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Paola Angeli si reinventa con Centro Commerciale

Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi prestigiosi premi, ha convinto la critica e si è fatta amare dal pubblico grazie alla sua semplicità e originalità. Oggi Paola Angeli, con il suo nuovo singolo “Centro Commerciale“, esplora nuovi terrori musicali mettendosi ancora una volta in gioco.

D. Centro Commerciale, il tuo nuovo singolo che sta riscuotendo successo tra il pubblico e in radio, ci propone una Paola Angeli in una veste diversa. È un cambio di rotta?

R. La voglia di esplorare nuovi “territori musicali” mi ha portata a sperimentare e, soprattutto, a divertirmi nello scrivere e nell’interpretare una canzone in apparenza semplice ma, come ha scritto qualcuno, anche la leggerezza ha il suo aspetto profondo. L’essenziale è non essere banali o peggio… stupidi.

D. Abbiamo osservato sul web un divertente gioco, legato alla copertina del singolo, in cui ti sei divertita ad incarnare diversi personaggi, 6 per l’esattezza, come nella famosa opera di Pirandello. È un riferimento voluto?

R. Sì, certamente. Pirandello è uno scrittore, anzi prima di tutto una persona che io ho sempre amato fin dai tempi del liceo perché tremendamente attuale e allo stesso tempo antico. Il suo messaggio sulle maschere che indossiamo per vivere ciascuno la propria quotidianità è senza tempo. È una scelta essere se stessi, le maschere pesano a volte e la spontaneità, l’istinto hanno il sopravvento, e meno male!

D. Qual è il personaggio più affine alla vera Paola Angeli tra quelli che hai interpretato nel video?

R. Uno nessuno e tutti… ahahah. Se proprio devo scegliere direi la musicista perché ho sempre sognato di suonare la tromba e qui lo faccio, anche se non proprio in maniera ortodossa.

D. Quale invece il più distante?

R. La sportiva, perché non pratico sub però mi piace molto correre all’aria aperta.

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D. Nel video di Centro Commerciale hai anche recitato. Si è trattato di un episodio isolato in occasione delle riprese del video o scopriremo in futuro anche una Paola Angeli attrice?

R. In passato ho scritto dei monologhi in occasione dei vari premi dedicati alla canzone d’autore. Il teatro è per me un tempio in cui prima di entrare bisogna lasciare fuori qualsiasi inibizione… sono le emozioni le vere protagoniste e chi si affaccia ad un palcoscenico, che sia per cantare o recitare è indifferente, vive quelle emozioni in prima persona, le incarna. Anna Magnani è un’attrice che amo moltissimo e che ha messo in pratica tutto questo durante la sua lunga carriera, in fondo il cantante è anche un attore solo che oltre al testo c’è la musica, e questo a mio parere è un grande vantaggio perché la melodia ha la capacità di trasportare chi la esegue in un universo emotivo molto variegato.

D. Pensi che nell’attuale scenario musicale, in cui spesso predominano gli aspetti commerciali, riferimenti culturali di maggiore impegno rappresentino una scelta difficile?

R. Quando si parla di cultura le persone si spaventano pensando che sia qualcosa di inaccessibile, o solo di pochi, una nicchia lassù o laggiù in qualche posto troppo sofisticato e complicato. Io credo che dipenda da come si affrontano certi temi e specialmente dal linguaggio e dall’entusiasmo con cui si parla o si scrive o si canta la cultura nell’arte in generale e per quanto mi riguarda nella musica e nella canzone. Socrate era un uomo colto, ma molto umano, emotivo direi, perciò accessibile e attraente così come il principe Siddharta il futuro Buddha o Gandhi o Martin Luther King, i loro messaggi erano profondi ma per tutti… voglio dire che la cultura se non è fruita dall’Anima resta fredda e distante, resta solo puro nozionismo. Se invece passa attraverso il canale delle emozioni e dell’umanità allora prende forma, colore e diventa qualcosa che scalda, che arricchisce e di cui si sente il bisogno. “La cura” di Battiato-Sgalambro ne è certamente un esempio…

D. E tu a quale personaggio, artista, musicista o letterato sei maggiormente legata o ti ha influenzato maggiormente?

R. In ogni momento della mia vita ho potuto apprezzare artisti di ogni genere e stile che sono stati importanti e fondamentali per quel preciso istante e l’elenco non solo sarebbe vasto, ma rischierebbe di annoiare terribilmente… Oggi per quella che sono posso dire di essere estremamente legata ad Anna Magnani, una donna che avrei voluto tanto conoscere e di cui sento la mancanza artistica e fisica. La Magnani viveva le donne che portava sullo schermo o in teatro e dava loro carattere, emozioni, sangue carne, anima, voce… perciò erano così reali e vere le protagoniste dei suoi film.

D. Paola, sei conosciuta come una cantautrice di talento e di grande spessore, hai vinto numerosi premi di prestigio  il Premio della Critica al Festival di Musicultura, il premio Imaie,  il premio per il miglior testo a Musicultura, il premio Bindi, hai inoltre partecipato a Sanremo Giovani e l’anno seguente al Festival di Sanremo. Di queste esperienze quale ti ha segnata maggiormente dal punto di vista sia artistico che umano e personale?

R. Tutte le esperienze mi hanno arricchita sia professionalmente sia umanamente, una in particolare mi è rimasta impressa nella memoria ed è quella relativa al Premio Bindi che ho avuto il piacere e la fortuna di vincere essendo stata premiata da Giorgio Calabrese, una persona d’una sensibilità rara tramite la quale ho potuto conoscere, più nel profondo, l’opera e la figura di Umberto Bindi, un cantautore a mio parere sottostimato…

D. Oltre che cantautrice sei anche da anni un’insegnante, attualmente insegni canto in una scuola di doppiaggio. Che tipo di insegnante sei?

R. Credo di essere una persona che ascolta, cercando per quanto mi è possibile di risolvere le problematiche varie che emergono essendo a stretto contatto con i miei allievi che ringrazio e che stimo molto. Provo sempre a creare un clima di scambio tra me e le persone con cui lavoro, a maggior ragione lavorando con la voce si portano alla luce emozioni e pensieri che coinvolgono l’intera sfera personale. Vorrei, e questo è il mio desiderio più urgente ed importante, che i miei allievi mi ricordassero come una persona che ha lasciato loro qualcosa di personale e umano oltre che didattico.

D. Quanto è importante l’esperienza di docente per un’artista? Credi siano ruoli conciliabili?

R. Per me lo sono e da quando insegno, cioè da vent’anni ormai, ho imparato moltissimo perché insegnando mi sono trovata a dover inesorabilmente affrontare difficoltà e incertezze assai diverse che i miei allievi mi ponevano e di conseguenza risolvendo quelle difficoltà e quelle incertezze ho potuto superare anche le mie… inoltre da quando lavoro in questa scuola di doppiaggio sono cresciuta molto dal punto di vista professionale didattico e soprattutto umano..

D. Quali sono i tuoi progetti futuri?

R. Se potessi uscire da me stessa e mi trovassi a parlare con Paola, le direi: “ti auguro con tutta l’anima di continuare a scrivere bellissime canzoni, ad insegnare, a vivere, ad amare con tutta la dolcezza che puoi…”

foto di Chiara Sardelli




Silver si racconta: “Sono molto soddisfatto del primo album. Ora penso al tour e lavoro sul secondo”

L’estate prepotentemente è arrivata e reclama la sua colonna sonora. Quale scelta migliore del sound del giovane e talentoso Silver?

Da qualche tempo, l’ex concorrente di X Factor 3 ha pubblicato il suo primo album che racchiude, oltre a pezzi inediti, anche tutti i singoli usciti nel giro degli ultimi anni. Brani molto diversi tra loro, per stile e intensità: dalla classica canzone per l’estate a pezzi più intimisti e riflessivi.

Questo è Silver, questa la sua anima. Un ragazzo giovane, ma con le idee chiare su chi è e che cosa vuole dire al suo pubblico. Così, mentre compone le canzoni del prossimo album, Silver si racconta a Cosmopeople a trecentosessanta gradi, così come nei testi delle sue canzoni.

D. Silver, facciamo un bilancio dalla pubblicazione del tuo primo album.

R. L’uscita del primo album è stata una grande soddisfazione. Stavo facendo un singolo dietro l’altro, un singolo e il suo video, rispettando le esigenze del nuovo mercato discografico e il fatto che sia più facile promuovere un brano alla volta. Però, a un certo punto un artista ha bisogno anche di un album fisico in mano, è più bello. Tracciare un proprio percorso su YouTube è una cosa, averlo in mano fisicamente è un’altra e lo preferisco decisamente.

L’album raccoglie tutti i miei singoli, presenta brani inediti e recupera anche un pezzo che viene dal mio passato, “Glass of Water“, una ballad  che avevo scritto con la mia prima band, un brano in inglese che segna un po’ il mio inizio.

Nel disco è presente anche una cover di DylanIt’s All Over Now Baby Blue“, un pezzo e un cantante che per me hanno un significato particolare. Mio padre mi faceva ascoltare le sue canzoni dalla mattina alla sera, tanto che me lo ha fatto pure odiare a un certo punto. “It’s All Over Now Baby Blue” chiudeva l’album di Dylan del ’65, “Bringing It All Back Home“, un album che segnava il suo passaggio dall’acustico all’elettrico;  mi è piaciuto, pertanto, che chiudesse anche il mio album, un piccolo tributo per sottolineare quanto è stato importante per me Dylan.

Gli altri pezzi rappresentano un vero e proprio percorso di crescita, sono spaccati della mia vita. Tutti i brani sono scritti da me, testo e musica, rappresentano la mia vita, le mie esperienze; quando li riascolto vedo la mia crescita, le mie emozioni, le sensazioni che ho provato.

D. Ci sono pezzi a cui sei più affezionato o che ti ricordano momenti particolari della tua vita?

R. Mi piacciono tutti i miei pezzi anche se ci sono delle ballad a cui sono più emotivamente legato, perché mi ricordano precisamente cosa stavo pensando, cosa stavo vivendo. “Ora Tocca a Me“, ad esempio. Si tratta di un dialogo tra una persona matura, che ha già vissuto, e un giovane che deve iniziare la propria vita e che grida “ora tocca a me, ora è il mio momento. Voglio guardarmi allo specchio e vedere un riflesso di te, ma adesso è il mio turno“. Dall’altra parte l’adulto, che riconosce la necessità di dare pieno spazio alle giovani generazioni, risponde dicendo “adesso è il tuo momento, costruisci la tua vita, tu che puoi e ha più possibilità di me, sei più fortunato di me”. Io sono educatore scout e credo che sia proprio questo mio ruolo e le esperienze vissute in tale ambito a rappresentare una fonte di ispirazione per la nascita di questa canzone. Certo io non sono “anziano”, sono dalla parte del giovane, ma ho assunto anche il ruolo dell’anziano proprio per il rapporto che ho come educatore con i bambini più piccoli che frequentano il gruppo.

Altri pezzi sono invece un po’ più movimentati, sono un’altra parte di me. Diciamo che quando sono al sole scrivo pezzi energici, quando sono chiuso nella mia stanza escono brani più emotivi ed intimi. Così mostro Silver a trecentosessanta gradi: quello più allegro e giocoso e quello più intimo e riflessivo.

Questo Amore“, che apre l’album, è un brano molto allegro, con cui gioco sui colori e sulla bellezza di essere sempre aperti a tutto, evitando preconcetti, pregiudizi, categorizzazioni in amore come nella vita. In “Tutto Diverso” ho voluto suonare anche l’ukulele, perché fa estate ed è un brano che vuol portare allegria a me e a chi lo ascolta.

D. Tu nasci come leader di una band, i Sunshine. Ti manca la dimensione band?

R. La vita da band è bella: quando hai un progetto comune, come lo avevo io con i Sunshine, vivi le stesse emozioni, ci credi tu come gli altri, ti senti un unico soggetto. Si ha  tutti la stessa età, le stesse speranze, si è felici e si è tristi insieme. Questa cosa un po’ mi manca. Mi manca anche non essere più il leader di una band.

Adesso sono però il leader di me stesso, ovviamente dietro c’è una struttura che crede fortemente nel progetto, che condivide con me lavoro, scelte, cura promozione, produzione, comunicazione e tutto, una squadra solida ed unita, perché da soli non si può fare niente.

D. Quali sono i tuoi prossimi programmi?

R. Adesso sono impegnato con la promozione e i live anche se ormai sono un po’ in dirittura d’arrivo: un album dura un annetto e poi bisogna fare altra roba e difatti stiamo lavorando in questo senso. Sono stato in  Svizzera, sia in televisione sia in radio, abbiamo colto la possibilità di promuovere l’album anche all’estero. Ci sono diversi eventi per l’estate (tutti i dettagli su www.silverofficial.it). Inoltre, si lavora a nuovi brani. Come sempre, quando si promuove qualcosa, si sta già scrivendo altro, non ci si può mai fermare anche perché scrivere pezzi è importante ed è una cosa che mi piace fare. Non ho ancora deciso se fare un nuovo singolo o intervallarlo con un’eventuale collaborazione, però i brani dell’album sono già tanti e bisognerà fare una scelta, vedere gli arrangiamenti, ma all’orizzonte c’è sicuramente un altro album.

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D. La domanda è d’obbligo: ci racconti qualcosa della tua partecipazione a XFactor 3?

R. Io arrivavo dalla band The Sunshine, ero l’unico cantante della band, all’epoca di X-Factor 3 non si poteva entrare come band nel programma e, pertanto, mi sono presentato come solista. Sono rimasto nel programma tre mesi, in pratica quasi fino alla fine, perché sono arrivato in finale, mi sono classificato quarto. Tre mesi che ho vissuto appieno e che, secondo me, equivalgono a tre anni per intensità di lavoro, di esperienze e di collaborazioni importanti.

Ho appreso veramente tanto, sono cresciuto grazie a Luca Tommasini e ai suoi insegnamenti su come stare sul palco, come gestire le telecamere che c’erano in giro per lo studio. Sono cose grandi: quando sei lì ti rendi conto, magari, che non sei capace, però con il tempo e con un po’ di pazienza impari, anche senza che qualcuno te lo spieghi direttamente. L’importante è che tu abbia occhi veloci, pronti a carpire qualsiasi tipo di movimento e ad apprendere anche eventualmente dagli errori altrui, così da non replicarli: è veramente importante essere come una spugna per crescere il più possibile.
Un’altra persona che mi ha insegnato molto è Morgan, il mio coach. Sia con Luca che con Morgan esiste ancora un bel rapporto di amicizia.

D. Il tuo nome è spesso legato anche a opere di volontariato e a raccolte fondi.

R. Credo che c’entri anche qui lo scoutismo. Sono cresciuto in una famiglia di un certo tipo che mi ha sempre fatto fare esperienze di volontariato. Reputo il volontariato molto importante. Sono nato in un paesino molto piccolo dove, se non ci fossero state queste attività, queste iniziative, ci sarebbe stato ben poco da fare. Vedevo le persone grandi che facevano queste cose e quando sono cresciuto ho voluto dare anche io il mio contributo, grazie al mio mestiere lo posso fare, partecipando ad eventi benefici e  iniziative di volontariato, perché reputo importantissimo l’impegno in ambito sociale.

D. Che importanza hanno secondo te i social network? Sono un valido strumento per farsi conoscere e far conoscere la propria musica?

R. I social network oggi sono importantissimi. I social permettono di arrivare a un pubblico molto più vasto e di farsi conoscere soprattutto dai più giovani. Nel mio caso, credo, che insieme alla TV e alla radio,  mi abbiano permesso di far conoscere la mia musica a un pubblico sempre più vasto.

Foto di Davide D’Errico

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Zucchero a Ischgl: blues e magia a 2400 metri

Debutta a 2400 metri di altezza la nuova tournée di Zucchero, il Black Cat World Tour, accompagnato da una band di 13 elementi tra cui Brian Auger, il chitarrista Kat Dyson, Queen Cora Dunhma alla batteria e il basso Polo Jones.  Il bluesman italiano,  lo scorso 30 aprile, ha incantano oltre 20mila spettatori giunti in Tirolo, a Ischgl, da ogni parte d’Europa per ascoltare il Top of the Mountain Closing Concert che chiude una delle più eccitanti stagioni sciistiche al mondo. Un’occasione in cui, come hanno recitato i lanci locali “la Dolce Vita” ha incontrato il rock di Ischgl dove il finale della stagione di sci si celebra con due giorni di party scatenati, après ski, dj session, band musicali per le strade del borgo e il mitico concerto che, nel corso degli anni, ha visto intervenire artisti come Robin Williams ed Elton John. Un luogo magico e un’atmosfera elettrizzante per un posto che, incredibilmente, nonostante la vicinanza ai confini italiani (Ischgl è a un’oretta e mezza da Innsbruck, a sua volta a un’ora dal Brennero) rimane ancora secreto al pubblico italiano.

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Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, è il secondo cantante italiano, dopo Gianna Nannini nel 1999, a raggiungere le vette austriache per  celebrare la fine della stagione estiva di fronte a una platea internazionale di sciatori, sortivi e meno sportivi che ha ballato (spesso con gli scaroponi ai piedi)  e cantano per le oltre due ore di concerto dal palco di Idalp collocato nell’arena naturale Silvretta Arena, a 2320 metri di altezza, da cui si dipanano 240 km di piste. La splendida giornata di sole e l’incanto del Silvrette Arena circondata dalle cime innevata del comprensorio hanno reso l’occasione ancora più speciale.

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“Avrei già dovuto esibirmi a Ischgl per il Top of the Mountains Closing Concert nel 2007, ma poi ho dovuto rinunciare (nell’occasione fu chiamata sul palco Mel C ndr) . E oggi, dieci anni dopo, recupero” racconta Zucchero nel corso della conferenza stampa che ha preceduto l’evento e che ha richiamato giornalisti da tutta Europa. L’artista si è poi detto entusiasta della località ospitante ma, a chi gli chiedeva della sua esperienza sci ai piedi, considerato che Ischl è tra le più belle e moderne località sciistiche europee (esiste persino una funivia a due piani) e, tra l’altro, anche tra le  più divertenti, ha risposto: “Ho provato a sciare solo una volta con Alberto Tomba, a Cortina, ed è stato una catastrofe. Già mi vedevo finire contro un albero. Non sono esattamente sportivo. E poi non capisco….in molte località diverse da Ischgl (qui gli skipass sono richiesti solo per salire dalla valle in vette e in Svizzera,  il comprensorio è infatti al confine tra Austria ed Engadina. Le code non si formano ndr) si sta in coda un’ora e poi si scende in cinque minuti…Non è per me”. Se, a quanto pare, Zucchero può vivere tranquillamente senza sci,  le tre cose senza cui invece l’artista non potrebbe vivere, secondo le sue stesse parole, sono “la musica, le donne e la tavola con gli amici“, tre elementi protagonisti, non a caso, nel repertorio di Zucchero.

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L’artista ha proposto inizialmente alcuni brani del suo ultimo album “Black Cat”, tra cui una toccante “Hey Lord”, per poi passare ai grandi classici come “Baila Morena”, “Miserere” dedicata da Zucchero a Luciano Pavarotti, “Per colpa di chi”, “Diavolo in me”,”Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica”, vero e propri inno generazionale per tutti quelli che negli Anni 80 erano adolescenti, fino a chiudere con “”Senza una Donna”. Voce calda e profonda, l’artista ha regalato pura magia al pubblico di Ischgl tra cui, nei momenti più emozionanti, spiccava persino una enorme bandiera italiana.

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Un consiglio? Due: le tappe del Black Cat World Tour di Zucchero sono 150, sarebbe un vero peccato non  approfittarne. E poi, chiunque sia l’artista chiamato a dare il calcio di inizio alla stagione sciistica 2017/18 (negli anni Rihanna e Kate Perry…) ….meglio segnarsi la data del 25 novembre ed organizzarsi un week end (almeno) a Ischgl ….sarà indimenticabile.

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Un buon indirizzo dove prenotare, nel caso, è l’Hotel Brigitte (Oberer Kirchenweg 3, 6561 Ischgl, Austria – +43 5444 5646), camere ampie e arredate con stile alpino,  ottima cucina, spa ampia e personale attento e amichevole. Ma soprattutto l’Hotel Brigitte è a cinque passi dagli impianti e dalla strada principale …una distanza adeguata per avere tutto a portata di mano ma poter, allo stesso tempo,  dormire mentre nei locali le feste si scatenano. E Ischgl gli aprés ski vanno avanti fino a notte inoltrata. Non a caso lo slogan scelto dalla località è “Ischgl …relax if you can”. un programma!

 

 

 

 




Diana Ross regala magia

di Francesca VercesiNew York City Center, New York, 24-29 aprile 2017. Non è scontato che, dopo un concerto, si riesca a trattenere in sé cosi tanta energia positiva da essere poi in grado di trasferirla ad altri. Si esce emotivamente scossi (e molto sorridenti) dopo quasi due ore di pura adrenalina dalle date live newyorchesi di Diana Ross. Pura energia, intimità e vigore. Questo è il mix sapiente che la prima vera diva della black music ha regalato a un teatro strapieno. L’artista che ha spalancato le porte del successo a popstar come Beyoncé o Rihanna non ha cantato mai in playback, superando brillantemente la prova di un’audience appassionata ma molto critica. Una leggenda vivente, Diana Ross.

L’artista nata a Detroit, Usa, il 26 marzo 1944 al New York City Center nelle date di New York esegue il suo repertorio d’elezione, le canzoni principali che coprono la sua carriera. Ampiamente acclamata come una delle più belle voci, gli innumerevoli successi della Ross si sentono tutti: “Ain’t No Mountain High Enough,” “Upside Down,” “I’m Coming Out,” “Stop! In the Name of Love,” “Where Did Our Love Go,” “You Keep Me Hangin’ On,” e “Endless Love.” La cantante ha recentemente ricevuto la Presidential Medal of Freedom, l’onore civile più alto della nazione. È stata candidata all’Oscar, è stata inserita nella Rock & Roll Hall of Fame e ha ricevuto il premio Grammy Lifetime Achievement Award. Da sempre legata alla Motown, debuttò come cantante nel 1958 e nel 1960 fu parte del gruppo delle Supremes, con cui raggiunse per dodici volte il primo posto nelle classifiche di Billboard in soli cinque anni, con successi (appunto) come Baby Love, Stop! In the Name of Love, You Can’t Hurry Love, You Keep Me Hanging On, Love Child e Reflections. Nel 1970 ha intrapreso la carriera da solista, proseguita con successo sino alla fine degli anni novanta. Nella sua lunghissima carriera ha tenuto più di duemila concerti in ogni parte del mondo, cantando per Re, Regine e Capi di Stato e partecipando agli eventi più importanti negli Stati Uniti d’America e nel resto del mondo.

Al concerto del City Center la Ross ha esibito grazia e glamour, in un perfetto equilibrio tra sogno e realtà, con disinvoltura e stile. Voce potente e senza sbavature. Sapiente l’uso delle luci sul palco. Nell’aria non mancava la magia.




Fiat 500 in festa a Vermezzo

di Giuliana Tonini – Lo scorso 2 aprile a Vermezzo, comune della Città Metropolitana di Milano, è stata una domenica all’insegna del divertimento, della solidarietà e del buon cibo.

Hanno infatti richiamato nel paese moltissimi avventori due iniziative in contemporanea che da anni fanno parte della tradizione del comune lambito dal Naviglio Grande: la sesta edizione della Sagra del Carciofo di Niscemi e …. l’ottava edizione del raduno delle Fiat 500 storiche!

Il doppio evento è stato organizzato e promosso dall’amministrazione del comune, dagli Amici di Vermezzo, associazione che si occupa di promuovere le iniziative del territorio, dall’Associazione Monelli Felici di Mauro Massa, ente no profit con lo scopo di sviluppare dinamiche ludico-ricreative per i bambini disabili, dal Coordinamento di Milano Ovest del Fiat 500 Club Italia, il più grande club al mondo dedicato alla mitica creatura della Fiat, e da altri enti del territorio.

Ho partecipato alla giornata con Vera Cocucci, mia amica dai tempi del liceo, Consigliere della Città Metropolitana di Milano, che, tra una riunione a Palazzo Isimbardi e l’altra, si è concessa una domenica di svago col figlio Riccardo, undici anni, appassionato di motori, e la sottoscritta, appassionata di auto d’epoca e, soprattutto e sopra tutte, della irresistibile Fiat 500 storica.

L’atmosfera era quella di una festa. Già dalla mattina le vie del centro ospitavano le bancarelle con varie prelibatezze, e uno dopo l’altro arrivavano i cinquini partecipanti al raduno.

La giornata ha preso il via ufficialmente alle 11.30, con un minuto di silenzio attorno al Monumento dei Caduti, per ricordarci di chi è morto in guerra dopotutto non molto tempo fa, e con l’inaugurazione, da parte del sindaco di Vermezzo, Andrea Cipullo, del defibrillatore donato al comune dall’azienda Progetto Serramenti di Abbiategrasso. Alla presenza del titolare della ditta e della Croce Oro di Gaggiano, il sindaco ha ringraziato e sottolineato l’importanza del gesto per tutta la comunità.

E poco dopo, come è tradizione in ogni raduno di 500 in ogni parte del mondo, è partito lo scoppiettante e colorato giro a suon di clacson dei cinquini, venuti per l’occasione a Vermezzo a decine.

Ma questa volta io non ho solo assistito al giro, ho anche….partecipato! Io, Vera e Ricky siamo stati ospitati sulla 500 di Agostino, un bellissimo modello di 500 D decapottabile del marzo del 1964, di quelle che, prima che venissero vietate, avevano ancora le porte controvento. Di che colore? I profani direbbero verdolina, ma, ci dice Agostino, il nome esatto è Verde Oasi 383, una tonalità utilizzata dalla Fiat solo per un anno, dal 1963 al 1964.

Io, Vera e Riccardo ci siamo divertiti come pazzi. Tre adulti e un bambino impacchettati nell’abitacolo (ma da un’amica ho sentito anche di un viaggio Milano-Roma in 500 in sette, quattro adulti e tre bambini in braccio), in fila assieme agli altri cinquini per le strade della cittadina, abbiamo fatto un salto indietro nel tempo. E senza sentire la mancanza di nessun moderno aggeggio elettronico, di cui la 500, meccanica in tutto e per tutto, è orgogliosamente priva.

Il fotografo Domenico Pepe ha testimoniato il nostro entusiasmo. Dirò di più, da appassionata quale sono è proprio strano, ma prima non ero mai salita su una 500! Ho infatti ‘interrogato’ mia mamma, ma la 500 del mio papà e quelle di altri familiari (negli anni Sessanta e Settanta quasi ogni famiglia ne aveva una), quando sono nata io, ahimè, non c’erano già più. Quindi doppio entusiasmo per il giretto di Vermezzo.

La cara vecchia Fiat 500, la macchina che quest’anno, il 4 luglio, compirà sessant’anni, è piaciuta anche al millennial Riccardo. E non c’è niente di cui meravigliarsi, la 500 conquista e continuerà a conquistare tutti.

E dopo che le 500 si sono di nuovo parcheggiate una di fianco all’altra per farsi ammirare e fotografare da vicino, i loro proprietari, noi, il sindaco, i rappresentanti del comune e tutti gli avventori siamo andati a gustarci il pranzo a base di carciofi di Niscemi, il paese in provincia di Caltanissetta che è uno dei principali produttori di carciofi. Un buonissimo risotto, naturalmente al carciofo, e il piatto forte, i carciofi arrostiti, gustosissimi, conditi con sale e olio, curati pazientemente sulla brace dai cuochi per gran parte della mattina.

 

 

 

 




Riccardo Sinisi si racconta: “Punto su Grease per il futuro”

Dal suo debutto come protagonista in Priscilla – La Regina del Deserto non è passato molto tempo ma Riccardo Sinisi di strada ne ha fatta tanta, dimostrando di essere un performer completo e versatile. Oggi è in scena al Teatro della Luna di Milano con Grease, dove interpreta il ruolo di Kenickie, fino al 31 di aprile 2017.

Riccardo, la tua carriera ha avuto un’impennata pazzesca in questi ultimi anni, hai fatto uno spettacolo dietro l’altro.

Sì, sono stato davvero molto fortunato, anzi potrei dire che lo sono da sempre, da quando ho iniziato a lavorare. Negli ultimi tempi mi è capitato di fare spettacoli e ruoli molto importanti uno dietro l’altro e di questo devo essere grato alla vita e a chi mi ha dato e mi dà l’opportunità di mettere ogni giorno in scena il mio sogno.

Come ti avvicini a personaggi tanto diversi tra loro?

Scelgo ogni volta un approccio diverso: cerco di capire che carattere possa avere, quale sia il suo background e poi cerco di trovare la sua storia e solo a quel punto cerco le somiglianze che quel personaggio ha con me.

Di tutti i personaggi interpretati ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionato?

Scegliere un personaggio, un ruolo che ho amato di più rispetto agli altri, è molto difficile. Sicuramente Felicia, il personaggio che ho interpretato in Priscilla, mi è rimasta più nel cuore, anche perché mi ero appena diplomato in Accademia ed è stato il mio primo vero lavoro. È stato davvero emozionante iniziare con un ruolo così importante e in uno spettacolo così bello come Priscilla. Anche il personaggio di Ray McCormack di Footloose è speciale, così come lo sta diventando, piano piano, Kenickie di Grease. In realtà è proprio difficile scegliere un solo personaggio. Ripensandoci li ho amati tutti: Pietro in Jesus Christ Superstar, Quattrocchi in Newsies, Rolf in Tutti Insieme Appassionatamente, ognuno mi ha dato qualcosa e mi ha emozionato.

Che cosa significano per te Grease, Compagnia della Rancia e Saverio Marconi?

Grease è uno spettacolo intramontabile, faticosissimo, ma bellissimo da fare, con musiche e canzoni travolgenti e coreografie impegnative. Lavorare con Compagnia della Rancia è un sogno che diventa realtà. Per me vuol dire, prima di tutto, lavorare con dei grandissimi professionisti, indubbiamente i migliori che ci sono in Italia. Sono loro che hanno portato il musical in Italia e questa maestria la vedi in tutto quello che fanno. Con Saverio Marconi è stato un’esperienza unica: da sempre desideravo lavorare con lui, farmi dirigere da lui. Con questo Grease Saverio e Mauro Simone hanno fatto un lavoro di regia fantastico, molto minuzioso, curato nel minimo dettaglio. Questa attenzione, questa particolare cura verso uno spettacolo vuol dire amare il proprio lavoro e avere passione, una cosa di cui dobbiamo essere grati noi artisti e anche il pubblico che poi ama questi show.

Grease compie 20 anni eppure è sempre un successo e attira gente di tutte le età. Ti sei chiesto perché?

Grease è sempre un successo e, come dicevo prima, è intramontabile perché è energia e luce, sempre. Questa nuova edizione di Saverio Marconi e Mauro Simone è più fresca, più moderna e riesce a coinvolgere pubblico di ogni età: dai ragazzini ai nonni, tutti possono rivedersi in questo spettacolo, divertirsi ed emozionarsi. Grease è una serata perfetta.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sui miei progetti futuri ancora non mi posso sbilanciare. Sicuramente mi piacerebbe continuare con Grease e quindi spero che lo spettacolo abbia un futuro e che possa esserci una lunghissima tournée in tutti i teatri d’Italia. Mi piacerebbe continuare a lavorare con Compagnia della Rancia perché, come dicevo prima, sono davvero dei grandi professionisti. Quindi, in attesa di scoprire che cosa mi riserverà il futuro, incrocio le dita e spero in Grease!
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Un successo di nome Claudio Insegno

Al Teatro Nuovo di Milano, fino al 9 aprile 2017, è in scena una delle commedie più divertenti che sia mai stata scritta, “Rumori fuori scena” di Michael Frayn. Grande mattatore della pièce, nel duplice ruolo di attore e regista, è uno dei più grandi artisti dei nostri giorni: Claudio Insegno, che nella scorsa stagione ha sbancato il botteghino con il musical “Jersey Boys“.

Claudio, torni sul palco, come attore, con un testo di prosa molto accattivante.

Rumori fuori scena” è un classico del teatro comico. È uno spettacolo che, nel tempo, ha avuto tantissimo successo, fin da quando lo portava in scena la Compagnia Attori e Tecnici. Abbiamo deciso di rinnovarlo un pochino e quindi riportarlo in teatro anche con la nostra compagnia di Torino, prodotto da TPE. Lo spettacolo è una vera e propria macchina da guerra per far ridere! “Rumori fuori scena” parla di tutto quello che succede dentro la scena, fuori dalla scena, nella vita di tutti i giorni degli attori che qui sono un po’ più saltimbanchi che attori.

Come mai questo ritorno a fare l’attore?

Ogni anno faccio almeno uno spettacolo come regista e attore. È quasi un obbligo per me, come andare dallo psicanalista: è una necessità, e in un certo senso quasi uno sfogo, cercare di fare uno spettacolo che mi porti anche sul palcoscenico.

La domanda è d’obbligo: Claudio Insegno è più attore o regista?

Non ho davvero preferenze, mi piace fare entrambe le cose: fare uno spettacolo come attore, come dicevo prima, per me è una necessità, perché comunque mi fa sfogare, mi fa stare bene dopo lo stress magari di qualche spettacolo fatto come regia; ma non posso non fare anche uno spettacolo come regia perché mi piace avere in pugno tutta la situazione e creare qualcosa che piaccia. Finora devo dire che è andata bene. Creare spettacoli per il pubblico mi riempie di gioia. È quasi come aver dato vita a un bambino, anche se certamente non è proprio la stessa cosa. Io non ho figli ma questi spettacoli sono per me come figli: in un certo senso li accompagno per mano per molto tempo e cerco di insegnare loro la strada giusta.

La scorsa stagione hai avuto un successo incredibile con “Jersey Boys”, con riconoscimenti anche internazionali. Ti aspettavi una cosa del genere?

Jersey Boys” è stato una sorpresa, una vera sorpresa, nel senso che mi aspettavo di fare un buon musical ma non a quel livello. Certo partivo con dei bravissimi attori, una splendida scenografia, bellissime canzoni e una validissima orchestra. Il tutto – diciamo – è stato un po’ ispirato perché comunque mi piace parlare della vita vera di artisti, delle sofferenze e di tante altre cose; mi piace la storia perché parla di noi, di quello che siamo, del nostro passato sulla terra e, in un certo senso, della nostra vita. Davvero non mi aspettavo questo successo e infatti, per scherzo, dico sempre che sembra che non sia un mio spettacolo, per quanto è bello! Forse è proprio l’amore che ho messo in questo spettacolo che il pubblico percepisce e, a sua volta, ama.

Che cosa ti riserva il futuro?

Nel futuro come musical sto preparando “Spamalot” dei Monty Python, con Elio di Elio e le Storie Tese. Sarò poi in tournée con “Rumori fuori scena” mentre al Casinò di Parigi prosegue il successo di “Jersey Boys“.

Hai un sogno nel cassetto?

Avrei la voglia di scrivere e dirigere un musical tutto mio, non musicato da me, perché non sono all’altezza di comporre le musiche, ma almeno concepito interamente da me. Nella prosa c’è un testo di Neil Simon, completamente sconosciuto, che mi piacerebbe mettere in scena: si intitola “Il favorito di Dio” e credo che potrebbe essere davvero uno spettacolo di successo.




Stefano Colli: il nuovo volto della musica e del teatro italiano

In un periodo in cui vanno avanti e sono noti al grande pubblico solo i partecipanti dei talent show, ci fa piacere presentare un artista a trecentosessanta gradi, che ha fatto la sua gavetta e che oggi può ritenersi a tutti gli effetti come uno dei giovani talenti del momento. Il suo singolo d’esordio, Crudele, uscito poco prima del Festival di Sanremo, che si è dovuto quindi scontrare nelle classifiche con le canzoni sanremesi, è tuttora in posizione top tra i brani più scaricati di iTunes.

Stiamo parlando di Stefano Colli, ventisettenne di Pianoro in provincia di Bologna.

Stefano, quando hai capito che la voce sarebbe stata la tua professione?

Ho iniziato a cantare tardi, avevo 17 anni. Il mio liceo organizzava un corso pomeridiano di musical, tenuto da Lorenzo Scuda e Francesca Folloni degli Oblivion, e i miei compagni mi hanno convinto ad iscrivermi. Proprio lì ho scoperto questa mia passione per il mondo del teatro e della musica e mi sono poi iscritto a una scuola di canto.

Quando è iniziato il tuo percorso in questo mondo?

La prima collaborazione importante è stata con Iskra Menarini, la storica vocalist di Lucio Dalla, che mi ha scelto, insieme ad altri ragazzi, per seguirla nelle sue tournée, nelle trasmissioni televisive e radiofoniche. Grazie a lei ho avuto l’opportunità di incontrare e cantare con grandi artisti come Lucio Dalla, Francesco de Gregori, Marina Rei, i Pooh, e di calcare palcoscenici fantastici. Ho vissuto davvero grandi esperienze al fianco di Iskra ed è stata una bellissima opportunità poter lavorare con un’artista del suo calibro.

Ricordavi prima che hai anche una passione per il musical.

Diciamo che parallelamente alla carriera da cantante ho fatto parte della compagnia Aspettando Broadway, diretta prima da Robert Steiner e poi da Vittorio Matteucci, grandi performer con cui ho avuto l’opportunità di studiare e di calcare le scene al loro fianco. Ho conosciuto anche Brunella Platania e Marcello Sindici, e, come dicevo, Vittorio Matteucci che, tra l’altro, ha scritto uno spettacolo per la compagnia dal titolo “Riunione di compagnia. Un geniale pretesto per fare musical” di cui ha firmato il testo e la regia insieme a Marco Manca. Ho avuto quindi tutta una serie di opportunità anche se il mio debutto vero e proprio nel mondo del musical è avvenuto all’Auditorium della Conciliazione di Roma con Canterville – Il Musical, scritto da Robert Steiner, Flavio Gargano e Valentina di Paolis, con la regia di Marco Simeoli.

Parliamo di Stefano cantante pop.

Ho sempre scritto i miei pezzi. Poi sono arrivate tante esperienze, tanti festival ma soprattutto, nel 2015, è arrivata la finale del festival di Castrocaro su Rai 1. Un’esperienza veramente indimenticabile, fantastica: eravamo 10 finalisti dopo mesi e mesi di selezioni. Dopo questa esperienza sono stato contattato da quello che è il mio attuale produttore artistico, Giancarlo di Maria, che vanta collaborazioni illustri. Giusto per ricordarne qualcuna, Giancarlo ha collaborato all’ultimo disco di Mina e Celentano, ha lavorato con Il Volo, con Giò di Tonno e Lola Ponce, dirigeva lui l’orchestra quando vinsero il festival di Sanremo, Luca Barbarossa, Andrea Bocelli, Laura Pausini, tutte collaborazioni importantissime. Insieme abbiamo iniziato a lavorare ad un progetto nostro, abbiamo fatto un percorso di ricerca, di sperimentazione, di scrittura. Abbiamo lavorato per più di un anno fino ad uscire con il nostro primo singolo, che è un po’ il biglietto da visita. Per questo progetto mi piace parlare al plurale perché è stato davvero un lavoro di squadra molto importante e a cui sono molto legato. Crudele è il singolo con cui siamo usciti e di cui è stato fatto anche un bellissimo videoclip, presentato in anteprima su TGCOM24 Mediaset. Nel video, come partner femminile, ho lavorato con la bellissima Lara Basso, noto volto televisivo e ex partecipante a Miss Italia. Adesso siamo in piena promozione di Crudele, brano che ci ha regalato, e ci sta tuttora regalando, bellissime soddisfazioni. Naturalmente siamo già proiettati al prossimo singolo e soprattutto all’album che non vedo l’ora di farvi sentire.

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Quali sono i tuoi progetti futuri oltre all’uscita del primo album?

Fortunatamente, al momento, ci sono tanti progetti in ballo, c’è tanta carne al fuoco, anche perché a me piace mettermi continuamente in gioco anche con cose molto diverse tra loro. Quindi, oltre all’album, partirà presto la tournée di Georgie – Il Musical, presentato in anteprima lo scorso anno al Teatro Orione di Roma, con la regia di Marcello Sindici e un super cast. Da metà marzo fino a metà aprile saremo in tournée per tutta l’Italia.

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C’è poi un progetto a cui sono molto legato. Insieme ad altri tre ragazzi diplomati alla BSMT di Bologna, Maddalena Luppi, Ricardo Sarti e Giulia Mattarucco, abbiamo messo su un gruppo che si chiama I Muffins Spettacoli, con cui stiamo lavorando molto con show per bambini e famiglie ma anche concerti e spettacoli di vario genere. È un progetto che si sta sviluppando e che ci sta regalando tante soddisfazioni.

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Gli altri progetti per ora sono top secret! Per scoprirli potete seguirmi su tutti i miei social, sulla mia pagina Facebook, su Twitter, su Instagram e sul mio canale YouTube dove troverete anche il videoclip di Crudele.

Tra le tante, quale è stata l’ultima grande emozione che hai provato, artisticamente parlando?

Sono tornato da poco dal Festival Internazionale del Cinema di Berlino, in cui sono stato ospite dell’Orchestra Sinfonica di Luciano Nelli, all’interno della Notte delle Stelle in cui viene consegnato il premio Bacco, che quest’anno, per quanto riguarda gli attori italiani, è andato a Nancy Brilli e Daniele Liotti. In questo contesto mi sono esibito come ospite per il terzo anno consecutivo, perché c’ero stato già altri due anni, quando era stata premiata Maria Grazia Cucinotta. Per me è sempre una grande emozione tornare ad esibirmi su quel palco tanto prestigioso. E poi Berlino è una città meravigliosa.

Facebook StefanoColliOfficial
Youtube stefanocolli891

IMG_6162Foto di Riccardo Sarti

 




Tutti pazzi per Jesus! Diario di viaggio dei Jesusmaniacs

di Giuliana Tonini – Dallo scorso dicembre è di nuovo in scena, in un altro fantastico tour europeo, Jesus Christ Superstar, la leggendaria opera rock di Tim Rice ed Andrew Lloyd Webber che, da più di quarant’anni, appassiona generazioni di spettatori.

Ci eravamo lasciati alla fine di gennaio del 2016 al Teatro Sistina di Roma, con la speranza che l’avventura non fosse finita. E siamo stati accontentati.

Il musical più amato di tutti i tempi, nell’edizione ultraventennale del regista Massimo Romeo Piparo, che dei musical è il re, ha conquistato anche l’Olanda e il Belgio (Amsterdam, L’Aja, Anversa, Groningen) ed è ora di nuovo in tournée a scaldare le platee dei teatri di tutta Italia.

Dopo Trento, Milano, Verese, Genova, Cassano Magnago e Torino, fino alla fine di aprile il pubblico avrà la possibilità di assistere allo spettacolo a Catania, Cosenza, Bari, Roma e Padova. Il finale sarà davvero col botto, il 5, 6 e 7 maggio di nuovo in Olanda, all’arena Ahoy di Rotterdam.

In Olanda l’allestimento di Massimo Romeo Piparo ha vinto, alla fine della scorsa estate, il Musical World Award, uno dei premi internazionali più prestigiosi e autorevoli per i musical.

Non ci stupisce. L’opera che porta in scena la figura di Gesù (e di Giuda) in tutta la sua umanità, in chiave moderna e allo stesso tempo universale, e al suono della emozionante e travolgente musica rock di Andrew Lloyd Webber, strega tutti. Ancor più da quando a interpretare il ruolo di Gesù è Ted Neeley, che lo era nel mitico film di Norman Jewison del 1973.

Ogni rappresentazione è un rito collettivo, col teatro strapieno, urla da stadio, standing ovations e applausi spellamani, sia dai fan incalliti che hanno visto lo spettacolo decine di volte sia dai neofiti.

Su Cosmopeople ho scritto molto su JCS. Ho scritto sullo spettacolo di Massimo Romeo Piparo, sulla storia dell’opera e sul suo successo. Ho scritto anche di me e della mia passione per JCS, del mondo di noi fan affezionati, che non ci stanchiamo mai di vedere lo spettacolo ogni volta che possiamo, in ogni parte d’Italia e d’Europa, e del vero e proprio culto che si è creato attorno a Ted Neeley.

Perché allora scrivo ancora? Perché questa volta mi fa piacere condividere le storie di alcune persone che ho conosciuto durante questa avventura. Fan sfegatati, ovviamente. Anzi, Jesusmaniacs, o JCSmaniacs, come mi piace chiamarci.

Ai Jesusmaniacs non interessa che familiari e amici li considerino ‘fuori di testa’. Una rappresentazione non è solo una rappresentazione, ma, come dicevo prima, un rito, una serata magica da vivere e rivivere insieme ogni volta che si può. Non solo in platea, ma anche dopo lo spettacolo, quando si attendono all’uscita i ragazzi del cast e Ted Neeley, e durante i viaggi in trasferta insieme.

La comunità di fan più numerosa è The Circle Turning – Ted Neeley Community. Sono ormai come una famiglia. Da quando, nel 2014, l’allestimento italiano ha l’orgoglio di avere con sé Ted Neeley, alcuni di loro non si sono persi una replica, che sia in Italia o all’estero, e si parla di più di cento repliche. O comunque, chiacchierando con loro, si sa che è facile che chi non le ha viste proprio tutte, abbia nel suo carnet non meno di 40-50 repliche.

Quando io penso di avere assistito allo spettacolo tante volte, realizzo poi che il mio ‘contatore’, per adesso…., è arrivato ‘solo’ a nove rappresentazioni, a Milano, Roma e Genova, più una nel 1999 al Teatro Nuovo di Milano, quando nel ruolo di Giuda c’era l’indimenticabile Carl Anderson.

Poi, oltre al Circle, ci sono tantissimi altri che, da soli o in gruppo, ormai da anni fanno parte di questa bellissima avventura.
Io, ad esempio, sono diventata amica di Cristina di Milano, avvocato come me, e di sua figlia Arianna, studentessa del liceo. Quando faccio una ‘serata JCS’ o una ‘trasferta JCS’, faccio trio con loro. Cristina e Arianna hanno visto lo spettacolo, sempre per ora…., poco meno di venti volte, in giro in diversi teatri d’Italia e a L’Aja. Per me è particolarmente emozionante vivere questa passione assieme a loro, anche perché Arianna è giovanissima. Aveva tredici anni quando, nel 2014, ha visto per la prima volta JCS all’Arena di Verona, portata da Cristina. Subito dopo ha scoperto anche il film e da allora è scoppiata la passione. È bello quando ragazzi così giovani prendono il testimone generazionale della passione per JCS e per il rock musical. Ed è fantastico quando, in attesa dell’uscita di Ted Neeley e del cast dal teatro, dopo lo spettacolo, si vedono bambini, anche piccoli, entusiasmati ed entusiasmanti, che trepidano per conoscerli e per avere il loro autografo sulla copertina del vinile, a momenti più grade di loro, che tengono in mano.
Arianna adora Ted Neeley e Carl Anderson. E Ted Neeley adora lei e Cristina, dice e scrive loro sempre cose dolcissime. Si vede, ad ogni incontro, come l’entusiasmo genuino di mamma e figlia lo abbia conquistato e lui si sia sinceramente affezionato.

Ho poi conosciuto Monica, di Milano, che lavora all’ENI, appassionata di JCS da sempre. Ha visto lo spettacolo circa trenta volte in vari teatri d’Italia e ha già pronti più di un biglietto per il Sistina di Roma, ad aprile.
Un paio di anni fa ha partecipato, assieme ad altri fan, ad un evento-tributo con Ted Neeley a Cagli, in provincia di Pesaro, cui hanno preso parte con piacere anche il sindaco e il vescovo.

E c’è Roberta, giovane medico piemontese, dall’entusiasmo scoppiettante e contagioso. Ha già i biglietti per il gran finale di Rotterdam, con cui arriverà a quota 45 repliche. Lei si è innamorata di JCS da piccola, a sette anni, quando il papà le ha fatto vedere in televisione il film, che aveva visto al cinema da ragazzo e di cui si era a sua volta innamorato. Da allora, per Roberta Jesus Christ Superstar è stata, è e sarà sempre la colonna sonora della sua vita. E anche lei, per Ted Neeley, per il suo idolo fino da quando era bambina, è ormai una di famiglia. In una delle occasioni in cui lo spettacolo è stato allestito a Torino, è lei che ha portato in giro per la sua città Tessa e Leeyan, la moglie e la figlia di Ted.

E quindi ecco i Jesusmaniacs, per cui ogni serata JCS è sempre magica. Senza dubbio gran parte di questa magia è dovuta alla presenza e al carisma fuori dal comune di Ted Neeley, e alle sue altrettanto fuori dal comune semplicità e umiltà, sul palco e fuori dal palco. Ma Jesus Christ Superstar è tutto quello che è grazie a tutti i bravissimi artisti che ne fanno parte.
A partire dagli strepitosi cantanti-attori solisti che ogni volta ci fanno emozionare con le loro interpretazioni. In ordine di apparizione: Feisal Bonciani (Giuda), Simona Distefano (Maria Maddalena), Mattia Braghero (Pietro), il formidabile duo Francesco Mastroianni (Caifa) e Paride Acacia (Hannas), Elia Lo Tauro (Simone Zelota), Emiliano Geppetti (Ponzio Pilato) e Salvador Axel Torrisi (Erode).

Da applausi anche l’ensamble di cantanti-ballerini, acrobati, mangiafuoco e trampolieri: Giovanni Abbracciavento, Giada Cervone, Federico Colonnelli, Francesco Consiglio, Lorenzo de Baggis, Mattia Di Napoli, Simone Giovannini, Daniel Guidi, Francesca Iannì, Benedetta Imperatore, Alessandro Lanzillotti, Rossella Lubrino, Nicole Marin, Marta Melchiorre, Lazaro Rojas Perez, Daniele Romano, Carlotta Stassi, Sara Telch, Carmela Visciano.

E poi loro, per ultimi ma assolutamente non ultimi! La spina dorsale di Jesus Christ Superstar, l’orchestra dal vivo che ogni volta ci regala le meravigliose musiche rock di Andrew Lloyd Webber: Angelo Racz (direttore e tastiera), Federico Zylka (tastiera), Andrea Inglese (chitarra), Stefano Mandatori (chitarra), Massimo Pino (basso), Stefano Falcone (batteria), Andrea Di Pilla (tromba), Vincenzo Parente (corno francese).

Andate a vedere Jesus Christ Superstar. È probabile che diventiate anche voi Jesusmaniacs.

Dove e quando:
dal 23 al 26 marzo 2017, Catania, Teatro Metropolitan

dal 4 al 5 aprile, Cosenza, Teatro Rendano

dall’8 al 9 aprile, Bari, Teatro Team

dal 12 al 23 aprile, Roma, Teatro Sistina

28 aprile, Padova, Gran Teatro Geox

dal 5 al 7 maggio, Rotterdam Ahoy.

Siti Internet e biglietti:
www.jesuschristsuperstar.it
www.ticketone.it
www.jesuschristmusical.eu

Pagine Facebook:
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Grease: un successo ineguagliabile firmato Compagnia della Rancia

È un’edizione luminosa” così ha dichiarato Saverio Marconi alla presentazione del nuovo allestimento di Grease. Ma perché limitarsi a definirla luminosa quando è a dir poco scintillante? Sarà per il nuovo cast, la band dal vivo, le nuove scenografie, le luci, i video, le nuove traduzioni delle canzoni e la canzone aggiunta, ma questa edizione di Grease, che festeggia i vent’anni di messa in scena, si conferma come un grande successo.

Il plauso va prima di tutto al regista che, nel corso di tutti questi anni, senza mai snaturare l’impostazione del primo allestimento, è stato in grado di aggiornare e svecchiare continuamente lo spettacolo, facendo così in modo che il pubblico di ieri e di oggi continui a rimanerne innamorato e chiuda ogni rappresentazione con una standing ovation. Saverio Marconi, coadiuvato da un team creativo di tutto rispetto, mette in scena un Grease sempre frizzante, divertente, colorato e ricco di emozioni. Le luci di Valerio Tiberi e Francesco Vignati, i video di Virginio Levrio e le scenografie di Gabriele Moreschi riproducono perfettamente l’America degli anni 50.

Il cast è da urlo. Guglielmo Scilla, pur non essendo un cantante, si muove con disinvoltura e professionalità sul palco e ci regala un nuovo e credibile Danny Zuko, complice anche l’affiatamento e la sintonia con la sua Sandy. Lucia Blanco è semplicemente strepitosa: splendida voce, straordinaria ballerina! La sua Sandy è perfetta: dolce e grintosa allo stesso tempo. Riccardo Sinisi, nel ruolo di Kenickie, si conferma come uno dei performer più versatili e talentuosi di questi ultimi anni. Non sono da meno la brava Eleonora Lombardo, nel ruolo di Rizzo, e Nick Casciaro che, con la sua meravigliosa voce basso baritonale, conquista la scena nel duplice ruolo di Vince Fontaine/Teen Angel.

La musica dal vivo è un ulteriore valore aggiunto di questo spettacolo.

Grease resta uno spettacolo senza tempo, un evergreen, da vedere e rivedere continuamente.

Teatro della Luna fino al 30 aprile 2017