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Le evoluzioni di Matisse in mostra a Torino

di Emanuele Domenico Vicini – Esporre Matisse, coprendo, con una cinquantina di opere, pressoché tutto l’arco della sua produzione, dagli esordi con il maestro Gustave Moreau, fino alle ultime carte ritagliate degli anni Sessanta, significa offrire uno scorcio davvero ampio sulla cultura artistica del primo Novecento in Europa.
La mostra di Palazzo Chiablese, a Torino, visitabile fino al prossimo maggio, nasce dalla strepitosa collezione matissiana conservata al Centre Pompidou, curata da Cécile Debray, storica dell’arte, da sempre impegnata in esposizioni di grande respiro e di assoluta chiarezza didattica.
Anche questa fatica dedicata al pittore di Cateau Cambrésis, come altri lavori precedenti (penso alla mostra dedicata a Balthus, a Roma, dell’ottobre scorso) si divide in dieci sezioni, che raccontano l’evoluzione stilistica e tematica di Matisse, confrontandola con il contesto storico e pittorico della Francia e dell’Europa del primo Novecento.
La mostra si compone di un patrimonio di circa cinquanta opere di Matisse e altrettante di autori contemporanei (Picasso, Renoir, Modigliani, Bonnard, Miró, Derain Braque, Léger). In questo modo, l’esposizione perde la sua rigida linearità di narrazione retta, per diventare invece un’esperienza più ricca, ampia, capace di farci cogliere Matisse nella relazione e nello scambio con i suoi colleghi.
Approdato alla pittura dopo un percorso di studi in legge, si forma con Gustave Moreau, pittore simbolista che nella Francia della seconda metà dell’Ottocento, mentre gli Impressionisti si affacciavano alla ribalta, aveva introdotto temi colti e seducenti, riferimenti al mito classico e alla bibbia, immagini spesso ambigue nelle loro allusioni, ma stilisticamente impeccabili, nel fascino di una tecnica di disegno altissima e di uno sfumato di sapore leonardesco.
In questo contesto impara l’arte e la storia della pittura, ma soprattutto acquisisce il senso della nobiltà della disciplina, il suo valore estetico intrinseco e proprio, che, pur nelle diverse fasi del suo percorso, non verrà mai meno.
Il balzo agli onori delle cronache avviene nel 1905, quando espone al Salon d’Automne, insieme con Derain, Vlaminck e altri, tutti artisti provenienti da percorsi diversi. In quell’occasione Louis Vauxcelles, importante critico d’arte nella Francia di inizio secolo, definisce questi giovani pittori fauves, belve: autori di opere rozze, con colori chiassosi e accostati in modo brutale, composti in forme primitive.
Nasce così l’Espressionismo in Francia, madre di tutte le avanguardie del secolo, vero punto di rottura con qualsiasi accademia.
Tra il 1905 e il 1906 il movimento vive la sua stagione d’oro, breve ma sufficiente a determinare i destini della pittura europea.
La prima fonte di ispirazione per Matisse è il Midi, il Mezzogiorno, di Francia, dove la sua tavolozza viene riscaldata dal sole mediterraneo e addolcita dall’azzurro del mare. Il paesaggio paradisiaco e incontaminato del sud schiarisce e purifica i colori, anticipando le suggestioni che alcuni anni dopo verranno dall’Oriente e dal Nord Africa.
Il pittore abbandona così definitivamente l’adesione al dato naturale che, ereditato dall’Impressionismo, stava caratterizzando ancora molti pittori di quel decennio. Lentamente, Matisse approda a un lavoro di scomposizione cromatica decisamente poco ortodosso. Non si tratta più di impressioni di luce e colore, ma l’espressione libera delle emozioni che animano il cuore dell’artista.
La novità che qui nasce, e gradualmente si consolida negli anni seguenti, è la consapevolezza che la tecnica divisionista, la scansione dei colori primari in piccoli punti o linee, da pochissimo entrata in uso nella pittura europea più moderna, in realtà è inadeguata, perché non crea emozione, non comunica la profondità di uno stato d’animo. Matisse cerca la forza del colore, l’intensità, la gioia di vivere. Tornano quindi le tinte piatte, in fortissimi contrasti, e un disegno estremamente semplificato.
I corpi, i nudi, le figure che compaiono nei dipinti di questa fase sono l’immagine di una bellezza originale, pura e incontaminata, segnata dalla libertà e dalla sensualità che nasce dalla naturalezza delle loro forme e dalla relazione spontanea con il mondo che li ospita.
Superato i problemi tecnici del divisionismo, Matisse nelle grandi campiture piatte manifesta l’aspirazione a una definitiva autonomia espressiva del colore.
Il continuo confronto con gli altri protagonisti della pittura europea del Novecento presenti in mostra aiuta a capire senza dubbio che Matisse non dipinge persone, cose e paesaggi per raccontare storie: dipinge per fare pittura. La sua arte non si piega a imitare la realtà, ma racconta l’atto pittorico in sé. I colori e le forme non servono a descrivere nulla, sono studiati come colori e forme puri, come atti artistici e creativi che hanno un preciso valore estetico, a prescindere dalla loro connessione logica.
Emblematica in questo senso è la lettura comparata delle opere dedicate all’atelier dell’artista soggetto frequentissimo in Matisse, qui affiancato allo Studio di Picasso e a Atelier IX di Braque. Il tema, risalente agli anni Cinquanta, ci offre un ambiente privato, chiuso, che rappresenta lo spazio dell’artista dove gli oggetti sono proiezioni mentali, allusioni metaforiche al fare arte e alla disciplina stessa della pittura.
Lo studio non ha alcuna realtà al di fuori di quella pittorica. Matisse non vive nel proprio studio, che non è parte della sua casa (come invece accade a quasi tutti i suoi colleghi). È un ambiente costruito apposta, progettato come funzionale contenitore per il proprio lavoro pittorico. Nelle sue rappresentazioni dello studio d’artista, i contorni sono appena tratteggiati da linee sottilissime che trasformano i pochissimi arredi in apparizioni fantasmatiche che servono solo a delimitare campiture di colore a contrasto.
A differenza di Picasso e Braque, che nell’atelier raccontano la loro cultura, i loro sogni, la storia della loro arte, Matisse elimina qualsiasi attributo celebrativo e simbolico. Lo studio non racconta il fatto sociale della pittura, ma dà risalto a una sua logica interna. Il colore non descrive uno spazio reale, ma esprime l’intensità spirituale ed emotiva del fare arte.
Questo processo creativo non può che portare infine Matisse ha un incontro profondo e intensissimo con la musica. Ne è testimone la serie di Icaro, presente in mostra, composta di una ventina di tavole, create per illustrare in pittura la potenza evocativa del jazz. La musica rappresenta l’abbandono incondizionato al senso dell’infinito, è la massima espressione di uno spirito libero che supera la realtà e si libra indisturbato nel cielo della creatività.

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Matisse e il suo tempo

Palazzo Chiablese, Torino, fino al 15 maggio 2016




Vesna Pavan: dalla Russia con successo

Dopo il successo avuto all’interno del prestigioso contesto dell’Artweek in Russia, Vesna Pavan, la donna che dipinge le donne, ha ricevuto dall’autorevolissima Accademia d’Arte di Mosca un riconoscimento speciale per “Avanguardia sull’uso del Colore”.

Dal 22 al 24 gennaio 2016 l’artista sarà protagonista di  personale presso la prestigiosa galleria Black Dog di Mosca, in cui esporrà una cinquantina di opere appartenenti ai cicli FUSION VOGUE e SIGNS FEEL edizione limitata su forex.
In questa produzione artistica si sviluppa il processo di fusione tra le arti (pittura, fotografia, collage…) che più caratterizzano la personalità della Pavan. Sulla tela avviene un’esplosione cromatica, che crea pathos all’istante. I colori complementari si librano con assoluta libertà sulla superficie e l’armonia grafica suggerisce un eterogeneo susseguirsi di emozioni e stati d’animo tipicamente femminili.

Vesna verrà premiata anche dal comitato di redazione di EA Editore, presieduto dal noto Critico d’Arte Sandro Serradifalco, con il prestigioso riconoscimento “ARTISTA DELL’ANNO 2015”. La cerimonia di consegna di questo premio si terrà sabato 16 gennaio 2016 presso l’Hotel San Paolo di Palermo. L’esclusiva onorificenza, di valore mondiale, viene attribuita esclusivamente ad artisti che si sono distinti nei diversi campi delle arti figurative e che hanno contribuito, con la loro produzione, all’accrescimento del patrimonio artistico italiano.

Le informazioni sull’intera produzione artistica di Vesna Pavan sono disponibili sui siti www.vesnapavan.com – www.skinart.info




Marina Berra stupisce con I Colori dell’Anima

I colori dell’anima, personale dell’artista Marina Berra (Milano, 1969), inaugura il nuovo anno espositivo di Made4Art di Milano. La mostra presenterà una selezione di opere della più recente produzione artistica della pittrice lombarda.

Le opere esposte, infatti, sono tutte realizzate nel corso del 2015 e nei primi giorni del 2016. Si tratta di lavori che ci trasportano nel poetico universo della Berra, dove i colori dell’artista, ricchi di energia, forza vitale, matericità e al tempo stesso caratterizzati da una profonda armonia, indagano i sentimenti, le emozioni e l’interiorità dell’essere umano: i diversi aspetti che compongono la sua complessa, molteplice anima.

Di particolare interesse le opere appartenenti alle serie Nebulose, vere e proprie “espressioni dell’inconscio” realizzate mediante l’uso dei colori, e Materici, nelle quali, attraverso l’uso di materiali quali sabbia, gesso, legni e sassi, l’artista vuole rappresentare la profondità e la densità sia del vissuto interiore sia della realtà quotidiana.

I “colori dell’anima” che caratterizzano i lavori di Marina Berra ci invitano a indagare in noi stessi e nelle nostre emozioni, alla ricerca di un benessere e di una positività che l’arte può aiutarci a raggiungere.
La mostra, a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni, inaugurerà martedì 19 gennaio alle ore 18.30 e sarà aperta al pubblico fino al 25 dello stesso mese.

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Marina Berra | I colori dell’anima
a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni
19-25 gennaio 2016
Inaugurazione martedì 19 gennaio, ore 18.30
Lunedì ore 16-19, martedì-venerdì 10-13 e 16-19, sabato su appuntamento
M4A – MADE4ART
Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872
Media partner: Espoarte




Invicta al Pitti 89: festeggia 110 anni con tante novità

Gennaio 2016 comincia molto bene per Invicta.

La collezione Autunno/Inverno 2016/2017 di Invicta è caratterizzata da una forte energia e dinamicità, tipiche del marchio, ed è stata ampliata con un’offerta vasta e diversificata nei tessuti e nelle modellature.

Invicta, noto brand italiano attivo anche nel mondo della moda con linee per uomo, donna e bambino/a (prodotte e distribuite, su licenza di Invicta SpA, da Facib SpA di Cortesi & C.), parte dal nylon basico trapuntato e si arricchisce utilizzando microfibre, tessuti memory, tessuti fantasie, sia stampati che tinto filo, tessuti tecnici e lane.

In aggiunta ai colori istituzionali è stata sviluppata una cartella colori scuri, profondi, notturni, full dull (antracite, moro, bordeaux, blu scuro, selva) che nell’uomo vengono giocati tra di loro mentre nella donna sono rischiarati da colori tenui.

Continua, inoltre, la proposta della cerata con l’inserimento di due nuovi colori, il piombo (nella versione per lui) e l’oro (dedicata alla clientela femminile).

La creatività Invicta si ispira alla positività e all’entusiasmo giovanili.

Vi presentiamo alcune tra le principali novità della collezione Autunno/Inverno 2016/2017, in esposizione al Pitti 89, che comprende capispalla (giubbini, blazer, giacche, cappottini, giacconi, parka, maglieria) e accessori (berretto e sciarpa in lana, cappuccio multifunzionale in nylon color trapuntato unisex).

Giubbino trapuntato con cappuccio in nylon full dull (opaco profondo), 20 DEN (finezza del filato), water-proof e down-proof, con gilet interno fisso. All’interno sono state inserite delle bretelle elastiche personalizzate che permettono di indossare il capo come se fosse uno zaino (elemento direttamente riconducibile al brand e al prodotto, lo zaino, che ha fatto la storia del marchio). Imbottitura fake-down. Disponibile sia nella versione da uomo sia in quella da donna.

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Giubbino uomo con cappuccio realizzato con un mix di tessuti: nylon trapuntato più panno di lana liscio in tinta. Imbottitura fake down.

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Giubbino uomo con cappuccio in tessuto soft-touch, con smeriglio al carbonio. La trapuntatura avviene attraverso una termosaldatura e non una impuntura.

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Giubbino con cappuccio in memory stampato Macro Camouflage. Imbottitura fake-down. Disponibile sia nella versione da uomo sia in quella da donna.

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Cappottino donna realizzato con un mix di tessuti. Bolerino fisso con allacciatura bottoni doppio petto, in panno di lana liscio; parte bassa in memory trapuntato. Capo fashion dalla vestibilità asciutta. Imbottitura fake down.

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Invicta, inoltre, nel 2016 compie 110 anni. Il marchio, infatti, nasce nel 1906 con le borse e i sacchi da marina e viene poi acquistato da un artigiano torinese che produceva zaini e accessori per i primi alpinisti. Negli anni ’80, grazie anche allo zainetto Jolly, diventa brand di culto per intere generazioni di giovani e vero fenomeno sociale di moda e costume.




Barbie: icona da 56 anni

di Giuliana Tonini – Ragazze dai cinque ai cento anni, non perdetevi la mostra Barbie – The Icon, al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, in allestimento fino al 13 marzo.
La mostra, curata da Massimiliano Capella, prodotta da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore e promossa dal Comune di Milano -Cultura e da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, in collaborazione con Mattel, non potrebbe avere titolo migliore. È innegabile che Barbie – il cui nome completo è Barbara Millicent Roberts – sia diventata un’icona. La bambola più famosa e più venduta del mondo, infatti, da ben 56 anni rispecchia e interpreta le evoluzioni culturali della società e la sua allure non accenna a tramontare.
In un percorso a sezioni tematiche sono esposte ben 448 Barbie.
Nella sala introduttiva sono sistemati i sette modelli iconici e rappresentativi del rispettivo decennio, dal 1959, anno di ‘nascita’ di Barbie, a oggi. Lì troviamo la prima Barbie, quella con la coda e il costume da bagno a righe bianche e nere. Quasi tutte la conosciamo. L’abbiamo vista in fotografia, e ora la possiamo ammirare ‘dal vivo’.
La seconda sala è una macchina del tempo. Ancora divise per decadi, ci sono centinaia di Barbie, il cui stile di abbigliamento cambia con lo scorrere degli anni, mentre una timeline sui muri della sala ci ricorda i principali avvenimenti della storia dal 1959 a oggi e le tappe dell’evoluzione del costume e della moda.
Le Barbie indossano graziosissimi mini abiti identici a quelli che portavano le donne del periodo di riferimento e ispirati alle creazioni degli stilisti del momento. E così le vediamo indossare con disinvoltura prima ampie gonne dalla vita alta e stretta, completini con la gonna a sbuffo, cappottini larghi e monocolore (una Barbie ne porta uno rosso, identico a quello che, in una foto sulla timeline, si vede sfoggiare da Jackie Kennedy), per passare alla moda anni Settanta, coi pigiama palazzo o lo stile hippy, e ai colorati e rockettari abiti anni Ottanta, e poi virare verso una schiera di Barbie dei nostri anni Duemila, in jeans aderenti, tubino nero (intramontabile passepartout), e raffinati abiti da sera in stile red carpet. E anche le acconciature dei capelli delle Barbie seguono la moda.

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Le più piccine si scatenano a cercare la propria Barbie, ma anche per le visitatrici ormai cresciute, me compresa, è divertente trovare le Barbie con cui hanno giocato da bambine. C’è anche qualche visitatore, in veste di papà che accompagna la propria bambina oppure, più raramente, di fidanzato o marito.
Si passa poi in una sala dove sono messe in mostra decine di Barbie che indossano modelli confezionati apposta per loro dai più celebri stilisti. Alcuni abiti sono davvero scenografici e sorprendenti.
E c’è anche la zona degli accessori che costituiscono l’ambiente in cui Barbie vive. Ognuna di noi può riconoscerne più di uno con cui ha giocato. Ci sono, ad esempio, la celeberrima casa di Barbie, con l’ascensore che sale e scende tirando la cordicella, la piscina, il bagno con la vasca che faceva la schiuma, lo yacht e le macchine (che Barbie avesse la Ferrari si sapeva, ma chi non è più bambina da un bel po’ scopre che ha anche una 500 nuovo modello, rigorosamente rosa).

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Un’altra sezione della mostra, Barbie Careers, è dedicata ai mestieri svolti da Barbie. Se, da una parte, è innegabile che Barbie ha contribuito ad assecondare un canone di bellezza irraggiungibile, è anche vero, dall’altra, che, fino dagli anni Sessanta – quando la maggior parte delle donne ricopriva nella società unicamente il ruolo di moglie e di madre – ha legittimato le bambine a vedersi, da grandi, svolgere un lavoro. E così abbiamo prima modelli di Barbie infermiera, segretaria, hostess, per poi arrivare a Barbie manager, Barbie soldato della guerra del Golfo (la riproduzione della divisa che Barbie indossa ha dovuto essere approvata dal Pentagono), e Barbie candidata alla presidenza degli Stati Uniti (ce ne sono ben due edizioni).
Ma non è finita qui. La sala successiva vuole sottolineare che Barbie è, sì, un prodotto della cultura occidentale, ma ormai è diventata davvero un’icona globale, arrivando a rappresentare cinquanta diverse nazionalità. E infatti, in teche sospese che ricordano i caschi per capelli che si usano dal parrucchiere, ci sono Barbie coi colori e coi vestiti tradizionali dei paesi di tutti e cinque i continenti.
L’ultima sala è una sorpresa. Lì Barbie è ‘incarnata’ in donne che hanno fatto la storia, quella con la S maiuscola e quella dello spettacolo. Ci sono infatti Barbie con le fattezze, e i meravigliosi abiti, di celebri regine come Elisabetta I d’Inghilterra, Maria Antonietta, Cleopatra, Caterina de’ Medici e Giuseppina Bonaparte (con l’abito e il lunghissimo manto indossati per l’incoronazione a imperatrice consorte di Napoleone, come possiamo vedere guardando il quadro di Jacques-Louis David).

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E Barbie identiche in tutto e per tutto a famose dive dei nostri tempi. Non si può non rimanere a bocca aperta, oltre che per la bellezza dei vestiti, per come i lineamenti del viso delle bambole assomiglino in modo impressionate a quelli delle dive in carne e ossa. Solo per citarne alcune, c’è Barbie Grace Kelly in tre versioni, con l’abito che portava il giorno del suo matrimonio col principe Ranieri e con quelli dei film di Hitchcock ‘La finestra sul cortile’ e ‘Caccia al ladro’, Barbie Vivien Leigh-Rossella O’Hara, coi vestiti di ‘Via col vento’ (manca la Barbie col vestito di velluto verde che Rossella fa con le tende, ma nella sala della timeline si può vederne una foto), Barbie Audrey Hepburn con gli abiti di ‘Colazione da Tiffany’, ‘My fair lady’, ‘Vacanze romane’ e ‘Sabrina’, e poi Barbie Marilyn Monroe, Barbie Liz Taylor e, per il cinema di tempi più recenti, Barbie Olivia Newton John-Sandy con le mise del cult ‘Grease’. Degna di nota è anche una inquietante Barbie Tippi Hedren che, nel suo tailleur verde pastello, viene aggredita dagli uccelli dell’omonimo film di Hitchcock.

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La ciliegina sulla torta è Barbie MUDEC , due esemplari pezzo unico – una con la pelle bianca e i capelli neri e l’altra con la pelle scura e i capelli biondi – realizzati in esclusiva e in occasione della mostra. Il loro vestito si ispira alla nuvola di cristallo che sovrasta la piazza centrale del museo, mentre la fantasia della sottoveste richiama il motivo del ‘caleidoscopio delle culture’, tema della campagna di comunicazione di lancio del museo.

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Ragazze di ogni età, davvero, visitate la mostra.

Dove: MUDEC – Museo delle Culture, Milano, via Tortona 56
Quando: fino al 13 marzo 2016
A quanto: biglietto intero 10 €, ridotto 8 €, ridotto speciale 6 €
Sito internet: www.mudec.it

Foto di Giuliana Tonini




Crazy Cat Cafè: dove i gatti sono i padroni di casa

di Giuliana Tonini – Amici di Milano e dintorni, turisti e viaggiatori di passaggio che siete amanti dei gatti come me, sappiate che, dallo scorso ottobre, a Milano c’è un piccolo paradiso per noi. Si chiama Crazy Cat Cafè ed è in via Napo Torriani n. 5. E’ il primo bar bistrot di Milano dove si può andare a prendere un caffè o gustare un dolce in compagnia di … sei gatti.

Aperto da una giovane coppia milanese, Alba Galtieri e Marco Centonza, l’idea prende spunto dai neko cafè giapponesi (neko, in giapponese, significa gatto). I neko cafè si sono diffusi anche nelle principali città europee e di recente sono ‘sbarcati’ anche in Italia. A Torino, infatti, ce ne sono già ben due, il Neko Cafè di via Napione n. 33 e il MiaGola Caffè di via Giovanni Amendola 6D, e anche Roma ha il suo micio caffè, il Romeow Cat Bistrot di via Francesco Negri n. 15.

E adesso i nostri amici felini hanno messo la bandierina anche a Milano. Al Crazy Cat Cafè noi siamo a casa di Freddie, Patti, Bowie, Mina, Elvis e Blondie, i gatti trovatelli, presi dalla strada, cui Alba e Marco hanno dato un tetto, cibo assicurato, cure, attenzioni e tante, tantissime coccole, quelle di tutti i clienti del locale.

Al Crazy Cat Cafè i veri padroni di casa sono i sei mici. Tutto, infatti, è a misura di gatto. Appena ci sediamo e apriamo il menù, leggiamo subito, alla prima pagina, il decalogo per il rispetto, da parte dei clienti, del benessere dei gatti. Non si può, ad esempio, dare loro da mangiare. Hanno il loro cibo e le dolci prelibatezze che noi gustiamo nel locale non sono affatto l’ideale per la dieta di un gatto. Sono da evitare foto col flash e gli schiamazzi e devono essere rispettati gli spazi e il riposo dei gatti.

Il decalogo è steso in modo garbato e divertente. Ad esempio, dove ai clienti viene chiesto di non svegliare i gatti che stanno dormendo, è scritto ‘a voi piacerebbe essere svegliati di soprassalto mentre dormite?’. Come dargli torto…?

I gatti non sono obbligati a stare in mezzo a noi tutti il giorno. Hanno, infatti, spazi separati per il cibo, le lettiere e per quando magari vogliono semplicemente starsene un po’ per i fatti loro. Sono, inoltre, seguiti regolarmente da una veterinaria.

I gestori del Crazy Cat Cafè hanno anche intenzione di organizzare dei piccoli eventi di formazione rivolti a chi ha un gatto o ha intenzione di adottarne uno, per sensibilizzare le persone verso una ‘convivenza consapevole’ col proprio pelosino.

Nel locale in stile vintage, arredato con mobili di legno, i gatti passano tra le gambe dei clienti, passeggiano sui tavoli, giocano con i tiragraffi, le palline e i giochi sistemati per loro in tutto il bar, se avvicinati con gentilezza si fanno vezzeggiare e prendere in braccio, e camminano sulle scalette e le passerelle sospese a mezz’aria. Il tutto per la gioia dei gattofili presenti, adulti e bambini, che si scatenano a fare foto coi cellulari. A proposito di bambini, i genitori sono avvisati. Sappiano che, dopo avere portato i loro figli al Crazy Cat Cafè, le loro richieste di avere un gatto tutto loro diventeranno ancora più pressanti.

Tra una carezza e l’altra ai mici, possiamo intanto gustare prodotti di caffetteria – i tè aromatici e la cioccolata calda sono assolutamente da provare – e degli ottimi dolci (la torta di cioccolato che ho preso io era divina).

Insomma, per chi ama i gatti il Crazy Cat Cafè è il posto ideale per passare un pomeriggio in relax durante le feste natalizie, per prendere un caffè all’ora di pranzo o per un happy hour dopo il lavoro.

Crazy Cat Cafè

Dove: Milano, via Napo Torriani n. 5

Apertura: tutti i giorni dalle 9.30 alle 21.30

Sito internet: www.crazycatcafe.it

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le Rouge: sperimentazioni d’arte astratta sul tema del rosso

A Natale non poteva non esserci un evento tributo al colore rosso! Made4Art di Milano presenta le Rouge, speciale progetto artistico che riunisce alcune significative sperimentazioni d’arte astratta sul tema del rosso. Protagonisti della mostra Luigi Aricò, Carla Battaglia, Marina Berra, Fiorenza Bertelli, Donata Bonanomi, Claudio Cattaneo, Antonio Corbo, Iure Cormic, Giorgio Lo Fermo, Giuseppe Portella, Paolo Remondini: in esposizione una selezione di opere realizzate da artisti dalle differenti specificità tecniche e sensibilità artistiche in un allestimento di forte impatto cromatico e basato su armonie, variazioni, rapporti tra le diverse infinite sfumature.

Il progetto, a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni, è un vero e proprio omaggio a un colore, il rosso, da sempre legato a concetti quali “emozione”, “amore”, “passione”, “calore”, impiegato dagli artisti sin dai tempi più antichi per rappresentare sentimenti profondi e intensi legami affettivi. Giochi di luci e ombre, presenze geometriche, forme appena riconoscibili, inclusioni di materiali e di altri colori: il rosso sorprende e coinvolge, suscita emozioni e, grazie all’intervento artistico, in tutte le sue molteplici varianti, ci conduce in una dimensione intima e personale, all’interno di noi stessi e delle nostre sensazioni.

le Rouge, con data di inaugurazione martedì 22 dicembre, rimarrà aperta al pubblico fino al 18 gennaio.

La nuova mostra di Made4Art, spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura, rientra nel percorso di indagine sull’arte astratta precedentemente inaugurato con Visioni astratte. Nuove tendenze al femminile (19 marzo-2 aprile 2013) e portato avanti con le successive esposizioni Black&White. Astrazione negli opposti (24 maggio-7 giugno 2013), Explosion! colore astrazione emozione (25 ottobre-14 novembre 2013), Monochromes (5-25 febbraio 2014), Light & Shadow (3-16 settembre 2014), GREEN. arte uomo natura (7-20 novembre 2014), Primary colours (3-16 febbraio 2015), L’arte come energia per la vita (3-16 giugno 2015).

le Rouge
Luigi Aricò, Carla Battaglia, Marina Berra, Fiorenza Bertelli, Donata Bonanomi, Claudio Cattaneo, Antonio Corbo, Iure Cormic, Giorgio Lo Fermo, Giuseppe Portella, Paolo Remondini
a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo
22 dicembre 2015-18 gennaio 2016
Inaugurazione martedì 22 dicembre, ore 18.30
Durante il periodo delle Festività la mostra sarà su appuntamento
Orari a partire dal 7 gennaio: lunedì ore 16-19, martedì-venerdì 10-13 e 16-19

M4A – MADE4ART
Spazio, comunicazione e servizi per l’arte e la cultura
Via Voghera 14 – ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872
Media partner: Espoarte




Le “Due Vite allo Specchio” di Marco Florita

di Giuliana Tonini – Prosegue il tour di presentazioni di ‘Due vite allo specchio’, il primo romanzo di Marco Florita, edito da LOG Edizioni. Dopo quelle di Milano del 21 ottobre e di Sesto San Giovanni del 28 novembre, il 19 dicembre è stata la volta di Bobbio (PC). In quest’ultima occasione c’è stata la partecipazione attiva di Cosmopeople. Seduta al tavolo di presentazione di fianco all’autore, nella sala congressi del Centro Culturale Polivalente del Comune, ho infatti avuto il piacere di esporre un’introduzione al romanzo.
Due vite allo specchio’ rientra a pieno titolo nella categoria dei romanzi di formazione, quei racconti in cui il personaggio principale compie un percorso di crescita, che lo porta, alla fine, ad essere più consapevole di se stesso e del posto che aspira ad avere nel mondo.
Nel caso di ‘Due vite allo specchio’ è estremamente probabile che il lettore si immedesimi col protagonista, Vince Petrucciani, un uomo ormai anziano che ripercorre, nei suoi ricordi, gli snodi della sua giovinezza, vissuta nella Milano di qualche decennio fa. Con i suoi dubbi e le sue incertezze, i suoi incontri con personaggi, maschili e femminili, che portano aspettative e disillusioni, ma anche gioie inattese, Vince Petrucciani potrebbe essere davvero ognuno di noi, ed è facile che la sua storia ci faccia tornare alla mente alcuni momenti della nostra.
È un racconto particolare – con uno stile di punteggiatura e un uso degli ‘a capo’ del tutto originale – narrato in maniera intimistica e introspettiva, ma mai malinconica, che l’autore dipana con grande sensibilità e capacità di osservazione del carattere umano.
Marco Florita ha raccontato al pubblico di Bobbio quale significato ha avuto per lui scrivere questo romanzo. Prima di tutto è stato un modo per esprimere genuinamente, attraverso la scrittura, le proprie emozioni e sensazioni, e quindi se stesso (sottolineando, però, che ‘Due vite allo specchio’ non è un romanzo autobiografico). E inoltre, tramite la stesura del libro, ha ripreso i temi di una poesia composta quando aveva poco più di vent’anni, in cui contrapponeva le percezioni nei confronti della vita da parte di chi ne è poco più che all’inizio, un ragazzo, e di chi invece si sta avviando alla conclusione, un uomo anziano. Nel romanzo il vecchio (Vince Petrucciani) e il ragazzo sono l’uno di fronte all’altro sulle rive opposte di un fiume: il fiume della vita.
Due vite allo specchio’ è acquistabile online, tramite tutti i siti di vendita di libri, in formato eBook al prezzo di 4,99 euro oppure in formato cartaceo al prezzo di 10,50 euro.
Pagina Facebook: Marco Florita




Alessandra Angelini e il suo omaggio alla Joie de Vivre

Made4Art di Milano presenta la personale di Alessandra Angelini Joie de Vivre, evento che si terrà martedì 15 dicembre 2015 a Milano presso D Studio in Via della Spiga 7.

L’arte di Alessandra Angelini (Parma, 1953), artista e docente di Grafica e Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Brera, è un universo di luce e colori dove questi elementi fondamentali vengono modulati dall’artista seguendo un’armonia musicale che diventa parte integrante delle opere stesse; una ricerca condotta attraverso la sperimentazione sulle tecniche e le potenzialità espressive dei materiali.

In esposizione una serie di lavori in tecnica mista su tela, sculture in metacrilato e un importante libro d’artista: una selezione di lavori rappresentativa della delicata e poetica produzione artistica di Angelini, un vero e proprio omaggio alla gioia di vivere e un invito a osservare la realtà circostante da nuove prospettive.

In concomitanza con la personale di Alessandra Angelini, presso D Studio di Milano si svolgerà uno speciale Christmas Cocktail, momento di incontro con gli artisti, i collezionisti e gli amici di Made4Art e dell’artista in occasione delle Festività natalizie.

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Alessandra Angelini | Joie de Vivre
Made4Art Christmas Cocktail 2015 

c/o D Studio, Via della Spiga 7, Milano
Martedì 15 dicembre 2015, dalle ore 17 alle 21




Cantina della Vetra: gli autentici sapori milanesi

di Matteo Biondetti – Un luogo dai veri sapori milanesi, ove la cura estetica dei piatti si sposa perfettamente con la tradizione della cucina meneghina, in un ambiente confortevole e familiare a pochi passi dalle Colonne di San Lorenzo, fulcro della movida cittadina. Stiamo parlando del ristorante e enoteca Cantina della Vetra.

Ottimi gli antipasti, in particolare la pancetta sette strati con sfoglie di pane, castagne e mele, e, come secondo, il brasato di manzo al barolo, ideale per la stagione A/I, accompagnati da un’interessante selezione di vini, di cui noi consigliamo, sconfinando nel vicino Veneto, il Brolo Campofiorin Oro della cantina Masi, dal gusto vellutato ed elegante ispirato alla produzione dell’Amarone.

Chiude il nostro commento positivo l’ottimo servizio e i prezzi adeguati alla location ed alla qualità del cibo, tra i 40/50€.

Necessaria la prenotazione nel fine settimana.

Cantina della Vetra, Via Pio IV, 3, 20123 Milano

Telefono 02 8940 3843

www.cantinadellavetra.it