eventuali carenze, anche, di nutrienti,fondamentali, ma non di facile reperimento, come lo iodio o la vitamina D.

Gli studi scientifici, di cui vi sto parlando, hanno evidenziato, per esempio, che meno del 5% degli italiani assume le cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura, che rappresentano, invece, l’apporto di fibre consigliato e necessario. L’assunzione di questi alimenti consente la fermentazione degli acidi grassi a catena corta, i quali, favoriscono l’elasticità di piccolissimi canali che abbiamo nell’intestino e che si aprono, nel momento in cui mangiamo, per consentire l’assorbimento dei nutrienti. Se questa elasticità è ridotta, essi restano aperti troppo a lungo, consentendo l’ingresso anche alle tossine, causa della cosiddetta “infiammazione silente”. Siccome l’Italia produce i migliori integratori alimentari al mondo e 7 italiani su 10 ne fanno uso e 4 su 10 vorrebbero essere maggiormente informati sui benefici e le controindicazioni; allora, ritengo utile portare informazione su questo argomento e contestualmente rassicurare sulla validità di questi prodotti. Sembra scontato, ma lo dico, sarebbe opportuno sottoporsi a degli esami clinici per comprendere cosa esattamente manca al nostro organismo in quel momento, causando, per esempio, spossatezza o inappetenza o insonnia e quindi, andare ad agire con un integratore che risponda al nostro fabbisogno, chiedendo consiglio al medico di base o al farmacista. Riconosco che, non sempre, s’incontra grande informazione su questo argomento, neppure presso i professionisti della salute, ma, voglio rassicuravi anche su questo: il dott. Alessandro Colombo, Presidente di “Integratori Italia”, ci ha reso noto in conferenza stampa che sono già stati fatti corsi di aggiornamento in collaborazione con Federfarma e presto hanno in previsione d’effettuare i medesimi anche con i medici di base.

Molto importante è, anche, sottolineare gli altissimi controlli presenti in Italia, su tutta la filiera della produzione: dal campo al banco della farmacia. Le leggi sono fortemente restrittive e la supervisione dei NAS è costante. Quello che era un tempo il metodo estrattivo utilizzato solo nei laboratori, è stato portato a livello industriale: le estrazioni dei nutrienti sono tutte effettuate in acqua e il procedimento è altamente selettivo: nel senso che vengono già escluse tutte quelle materie che potrebbero risultare nocive, o anche solo fastidiose. Questo rende la qualità degli integratori altissima e toglie il rischio di controindicazioni. In più, l’etichettatura in Italia deve essere chiara e dettagliata, cosa che impone una rigorosa descrizione del prodotto. Mi piace, comunque, ricordare che, nonostante l’assenza di controindicazioni, è sempre bene fare riferimento a medici e farmacisti per i migliori consigli e non affidarsi al web. Inoltre, è sempre buona precauzione, specificare se si è sotto cura farmacologica di qualunque genere. Concludo con qualche spunto pratico. Partiamo dal cervello, l’organo più importante e al centro dell’essere umano. Col tempo, le sue funzioni rallentano e degradano, dunque, è vitale prendercene cura. Anche in questo caso, l’allenamento quotidiano è fondamentale, ma lo stress, cui è sottoposto, eleva i fattori di rischio, che vanno prevenuti. Essendo l’organo più importante, è anche il più protetto e quindi, parlare di biodisponibilità per il cervello è alquanto relativo. La colina è una sostanza fondamentale per il suo funzionamento, come gli omega3 e nello specifico il DHA, un acido grasso. Inoltre, esistono sostanze fitochimiche, come i polifenoli, dette “trainer”, che risultano di grande efficacia: come la curcumina, i mirtilli e le epicatechine del cacao. Parlare dello stress cerebrale ci consente d’introdurre, anche, l’uso dei probiotici, la cui assunzione regolare prima degli esami, per esempio, abbassa notevolmente lo stress. Tali integratori hanno, in realtà, un’importanza notevole per la nostra salute e gli studi scientifici ne mostrano l’estrema efficienza, per per diversi motivi: la flora batterica interna è vastissima e per questa ragione va curata; l’integrazione di batteri risulta essere fondamentale, perché l’alto livello d’igiene dei cibi ha comportato la drastica diminuzione dei batteri che introduciamo, indebolendo le nostre capacità di difesa: basti pensare a quando andiamo in vacanza in luoghi dove l’igiene è più scarsa, il primo a essere attaccato è l’intestino. Infine, la ricerca ha permesso di creare questi integratori con la selezione di batteri migliori, al fine di darci salute e non certo produrre infiammazioni, anzi, il loro impiego previene proprio l’“infiammazione silente” di cui ho parlato sopra. Un altro organo fondamentale è, naturalmente, il cuore. Nell’ambito cardio-vascolare siamo molto avanti ed esistono composti realmente molto validi, in particolare per la riduzione del colesterolo LDL. Quello che è importante, come ho già detto, è fare delle analisi e valutare quanto si è distanti dalla soglia. Fino a un 5%, spesso, è più che sufficiente modificare la dieta, oltre, bisogna ricorrere a integratori specifici se non, addirittura, a terapia farmacologica. A questo punto, dato che i ginecologi sono i maggiori prescrittori di terapie a base d’integratori, non posso non parlare delle donne. Oggi, che l’età del primo parto s’è spostata molto in avanti, è importante fare uso di buoni integratori, soprattutto, bisogna tener presente che i micronutrienti vanno introdotti ben prima dell’inizio della gravidanza, ovvero, nel momento in cui si decide di cercare un figlio. Altra tematica femminile, è la cellulite. Partendo dal presupposto che, spesso, siamo di fronte a predisposizioni genetiche o a pillole contraccettive troppo forti per il metabolismo, si mostrano di forte aiuto tutti quegli integratori che facilitino la lipolisi: come quelli a base di finocchio, betulla o mirtillo.

Per chiudere, non si possono tralasciare i cosiddetti “botanicals”, ovvero, tutte quelle preparazioni di origine vegetale, che trovano le loro radici nell’antica medicina tradizionale. Anch’essi integrano la dieta e riducono i fattori di rischio. Gli italiani sono il popolo che più si affida alle erboristerie per questi prodotti. Le erbe più utilizzate sono: la cassia, per il transito gastro-intestinale; l’echinacea, per il sistema immunitario e urinario; la valeriana, per il sonno e il ginseng, che, generalmente, viene indicato come tonico, ma il suo nome latino è “panax”, proprio per indicare che i suoi utilizzi sono plurimi: la panacea di tutti i mali.




Natura tra realtà e astrazione secondo Guido Alimento

Natura tra realtà e astrazione è la nuova mostra personale dell’artista e fotografo Guido Alimento (Macerata, 1950) a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo, che verrà presentata il prossimo 28 giugno presso lo spazio Made4Art di Milano.

In esposizione una selezione di opere caratterizzate dalla presenza preponderante della natura, ritratta, interpretata e immaginata da Alimento sulla base della propria profonda e poetica personalità artistica.

In particolare si potranno ammirare le opere appartenenti alla serie Profumo di fiori, lavori delicati e forti allo stesso tempo, nei quali ogni soggetto ritratto da simbolo di caducità diviene icona di eternità e di sacralità della vita, nonché gli scatti di Natura stilizzata, dove le decorazioni presenti negli elementi architettonici di antichi edifici religiosi tratteggiano una natura essenziale, densa di significati simbolici.

In mostra anche alcune immagini fotografiche di Luci e geometrie, scatti inediti dell’artista marchigiano che colgono le linee, i segni e i colori di un territorio rurale mettendone in luce geometrie e campiture, come in pregevoli composizioni pittoriche astratte.

Una natura intima e piena di ispirazioni ed emozioni, quella di Guido Alimento, ricca di quella musicalità che è presente in ogni essere vivente e in ogni elemento che compone il Creato, senza trascurare l’opera dell’uomo.

Natura tra realtà e astrazione, con data di inaugurazione martedì 28 giugno, rimarrà aperta al pubblico fino all’11 luglio. La mostra è inserita nella piattaforma progettuale Made4Expo.

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Guido Alimento. Natura tra realtà e astrazione
a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo

28 giugno – 11 luglio 2015
Inaugurazione martedì 28 giugno, ore 18.30
Lunedì ore 16 – 19, martedì – venerdì ore 10 – 13 / 16 – 19

M4A – MADE4ART Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872

Un progetto M4E – MADE4EXPO | www.made4expo.com
Un evento: Expo in Città




West End Live, 48 ore di musical pronte a infiammare Londra

Sabato 18 e domenica 19 giugno, in un solo weekend oltre 25 block buster del West End londinese si alterneranno in scena a Leichester Square per uno show imperdibile: il West End Live 2016, giunto ormai alla sua 12° edizione. Dalle 11 (domenica dalle 12) alle 12 una full immersion con i migliori interpreti della scena londinese che riproporranno, davanti al pubblico di Leichester Square , il meglio dei diversi show. C’è di più…è anche gratis.

I nomi dei musical attesi al West end Live sono da brivido tra i superclassici del West End londinese:  American Idiot, Beautiful – The Carole King Musical, The Bodyguard, Charlie And The Chocolate Factory, Disney’s The Lion King, In The Heights, Impossible, Jersey Boys, Les Misérables, Mamma Mia!, Matilda The Musical, The Phantom Of The Opera, Showstopper! The Improvised Musical, Stomp, Sunny Afternoon, Thriller Live e Wicked. debuttan questanno all’11° edizione del West End Live: Kinky Boots,  Breakfast At Tiffany’s, Crazy For You, Guys And Dolls, Jesus Christ Superstar, Motown The Musical, Murder Ballad, The Secret Garden, Show Boat e The Wedding Singer. Tra le star del musical sono poi attesi: Beverley Knight, Matt Cardle, Samantha Barks e  Pixie Lott.

L’ideale per  partecipare all’evento e goderselo fino in fondo è quello di arrivare già attrezzati a Leichester Square con tutto quello che può servire in una classica giornata londinese: dalla crema solare all’ombrello, senza dimenticare magari qualche genere di alimentare di conforto per ampliare il godimento…ovviamente anche all’interno del Wes End Live non mancano i punti ristoro, ma la scelta è più ampia in un tesco qualsiasi.  Arrivare presto è un must per non perdersi neppure un secondo del West end Live ed essere sicuri di entrare,  possibilmente prima dell’apertura dei cancelli  così come mettersi ordinatamente in fila  (generalmente l’apertura dal lato della Sainsbury Wing della National Gallery corre più veloce) e aspettare il proprio turno. una volta entrati è bene scendere subito verso il palco, non appena infatti la piazza si riempie chiudono l’accesso al palco. Se sono libere poi è consigliabile accaparrarsi subito un posto sulle scale, possibilmente in alto: si ha un audio e una visuale perfetta, stando per di più comodamente seduti.
Insomma il West End Live per chi è a Londra in questi giorni, è un’occasione da non lasciarsi sfuggire.

 




ISPIRAZIONE D’AUTORE: GIACOMETTI MEETS HOMINI

Verrà inaugurata, lunedì 13 giugno alle ore 18.30 presso lo Spazio Eventi di Regione LombardiaGrattacielo Pirelli, la mostra “Ispirazioni d’autore: GIACOMETTI MEETS HOMINI”.

L’esposizione è il frutto concreto della collaborazione, avviata lo scorso anno, tra il magazine d’arte e cultura Hestetika, la The Boga Foundation e il Centro Studi Casnati di Como.

In mostra saranno esposte due opere di Alberto Giacometti appartenenti alla collezione della The Boga Foundation (Donna che camminaNudo in piedi) alle quali saranno contrapposte una serie di sculture-installazioni della serie “Homini”, realizzate dai Boga, frutto dell’eclettica creatività degli artisti che, attraverso le loro visioni post-moderne e surreali, trovano preziosa fonte di ispirazione dall’opera di Giacometti, creando un perfetto percorso concettuale incentrato sullo sviluppo e la ricerca della dinamica come forma di espressione e generatore di emozioni.

A contorno del progetto una serie di manufatti elaborato dai ragazzi del Casnati (sculture, pitture e installazioni di food) che nascono da una serie di laboratori e workshop con a tema l’opera di Alberto Giacometti e l’interpretazione del colore, del segno e della sua scultura.

La realizzazione della mostra, progettata, organizzata e realizzata da Habitare – Idee Culturali di Tradate (Va), è stata possibile grazie alla collaborazione di Regione Lombardia e grazie ai prestiti della The Boga Foundation e vuole essere un tributo in occasione della ricorrenza dei 50 anni della morte dell’artista Svizzero oltre che essere una opportunità per conoscere come l’opera di Giacometti sia sempre viva nel tempo ispirando generazioni e generazioni di artisti.

Così spiegano i Boga l’approccio alla mostra: “La nostra è una visione post-moderna e surreale che ha sempre trovato preziosa fonte di ispirazione dall’opera di Giacometti. In mostra si viene a creare un perfetto percorso concettuale incentrato sullo sviluppo e la ricerca della dinamica come forma di espressione e generatore di emozioni. “L’uomo che cammina” è un passo avanti al futuro. Gli Homini sono l’essenza dell’essere umano. Una sua proiezione silenziosa, statica e dinamica al tempo stesso. Gli Homini osservano il mondo, ne creano il suo contorno, sottile, impreciso e a volte anche grezzo. Sono la rappresentazioni del pensiero e della quotidianità e si muovono attraverso l’idea progettuale. L’Homino, attraverso la sua forma e la sua dinamicità, mostra il suo carattere per poi riempirsi ed integrarsi con quello dell’osservatore. Il suo vuoto interno è colmato da chi lo guarda. L’Homino è l’idea dell’essere umano e la sua forma che va oltre il surrealismo e l’espressionismo. L’Homino dinamico nella sua staticità è vivo”.

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ISPIRAZIONE D’AUTORE: GIACOMETTI MEETS HOMINI
Dal 14 giugno al 11 luglio 2016
Spazio Eventi di Regione Lombardia – Grattacielo Pirelli – 1° piano
Via Fabio Filzi 22 – Milano
Inaugurazione lunedì 13 giugno 2016 – ore 18.30 – Ingresso da Piazza Duca D’Aosta 1
Ingresso libero
Informazioni al pubblico: info@thebogafoundation.it




Le Rappresentazioni dell’inconscio di Marina Berra

Rappresentazioni dell’inconscio è la nuova esposizione di opere pittoriche dell’artista Marina Berra (Milano, 1969), presentata da Made4Art, in mostra da questa sera fino al 15 giugno 2016 presso Castelli Gourmet – Castelli Gallery in Via Cerano 15 a Milano.

In mostra una selezione di lavori di Marina Berra rappresentativa della sua produzione artistica più recente, tele che fanno parte delle serie Espressionismo astratto e Materici. Le composizioni dell’artista lombarda sono caratterizzate da una presenza cromatica decisa e affascinante, colori che talvolta si uniscono a materiali diversi quali sabbia e gesso e che danno origine a dipinti capaci di stupire e avvincere, di esprimere i sentimenti e le emozioni dell’essere umano. Opere che si rivelano essere delle vere e proprie rappresentazioni dell’inconscio dell’artista, nelle quali ognuno di noi può riconoscersi e ritrovare aspetti della propria interiorità.

Marina Berra, Invincibile per proteggerti, 2016, tecnica mista su tela, 60x60 cm Marina Berra, Perché lei è speciale, 2016, tecnica mista su tela, 70x70 cm

Marina Berra | Rappresentazioni dell’inconscio

Castelli Gourmet – Castelli Gallery | Via Cerano 15 | 20144 Milano
31 maggio – 15 giugno 2016

Evento a cura di:
M4A – MADE4ART
| Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo
www.made4art.it – info@made4art.it

Un progetto M4E – MADE4EXPO




Fivizzano porta in tavola il meglio della lunigiana

La biodiversità in mostra nella 15° edizione di Sapori dal 2 al 5 giugno. Il borgo lunigianese di Fivizzano si trasforma nella capitale delle eccellenze gastronomiche, dove gli ingredienti della tradizione diventano tesoro culturale e vanno in scena i prodotti del Parco dell’Appennino tosco-emiliano, patrimonio consolidato Man and the Biosphere dell’Unesco. Una carrellata di gusto che fa scoprire come la storia di un territorio passi obbligatoriamente dalla tavola. Tra una degustazione e l’altra, spazio a spettacoli e manifestazioni culturali. 

Favizzano Gruppo storico per F

La manifestazione è la scusa adatta per organizzarsi un fine settimana, quello del solo ponte dell’anno per di più, per un fune settimana. Fivizzano infatti è un gioiello tutto da scoprire. “La Firenze della Lunigiana”, così è stata soprannominata Fivizzano durante i secoli, definizione che ancora oggi resta viva tra la popolazione. La sua posizione geografica, letteralmente incastrata tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco-Emiliano, l’ha sempre resa un territorio particolarmente ambito, contesa tra la famiglia Malaspina e la grande famiglia de’ Medici, fino ad entrare sotto il controllo del Gran Ducato di Toscana ed essere ceduta, dopo il 1844, al Ducato di Modena; quest’ultimo ha controllato Fivizzano sino all’Unità d’Italia. Un illustre passato che ha reso Fivizzano un “gioiello” dal punto di vista artistico, storico e architettonico visto che conserva importanti testimonianze. In primis l’imponente Piazza Medicea al centro della quale si trova la fontana fatta erigere da Cosimo III nel 1683. Poco distante dalla piazza l’ex Convento degli Agostiniani con l’annessa Biblioteca all’interno della quale sono custoditi importanti incunaboli e l’Erbariolo Lunense. Di grande importanza anche il Museo della Stampa poiché, proprio a Fivizzano, intorno al 1470, furono stampati libri con i primi caratteri tipografici italiani mobili, con anticipo rispetto a molte capitali europee. Sempre nel centro storico anche la Chiesa dedicata ai Santi Jacopo e Antonio: al suo interno il Fonte Battesimale risalente al XIV secolo, una lunetta affrescata con una Deposizione opera della scuola pittorica di Andrea del Sarto, il Tabernacolo in argento dell’altare maggiore e l’immagine della Beata Vergine in memoria di un’apparizione e di una guarigione miracolosa.

Al vasto patrimonio storico-artistico Fivizzano affianca anche quello ambientale e naturalistico. Tra boschi, vallate e corsi d’acqua, questo territorio è perfetto per chi ama le escursioni e l’aria aperta. Degna di nota la vicina Equi, località conosciuta per gli stabilimenti termali e per la bellezza delle sue grotte: un esteso percorso carsico formatosi millenni fa grazie all’azione dell’acqua, oggi Geo-Archeo Park.

L’edizione “Sapori” 2016 sarà   di appuntamenti e iniziative, tutte siglate dall’importante riconoscimento che il Parco dell’Appennino-Tosco Emiliano ha ricevuto nel 2015, ossia l’essere entrato a far parte della Rete delle Riserve ‘Uomo e Biosfera’ MaB UNESCO (Man and the Biosphere). Proprio per celebrare questo “traguardo”, all’interno della Biblioteca di Fivizzano, saranno messi in mostra i prodotti dell’area MaB suddivisi tra Dop e Igp; una carrellata di gusto per far scoprire come la storia di un territorio passi obbligatoriamente dalla tavola e dallo stretto legame che l’uomo sigilla con il suo luogo d’origine, sempre nel pieno rispetto della natura e di quanto ci viene offerto.

La 15° edizione di Sapori esibirà tra le vie e gli antichi luoghi di quella che, un tempo, era chiamata “Il bel cantuccio di Firenze” perché feudo dei Medici, i 64 prodotti dell’Area MaB affiancati da tutte le altre bontà che contraddistinguono la Lunigiana e i territori limitrofi, comprese le regioni confinanti. Via libera per assaggiare (e scoprire) alcune specialità della Garfagnana come il pane di patate, il Biroldo (insaccato con le parti meno nobili del maiale), la Mondiola, (salame tipico della zona) e il farro garfagnino, giusto per citarne alcuni; ci saranno anche i formaggi della Lunigiana, la tipica Mortadella, i prodotti con la farina di castagne, le cipolle di Treschietto e il Miele Dop. Spazio anche per il Parmigiano Reggiano, il Cotechino e l’Aceto Balsamico di Modena e il Prosciutto di Parma. Non mancheranno nemmeno le perle enologiche della Valle di Magra, di alcune zone della Toscana e dell’Emilia.

 

COME E DOVE

2-5 giguno Fivizzano
In Auto – Autostrada A15 (Parma – La Spezia): uscita al casello di Aulla, proseguire per la Strada

In Treno – Linea La Spezia-Parma, stazione di Aulla. Ad Aulla c’è la stazione degli autobus con linee che conducono nelle principali località della Lunigiana.

 




“Nonna Domenica”, una boutique del gusto dove riscoprire i sapori della tradizione

Le mode vanno e vengono e Milano ne è, da sempre, crocevia. Il rischio? È quello di non conoscere più le tradizioni della cucina italiana che pure, a molti neofiti di sushi e sashimi, potrebbe riservare grandi e golose sorprese. Proprio per questo,  nasce a Milano “Nonna Domenica” una piccola boutique del gusto dedicata alla cucina della nonna e ai sapori della tradizione, quelli appunto per cui non servono dizionari bilingue o costanti aggiornamenti online per capire le meraviglie presenti nel piatto. Sapori autentici, prodotti quando possibile bio e una ricerca costante della tradizione tricolore, nel materia e nella preparazione, sono questi i tratti essenziali di “Nonna Domenica”. L’indirizzo è di quelli da preservare con cura:  via Altaguardia 16, a cinque minuti a piedi dalla fermata della metropolitana di Porta Romana. Meglio prenotare però allo 02-58317200. Il locale si riempie presto apprezzato da chi, in questi pochi giorni dall’apertura, ne ha già provato la qualità, l’ambiente  e i prezzi non eccessivi (per un primo e un secondo si spendono 25-30 euro).  Sono solo 26 infatti  i coperti, così da creare un ambiente intimo seppure curato al minimo dettaglio, dove poter parlare e ascoltare senza essere assordati da vicini ingombranti o da una musica invadente. Il salotto di “Nonna Domenica” è solo leggermente più grande del salotto delle nonne, quello dove la famiglia si riuniva di domenica, ma ugualmente accogliente e dal gusto un po’ retro che invita  alla cordialità e alle chiacchiere. Sarà forse un caso ma persino la musica ascolta da “Nonna Domenica” si adattava perfettamente al locale: solo successi italiani dagli Anni ’70 in poi, quelli conosciuti e canticchiati da tutti nonostante le mode che, nella musica come nel cibo, ogni mese invadono Milano.

 Nonna Domenica 3
Il ristorante nasce dall’idea di Fabio Marenco che nella vita si sdoppia: consulente d’azienda di giorno in Long term Partner e di sera ristoratore per passione con un locale dedicato, per l’appunto, alla nonna: “Nonna Domenica”. Da sempre culto del buon cibo e del buon vivere, Marenco ha coinvolto in quest’avventura quattro soci per trovare,, secondo le sue stesse parole, “un ristorante dove potessi mangiare sano e bene prima di tutto io”. La chef Ilaria, nella prima vita architetto, ha poi tramutato l’idea iniziale in realtà e ricette adeguate addirittura ai tempi moderni da ricettari pluricentenari come le “uova in crostata croccante su crema di asparagi”, un piatto del 1884 portato nel futuro e offerto per 13 euro.  L’idea è basata su tre semplici principi: l’Italianità: nessuna regione precisa, ma tanti spunti e ricette speciali; la tradizione: nessun ingrediente lontano dalle cucine delle nostre nonne; le lunghe preparazioni: macerazioni, frollature, cotture rappresentate da piatti “lenti” per antonomasia.  Il menu poi varia spesso con proposte sempre nuove. 
 
Nonna domenica 4Nonna domenica
Il menù da “Nonna Domenica” non è fisso, ma varia con le stagioni e con le settimane. Ogni volta “Nonna domenica” propone qualcosa di nuovo, goloso e assolutamente da provare. Per questo, anche se è aperto da poco, il ristorante ha già una nutrita rigata di habitué. Da gustare, con il pane fatto in casa, l’arancino spaccato con ragù e accompagnato da culatta scelta, lo sformatino di carote con cuore fondente, il frico friulano con cialde di polenta o il polpo arrosto su crema di patate. Tra i primi meritano una menzione particolare gli Spatzle allo speck con noci e salvia, il risotto zucca e crescenza con semi di zucca o gli gnocchi al ragù bianco di agnello tagliato al coltello con scorzetta di limone e ginepro. Re indiscusso dei secondi piatti è lo stufato d’asina (ormai una rarità introvabile) o, in alternativa, la dadolata di filetto alla “Salsa Speciale della Nonna” con patate al forno e zucchine grigliate. Ottimo il Brandacujun alla ligure o il carciofo capitolino. Come dessert consigliato il castagnaccio all’antica con uvetta, pinoli e rosmarino. Il
Il menù non esteso, pochi piatti, preparati con cura .ma che ciclicamente cambiano secondo diverse categorie: i piatti della nonna, legati alla tradizione e una preparazione lunga che riesce a sprigionare al meglio profumi e sapore, i piatti tipici della cucina regionale e le proposte per una clientela vegana o vegetariana.  La cucina è saporita e leggera, anche la trazione in effetti può essere se non migliorata quanto meno aggiornata alle esigenze moderne. Il tutto accompagnato da una selezione di vini rossi e bianchi scelti  tra piccole cantine italiane con una produzione sotto le 100mila bottiglie all’anno.



“KISS ROCKS VEGAS” – EVENTO UNICO PER GLI AMANTI DEL ROCK

di Elisa Pedini – Da non perdere, data unica il 31 maggio per le sale italiane: i magici, ineguagliabili, mitici KISS conquistano anche il grande schermo, con “KISS ROCKS VEGAS”. Un film che promette e mantiene uno spettacolo psichedelico e coinvolgente. E allora, pronti a gridarlo forte, perché la data è unica e irripetibile. Potete trovare la sala più vicina a voi sul sito: www.nexodigital.it. Immaginate cosa può succedere se il gruppo icona mondiale del rock atterra nella città del peccato: come spesso accade, la realtà supera la fantasia, in un’iperbole di effetti speciali e grandi classici della band più premiata al mondo. Se gli amanti del rock pensano che ci sia poco da sapere sui KISS e sui loro concerti, debbono ricredersi perché, questo di Las Vegas, è davvero uno spettacolo unico al mondo e vado a spiegarvi il perché. Innanzi tutto, introduco brevemente i tratti salienti. I Kiss si formano nel 1973 a New York, per volontà di Gene Simmons, al basso e Paul Stanley, lead vocal e chitarra ritmica, che resteranno sempre i due pilastri della band. Per gli altri due membri, invece, ci saranno diverse sostituzioni nel tempo, dovute a motivi differenti. Il gruppo si caratterizza, fin da subito, con alcune peculiarità: prima fra tutte, il look. Ispirandosi al teatro Kabuki, ogni membro si pittura la faccia di bianco e quindi si dipinge con i tratti che più lo caratterizzano. Si creano dei veri e propri personaggi, con trucco, costume e “personalità” ben definite. Resterà per sempre così. In effetti, a tutt’oggi, i Kiss sono uno dei pochi gruppi dove ogni elemento è riconoscibile immediatamente e proprio per questo, ognuno di loro ha il suo “seguito” anche al di fuori della band. Altra particolarità è la scelta d’una musicalità ben precisa: un rock duro, incisivo e fortemente caratterizzato, seppur i testi parlano, per lo più, d’amore e di sesso. Ultima nota di spicco è costituita dagli effetti speciali, legati non solo ai personaggi come possono essere le lingue di fuoco e il sangue sintetico di Gene-“The Demon”, o le seducenti movenze di Paul-“The Starchild”; ma anche quanto accade tutto intorno a loro sul palco: scenografie colossali, fuochi d’artificio, chitarre che sparano razzi e fumo, giochi di luci, video, piattaforme mobili e molto altro ancora. Ad oggi, la band ha all’attivo più di 100 milioni di dischi venduti, 30 album d’oro e 14 di platino. Nel 2014 sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame. Nel 2015 hanno ricevuto anche l’illustre ASCAP Award. Oltre 40 anni di tour mondiali e l’ultimo, avvenuto sempre nel 2015, con cinque spettacoli in Giappone e un singolo che ha rapidamente raggiunto la prima posizione: “Samurai Son”, composto insieme al gruppo pop Momoiro Clover Z. Ecco, riassunta, molto brevemente, l’identità del gruppo, ora, vi chiedo d’immaginare la spettacolarità classica dei Kiss, che, tengo a precisare, generalmente s’esibiscono in stadi ove fanno registrare il tutto esaurito, trasposta su un palcoscenico, al chiuso. Detta così, sembra proprio un’impresa impossibile. Ma, qui, è col perfezionismo e la determinazione dei Kiss che ci si confronta. “Kiss rocks Vegas” vi mostra proprio il “dietro le quinte” e poi, il concerto stesso che la band ha tenuto nel novembre 2014 all’Hard Rock Hotel & Casino di Las Vegas. Collezionando ben nove repliche. Interviste esclusive a Gene Simmons, Paul Stanley, Tommy Thayer, che è anche il produttore del film, v’illustreranno proprio le difficoltà, le sfide e le soluzioni che la band ha affrontato per allestire uno spettacolo che, non solo fosse rappresentativo dei Kiss in tutto e per tutto, ma che potesse, anche, competere con i concerti che, usualmente, la band fa e che i fans si aspettano. Lo spettacolo ha letteralmente spopolato. Inoltre, il fatto che le interviste precedano il concerto, rende il film ancor più realistico, perché, non solo mette lo spettatore in prima fila a un concerto dei Kiss, pur restando dentro l’ovattata comodità d’un cinema; ma, consente di guardare le scenografie e gli effetti speciali con una profonda consapevolezza delle scelte e delle prove che ci stanno dietro. Aspetto, questo, che fa gustare ancora di più la performance. La sensazione è quella d’aver preso attivamente parte alla creazione dello spettacolo. Sul palco dell’Hard Rock Hotel, insieme a Gene e Paul, ammiriamo e ascoltiamo anche Tommy Thayer-“The Spaceman”, alla chitarra solista ed Eric Singer-“The Catman” alle percussioni. Mi sento di non restringere il target del film ai soli appassionati di hard rock, perché potrebbe rivelarsi una bella esperienza anche per chi non sia esattamente un fan del genere. A mia opinione, “Kiss rocks Vegas” rappresenta, invece, un’opportunità unica, non solo per gli amanti del genere di gustarsi un vero concerto dei Kiss, ma anche per chi fosse soltanto curioso e volesse “sperimentare” l’hard-rock, in versione cinematografica.




“COLONIA” – LA FORZA DELL’AMORE, L’ATROCITÁ D’UN REGIME

di Elisa Pedini – Nelle sale italiane dal 26 maggio, il film “Colonia”, ad opera del regista tedesco Florian Gallenberger, che ne è anche sceneggiatore. Regista versatile che nella sua carriera ha dimostrato di sapersi confrontare con generi diversi e sempre con successo. Vincitore del Premio Oscar per il miglior cortometraggio nel 2001 con “Quiero ser”, è poi passato al lungometraggio. Già col suo precedente film, “John Rabe”, il regista s’è incanalato sul filone delle storie ispirate a eventi realmente accaduti. “Colonia” è un film drammatico, severo, crudele. La tematica trattata è molto pesante, ma vera e la pellicola ne mostra in modo lucido tutta l’atrocità. Forse, un po’ troppo romanzata la sceneggiatura in certi punti, ma rientra, senza forzature, nei canoni della trasposizione degli eventi in linguaggio cinematografico. La trama è complessa e profonda perché, seppur sostenuta da due binari molto chiari: l’amore da un lato, la dittatura dall’altro, di fatto sottende e mostra tutta una serie di riflessioni ad ampio spettro. Vi accennerò i punti salienti, ma è un film che va visto perché sono molti, troppi, i pensieri suscitati, le emozioni evocate, da poter essere trasposti; vanno provati in prima persona. La storia è ambientata a Santiago del Cile nel 1973. Siamo in piena guerra fredda e questa terra ne diviene uno specchio, un terreno di disputa. Il traffico d’armi passa per il territorio cileno e gli interessi, sia politici che economici, sono troppi. Salvador Allende è Presidente del Cile in quel momento. Il primo Capo di Stato marxista, eletto democraticamente dal popolo nell’America del Sud. Gli USA ne contrastano la presidenza, ma il popolo, invece, è in piazza per appoggiarlo. Il clima è teso e le manifestazioni si susseguono. Il mondo tiene gli occhi puntati sul Cile. Si teme una guerra civile. Daniel, giovane foto-reporter tedesco, s’è trasferito a Santiago da quattro mesi per motivi di lavoro. Vuole documentare quanto sta avvenendo in Cile. È attivo nel movimento a sostegno di Allende e quindi costantemente in piazza insieme al comitato socialista. La sua fidanzata, Lena, è una hostess e si fa assegnare sulla tratta per Santiago per fargli visita. In teoria, deve restare solo quattro giorni, fino al volo di rientro. Una mattina, invece, arriva una telefonata a Daniel. È la mattina dell’11 settembre 1973. C’è stato un golpe. Salvador Allende è stato assassinato. Augusto Pinochet ha preso il potere. I sostenitori e i simpatizzanti di Allende e del socialismo vengono arrestati. È iniziata la dittatura. I due ragazzi scappano immediatamente dalla casa, primo posto dove, eventualmente, verrebbero a cercare Daniel. Corrono in strada. Il ragazzo si porta dietro la macchina fotografica e s’attarda a scattare fotografie ai soldati che reprimono la folla. Lena lo chiama, lo sprona a correre. Tardi. I soldati s’accorgono, lo picchiano, gli sequestrano la macchina fotografica e li arrestano. Tutte le persone “rastrellate” vengono riunite allo Estadio Nacional de Chile”. È notte ormai. Arriva un elicottero della Fuerza Aérea de Chile, ne scendono dei militari e un uomo a volto coperto. Quest’ultimo, passa in rassegna la schiera di persone e indica, uno per uno, i sostenitori, i simpatizzanti, i sindacalisti. Daniel, ovviamente, viene segnalato come tedesco attivista. Il ragazzo viene caricato su un pulmino, che sembra un’autoambulanza e portato via. Lena, invece, viene liberata. La ragazza rientra a casa e trova tutto a soqquadro. Si reca alla sede del comitato socialista, ma non ne riceve l’aiuto sperato. Descrive il mezzo con cui è stato portato via Daniel e le spiegano che quello è il pulmino per “Colonia Dignitad”, un posto che si trova nel sud e dal quale nessuno ha mai fatto ritorno. Lena decide di non fare rientro in patria e di cercare Daniel, ad ogni costo. Si reca alla sede di Amnesty International, dove viene a scoprire che “Colonia Dignitad” è una setta, guidata da tale Schäfer e che gode della protezione del regime. Le viene, anche, confermato che nessuno ne è mai uscito. Ma, l’amore, si sa, è il più potente motore del mondo. È l’unica passione che può dare la forza di superare qualunque ostacolo, anche la morte. Lena decide che, se Daniel non può uscire, allora, sarà lei a entrare. Avvisa al lavoro che ci sono problemi grossi in Cile e che lei non può rientrare. Si veste da pudica educanda, prende una piccola borsa di effetti personali e parte. Destinazione: Colonia Dignitad. Quando arriva, è ben chiaro, da subito, che c’è qualcosa di strano: il posto sembra una zona militare con tanto di filo spinato e torrette di controllo. Lena entra. Subito le vengono sequestrati passaporto ed effetti personali, quindi, incontra Schäfer, o, come si fa chiamare lui, “Pius, il buon pastore”. La ragazza non ci mette molto a capire che, in realtà, è un luogo di prigionia dove regnano terrore e atroce violenza. Il luogo è triste, l’oppressione è tangibile, le camerate sono squallide, le persone totalmente spersonalizzate e costrette a lavori estenuanti. Contestualmente, Daniel viene torturato crudelmente e ridotto in fin di vita. Trasportato in infermeria, dove lo credono totalmente privo di coscienza, sente dire che con altissima probabilità non sopravvivrà e quand’anche vivesse, non si riprenderà. I danni cerebrali subiti potrebbero essere irreversibili. In tutto questo, lo spettatore sente il peso dell’oppressione: la vive coi protagonisti e soprattutto vive lo strazio di Lena, dovuto alle violenze ignominiose che vede, a quelle che vive, ma, soprattutto, al suo più grosso, intimo, personale problema: Daniel non sa che lei è lì, né lei è in grado di scoprire dove lui sia e questo perché, a “Colonia Dignitad”, uomini, donne e bambini vivono totalmente separati senza avere contatto alcuno tra loro. Non siamo molto distanti dalle tristi realtà dei lager. Lena è prostrata. Lo sdegno, il dolore e l’impotenza la devastano. Tutto quello che succede attorno a lei è allucinante. Una notte, scopre un modo per farsi vedere da Daniel, è pericoloso, potrebbe costarle la vita, ma lei deve rivederlo, deve sapere, almeno, se è vivo. Il folle piano della ragazza non da l’esito cercato. È, in verità, la parata organizzata per l’arrivo di Pinochet a “Colonia Dignitad” a offrire ai due ragazzi l’opportunità di vedersi. È in questa occasione che veniamo a scoprire che la colonia non serve solo da campo di tortura e prigionia per dissidenti, ma anche da centro di reperimento armi per il regime e di test per le armi chimiche sui prigionieri. Daniel, ritenuto inutile nella colonia per i suoi apparenti problemi neurologici, è la vittima designata per il test del gas asfissiante. Non resta che tentare una fuga disperata, ma, è noto a tutti che, da “Colonia Dignitad”, nessuno ha mai fatto ritorno. Inoltre, vi ricordo, che uomini e donne sono separati e senza possibilità alcuna d’incontrarsi. Da qui non vi dico altro perché se cominciassi a descrivervi tutto quello che succede, tutto quello che passano i due protagonisti, ma anche le stesse persone che vivono nella colonia, finirei per raccontarvi tutto il film. Quello che, invece, voglio sottolineare ancora, è che si tratta di una pellicola che va vissuta, fino in fondo. Il bagaglio emotivo, così forte da essere stordente, con cui sono uscita dalla sala s’è tradotto in un silenzio profondissimo, non trasponibile in parole. “Colonia” è un film che ha centrato in pieno l’obiettivo di Florian Gallenberger: mettere in luce quanto accadeva aColonia Dignitad realmente e le torture di cui era capace il regime di Pinochet per punire quelli che a lui erano contrari. Sublime l’interpretazione dei protagonisti. Un’intensa e superlativa Emma Watson, nel ruolo di Lena, trasmette la sensazione che la parte le sia stata cucita addosso come una seconda pelle. Sarà perché ella stessa è davvero un’attivista impegnata nella vita, ma, veramente, in questa parte, riesce a oltrepassare la soglia dell’“ottima interpretazione”, va decisamente oltre. Emma è Lena. Impeccabile anche Daniel Brühl, nel ruolo di Daniel, che si mostra fortemente intenso e versatile, rendendo con grande naturalezza e realismo ogni azione del protagonista.

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“PELÉ”: COME SI DIVENTA UN MITO

di Elisa Pedini – Arriva nelle sale italiane dal 26 maggio, l’attesissimo film “Pelé” per la regia dei giovani registi Jeffrey e Michael Zimbalist. Il loro successo nel campo documentaristico, dove hanno esplorato sia il Brasile che la cultura brasiliana, ha assicurato al film una prospettiva unica e un tono profondo di veridicità. Hanno curato anche la sceneggiatura, basandosi su mesi d’interviste a Pelé, ai suoi amici più stretti e ai suoi parenti. Una pellicola intensa, potente e carismatica come l’anima del grande campione di cui ci narra la storia: Edson Arantes do Nascimento, “O Rei” (trad: “Il Re”) come lo chiameranno i brasiliani, o Pelé, come lo chiamerà tutto il mondo. Un uomo che, dal nulla e dalla profonda povertà, s’è fatto “leggenda”, grazie a un talento innato, ereditato forse dal papà, ma soprattutto e ci tengo a sottolinearlo, grazie alla determinazione e a un lavoro durissimo. Questo immortale “campione del calcio”, è, prima di tutto, un “campione nella vita”: esempio di sportività pura, di “fair play” all’ennesima potenza, di passione, di determinazione e di sacrificio. Sono le sue doti umane, i suoi «tre cuori», come lui stesso ha più volte affermato, giocando sul nome del paese natìo: Três Corações, unite a quelle agonistiche, che hanno fatto di lui un idolo. Inoltre, prima d’introdurvi al film, mi piace sottolineare alcuni aspetti. Il Brasile è una terra bellissima e gravata da pesantissimi problemi sociali, laddove la maggioranza della popolazione vive in una miseria straziante. Ma, caratteristiche, indomabili e basilari, del popolo brasiliano sono: la voglia di vivere e il senso di profondissime identità e appartenenza, che, questo film, delinea magistralmente. Una pellicola, dunque, che non è solo un omaggio a un mito umano, a un campione che, a tutt’oggi, resta “Il Re” e che ha cambiato per sempre la storia del calcio, ma è anche e soprattutto un atto d’amore verso un popolo: quello brasiliano. Edson Arantes do Nascimento nasce a Três Corações il 23 ottobre del 1940, ma quando ha cinque anni la sua famiglia si trasferisce a Bauru. Suo padre è João Ramos do Nascimento, meglio noto come Dondinho, calciatore professionista di talento, che, però, termina prematuramente la propria carriera a causa di un infortunio al ginocchio e sua madre è Maria Celeste Arantes. Il film inizia che Edson, detto “Dico” da amici e parenti, ha nove anni. Gioca a pallone a piedi nudi per le vie del villaggio coi suoi compagni. La passione del calcio e il talento, per lui, sono ereditari. Il 1950 vede lo svolgersi della quarta edizione del Campionato Mondiale di Calcio, dopo una pausa di ben dodici anni, causata dalla guerra, e il paese ospitante è proprio il Brasile. C’è grande aspettativa. C’è voglia di vittoria. Il padre di Dico segue fremente le partite. Il Brasile, però, subisce una cocente sconfitta, che viene vissuta in modo molto pesante dal popolo. Il piccolo Dico fa, allora, una promessa al suo papà, che suona audace e improbabile come tutti i sogni dei bambini: lui porterà il Brasile alla vittoria del Campionato del Mondo. Il tempo passa fra scuola e piccoli lavori per aiutare l’economia domestica. La mamma di Dico fa le pulizie a casa d’una famiglia benestante e un giorno porta Dico con sé. Il figlio dei proprietari, José, rientra con dei suoi amici. Stanno parlando d’un torneo giovanile di calcio che faranno lì a Bauru. Il piccolo Dico interviene, con tutta l’ingenuità dei bambini e pronuncia male il nome del portiere Bilé, chiamandolo Pilé. Ovviamente, s’attira la derisione e lo scherno della comitiva, che gli affibbia il nomignolo di Pelé, da cui l’odio di Dico verso quel soprannome, che, però, lo accompagnerà, per sempre, verso la gloria. Decide d’iscriversi al match con i suoi compagni. Perdono per un soffio, ma un talent scout nota le sorprendenti capacità di Dico e soprattutto il suo modo di giocare: la Ginga, orgoglio e spirito del popolo brasiliano. Personalmente ignoravo la storia del gioco spettacolare di Pelé e quindi, lascio il gusto di scoprirla anche a voi. Pelé andrà a giocare al Santos FC, prima nelle giovanili, poi nelle riserve, fino ad approdare in prima squadra. Fra competizione, dissidi con l’allenatore e duri allenamenti, arriva la convocazione per il Campionato Mondiale di Calcio. Pelé ha solo sedici anni. La competizione per essere scelti ed entrare in squadra è molto alta, oltre alla spiacevole evenienza di reincontrarsi con un altro fenomeno del calcio, ma sicuramente non suo amico: José. Quando scende in campo con la maglia della nazionale brasiliana, Pelé, ha 17 anni, è il 1958 e il Mondiale si gioca in Svezia. Il Brasile è dato totalmente perdente da tutti. Invece, giocando con questo stile unico e straordinario, che farà affermare in tutto il mondo il calcio come “il gioco più bello del mondo”, il Brasile, guidato da Pelé, vince il suo primo mondiale, diventando la prima nazione ad aver mai vinto un Campionato Mondiale fuori dal proprio paese. Il suo goal, realizzato nella finale con la Svezia, è considerato il terzo più grande goal nella storia della Coppa del mondo FIFA e il primo, tra quelli realizzati in una finale di un mondiale.
“Pelé” è un film davvero avvincente e poetico ad un tempo, anche per l’esecuzione molto realistica. A tale proposito trovo interessante accennarvi come siano giunti a scegliere gli attori protagonisti. Per il ruolo di Pelé è stato necessario avere due attori: uno che impersonasse il giocatore all’età di 9 anni e l’atro all’età di 16-17. Questo significava che, non solo dovevano avere caratteristiche fisiche simili al campione, ma anche, un talento naturale nel calcio e nella recitazione, oltre, a dover conoscere l’inglese. Si può comprendere come la selezione sia stata decisamente difficile e sfidante, tanto che ha comportato l’organizzazione del più ampio casting della storia del cinema contemporaneo. Sono state visionate persone d’ogni estrazione sociale e professione, attori professionisti, neofiti, giocatori esperti, studenti. Il primo a essere stato inserito nel cast è stato un bambino brasiliano che avrebbe interpretato Pelé all’età di nove anni: Leonardo Lima Carvalho, scelto per la sua grande spontaneità davanti alla cinepresa e il suo carisma. La ricerca del “Pelé sedicenne” è stata ben più disperata. Non riuscivano a trovare nessuno che soddisfacesse tutti i parametri necessari. Hanno iniziato a cercare per strada e anche sulle spiagge di Rio. Fino a trovare, finalmente, un candidato: Kevin de Paula, il quale s’è mostrato strepitoso, nonostante non avesse alcuna esperienza nella recitazione. Al fine di mantenere intatte l’integrità e l’autenticità della storia, i registi hanno deciso che il film sarebbe stato girato interamente in Brasile.

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