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“LAND OF MINE – SOTTO LA SABBIA”: NON GUARDERETE PIÙ UNA SPIAGGIA CON GLI STESSI OCCHI

di Elisa Pedini – In uscita nelle sale italiane dal 24 marzo, il film “Land of mine – Sotto la sabbia” del regista danese Martin Zandvliet, che ci riporta nel 1945, in uno spaccato storico di pochi mesi, da maggio a ottobre, ma che, emotivamente, sembrano anni. Pellicola dura, cruda, potente, detonante in ogni senso. Dopo questo film, non guarderete più una spiaggia con gli stessi occhi.

Gli eventi narrati in “Land of mine” sono decisamente poco noti e sono considerati tabù nella storia moderna danese. È il maggio del 1945, la Danimarca è appena diventata una terra libera, dopo 5 lunghissimi anni di dominazione nazista. Anni che hanno spezzato gli animi di tutti e spento milioni di vite. Il Reich, di fatto, vacilla da un pezzo, non ha praticamente più risorse umane e pur d’avere soldati, è arrivato a mandare in guerra tutti i maschi dai tredici ai novant’anni. Il regime sente il fiato delle Forze Alleate sul collo e temendo l’invasione da nord, dissemina le coste occidentali danesi con più di due milioni di mine anticarro e antiuomo. Dopo la caduta della Germania nazista, le autorità britanniche offrono al governo danese la possibilità di arruolare prigionieri di guerra tedeschi per bonificare la costa. L’amministrazione danese accoglie subito l’idea e la mette in pratica. La Brigata danese dirige e gestisce l’operazione. Peccato che, tutta la dinamica contravvenisse la Convenzione di Ginevra del 1929, secondo cui, è vietato obbligare i prigionieri di guerra a svolgere lavori forzati o pericolosi. Tuttavia, le regole vengono deliberatamente eluse, correggendo il testo da “prigionieri di guerra” a “persone volontariamente arrese al nemico”. Seppur ci sono discrepanze tra i dati danesi e quelli tedeschi, si stima che circa 2600 uomini, d’un’età compresa tra i 15 e i 18 anni, furono costretti a quel lavoro. Almeno la metà di loro rimase uccisa o gravemente lesa. “Land of mine” è tutto questo.

Ma, i dati storici sono vicende volute e provocate dall’uomo e allora non si può non tenere conto del “fattore umano” e di tutte le implicazioni interiori ed esteriori che ne conseguono. Qualsiasi tipo di regime totalitario è basato sulla violenza e sull’oppressione, concependo soltanto due posizioni: o a favore, o contro. I popoli invasi, macerati in uno stato di terrore costante e reale, vessati dalla violenza, prostrati dalla morte, covano in loro rabbia, desiderio di vendetta e sete di rivalsa. La furia di chi ha troppo a lungo vissuto e visto orrori indescrivibili, porta alla violenza più cieca nei confronti di qualsiasi persona o cosa divenga in quel momento il simbolo del nefando regime. “Land of mine” è, particolarmente, tutto questo.

È facile comprendere, dunque, come i tedeschi siano profondamente odiati. Poco importa che i soldati siano ragazzini, a loro volta mandati totalmente allo sbando e che poco abbiano capito delle disgrazie umane. Loro, con le loro divise e la loro lingua, sono solo l’emblema dell’oppressore, del nemico. Lasciati senza cibo e in alloggi, a dir poco, inadeguati. In quest’ottica va interpretato “Land of mine” ed è questo stato d’animo che, dalla prima scena del film, il Sergente Rasmussen comunica. Al grido di “questa è la mia terra”, sfoga tutta la sua cieca furia, in cui sono racchiusi tutto il dolore, la frustrazione e l’impotenza, patiti per anni. E allora mi domando se “Land of mine” non sia un pun, dove “mine” gioca il suo senso tra “mia” e “mina”, ma è un interrogativo che non so svelarvi poiché il regista non concede intervista. Di certo, c’è lo strazio dell’animo di Rasmussen che accoglie quel camion di disgraziati soldati-bambini con tutto l’odio di cui è capace. Che muoiano di fame o dilaniati da una mina non importa a lui, ancor meno alla Brigata danese e meno ancora alla popolazione. Ma, quei prigionieri, restano ragazzini e nei loro cuori portano ancora la capacità di sognare e d’immaginare un futuro quando saranno di nuovo a casa. È proprio quella parte d’innocenza, che si portano dentro, che finisce per spezzare lo “scudo” di Rasmussen, che passa dall’insultarli senza tregua, al chiamarli “ragazzi”, al parlare con loro, all’avvicinarsi, fino ad affezionarsi. Sono tutti nella stessa landa desolata, in mezzo al nulla, ognuno coi suoi mostri, le sue paure, il suo dolore. È un film che non lascia scampo. Ho sentito l’angoscia, ho patito la fame, ho avuto paura insieme ai protagonisti. Ho provato lo strazio dei ragazzi e la dicotomia interiore di Rasmussen tra l’odio per quei tedeschi e la pietà per quei giovani. “Land of mine” è un film sul dolore in tutte le sue sfumature. È un viaggio nell’anima umana. Pellicola talmente aspra che non ho retto e ho dovuto abbassare lo sguardo a ogni mina disinnescata, perché potevo sentire il terrore, tangibile, della morte. Sapientemente, una sublime fotografia supporta, per contrasto, i sentimenti evocati. Da un lato, una natura incontaminata, spiagge bianche, sabbia impalpabile, la luce del sole. Dall’altro, la cupezza della paura, del dolore, della solitudine, della morte. L’esecuzione è strabiliante: Roland Møller, che interpreta il Sergente Carl Leopold Rasmussen, si cimenta per la prima volta nel ruolo del protagonista e si mostra attore carismatico, espressivo e vibrante, in grado di comunicare chiaramente pensieri e sentimenti anche attraverso uno sguardo. Il cast dei ragazzi è davvero eccezionale, soprattutto se si considera che sono tutti dilettanti.

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afterNotations: quando le partiture musicali diventano arte

In occasione della dodicesima edizione del Festival 5 Giornate – Milano: Cinque Giornate per la Nuova Musica, il Festival interamente dedicato alla musica classica contemporanea e sperimentale, lo spazio Made4Art presenta la mostra afterNotations ideata e curata da Sergio Armaroli. Il progetto, che dà avvio alla manifestazione, si ispira alla mostra Notations (Something Else Press, West Glover, Vt., USA, 1969) a cura del compositore statunitense John Cage e dell’artista Alison Knowles grazie al sostegno della Foundation for Contemporary Performance Arts, contenente un’ampia collezione di segni grafici e autografi di compositori e artisti sonori. In esposizione presso Made4Art una serie di partiture musicali, brani e annotazioni di compositori italiani contemporanei accompagnata da un prezioso manoscritto del Maestro Sylvano Bussotti (Firenze, 1931). Pagine d’album come oggetti d’arte proposti in un percorso e in un allestimento dove è possibile coglierne l’intelligenza musicale e contemplarne la valenza segnica ed estetica.

L’intento – scrive Armaroli – vuole essere quello di riscoprire il piacere della scrittura simbolico-sonora, del segno e del gesto di invenzione, in un’epoca in cui la digitalizzazione ha imposto una uniformità delle forme e dei contenuti attraverso programmi di scrittura musicale che spesso sostituiscono ‘il pensiero’ attraverso l’illusione del formato; per valorizzare un nuovo pensiero divergente e riscoprire l’hardware manuale rispetto al software alfa-numerico. La musica, intesa come idea, può essere ri-scoperta e ri-sentita a partire dal costrutto segnico e dal pensiero scrittorio”.

A seguito della mostra verrà realizzato il catalogo per la Collana di Made4Art con le partiture dei compositori coinvolti nel progetto curato da Sergio Armaroli, omaggio e ideale seguito dell’opera del Maestro americano John Cage.

Il Festival 5 Giornate, promosso da Associazione Musicale TEMA e Centro Musica Contemporanea e giunto quest’anno alla dodicesima edizione, si presenta come uno degli appuntamenti più importanti e più attesi sia per gli appassionati, sia per gli studiosi, sia per gli stessi musicisti e compositori che trovano nel Festival una prestigiosa possibilità per esibirsi e proporre i propri lavori. Il Festival si svolge durante le Cinque storiche Giornate di Milano, dal 18 al 22 marzo, una serie di appuntamenti in grado di offrire una panoramica completa e aggiornata sullo stato della Nuova Musica. La manifestazione prenderà avvio il 18 marzo alle ore 15 con l’inaugurazione della mostra afterNotations presso lo spazio Made4Art, proseguendo con una serie di appuntamenti, concerti, installazioni e presentazioni presso le sedi coinvolte nel Festival, fra cui Museo del Novecento, la Chiesa di San Gottardo a Palazzo Reale, StudioSelva, Auditorium del Mudec, Palazzina Liberty, Salone degli Affreschi dell’Umanitaria, Teatro Verdi.

Il Festival è stato inserito dal Comune di Milano nel Palinsesto “Ritorni al Futuro” e vede la collaborazione di: Museo del Novecento, Mudec, Umanitaria, Milano Classica, Teatro del Buratto, RAI, Suvini Zerboni-Sugar Music, Sconfinarte, StudioSelva, Made4Art.

 

afterNotations
Sergio Armaroli, Marino Baldissera, Sylvano Bussotti, Alipio Carvalho Neto, Giuseppe Chiari, Matteo D’Amico, Irlando Danieli, Dan Di Maggio, Maurizio Gabrieli, Francesca Gemmo, Giuseppe Giuliano, Daniele Lombardi, Diego Minciacchi, Giorgio Nottoli, Francesco Maria Paradiso, Riccardo Piacentini, Steve Piccolo, Walter Prati, Giancarlo Schiaffini, Fabio Selvafiorita, Riccardo Sinigaglia, Rossella Spinosa, Gabrio Taglietti, Riccardo Vaglini, Massimiliano Viel
a cura di Sergio Armaroli

M4A – MADE4ART | Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
18 – 22 marzo 2016 | Inaugurazione venerdì 18 marzo, ore 15
Venerdì – martedì, ore 15 – 19 | Ingresso libero
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872
Catalogo disponibile in sede e scaricabile gratuitamente dal sito di Made4Art

In collaborazione con Festival 5 Giornate – Milano: Cinque Giornate per la Nuova Musica
www.centromusicacontemporanea.it

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L’artista Daniele Bongiovanni Special Guest ad Affordable Art Fair Milano

Dal 17 al 20 Marzo 2016 il Maestro Daniele Bongiovanni, attualmente impegnato per la presentazione a New York della collezione Black and Poets, negli spazi  Pier 94 – Artexpo, sarà ospite alla fiera di Milano AAF Art Fair (Superstudio Più, via Tortona 27, 20144 Milano) in qualità di Special Guest nello stand A1 della rassegna. L’artista sarà in mostra con Natural particolare rivisitazione della collezione Aesthetica, progetto esposto recentemente presso il PoCo Museum – indiana, e la Courtyard Gallery – Inghilterra. La collezione Natural si distingue perché è un ritratto di pseudo paesaggi, un rappresentare il ‘’non visibile’’ idealizzato, dove il colore oro contaminato da campiture pastello, si fonde con cieli bianchi e soggetti naturali accennati nello spazio.

Daniele Bongiovanni è nato a Palermo nel 1986, dove oggi vive e lavora. Dopo un lungo periodo di formazione, progetti in giro per l’Italia e all’estero, pubblicazioni come L’incerto, libro edito dal Centro Studi Giulio Pastore, aver conseguito la laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dal 2008 inizia una lunga carriera espositiva. Dopo numerose mostre sul territorio nazionale, espone Museo d’arte contemporanea italiana in America e alla 53. Biennale di Venezia, nel 2014 mentre viene rappresentato con esclusiva dalla CD Arts, collabora e partecipa alle iniziative collaterali della Biennale di Liverpool e dell’Istanbul Contemporary Art Museum, esponendo nei progetti ideati da Genco Gulan, viene invitato al Museo d’arte contemporanea italiana in America presso l’ambasciata italiana a San José, in Australia in diverse mostre, in musei e luoghi alternativi, esponendo così, presso: il Moreland City Council, la Caroline Springs Gallery e il Crown Palladium Ballroom. Nel 2015, durante una collaborazione con i laboratori artistici della Dublin City University, della Brighton and Sussex Medical School – University of Sussex, e la realizzazione dei primi premi per la finale internazionale del torneo India Golf Cup – Indian Chamber of Commerce in Italy, viene invitato in un grande progetto a Venezia, Il GCDP, esponendo a Palazzo Bollani con seguito a Villa Pamphili – Roma, nello stesso anno espone, con un ciclo antologico al Museo Stadio di Domiziano – Piazza Navona, come ospite internazionale, poi presso il Porter County Museum – Indiana, e LCB Depot – Courtyard Gallery/WalkMuseum – Inghilterra (dove presenta in anteprima la collezione Aesthetica), al Beth Israel Deaconess Medical Center – Boston (in un progetto di ricerca, con acquisizione d’opera in permanenza) e al Centro Documentazione Amedeo Modigliani (mostra e acquisizione d’opera in permanenza), al Museo Cà la Ghironda – Bologna (acquisizione d’opera in permanenza) al Museo Logudoro Meilogu – Sardegna (acquisizione d’opera in permanenza), e nuovamente al Museo d’arte contemporanea italiana in America – Costa Rica ( mostra e acquisizione d’opera in permanenza). Daniele Bongiovanni, nella sua opera omnia ha anche riletto in chiave pittorica la musica, realizzando la collezione Neri: l’opera dedicata a Etta James, viene menzionata ed esposta al Macchia Blues Festival – Macchia D’Isernia, l’opera centrale della collezione, dedicata a Miles Davis, viene acquisita – esposta dentro il Roxy Bar di Red Ronnie.

Daniele Bongiovanni

NATURAL

dal 17 al 20 Marzo 2016

Milano AAF Art Fair

Superstudio Più

Via Tortona 27 – Milano

Info: danielebongiovanni.com

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Gli Homini dei Fratelli Boga in esposizione presso Amy-d Arte Spazio

Verrà inaugurata giovedì 10 marzo presso Amy-d Arte Spazio di Milano  la personale dei Fratelli Boga Homini. Forma e Dinamica”. In mostra undici Homini rappresentativi della visione artistica dei Fratelli Boga.

Dopo Giacometti, vicino al Surrealismo, ma anche all’Espressionismo, le sculture della serie degli “Homini” della collezione di …quando il pensiero supera il gesto … dei Fratelli Boga, rappresentano l’uomo per quello che è nella sua presenza , nella sua testimonianza di vita, nella sua esperienza, nei suoi ricordi.

La ricerca dell’essenziale, LA FORMA, LA DINAMICA, che trattiene tutto il suo contenuto di vitalità, energia, taumaturgia sempre presente nelle opere dei Fratelli Boga.

L’informale che diventa formale, uguale ma diverso, un passo in avanti sulla strada della conoscenza.

L’arte torna ad emozionare, tangibile e fruibile a tutti senza se e senza ma.

L’Homino dinamico nella sua staticità è vivo.

I Fratelli Boga  sono tre fratelli artisti di Tradate (Varese), nati a Cesano Maderno.

Imprenditori e artisti, dal 1979 seguono l’orma del padre, progettando e realizzando arredi di design che esportano in tutto il mondo. Sono anche grandi collezionisti di opere d’arte.

La loro collezione privata annovera sculture di Rodin, Giacometti, Fontana, Marino Marini, Manzù e molti altri.

Importante è anche la loro quadreria con dipinti che vanno dal ‘500 ai giorni nostri.

Con le loro realizzazioni artistiche hanno sviluppato un vero e proprio movimento denominato “…quando il pensiero supera il gesto …”. Il movimento nasce nel 1984 e ha come perno centrale la superiorità del pensiero rispetto al gesto tecnico.

HOMINI. FORMA E DINAMICA

Amy-d Arte Spazio

Via Lovanio, 6, 20121 Milano (MM2 Moscova)

dal 10 al 20 marzo 2016

Inaugurazione giovedì 10 marzo ore 18.30

Ingresso libero

Informazioni al pubblico: info@thebogafoundation.it

Tel. +39 02654872

Social network:

facebook.com/quandoilpensierosuperailgesto

#hominiformaedinamica

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Picasso e le sue passioni. Un percorso attraverso ciò che ha ispirato la sua arte. A Pavia fino al 20 marzo 2016

di Giorgia Schiera – Sita nel Palazzo Vistarino di Pavia, l’esposizione presenta più di 200 opere del pittore provenienti da numerose collezioni private.

La bellezza del palazzo settecentesco non fa altro che rendere ancora più piacevole la visita, e ci accompagna attraverso sette sale, ognuna delle quali è dedicata a temi e stili diversi.

Pablo Picasso è stato un pittore molto longevo, e perciò ha potuto creare molto e ha potuto attraversare in prima persona le più importanti correnti artistiche del Novecento.

Bambino prodigio, dopo l’infanzia a Malaga, vivrà quasi tutta la svita artistica a Parigi.

La pittura di Picasso si divide principalmente in 4 periodi. All’inizio si collocano il Periodo blu e il Periodo rosa, nei quali costruisce le figure restando però fedele ancora a quell’educazione accademica che aveva ricevuto e sviluppato negli anni dell’adolescenza: volumi ben torniti, spazio verisimile e punti di vista unico. In questa fase sono soggetto delle sue tele gli umili, i poveri, che rende utilizzando le tinte fredde del blu e del grigio. Nel periodo rosa il pittore si concentra su altre forme di emarginazione: i saltimbanchi e gli artisti di strada, stanchi e affaticati dalla vita, sono tratteggiati con toni caldi e fini tinte pastello.

Ma la rivoluzione arriva nel 1907: il Cubismo.

Picasso stravolge il concetto di pittura, realizzando le figure con più punti di vista diversi, frammentandole, per far in modo che sia lo spettatore a ricreare un’immagine ideale nella propria mente, aprendo quindi il dibattito su una domanda per il pittore fondamentale: “La pittura rappresenta davvero la realtà?”

Delle sette sale della mostra pavese, la prima è dedicata alla tauromachia, tema a lui molto caro, in quanto lo riporta alla sua infanzia. Per realizzarlo ha utilizzato la tecnica dell’acquatinta allo zucchero, una particolare tecnica di incisione. Sono esposte 26 incisioni, molto simili per stile e per rappresentazione. Non vi è colore, ma solo contrasti di chiaro scuro tra il bianco e il nero che danno dinamicità alla scena: il toro infatti sembra davvero si stia per lanciare alla carica contro il matador che intrattiene il pubblico in visibilio, mentre le linee semplici rendono le incisioni facilmente comprensibili e facilmente apprezzabili.

Passando alla seconda sala ci troviamo davanti al mondo dei saltimbanchi, tema certamente prediletto dal pittore nel suo periodo rosa. A Pavia sono però esposte solo stampe di incisioni in bianco e nero (acquaforte e punta secca). Il tema già praticato a Picasso, assume qui toni nuovi, che vanno dalla malinconia all’ironia.

Nelle sue rappresentazioni dimostra la solidità della sua tecnica e la razionalità con cui realizza i corpi e il loro volume attraverso tratti precisi, che poi andrà a svanire con il celebre quadro Le Demoiselles d’Avignon, punto di rottura tra Picasso post-impressionista e il nuovo Picasso cubista. Pur essendo piccole incisioni, sono capaci di trasmettere un certo senso di inquietudine, grazie allo stile che ricorda un artista come Munch, le cui incisioni producono le medesime sensazioni.

Nella terza sala è esposta una raccolta di studi di costumi per il Tricorno, un balletto di Sergej Aghilev (su musiche di De Falla), che affida al pittore la realizzazione della scenografia. Picasso ne studia i costumi e i decori disegnando vari bozzetti di personaggi che anima con colori brillanti, sia caldi che freddi. I personaggi hanno pose semplici, proprio per far comprendere la coreografia che le scene avrebbero  accompagnato.

Nella quarta sala sono esposti i poemi che Picasso ricopia dai Vingt Poems del poeta Louis de Gongora. Accanto al testo Picasso affianca incisioni di volti e corpi femminili, di cui alcuni semplici, mentre alcuni dal tratto elaborato, ma tutti  capaci di potenza espressiva e comunicativa, quasi come se le figure di Picasso fossero una vera personificazione di ciò che De Gongora ha scritto, e che Picasso ha riportato su incisione.

Entrando nella sala successiva ci si trova davanti al dipinto molto probabilmente ispirato alla compagna Dora Maal: Tetè de Femme. È la fase cubista del pittore, dove si esaspera la scomposizione per piani, per andare a ricreare una forma mentale dell’immagine.

Non ci troviamo davanti ad un’immagine vera e propria di donna, ma di forme geometriche che riescono a ricreare in noi l’immagine femminile.

L’uso dei colori non è armonico, le tonalità spente non trasmettono emozioni serene o di felicità, mentre la figura verso il basso si fa evanescente, come se stesse scomparendo per sempre, forse dalla vita del pittore.

Accanto alla Tète de Femme, ritratto della compagna, come potrebbe non trovarsi l’autoritratto del pittore stesso? Scelto come copertina della mostra, non ha è sottoposto a un forte processo di scomposizione, ma piuttosto una generale deformazione del viso. Picasso si è voluto rappresentare così, restando fedele al suo stile originale, e con un’idea di fondo geniale: la rappresentazione artistica come sintesi di mondo ideale e mondo infantile, in quanto da bambini non si è portati a disegnare razionalmente, ma solo seguendo il proprio istinto, la propria spontaneità, riportando l’arte alla sua forma più pura. Quella che vediamo quindi non è l’immagine del Picasso reale, ma è come Picasso vede la forma più pura di se stesso.

Consiglio vivamente a chiunque sia intenzionato a visitare la mostra di farlo nei prossimi giorni, non solo per l’originalità delle opere esposte, ma anche per ammirare un palazzo molto bello, aperto al pubblico solo poche volte all’anno.

È una visita rilassante e molto formativa che permette di trascorrere un bel pomeriggio ad ammirare le opere di un pittore che ha fatto la storia dell’arte e della cultura del Novecento.

PICASSO E LE SUE PASSIONI

Palazzo Vistarino – Pavia

Fino al 20 marzo 2016

www.picassoelesuepassionipavia.it

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Bernard Aubertin: tra le fiamme del paradiso

di Andrea Farano – Sul finire degli anni cinquanta, in un’Europa che ondeggia tra la rigorosa rappresentazione del reale e l’emancipazione del segno astratto e informale, sorge l’esigenza di una terza via espressiva che soddisfi l’impulso di una nuova partenza, annientando tutte le esperienze artistiche (ma soprattutto pittoriche) sviluppate fino a qual momento ed appagando una ritrovata esigenza fatta piuttosto di silenzio, essenzialità e purezza.

È appunto il 1957 quando a Düsseldorf, per mano di Otto Piene, Heinz Mack e Gunther Uecker, nasce il Gruppo Zero: “Zero è silenzio. Zero è inizio. Zero è rotondo. Il sole è Zero. Zero è bianco (…) Zero è l’occhio. La bocca. Il buco del culo (…) oro e argento, rumore e vapore. Circo nomade. Zero è Zero» scriverà qualche anno più tardi Piene, palesando il manifesto concettuale del Movimento, che in poco tempo diverrà fondamentale punto di riferimento delle avanguardie artistiche europee.

A questa visione ottimistica in cui regna la volontà di sperimentare il potere della creazione – coinvolgendo nel processo produttivo la luce, lo spazio, il movimento e i più disparati materiali (come resine, metalli, chiodi, legni…) – aderisce da subito il francese Bernard Aubertin (1934-2015), che troverà nella virtù demiurgica del fuoco e nella libertà infinita del colore monocromo (spintovi dal suo sodale Yves Klein) la combine ideale per il fiorire della propria dimensione artistica.

È a questo gigantesco artista (già riconosciuto dalla Storia, ma forse non ancora a sufficienza dal mercato) che la Galleria San Carlo, a due passi da Sant’Ambrogio, dedica una personale di estremo rigore antologico dove, grazie a una selezione che abbraccia la produzione dagli anni ’60 sino alla recente scomparsa, è possibile ammirare le espressioni più pure del suo genio creativo: Tableaux-clous (tavole di legno in cui pianta dei chiodi, trapassandole da parte a parte),  Dessins de feu (tele e pannelli metallici ove risaltano gli effetti della combustione indotta), ma anche Livres e Objets brulés (libri e oggetti comuni, in questo caso modellini di auto, letteralmente dati alle fiamme) rappresentano al meglio i temi fondamentali dell’estetica di Aubertin.

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Il Rosso, l’unico pigmento della sua tavolozza, al quale riconosceva una intrinseca forza primordiale e liberatoria, che travalicava lo spettro dei suoi valori simbolici e tradizionali (il sangue come l’amore), per divenire emblema supremo della Vita stessa.

Il Fuoco, la mano del Caso alla quale consegnava l’opera affinché la portasse a compimento, in una sorta di condivisione del momento creativo che assumeva i contorni di un vero e proprio rituale mistico ed epifanico.

E in mezzo loro, i fiammiferi, oggetti relitti del nostro tempo, disposti sulla superficie oggettuale con prevalente circolarità (come uno Zero forse?) a traghettare l’energia salvifica delle fiamme.

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Eppure, né il cromatismo ossessivo né l’effetto seriale delle rigorose composizioni saziano mai l’occhio di chi osserva, e si resta ad ammirare una scoperta che si ripete con cadenze continue e sempre nuove, nel tentativo di catturare l’attimo  presente e sfidare l’eternità.

Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose” – Eraclito

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“Bernard Aubertin: Se fossi foco arderei lo mondo

Galleria San Carlo, via Sant’Agnese n. 16 – Milano

prorogata sino al 10 marzo

www.sancarlogallery.com

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Il lungo viaggio di una chemise, un’epoca attraverso un abito

Intervista a Fabrizio Casu, autore emergente che giovedì 10 marzo presenta a Milano il suo ultimo saggio

di Matteo Rolando – Si chiama Fabrizio Casu il giovane scrittore emergente che presenterà il suo nuovo saggio “Il lungo viaggio di una chemise, un’epoca attraverso un abito” giovedì 10 marzo presso la Biblioteca Valvassori Peroni e il giorno seguente, venerdì 11, presso la Biblioteca Crescenzago alle ore 18.30. All’evento, organizzato in collaborazione con le biblioteche del Comune di Milano, sarà l’autore a commentare attraverso una galleria di immagini <l’evoluzione di un’intera società a cavallo fra Settecento ed Ottocento>. Ciò che rende unica quest’opera è la voce di alcuni personaggi storici con cui il lettore può rivivere in prima persona il lungo excursus di questo capo d’abbigliamento tra il XVIII e il XIX secolo. Abbiamo incontrato l’autore, che ha esordito nel 2012 con la pubblicazione di due saggi “Il secolo della moda” e “Madonna, vampira postmoderna”.

In che cosa si somigliano e in cosa si differenziano i tuoi saggi e quest’ultimo?

I tre libri che ho scritto sono essenzialmente dei saggi legati alle mie competenze specifiche ed al mio background formativo. Sono accomunati dall’interdisciplinarietà, il fatto di voler far interagire materie differenti come la moda, la letteratura, la storia, l’arte, la filosofia, la sociologia e la ricerca tendenze. Il primo libro, “Madonna vampira postmoderna”, è molto vicino a quest’ultimo, “Il lungo viaggio di una chemise”, perché in entrambi ho compiuto una ricerca ad ampio raggio: nel primo caso raccontando gli ultimi trent’anni attraverso un personaggio della pop culture, nel secondo caso dipingendo l’affresco di un’epoca attraverso un indumento.

Come descriveresti il tuo libro usando tre aggettivi?

“Il lungo viaggio di una chemise” nasce come saggio, quindi tutto ciò che scrivo è scientificamente provato e documentato facendo riferimento alle testimonianze scritte, alla ritrattistica dell’epoca, ai primi giornali di moda e ai reperti vestimentari che oggi possiamo ammirare in diversi musei del mondo: dal Kyoto Costume Institute al Victoria & Albert Museum di Londra. Tuttavia direi che quest’opera, pur essendo un saggio, non ha l’approccio freddo ed impersonale tipico di questo genere. Se dovessi definirlo con tre aggettivi, direi “narrativo” per la ricca casistica di aneddoti legati alla chemise, “emotivo”, perché è stato scritto con amore e dedizione e “seducente”, perché attraverso la ricerca lessicale e la costruzione sintattica, non vuole semplicemente raccontare, ma sedurre il lettore.

Quali personaggi storici rivivono nel tuo saggio?

Nell’opera sono veramente tanti i personaggi storici che concorrono a portare avanti, capitolo dopo capitolo, la storia della chemise: Maria Antonietta, Georgiana di Devonshire, Madame du Barry, Elizabeth Vigée Lebrun, le Merveilleuses del Direttorio, Giuseppina Bonaparte e lo stesso Napoleone! Ognuno di questi personaggi esprime uno o più tratti peculiari che stanno alla base di questa moda: l’affermazione del diritto alla privacy, la ricerca di informalità, il ritorno dell’igiene, l’esplosione dell’emotività, la passione per l’esotismo ed infine il passaggio dalla civiltà aristocratica al mondo borghese. … Ma non dobbiamo dimenticare i grandi teorici di quest’epoca,Jean Jaques Rousseau e Johann Joachim Winckelmann, senza il cui pensiero (ritorno alla natura e imitazione del passato), la chemise non avrebbe avuto ragione d’esistere.

Da cosa nasce la tua ispirazione a documentare il lungo viaggio della chemise fino ai giorni nostri?

L’ispirazione per scrivere questo libro è nata dal mio amore per le biografie storiche, per la storia dell’arte, per la sociologia e per la storia del costume in senso lato (quindi non solo per l’abbigliamento, ma anche per gli stili di vita del passato).

Quali sono i tuoi progetti per il futuro, stai già pensando a un nuovo libro?

Sì, sto già pensando ad un nuovo libro che, come quest’ultimo, si occuperà di un’ altra “epoca di transizione”. Mi affascinano le fasi di passaggio fra una civiltà ed un’altra: periodi in cui gli apporti culturali sono molteplici e contrastanti perché qualcosa sta iniziando e qualcosa non è ancora del tutto finita. Mi entusiasma tutto ciò che non è netto, le sfaccettature, la sfumatura, il contrasto, la duplicità … nella pluralità dei punti di vista riconosco sempre una ricchezza universalmente utile, che si tratti di un’epoca, di un indumento, di un’opera d’arte o di un personaggio.

presentazione Casu




Tribute. Omaggio alle Donne

In occasione della Giornata internazionale della donna 2016, lo spazio Made4Art di Milano presenta la mostra Tribute. Omaggio alle Donne.

Il progetto accosta le opere di quattro artisti dalle diverse sensibilità e specificità tecniche e artistiche per rendere omaggio all’eterno femminino attraverso il medium artistico. Due donne, due uomini, due pittrici e due fotografi, astrazione e figurazione: apparenti contrasti si incontrano per generare un risultato di inaspettata armonia, dove l’arte si rivela lo strumento più adatto per veicolare un concetto dalle infinite sfumature.

Dalle poetiche immagini fotografiche di Guido Alimento, dove il fiore diventa simbolo di una femminilità idealizzata, perfetta e forte allo stesso tempo, alle delicate figure femminili in abito da sposa che caratterizzano gli scatti di Devid Rotasperti, evanescenti silhouette che si perdono tra la nebbia e nella luce di una natura incontaminata. Dalle raffinate composizioni astratte di Giusella Brenno, oli su tela capaci di portare in superficie stati d’animo, emozioni e sensazioni profondi, facendo emergere l’interiorità dell’artista stessa, alle opere caratterizzate da un’astrazione geometrica e rigorosa realizzate da Adriana Collovati, dove il rapporto tra il colore, le forme e le inclusioni di materiali, quali oggetti, tessuti e superfici dipinte, ci trasporta in un universo simbolico e privo di riferimenti spaziotemporali, verso l’idea, il concetto, la pura essenza dell’individuo.

In un contesto storico e sociale dove le donne sono ancora troppo spesso oggetto di discriminazioni e violenze fisiche e psicologiche, la mostra di Made4Art vuole essere un vero e proprio omaggio alla figura della Donna, in tutte le sue sfaccettature, a tutte le molteplici presenze che arricchiscono la nostra vita quotidiana. L’esposizione, con data di inaugurazione mercoledì 2 marzo 2016, rimarrà aperta al pubblico fino al 14 dello stesso mese; martedì 8 marzo, Festa della donna, la mostra rimarrà aperta con orario continuato.

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Tribute. Omaggio alle Donne
Guido Alimento, Giusella Brenno, Adriana Collovati, Devid Rotasperti
Art Project Made4Art

2 – 14 marzo 2016
Inaugurazione mercoledì 2 marzo, ore 18.30
Lunedì ore 16 – 19, martedì – venerdì ore 10 – 13 e 16 – 19
Martedì 8 marzo la mostra rimarrà aperta con orario continuato

M4A – MADE4ART
di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni

Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
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A Milano, lavori in corso in piazza Oberdan per l’apertura di una nuova gelateria

I milanesi si interrogano sul futuro degli spazi una volta occupati dalla storica gelateria Venezia

di Matteo Rolando – C’è chi dice un ristorante cinese. Chi la boutique di qualche stilista. I più conservatori sognano una gelateria nuova di zecca. A Milano non fa più notizia: la gelateria-yogurteria Venezia di piazza Oberdan, proprio davanti ai bastioni di Porta Venezia e all’uscita della metropolitana, ha chiuso i battenti dall’autunno scorso.

Un luogo, ma anche un rito, quello  dello storico “puntello” – come si dice a Milano, per darsi appuntamento – davanti all’ormai ex-gelateria che ha accompagnato per decenni la routine di tanti cittadini. Ben connesso dalla metropolitana al centro e a due passi i giardini più eleganti della città, quelli dedicati a Indro Montanelli che viveva nello stesso stabile dell’Esselunga di viale Piave. I residenti vip non mancano a pochi passi da piazza Oberdan: dalla cantante Ornella Vanoni, a Cristiano Malgioglio e Federica Panicucci, per esempio. Poco più in là, in viale Majno, la casa milanese di Donatella Versace, della contessa Pinina Garavaglia e di tante famiglie blasonate.

La gelateria era un simbolo che aveva assorbito il significato architettonico dei bastioni, quello di storico spartiacque tra il centro e quella che una volta era la periferia, tra la Porta Venezia “bene” sulla destra dei bastioni e la zona più etnica sulla sinistra. Da un lato gli stabili d’epoca di viale Piave abitati dall’alta borghesia milanese, con le passatoie rosse che scivolano in cortili ordinati e silenziosi dall’atmosfera ovattata e l’imponente hotel Sheraton Diana Majestic, per i milanesi “il Diana”, noto per i suoi aperitivi trendy. Dall’altro l’ex “quartiere africano”, attorno a via Panfilo Castaldi. Una distinzione che oggi non esiste più: negli ultimi dieci anni con la riqualificazione dei marciapiedi di Corso Buenos Aires e della nuova piazza Oberdan, inaugurata ufficialmente il 4 dicembre scorso, Porta Venezia ha velocemente cambiato faccia. Di giorno il via e vai dello shopping nei negozi e la sera quello di uno dei poli della vita notturna, con i suoi ristoranti e bar.

E oggi che anche la gelateria è andata in pensione, i milanesi si chiedono cosa arriverà al suo posto. La fantasia galoppa fino ad azzardare uno Starbucks. Quest’anno una caffetteria della famosa catena americana aprirà per la prima volta in Italia, a Milano, ma nella zona di piazza Affari. E al posto della ex-gelateria Venezia arriverà una gelateria con un nuovo nome e un’altra gestione: l’inaugurazione è prevista per la primavera prossima. Per sapere come si chiamerà il nuovo puntello di tanti milanesi manca poco.




Alessandro Manzoni, visite gratuite per scoprire l’uomo e l’artista

A partire da fine febbraio, sarà prenotare visite guidate gratuite di due ore che si svolgeranno tra le Gallerie di Piazza Scala e la Casa del Manzoni, per approfondire la vita di Alessandro Manzoni attraverso le opere d’arte, i luoghi cari allo scrittore e la lettura dei suoi scritti.

La ristrutturazione della storica dimora di Alessandro Manzoni s’inserisce in un progetto di ampio respiro che, nel corso degli ultimi anni, ha reso l’area compresa tra Piazza Scala, via Manzoni e via Morone il centro nevralgico della cultura, dell’arte e dell’innovazione milanese.

CALENDARIO APPUNTAMENTI:

• Appuntamento con Manzoni, passeggiando tra Piazza Scala e via Morone. Una visita guidata alle opere esposte alle Gallerie accompagnate da brevi stralci tratti dagli scritti manzoniani per concludere la visita alla Casa del Manzoni attraversando il giardino, per scoprire anche gli aspetti più intimi del grande scrittore. La visita è gratuita, su prenotazione fino ad esaurimento posti chiamando il numero verde 800.167619 (max 20 partecipanti). Partenza dalla biglietteria delle Gallerie alle 15.30 nei giorni 23 – 24 – 25 febbraio e 1 – 2 – 3 – 8 – 9 – 10 – 15 – 16 – 17 – 22 – 23 – 24 marzo

• Quadri di versi. Letture manzoniane. Quattro appuntamenti per scoprire aneddoti manzoniani attraverso una selezione di quadri esposti alle Gallerie a cui segue un momento dedicato alla lettura di opere dello scrittore nel luogo più intimo e raccolto: la sua dimora di recente restaurata e restituita alla cittadinanza. E’ l’occasione per coniugare la bellezza dell’arte declinata fra colore, parole e per attraversare il giardino segreto nascosto ai più. La visita è gratuita, su prenotazione fino ad esaurimento posti chiamando il numero verde 800.167619 (max 20 partecipanti). Partenza dalla biglietteria delle Gallerie d’Italia alle 15.30 nei giorni 26 febbraio, 4 – 11 marzo. Partenza da Casa del Manzoni alle 15.30 il 18 marzo.

Le letture abbinate all’opera saranno così calendarizzate:

26 febbraio: Opere giovanili precedute dalla visita ai gessi del Canova su Socrate (tematica della rettitudine morale)

4 marzo: Inni Sacri preceduti dalla visita al Gregge di Carcano (tema sacro)

11 marzo: Tragedie con riferimenti ai testi politici preceduti dalla visita all’opera i due Foscari di Hayez

18 marzo: Romanzo preceduto dalla visita all’opera La filanda nel bergamasco di Ronzoni.