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Burgenland, un’Austria da scoprire dove splende sempre il sole

Non siamo i soli a poterci definire come Paese del sole. Anche l’Austria ha una regione del sole,  Burgenland,  che vale la pena di scoprire e offre una media di 300 giorni di sole all’anno. Il  Burgenland, al confine con l’Ungheria, è tra le regione austriache quella meno conosciuta. Ma è un peccato. Si tratta infatti di un’area che vanta meraviglie artistiche (non è un caso che Burgenland significhi proprio terra di castelli), splendidi scenari naturalistici (con ben sei parchi nazionali), numeroso fonti termali e una cultura enogastronomica che gode dell’influenza delle diverse popolazioni che hanno abitato nel territorio.  Una regione che non assomiglia per nulla all’idea canonica di Austria e, anche per questo, varrebbe la pena visitare. Nel Burgenland  infatti non vi sono montagne, ma distese pianeggianti a perdita d’occhio, colline tondeggianti, aree verdi fluviali e filari di viti infiniti. Il Burgenland è raggiungibile in auto, treno o autobus da Graz o da Vienna.

Come terra di confine il territorio è costellato da castelli rocche con funzione difensiva attorno a cui si sono, nei secoli, sviluppati interi paesi. Il Burgenland è la regione austriaca meno conosciuta, ma è ricca di suggestioni culturali e naturalistiche. Burgenland vuol dire terra dei castelli, a testimonianza della sua posizione di confine e della sua funzione difensiva contro gli Ottomani. Molti paesi sono nati intorno a rocche difensive. Tra i più noti vi sono il trecentesco  forte Forchtenstein, quartier generale della famiglia Esterházy sorge arroccato a ud, sui monti Rosaliengebirge, del trecento. Ma vi sono anche il castello di Lockenhaus, altra roccaforte degli Esterhàzy e ultimo castello cavalleresco d’Austria,  oggi adibita a hotel; il castello di Güssing, costruito sul cono di un vulcano spento e da cui si può ammirare un panorama mozzafiato; il castello di Bernste, della famiglia Batthyány e dove visse conte Ladislaus Almasy, a cui è ispirato “Il paziente inglese”; il castello barocco di Halbturn, ex residenza estiva dell’imperatore.

La scoperta del Burgenland  non può che partire dal capoluogo  Eisenstadt, la “città di ferro” per via delle mura ritenute inespugnabili, legata a doppio filo con i principi ungheresi Esterházy e il compositore Josef Haydn che per trent’anni rimase a servizio della città e dei principi. Gli Esterházy sono una delle più antiche famiglie nobiliari dell’Ungheria ed erano, a partire dal 1600, tra le famiglie più ricche dell’Europa centrale. Proprio Esterházy, nonostante le diverse proprietà possedute nella regione, scelsero Eisenstadt come residenza principale.  Il magnifico castello barocco ancora oggi è  testimone della potenza e della ricchezza raggiunta dagli Esterházy.

Per chi preferisce una full immersion nella natura il  Lago Neusiedl (Neusiedler See) e il parco nazionale di Neusiedler See-Seewinkel, patrimonio dell’umanità Unesco, costituiscono  un perfetto punto di partenza per escursioni naturalistiche, birdwatching e attività all’aria aperta (attorno al lago e nella grande pianura pannonica ci sono piste ciclabili per 2.500 i chilometri, non manca poi la possibilità di praticare vela, windsurf, kite o golf).  In quest’area di confine tra le Alpi e la puszta ungherese, vive un’eccezionale molteplicità di specie, animali e piante sono presenti anche nelle aree alpine, asiatiche o mediterranee. Non solo.  Questa riserva, vero e proprio concentrato di biodiversità e varietà paesaggistica, comprende diversi tipi di habitat: il lago della steppa con la presenza di canneti, i laghi di acqua salata che durante la stagione estiva evaporano, dune di sabbia e la torbiera bassa dell’Hànsag. Proprio dal Neusiedler See-Seewinkel transitano gli stormi di uccelli migratori che dall’Europa volano in Africa, per questo il aprco è diventato un vero e rprio eden per tutti gli appassionati di birdwatching.




Svizzera: 1600 km di gusto. Il Grand Tour

Prodotti locali,  ricette tradizionali, baite, “home restaurant” in stile “nonna di Heidi” per condividere un pranzo o una cena con gli  imprenditori agricoli e chef innovativi come Nenad Mlinarevic, Cuoco dell’anno 2016 e chef presso il ristorante Focus del Park Hotel Vitznau . Un percorso suggestivo in cui le meraviglie culturali e artistiche della Svizzera si fondono con i maestosi scenari montani e si sublimano nelle eccellenze enogastronomiche.  Il Grand Tour della Svizzera passa infatti da 22 laghi, cinque passi alpini e 11 siti Unesco. Insomma un viaggio da organizzare assolutamente, sa che si pensi a una lunga vacanza che a più week end.

Ovviamente per un Grand Tour del gusto in Svizzera non possono mancare né acqua né vino. D’altro canto la Svizzera è la riserva idrica d’Europa con più di 7mila laghi, 120 ghiacciai, fiumi che percorrono migliaia di chilometri. Lungo il Grand Tour si può osservare l’azione millenaria dell’acqua che ha plasmato la bellezza del territorio. Davvero suggestiva, ad esempio, è la tratta da Greppen a Beckenried che costeggia il Lago di Lucerna passando per i villaggi di Weggis e Vitznau. Si può poi caricare l’auto sul battello per raggiungere la sponda opposta e continuare poi in direzione di Altdorf, Svitto ed Ensiedeln. Lungo il Grand Tour poi ci sono numerose aree vitivinicole da esplorare: dal Vallese al Lavaux, patrimonio Unesco, al Ticino, regno del Merlot, Neuchâtel e Biel dove vengono coltivati prevalentemente vitigni Chasselas, Pinot grigio e Chardonnay e infine il Sentiero della Vite che si snoda tra Twann e Ligerz (sopra al Lago di Biel). Non solo. Per chi preferisce distillati più decisi, Grand Tour del gusto in Svizzera  prevede perfino i trekking del whisky  (due proposte di itinerari: la prima include nove tappe e nove whisky, di produzione propria, a scelta in una delle Gasthaus; la seconda  n tutte le 27 Gasthaus della regione e altrettanti whisky) in uno dei paesaggi più incontaminati della Confederazione, l’Appenzello.

Un’idea per organizzarsi il proprio Grand Tour in Svizzera è quella di volare su Zurigo e da lì prevedere una decina di giorni alla scoperta delle meraviglie dei diversi cantoni. Già Zurigo meriterebbe di suo ben più di un paio di giorni: metropoli d’arte e di finanza affacciata su un lago e circondata dalle Alpi, per un mix inconfondibile. Da Zurigo poi s può andare a Sciaffusa alle Cascate del Reno, tra le più imponenti d’Europa, per poi approdare a San allo, la maggiore città della Svizzera Orientale situata tra il lago di Costanza e Alpenzello. Il viaggio continua poi attraverso Appenzell (regione di Alpenzello) e Mainenfel, il villaggio di Heidi, per approdare a Davo. L’itinerario poi si sviluppa attraverso l’Engadina per arrivare a Lugano e da qui fino a Zermatt, ai piedi del Cervino. La tappa successiva è Montreux per poi virare, subito dopo, su Gstaad, tra le mete più amate dal gotha internazionale. Si passa poi da INterlaken e qui, sarebbe davvero un peccato, non cogliere l’occasione di raggiungere in treno il ghiacciaio dello Jungfrau a 3454 metri di altezza e di rilassarsi, il giorno dopo, a bordo di una crociera sul lago di Thun o Brienz. Prima del rientro da Zurigo, l’ultima tappa è Lucerna, porta d’ingresso della Svizzera Centrale situata sul lago dei Quattro Cantoni.

In attesa di potersi concedere il Grand Tour della svizzera, non mancano tuttavia le occasioni per organizzare qualche week end alla scoperta di alcune delle località più gustose della Confederazione Elvetica. Tra le tappe del gusto più vicine ai nostri confini merita una menzione la proposta studiata da un caseificio di Airolo, nel Ticino, che permette di prendere parte a lezioni tenute da un esperto casaro e trasformare il latte alpino del San Gottardo in un delizioso formaggio. In seguito le creazioni vengono messe a stagionare nelle cantine del caseificio ed una volta raggiunta la giusta maturazione vengono spedite direttamente a casa, purché la casa sia in Svizzera.  Il caseificio dimostrativo del Gottardo si trova ai piedi del passo omonimo (strada della Tremola, tappa del Grand Tour of Switzerland) e, per chi non avesse voglia di aspettare i risultati della propria fatica, ha al suo interno un ristorante dove gustare fondue e raclette.

A Lugano l’Hotel The View permette di vivere un’esperienza gourmet a 360°: su richiesta si fa la spesa e si cucina con gli chef Eros Picco e Tommaso Arrigoni per carpirne i segreti.

A Lucerna è da non perdere la boutique del cioccolato di Max Chocolatier che, dal 2009, vende  creazioni originali in cui la materia prima è rigidamente selezionata e segue la stagionalità.  La boutique organizza degustazioni e workshop, su prenotazione, per creare la propria tavoletta di cioccolato sotto la supervisione di esperti pasticceri.

L’area invece che circonda il comune di Svitto è da sempre nota per i suoi ciliegie e proprio il Kirsh è diventato un’icona della zona. A Brunnen, non lontano della fabbrica Victorinox, la distilleria Dettling vende kirsch così pregiati che nel 2015 è entrata a far parte della World Class Distillery per l’ottava volta. Il segreto sta nella tecnica di distillazione – scoperta già nel 1867 dal fondatore, Franz-Xaver Dettling – e nella selezione delle ciliegie che devono essere mature al punto giusto.

Una sosta consigliata è certamente l’Abbazia di Bellelay, vicino a La-Chaux-de-Fonds, già XII secolo alcuni monaci producevano formaggio dalla forma cilindrica che aveva acquisito una tale reputazione da essere utilizzato come moneta di scambio. Si tratta del Tête de Moine, formaggio DOP a pasta semidura, prodotto solo con latte crudo non pastorizzato, che viene raschiato e servito a rosette.

Altra tappa golosa è nella Valle dell’Emme, area rurale dove si produce l’Emmentaler e dove ha sede Kambly che da tre generazioni è sinonimo di arte dolciaria. Il 21 e 22 maggio 2016 si celebra il compleanno del Bretzeli (ben 110 anni), il biscotto che diede inizio all’avventura imprenditoriale di Oscar Kambly. La sua idea era preparare biscotti gli abitanti della valle usando una ricetta della nonna …oggi Kambly. La fabbrica può essere visitata e si può partecipare a laboratori di pasticceria con maestri pasticceri

Per chiudere in bellezza, l’Engadina è in grado di soddisfare anche i palati più esigenti. A Saint Moritz si possono addirittura percorrere vie gastronomiche con itinerari di diversa lunghezza e livello di difficoltà.  Il punto di partenza è per tutti la stazione a monte di Furtschellas dove al ristorante “La Chüdera” viene servito un antipasto a base di affettati misti, sulla terrazza panoramica o all’interno. Da qui si continua sul tracciato breve per circa due ore fino alla Pensiun Crasta via Marmoré in Val Fex, dove gustare il piatto principale. Se si vuole combinare l’esperienza culinaria alla vista fantastica delle cime e dei laghi alpini del Corvatsch, si può poi scegliere di prendere il sentiero più lungo e impegnativo che in circa cinque ore porta al lago Sgrischus e al Piz Chüern e scende verso la Val Fex. Alla Pensiun Crasta gli escursionisti potranno scegliere tra quattro piatti tipici dei Grigioni: la zuppa d’orzo, il rösti con formaggio e uova, la pasta di castagne con funghi porcini o la polenta con formaggio. Il dolce fatto in casa  viene servito alla terza e ultima tappa della Via Gastronomica, presso l’albergo-ristorante Chesa Pool, nel borgo di Platta sempre in Fex. Da qui in mezz’ora si rientra al villaggio di Sils.

 




In arrivo il Taste of Milano

È iniziato il count down per Taste of Milano che quest’anno debutta negli spazi di  The Mall in Porta Nuova  al centro della nuova area iconica di Milano, crocevia di moda, arte, tecnologia e finanza. L’appuntamento con i quattro giorni del gusto è fissato dal 19 al 22 maggio.  Tra le novità prevista da questa edizione ci sono un’area dedicata ai più piccoli,  l’ingresso libero dopo le 23 e il dj set fino alle due di notte per trasformare in un party la festa del gusto.
Saranno dieci le cucine installate all’interno di The Mall che vedranno alternarsi, nei quattro giorni dell’evento, chef e brigate da Milano e dall’Italia. La formula per gustare l’alta cucina resterà invariata: 3 portate in formato degustazione realizzate da ogni ristorante con prezzi variabili tra i 5 e i 7 ducati (un ducato corrisponde a un euro) e confermata la quarta portata, che in questa edizione rappresenterà l’icona di ogni chef, al costo fisso di 10. Ad essere protagonisti della scena saranno i milanesi: Roberto Okabe con Finger’s, Andrea Provenzani de Il Liberty, Yoji Tokuyoshi di Tokuyoshi, Roberto Conti de Il Ristorante Trussardi alla Scala, Felice Lo Basso del nuovo Felix Lo Basso Restaurant, Wicky Pryian del Wicky’s, Elio Sironi del Ceresio 7, Alessandro Buffolino di Ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia, Andrea Berton del Ristorante Berton, Luigi Taglienti del nuovo Ristorante Lume e Tano Simonato di Tano Passami l’Olio. Da fuori regione invece vedremo ai fornelli Giuseppe Iannotti di Kresios di Telese Terme (BN) e Barcellona, Terry Giacomello di Inkiostro di Parma, Angelo Troiani de Il Convivio di Roma e Christian e Manuel Costardi del Ristorante Christian&Manuel di Vercelli.

Per l’intera durata di Taste of Milano sarà poi possibile partecipare a lezioni di cucina per apprendere tutti i segreti dalle labbra degli chef con Electrolux Chefs’ Secrets un’area dotata di 24 postazioni di lavoro dotate di piani cottura a induzione di ultima generazione e piccoli elettrodomestici.

L’ingresso a Taste of Milano è di 16 euro, consumazione escluse.
Orari: giovedì dalle 19:00 alle 02:00, venerdì dalle 19:00 alle 24:00, sabato dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00 e domenica dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00.




X-CHANGE: arte fotografica e sensibilizzazione ambientale

Amy-d Arte Spazio, in occasione dell’edizione 2016 del Mia Fair, presenta a Milano X-CHANGE, un progetto economART a cura di Anna d’Ambrosio.

Nel tempo in cui l’ambiente è al cuore delle preoccupazioni pubbliche, sullo sfondo anche della COP21, la conferenza mondiale sul clima, Amy-d Arte Spazio presenta un progetto di arte fotografica e sensibilizzazione ambientale che parla di cambiamenti climatici e cambiamenti cause ed effetto che si generano, creano, producono.

X-CHANGE è il tentativo di costruzione di una cosmologia, ad opera di Beba Stoppani, Daesung Lee, Edoardo Miola; un progetto modulare discorsivo di confronto dialettico tra tre artisti, narrazione visiva di una storia da dove si era interrotta.

La costruzione di una cosmologia è uno spazio di produzione di pensiero, di conoscenza e di (auto)coscienza. Questo progetto nasce da un vuoto, un’urgenza, che gli artisti, compagni di viaggio, hanno avvertito.

Quali le reali potenzialità dell’arte nell’operare cambiamenti all’interno del corpo sociale?

Quale ruolo può avere la ricerca artistica nell’ambito degli studi e delle pratiche legate alla sostenibilità?

Quale il valore aggiunto nel coinvolgimento degli artisti in questo ambito?

Esiste un’Estetica della Sostenibilità?

Questi e altri quesiti sono alla base della sperimentazione che si vuole mostrare.

Il progetto intende proporre una riflessione critica articolata che affronti in maniera interdisciplinare la questione ambientale, intesa nel duplice aspetto di crisi della società termo-industriale fondata su fonti energetiche non rinnovabili e di crisi ecologica dovuta all’inquinamento e al preoccupante surriscaldamento del pianeta.

Il problema ecologico non può essere ridotto ad una questione ambientalista tout court, ma va analizzato e inteso nelle sue molteplici implicazioni filosofiche, psicologiche, ambientali, economiche e sociali. L’ecologia non solo come scienza della natura, ma come scienza dell’interrelazione del confine, della trasversalità, quale nesso focale del binomio natura/cultura.

Le diverse specificità artistiche presenti in X-CHANGE, ad opera degli artisti Beba Stoppani, Daesung Lee e Edoardo Miola, condividono una strategia che non denuncia passivamente il degrado del nostro pianeta, né offre nuove e funzionali soluzioni tecnologiche; articolano, invece, le contraddizioni e le responsabilità incrociate in cui ci imbattiamo in prima persona e come società.

La loro “arte” non indica la “giusta” via etica ed ambientalista, ma permette di analizzare e mettere in discussione le nostre azioni e le nostre percezioni.

Mette in moto un atteggiamento critico che interviene, si infiltra, re-interpreta e decodifica le relazioni umane con le forme di vita non-umana e con gli altri esseri viventi.

L’obiettivo è ricercare, rivelando nella riutilizzazione di materiale fotografico realtà incorporate, corpi organici/inorganici nascosti.

Emergono forme di vita e di interazione natura-uomo-macchina come mutante che documentano i loro interventi di ricerca e di creatività sperimentale.

Pertanto, questo tipo di X-CHANGE emerge come pratica contemporanea.

X-CHANGE

ARTISTI:

Beba Stoppani, 0° a 5000 mt

Daesung Lee, Ghoramara / Futuristic Archaeology

Edoardo Miola, FORE-X

Testo critico: Gigliola Foschi

5 – 15 maggio 2016

Amy-d Arte Spazio

Via Lovanio 6, 20121 Milano

MM2 Moscova

www.amyd.it – info@amyd.it – 02.654872

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Italia, Europa e India in bicicletta. A passeggio sulle due ruote

La primavera è nell’aria, l’aria frizzante, il sole e i prati dove iniziano a spuntare i primi fiori fanno subito venire voglia di spolverare le biciclette e, pedalando nel verde, andare alla scoperta di angoli d’Italia più o meno nascosti. Non occorre rivangare i mitici Coppi e Bartali per potersi godere qualche ora di relax sulle due ruote. Ormai in tutta la Penisola (per non parlare poi di Paesi come Francia, Austria e Germania in pole position nella cultura del trasporto sostenibile) si stanno diffondendo strade ciclabili o comunque percorsi a basso traffico per tutte la famiglia. L’e-bike, ovvero la bici elettrica, ha poi ampliato ancora di più l’accessibilità ai percorsi ciclabili …a giovani di tutte le età. Insomma un fine settimana sulle due ruote è un sicuro antistress, permette una full immersion nella natura e, allo stesso tempo, di apprezzare con tutta calma paesaggi e borghi pittoreschi, senza poi considerare che, in vista della prova costume, qualche giorno di attività (anche) sportiva, può rappresentare un vero e proprio toccasana.

 

LE QUATTRO CICLOVIE D’ITALIA Certo, orientarsi tra le diverse proposte non è semplice. I percorsi sono diversi e, necessariamente legati alla propria zona di residenza (a Milano, ad esempio, la ciclabile dell’Adda passa attraverso il Parco di Leonardo; chi vive a Mantova può godersi anche giornalmente la ciclabile del Mincio e a sud, infine, la valle d’Itria ha aperto numerose vie) o ai diversi interessi, sportivi, naturalistici o artistici. Ma qualche spunto per organizzare un week end sulle due ruote con la bela stagione in arrivo, può essere fornito dall’ultima CosmoBike, la fiera internazionale della biciletta di Verona, dove per la prima volta sono state premiate, da professionisti del cicloturismo, le quattro ciclovie più belle d’Italia nel corso dell’Italian Green Road Award.

L’Assisi-Spoleto-Norcia, è risultata la prima vincitrice dell’Italian Green Road Award. Si tratta di un percorso di 102 km che attraversa, in sei tappe, borghi medioevali, paesaggi incontaminati e luoghi di culto. Una via di indubbie suggestioni storiche e naturalistiche. Si parte da Assisi e, circondati da un paesaggio collinare dove predominano uliveti e vigne, si arriva alla Cascata delle Marmora, passando per il tracciato della vecchia ferrovia Spoleto-Norcia. Una vacanza senza pensieri nel cuore verde dell’Italia ciclabile che unisce sport, arte e delizie enogastronomiche, non per altro l’Umbria è la terra della porchetta e del tartufo. Si tratta di un percorso in massima sicurezza e adatta a tutti dove le pendenze non superano il 4,5%. Per informazioni e bike tour ci si può rivolgere a: Umbria & Bike (www.umbriabike.eu, 075.5067101), Gira L’Umbria (Antonella Tucci 348.8916928, info@giralumbria.it), La Spoleto Norcia (Luca Ministrini, 320.2895750, info@laspoletonorciainmtb.it)

Al secondo posto si attesta la ciclabile Cortina-Venezia, una via verde di 191 km che nasce nel Parco Regionale delle Dolomiti d’Ampezzo sotto le famose tre Cime delle Dolomiti. Dopo aver percorso i primi 50 km sul sedime della vecchia ferrovia fino al lago di Santa Croce, tra boschi e sentieri, si prosegue nel territorio veneto fino ad approdare alla città lagunare. Il percorso è interamente segnalato permette di scoprire scenari suggestivi e alcuni dei borghi più caratteristici del territorio come Belluno, Bassano del Grappa Asolo nota anche come la città dai cento orizzonti, Treviso, fino ad arrivare, dopo aver pedalato lungo il Sile, all’incanto di Venezia. Per esplorare la ciclovia, ci si può rivolgere a Fun Active Tours (www.funactive.info, 0474.771210) e a Simonetta Bike Tours (334.5487382 www.simonettabiketours.it)

Al terzo posto del podio infine si posiziona la Cycling Riviera è un percorso adatto a tutti, dove il mare è protagonista. La pista ciclo-pedonale del Parco Costiero Riviera dei Fiori si snoda per i 24 km della vecchia linea ferroviaria tra Ospedaletti e San Lorenzo a Mare. Il percorso è stato studiato per regalare comfort, benessere e divertimento senza troppi pensieri. Sul percorso sono presenti cinque punti di ristoro per una meritata pausa relax ed è inoltre presente la galleria museo che celebra la storia della Milano-Sanremo. Per organizzare la giornata, si può fare riferimento al sito www.cyclingriviera.com dove sono riportati anche i diversi punti di noleggio delle bici (contatto: 349.4916209) presenti lungo il percorso.

L’Italian Green Road Award ha infine assegnato una menzione speciale per la via Claudia Augusta, ovvero la ciclabile che dall’Italia sale in Germania, percorrendo la via ampliata dall’imperatore Claudio tra il porto adriatico di Altinum al Danubio. L’itinerario ciclistico fa rivivere l’antica via culturale e commerciale e dell’impero romano e offre, agli intrepidi che si vogliono avvicinare a questo itinerario, un incredibile varietà di paesaggi, borghi e, ovviamente, un varco alpino. Il percorso dalla Germania all’Adriatico lungo la via Claudia Augusta è particolarmente amato dai cicloturisti tedeschi per cui la pista è al secondo posto tra le migliori ciclabili europee. L’Italian Green Road Award, in particolare, di questo colossale itinerario, ha preso in considerazione la Valle dell’Adige. Si tratta della pista nota come “Ciclabile dell’Adige” che corre, parallela al fiume, nel cuore della valle a sua volta circondata da montagne. Si parte dal lago di Resia (Curon, in provincia di Bolzano), lungo la Val Venosta fino a Merano e Bolzano e quindi attraverso la val d’Adige fino a Trento. La ciclovia si snoda per 208 km di emozione pura tra boschi, prati, vigneti e frutteti, dove predomina il paesaggio fluviale che assicura una immersione nella natura. Grazie al suo andamento da Nord a Sud, il percorso lungo l’Adige è caratterizzato da una leggera discesa. Numerosi e capillari i servizi a disposizione dei ciclisti. Da non perdere infine le soste golose tra una tappa e l’altra a base di canederli, polenta e vino. Dal 23 al 15 maggio, volendo, si potrà percorrere la via con Augustour, una manifestazione cicloturistica organizzata in tre tappe e in compagnia dove ogni partecipante è invitato a godersi il cammino andando al proprio ritmo, fermandosi dove vuole e usufruendo di alcuni servizi dell’organizzazione (trasporto bagagli, transfer e ristori). Per informazioni: Bike&More: 0471 272659; www.augustour.it

UNO SGUARDO OLTRECONFINE Le Alpi di Kitzbühel in Austria possono essere rappresentare una valida meta per gli amanti delle passeggiate su due ruote, anche elettriche. Il paesaggio di montagna è unico e suggestivo: le Alpi di Kitzbühel si estendono a nord dal Wilder Kaiser al Parco Nazionale Alti Tauri, e a sud dalla Zillertal fino alla Valle di Saalbach a est. Già dalla primavera, sia in quota che a la valle, l’offerta dei percorsi per escursioni a piedi, in bicicletta e mountain bike è vastissima. L’area offre centinaia di km di piste ciclabili e sentieri di montagna che invitano all’attività sportiva all’aria aperta, vie verdi da cui godere, senza lo stress del traffico cittadino, della bellezza del paesaggio alpino. La regione, in effetti, è una delle più grandi destinazioni e-bike al mondo con una vasta rete di stazioni di noleggio e ricarica delle batterie che garantisce sempre il servizio. Tra le gite da non perdere e alla portata di tutti, vi sono il giro del lago Pillersee e i percorsi che attraverso la valle Brixental e che toccano le suggestive località di Kirchberg, Schwarzsee e, appunto, Kitzbühel. Per superare il giro della “Coppa del mondo “, da St. Johann, Schwendt e Kössen bisogna avere una buona condizione. Per chi comunque preferisse evitare ogni sforzo, gli impianti raggiungono comunque le località più suggestive dell’area, come l’Hohe Salve da cui si gode di una delle più belle viste panoramiche del Tirolo. Qui ci si può concedere una pausa golosa presso la Gipfelalm Hohe Salve, una terrazza panoramica che ruota. Le Alpi di Kitzbühel offrono i infine un’altra ragione per dedicarsi all’attività all’aria aperta: le delizie gastronomiche preparate dagli chef membri dell’associazione KochArt, un gruppo di ristoratori che cucina esclusivamente con i prodotti contadini locali, di origine controllata e riconoscibili sui menu. Non serve portarsi appresso la propria attrezzatura sportiva. Persino per le bici elettrice a Kitzbühel c’è solo l’imbarazzo della scelta tra alberghi e negozi che affittano le due ruote più adeguate al proprio livello di forma fisica.

UNA META ESOTICA Mai pensato di andare in bici in India? No, probabilmente. Eppure, dopo aver passato giorni e giorni a visitare templi, fortezze a antichi castelli, ma soprattutto immersi nel caos delirante del traffico delle città asiatiche tra vacche, tuk tuk e camion colorati, l’oasi di Keoladeo Ghana National Park apparirà come un vero e proprio paradiso. La località, ancora completamente nascosta al turismo di massa, si trova nel Rajastan, a Bharatpur, ed è facilmente raggiungibile da Agra. Il parco Keoladeo (una delle incarnazioni di Shiva) è un’ex riserva di caccia reale e prende il nome da un tempio situato al suo interno, tappa è assolutamente consigliata per chiunque sia interessato alla cultura locale. Il bramino che si occupa del tempio, delle scimmie, dei cervi, delle tartarughe e anche dei gatti (vegetariani esattamente come il bramino) è sempre disponibile a scambiare quattro chiacchiere con i viaggiatori di passaggio. Quest’oasi naturalistica di incredibile suggestione è stata dichiarata Patrimonio Unesco ed è considerata una delle riserve principali al mondo per l’allevamento e la riproduzione degli uccelli. Nei suoi 29 chilometri quadrati trovano infatti rifugio, anche alle zone paludose, più di 360 specie di cui molte rare. La bici è il mezzo migliore per visitare il parco in tutta la sua estensione, rilassarsi, trovare il proprio punto di osservazione preferito e, finalmente, prendersi una boccata d’ossigeno dopo i faticosi itinerari nella terra dei re. Le bici, funzionali, si affittano all’interno del parco.




La Filetteria Italiana, un nuovo indirizzo per i foodies

La Filetteria Italiana è il nuovo angolo di paradiso per tutti i buongustai, o almeno per i buongustai non vegetariani. Il concept del locale, una novità per il territorio italiano, ha aperto le porte in pieno centro a Milano, a Brera, nell’area più bohèmien della città e propone solo filetti di ogni tipo di carne, provenienti da allevamenti selezionati e certificati.  L’indirizzo è di quelli da non perdere, in via Legnano 18, e si cena a partire dai 20 euro ovviamente la cifra sale qualora si vogliano provare tagli di filetto più blasonati quali il Kobe (proposto a 55 euro), il bufalo o il bisonte (entrambi a 40 euro), o il cammello (a 36 euro).  La Filetteria Italiana nasce da un’idea di Edoardo Maggiori che ha deciso di  concentrarsi sul più pregiato dei tagli di carne realizzando un ristorante dall’ambiente e dall’animo internazionale.

Ogni filetto, servito con le cotture classiche preferite dal cliente, è accompagnato da una serie di salse squisite proposte a rotazione secondo stagione, tra le 50 ideate dallo chef Sammy Assandri. Come la teriyaki con zenzero (fatto marinare una notte intera), la fumè (affumicata, con miele e olio di sesamo), la yakiniku (peperoncini dolci, olio di sesamo e pomodoro), la Susanna (a base di pepe rosa macerato per diverse ore in una crema di panna pastorizzata dallo chef), l’ottomana (a base di melanzane, cipolle di Tropea e olive taggiasche), la salsa verde spumosa, la fonduta valtellinese o la riduzione di aceto balsamico aromatizzata al cipollotto, tanto per citarne alcune. Verdure di ogni tipo, ma anche funghi porcini, funghi shitake, di stagione, arrostite grigliate e trifolate fino alla crema granulosa di cavolfiori, sono solo alcuni esempi dei tanti contorni tra cui scegliere per esaltare i pregiati filetti. Per ben cominciare non mancano entrée a base di tartare speciali condite con zola e tartufo o con rosmarino e capperi, così come per chi non rinuncia al dolce una lista dei golosi dolci (sempre preparati dallo chef) come la mascarponata al lampone, il liquiriziamisu o la nuvola bianca al Macha.

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500 che passione!

di Giuliana Tonini – Sono appassionata di auto d’epoca. Vado a vederle alle fiere del settore, alle mostre e nei musei, e mi diverto molto a trovarne per strada e a fotografarle. La mia preferita in assoluto – diciamo proprio che la adoro – è la vecchia, storica, Cinquecento. Quando ne trovo una, sono contenta come una bambina che gioca alla caccia al tesoro.

Come gli sceicchi arabi hanno nei loro garage decine di sgargianti Ferrari, Rolls-Royce e Bentley, io, se potessi, metterei su la mia scuderia personale di sgargianti 500 di tutti i colori.

Non sono l’unica ammiratrice, ovviamente. La 500 è un vero e proprio mito intramontabile. In tutta Italia ci sono numerosi club di appassionati e di proprietari di 500, che organizzano raduni in ogni parte del Paese, e anche su Facebook la Cinquecentina, o Cinquino, è una indiscussa reginetta.

Conosciamola meglio, e proviamo a capire il perché sia un mito.

È stata in produzione dal 1957 al 1975, per diciotto anni consecutivi. L’anno prossimo compirà 60 anni, e mi auguro che la FIAT organizzi delle belle e adeguate celebrazioni per la sua fortunata creatura.

Il papà del gioiello della FIAT è Dante Giacosa, ingegnere, progettista e designer che ha creato, nel corso dei decenni, innumerevoli modelli per la casa automobilistica di Torino, tra cui, solo per citarne alcune, la 600 e l’Autobianchi ‘Bianchina’, contemporanee della 500, e la storica Topolino del 1936, che è stata la prima 500, di cui il modello del 1957 è discendente diretto.

L’idea di partenza è arrivata da un impiegato tedesco della Deutsche Fiat, che aveva inviato alla casa madre dei disegni per una nuova creazione ispirati alle linee del Maggiolino Volkswagen.

La microvettura utilitaria della FIAT è nata, in pieno boom economico, per essere la macchina che tutti avrebbero potuto permettersi di acquistare. Era l’auto più economica di casa FIAT e aveva una struttura essenziale che non richiedeva grandi spese di manutenzione.

E la macchina di tutti lo è diventata davvero. Dopo un primo anno con un andamento di mercato un po’ in sordina, anche per lei è arrivato il boom. Durante gli anni Sessanta e Settanta quasi tutte le famiglie e quasi tutti i giovani avevano una 500, oppure una 600, del colore che piaceva di più.

Nel corso degli anni il Cinquino si è evoluto, con una produzione di modelli diversi e per tutti i gusti. Come, solo per citarne alcuni, la 500 Abarth: la versione sportiva per i più giovani, quella con le strisce rosse sulle fiancate, che prendeva parte anche a competizioni automobilistiche; la versione station wagon: la 500 Giardiniera o Giardinetta; oppure quella, indimenticabile, con le porte controvento.

Ecco quindi perché il fascino della Cinquecento è sempreverde: perché rappresenta un pezzo di storia italiana, e chi ne possiede una ne è giustamente orgoglioso.

E poi, con quella forma simpatica e graziosa, i suoi colori, il suo fascino retrò e quel rumore meccanico di motore d’altri tempi, la vecchia Cinquecento è davvero irresistibile. Non per niente in uno dei raduni, che si possono vedere anche su YouTube, un esemplare portava un cartello che diceva: sono una piccola rubacuori.

E di raduni, i proprietari delle 500 iscritti ai vari club, ne fanno veramente tanti. Si ritrovano in ogni parte d’Italia, con decine di macchine, e percorrono le strade in una coloratissima fila, a suon di clacson.
Non per niente la FIAT, nel 2007, l’ha fatta rinascere, ‘reincarnandola’ in un modello dalle forme moderne, ma che richiamano in tutto e per tutto quelle della piccola utilitaria degli anni Sessanta e Settanta. Ed è stato un successo. Oggi la nuova 500 spopola per le strade.

E il marchio 500 è un vessillo, tanto che la FIAT lo ha utilizzato anche per la 500L e la 500X, due modelli di SUV degli ultimi anni, pensati anche per il mercato nordamericano, che poco assomigliano alla leggendaria utilitaria, ma che ne condividono il brand.

Una leggenda non può che essere protagonista di molte avventure. Tra le più singolari, sul sito www.idiaridelcinquino.it, troviamo la storia e le immagini di Danilo Elia, Fabrizio Bonserio e Zivile Linkeviciute, appassionati di viaggi (e ovviamente della piccola FIAT) che, con un modello del 1973, sono andati da Bari fino a Pechino, e poi hanno fatto un viaggio intorno al Mediterraneo.

E da non lasciarsi sfuggire è la creatura (proprio in senso Frankensteiniano) del  titolare e degli ingegneri della OEMMEDI’ Meccanica di Acquapendente (VT), officina specializzata in auto e moto d’epoca. Come dei dottor Frankenstein delle auto, hanno creato, in un unico esemplare, la 500-Laborghini, una macchina col motore di una Lamborghini e la carrozzeria – adattata anche per potere farci stare il potentissimo motore – di una vecchia FIAT 500. Andare su YouTube per credere!




Emilio Scanavino: l’Alfabeto dell’Esistere

di Andrea Farano – Questa volta lasciamo da parte quel (spesso) malcelato aplomb d’imparzialità doverosamente richiesto a chiunque scriva con velleità (re)censorie e dichiariamo previamente il nostro amore incondizionato per Emilio Scanavino (Genova, 1922 – Milano, 1986), il pittore al quale riconosciamo la più alta capacità di dipingere le recondite paure ma, perché no, anche le speranze che si annidano profonde nel nostro essere.

È con questo spirito che ci siamo avviati, qualche giorno fa, all’inaugurazione della mostra allestita presso i rinnovati spazi espostivi (davvero splendidi, indipendentemente dalla mostra in corso) della Galleria Dep Art, timorosi e insieme consapevoli del fatto che più le aspettative sono alte, più la delusione è facile.
Fortunatamente il colpo d’occhio all’ingresso ha da subito certificato la qualità assoluta della selezione compiuta da Antonio Addamiano, capace di raccogliere e presentare – in concomitanza con il roboante MiArt – il meglio della produzione dell’ultimo ventennio di vita dell’artista ligure, esponente di quella corrente artistico/pittorica volgarmente conosciuta come informale e che dagli anni ’50 aveva eletto, pur con i doverosi distinguo dei mille rivoli europei, il “gesto” (ed il “segno” che ne scaturiva) a cardine e motore principale della comune dimensione espressiva.

Ci troviamo quindi di fronte a testimonianze della piena maturità compositiva di Scanavino, quando – pienamente interiorizzato il mondo giovanile fatto di tracce e presenze dall’aspetto larvale, che ne avvicinava la poetica ai contemporanei Novelli e Peverelli (ma anche e soprattutto a Wols, per guardare oltre confine), e depurato da certe innegabili suggestioni spazialiste e finanche surrealiste – il tratto segnico, che da sempre ne è l’emblema, si delinea più granitico e stentoreo.

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Il senso dell’attesa – favorito da una tavolozza di fondo quasi priva di colori – viene squarciato dalla presenza di immagini codificate e ossessive, che si rivelano da un tempo ignoto e, pur lontane da ogni figurazione allegorica, impongono all’osservatore una riflessione profondamente emotiva da cui è difficile scappare.

Quella massa spigolosa che incombe, aggrappandosi in sospensione ad una luce (speranza?) lontana, ci palesa quei segreti travagli interiori che ci legano, ci spaventano, ci trattengono e ci àncorano nel nostro immobilismo quotidiano.

Il Groviglio è il nodo psichico che non sappiamo sciogliere.
Lo Scavo nel colore è la nervatura che ci tiene in piedi.
La Traccia è la testimonianza ultima della nostra esistenza.

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Particolare attenzione dedichiamo alla serie degli “Alfabeti Senza Fine”, splendidamente rappresentata in mostra da esemplari più che significativi, dove quadrettature e reticoli – casellario sempiterno dei nostri schemi mentali e comportamentali, o gabbie dentro le quali ci muoviamo o siamo rinchiusi – accolgono e subiscono le ineluttabili tensioni che vi si annidano, rinnovando un perpetuo conflitto con l’ordine prestabilito.

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Usciamo dalla galleria, lasciando – purtroppo – alle pareti gli unici specchi capaci di mostrare come siamo fatti… dentro.

Il nodo racchiude la costrizione del destino, l’oscuro intreccio di segreti, l’impotenza dell’uomo di fronte all’oracolo.
Se lo osserviamo con un po’ di attenzione vediamo luccicare gli anelli del serpente.”
Ernst Jünger

Emilio Scanavino: Opere 1968-1986
Dep Art Gallery, via Comelico n. 40 – Milano
sino al 1 giugno 2016
www.depart.it

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LA COPPIA DEI CAMPIONI”: UNA STORIA D’AMICIZIA E DOLCEZZA

di Elisa Pedini – Presentato oggi alla stampa il film “La coppia dei campioni”, in uscita domani, 28 aprile, del regista Giulio Base, che, per la seconda volta, si cimenta in una commedia tutta all’italiana. La prima, lo ricordo, era stata “La bomba”, commedia del 1999, ultima interpretazione di Vittorio Gassman. Base è uomo di cultura e spessore molto profondi, nonché professionista poliedrico ed eclettico: attore, sceneggiatore, regista, produttore. La sua regia e per conseguenza, la sua cinepresa, non sono mai né superficiali, né scontate e la commedia “La coppia dei campioni” rappresenta queste sue caratteristiche. Pellicola simpatica, comica, ironica, onesta, ma, soprattutto, come afferma lo stesso regista in conferenza stampa, un film «d’amicizia e dolcezza» e aggiunge che «è la storia di due anime che, nel cercare un posto, diventano quasi amici». Non immaginatevi, dunque, la solita commedia e non immaginatevi un film sul calcio. I protagonisti principali sono Massimo Boldi, nel ruolo del dottor Fumagalli e Max Tortora, che interpreta Zotta. Un nuovo “tandem” del cinema, perché sono per la prima volta insieme sul grande schermo. Eppure, sembrano fare coppia da sempre. Il loro affiatamento è fortissimo. Boldi definisce questo film «una novità, una sfida» perché «i miei film sono sempre usciti a Natale o a metà novembre – afferma – quindi è una novità quest’uscita a tarda primavera». La trama è già divertente di suo: due impiegati della stessa multinazionale vincono in premio i biglietti e il relativo viaggio, per andare a vedere la finale di Champions League a Praga. L’uno, dirigente di Milano, tale dottor Piero Fumagalli, in realtà, non lo vince, lo estorce al suo subordinato e così, da subito, si delinea la personalità del primo protagonista. L’altro, magazziniere di Roma, Remo Ricci, detto Zotta, invece, lo vince. Due anime opposte, due mondi agli antipodi. Spocchioso, pieno di soldi e convinto che tutto si possa comprare, il primo; persona normale il secondo, con un lavoro normale e tutti i problemi della vita quotidiana che ha un’altrettanto normale famiglia italiana di questi tempi. Lo spettatore non ci mette che qualche scena a comprendere che il primo, in realtà, deve tutto, nonché il posto di lavoro, al matrimonio che ha contratto con una contessa; mentre il secondo, sarà anche umile, ma ha studiato e ha una cultura: cita Wagner, Beckett, parla inglese. I due s’incontrano all’imbarco in aeroporto. L’antipatia è immediata. Il viaggio inizia, ma non tutto va come dovrebbe: causa maltempo, l’aereo deve effettuare un atterraggio di fortuna in Slovenia. Per Fumagalli e Zotta comincia una “frequentazione” forzata, che si dipana in tutta una serie di comici aneddoti per riuscire a raggiungere Praga. La commedia è decisamente riuscita e non vi dico altro, lascio a voi il piacere di gustarvela. Mi piace, però, sottolineare le parole di Giulio Base in conferenza stampa, che, con l’umiltà che caratterizza le grandi menti, dice del suo film: «Volevo raccontare solo una storia d’amicizia. Il film non ha pretese d’essere diverso da quello che si vede. È un film onesto. Una storia d’amicizia e di dolcezza.» In realtà, secondo me, il film è condotto con grande delicatezza e maestria ed è ricco di citazioni importanti. L’ho premesso: non è la solita commedia. In particolare, è curata la nascita di questa amicizia, nonostante le differenze e le opposizioni. Ci sono profonde umanità e dolcezza nella premura con cui Zotta corre in soccorso di Fumagalli dopo la sua “notte brava” e anche in quello “scusa”, che, quest’ultimo, grida al suo compagno, quando si rende conto che, di fatto, il suo “quasi amico” è un amico. Ritengo sia superfluo parlare dell’esecuzione dei due protagonisti. Massimo Boldi è un “must”, ormai, del cinema italiano. Che piacciano o no i suoi film, è un dato di fatto ch’egli sia invitto sul grande schermo dal 1975. Eppure, quando gli chiedo il segreto del suo successo, abbassa lo sguardo e risponde: «Non lo so! Avevo una grande passione e ne ho fatto la mia professione. Ma, mai avrei pensato… È capitato. È capitato e basta!». Da questa risposta, non stupisce come gli riesca bene interpretare la dolcezza di questo film. Max Tortora, non è certo da meno essendo sugli schermi, televisivi prima e cinematografici poi, dal 1990. Sopra ogni cosa, però, non si può non ammettere che il connubio Boldi-Tortora non funzioni all’unisono e non dia seriamente quel “quid” in più a una pellicola, di per sé, già molto apprezzabile. Interrogati a riguardo, i due attori s’esprimono così: «Lavorando con Massimo – afferma Max Tortora – ho potuto constatare di persona e quindi, scoprire, tutti i registri di cui è capace. A seconda di quello che serve, lui è in grado di tirare fuori il meccanismo giusto. Sarà che io sono musicista autodidatta e lui è un ex batterista, ma definirei la nostra intesa: musicale». Boldi annuisce e aggiunge: «Si c’è forte intesa, anzi, c’è musicalità perfetta. (ride) Siamo malati di Dallarite! (si riferisce a Toni Dallara, n.d.r.) E partiamo a cantare, ovunque!» Ed è vero, perché partono a cantare anche in conferenza stampa, suscitando l’ilarità di noi giornalisti presenti. Un binomio che funziona davvero e che fa sperare in una prolifica collaborazione futura.




Un week end nella Valle della Loira sulle orme di Leonardo

Proprio 500 anni fa Leonardo da Vinci lasciava l’Italia con tre tele (la Gioconda, Sant’Anna e San Giovanni Battista) per trasferirsi alla Corte di Francesco I di Francia, ad Amboise, dove vivrà i suoi ultimi tre anni  di vita nel vicino Castello del Clos Lucé. E la Francia ha deciso di celebrare questo anniversario con tre anni di festeggiamenti e rievocazioni, un’occasione unica per organizzarsi un week end lungo fuori porta e, sulle orme di Leonardo, andare alla scoperta della Valle della Loira,  patrimonio dell’Unesco, dei antichi castelli (Chambord, Chenonceau, Chinon,  Villandry, Tours, Azay-le-Rideau … ) e dei suoi giardini fiabeschi.  D’altro canto la Valle della Loira è meta ideale in primavera e la si può percorrere, grazie alla fitta rete di ciclabili (tra i primi percorsi proposti in ambito europeo) anche sulle due ruote: 800 km di piste verdi che attraversano campi e boschi e portano, sempre a una destinazione fiabesca.

Per celebrare degnamente il genio italiano di Leonardo, si può iniziare il tour proprio al Castello di Clos Lucé dove si possono visitare le stanze di Leonardi e sono riproposti in scala alcuni modelli di alcune delle sue più celebri invenzioni. La costruzione in mattoni rossi e di tufo fu costruito su fondamenta gallo-romane durante il regno di Luigi XI e diventò la proprietà di un favorito del Re, Etienne-le-Loup, ex cuoco. Completata nel 1490 da Carlo VIII, la dimora riceve una cappella aggiunta all’ala occidentale, offrendo così un oratorio ad Anna di Bretagna, giovane sposa del re Carlo VIII. Quin nell’aprile del 1516, dopo anni di peregrinazioni, giunge Leonardo che trova nel castello del Clos Lucé la sua prima dimora personale. Il castello, raggiungibile oltre che in bici e in auto, anche in treno e mezzi pubblici (Stazione ferroviaria Tours – St Pierre des Corps,  20 km dal Clos Lucé) e aereo (aeroporti d’Amboise Dierre a 15 km o Tours a 25 km), è appetto dalle 9 alle 19 (nei mesi estivi l’orario è prolungato fino alle 20). L’ingresso per gli adulti costa 14 euro.
Altra tappa fondamentale per ripercorrere le orme di Leonardo è il Castello Reale di Amboise dove appunto risiedeva la corte di Francesco I,  committente di Leonardo. Amboise nasce come fortezza medievale per poi trasformarsi in una residenza reale sotto i regni dei Re Carlo VIII e Francesco I (fine XV – inizio XVI secolo) che si circondano di letterati e artisti. Nella cappella di Amboise riposa Leonardo da Vinci che riposa nella cappella del castello. Il Castello è raggiungibile anche dalla Stazione ferroviaria TGV (Tours-Saint-Pierre-des-Corps) a 20 km dal castello o tramite il collegamento  (Sncf) fino alla stazione ferroviaria di Amboise. L’ingresso costa 10,9 euro.
Infine, una terza e ultima tappa per un week end dedicato a Leonardo non può che essere presso il Castello rinascimentale di Chambord, icona e meraviglia del rinascimento francese e vero e proprio castello delle fiabe in mezzo auna foresta.  Chambord nasce dal sogno di Francesco I. Nessuno conosce il nome dell’architetto di Chambord, ma questo capolavoro sembra essere inspirato dagli schizzi di Leonardo, soprattutto per quanto riguarda la famosa scala a doppia rivoluzione. Chambord è un castello dalle proporzioni perfette che provoca un sentimento di maestosità, un’armonia nei volumi e le decorazioni, assolutamente da non perdere. Il Castello si raggiunge anche in treno da Parigi (fermata Blois poi navetta Blois-Chambord da maggio ad agosto) ed è aperto dalle 9 alle 19. L’ingresso costa 11 euro.

LE INIZIATIVE IN ONORE DI LEONARDO

Le celebrazioni iniziano a giorni presso il Castello di Clos Lucé con la nona edizione de “L’Univers de la Création”  (dal 28 aprile al 20 maggio 2016) con la Corea del Sud come Paese ospite.
Un appuntamento annuale con gli  eredi di Leonardo da Vinci. Il castello del Clos Lucé accoglie grandi artigiani d’arte coreani e francesi che testimoniano l’eccellenza del savoir-faire in svariati settori, come la ceramica, l’arte dei ventagli , della seta e dei tessuti in genere, la coltelleria e la creazione di maschere.

A giugno segue la mostra  “Dal Clos Lucé al Louvre, i tre capolavori di Leonardo da Vinci” – 18 giugno -31 dicembre 2016
Realizzata con il concorso di diversi esperti, fra cui il professor Carlo Pedretti, presidente onorario del Comitato Scientifico, e di Alessandro Vezzosi, Commissario della mostra, questa mostra ha l’obiettivo di celebrare il quinto centenario (1516-2016) di un evento decisivo nella vita di Leonardo e per la storia dell’arte: il genio-artista lascia infatti Roma per Amboise e si stabilisce al Manoir del Cloux, oggi Clos Lucé. La mostra mette in luce il ruolo fondamentale che i tre dipinti di Amboise hanno avuto all’apogeo dell’arte di Leonardo. E mostra il fenomeno del mito Leonardo attraverso cinque secoli. Mito che prende origine proprio al Castello del Clos Lucé e cresce progressivamente fino all’esposizione dei dipinti al Museo del Louvre, ricostruendo i percorsi delle opere fra Valle della Loira e Parigi grazie a prestiti di diversi musei.

A settembre infine si terrà Festival Europeo di Musica Rinascimentale -23, 24 e 25 settembre 2016Dal 2005, il Festival celebra Leonardo musicista e interprete di talento, invitando gli ensembles più prestigiosi. L’ edizione 2016, inserita negli anni leonardeschi, è dedicata ai giovani talenti.

Al Castello Reale di Amboise  invece ogni domenica alle 11.30, dall’8 maggio al 15 settembre, si potrà prendere parte a visite guidate espressamente dedicate a Leonardo.

Non solo. Dal 15 aprile al 15 novembre presso il Castello di Amboise si terrà Studio Leonardissimo. Sull’esempio di Leonardo, che ad Amboise disegna il castello reale nel 1517, i visitatori sono invitati a cercare l’ispirazione nei panorami d’eccellenza dei giardini che dominano la Loira. A disposizione di artisti e visitatori cavalletti e tele di grande formato, e ogni creazione viene condivisa sui social per eleggere l’artista del mese e di ogni stagione.

A maggio si terrà la Festa del paradiso, un appuntamento ispirato alle feste rinascimentali italiane con esibizione di artisti di strada, laboratori di introduzione alla musica e alla cucina dell’epoca.

In estate, (luglio e agosto nelle notti di mercoledì e sabato oltre ad alcune date supplementari) infine prenderà vita presso il Castello di Amboise un nuovo spettacolo storico notturno, La Profezia di Amboise, che ricostruisce la storia della corte agli albori del Rinascimento, creato dallo scenografo Damien Fontaine.