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I tormenti dei “Creditori” di Strindberg secondo Guaineri

di zZz – È in scena Strindberg: “Creditori” (1889). Teatro Libero di Milano: 20-26 febbraio 2017; regia di Luigi Guaineri, con Fabio Banfo, Monica Faggiani e Fabrizio Martorelli. Una prima nazionale di un testo di certo tra i meno frequentati dai registi italiani, ma che negli ultimi dieci anni ha potuto contare su un discreto numero di messinscene. D’altra parte, Strindber è per molti, ma non per tutti. I suoi testi sono ‘camere di tortura’; sono tifoni di parole pungenti e – non di rado – ciniche: di quelle per le quali si può impazzire, urlare o anche restare attoniti, con lo sguardo fisso su una crepa aperta sulle certezze. E è quando la parola diventa bisturi e l’anima viene spiattellata sul tavolo di un anatomopatolo che inizia la lotta per la sopravvivenza: si salvi chi può. Ma nei “Creditori” chi si salva? Adolf muore, ma gli altri due – tra crediti e debiti – non vivono (più). E se camminano sono corpi in cerca di sicurezze che non avranno mai: quale abito indosserà Tekla per la festa a cui non arriverà (forse)? E che ne sarà di Gustav al termine della partita che ingaggia e vince contro Adolf, prima, e Tekla, poi? E quale è il premio? Nessun premio; solo la soddisfazione di trafiggere con le parole gli avversari fino a sfinirli. Tutto questo è “Creditori”. Tutto questo Luigi Guarnieri lo ha reso bene; e lo ha interpretato in maniera superba soprattutto la Tekla abbagliante ed energica di Monica Faggiani, che, rispetto agli altri attori, con il suo ingresso in scena ha senz’altro dato una svolta al ritmo e alla godibilità dello spettacolo. Certo, Strindberg fa paura a tutti: attori e registi, che spesso non osano o osano “quanto basta”. Ma Strindberg ha fatto paura anche al pubblico del Libero, che – pure nei momenti in cui i dialoghi raggiungevano il massimo a livello di commedia-tragica – faceva fatica a lasciarsi andare a qualche risata: forse perché il dubbio contagia e il dramma di chi vive nel dubbio crea empatia e porta ad essere silenziosamente rispettosi della tragedia, che, Luigi Guaineri fa consumare in un ambiente molto essenziale, scarno, risuonante dell’enfasi posta sulle metafore corporee/chirurgiche della psicoanalisi (mi vedrai dissezionare un’anima e le viscere sul tavolo… poi non potrai più farne a meno). Uno spettacolo, insomma, fedele al testo (per fortuna!), senza tanti fronzoli ‘sperimentali’. Meglio se gli attori avessero fatto un uso più consapevole degli impedimenti che il regista ha voluto mettere loro: gli oggetti di scena (i cerchi a terra sul palcoscenico) ci sono piaciuti; ma sono rimasti una bella opportunità in parte mancata. Le proiezioni video, invece, ridondanti e non in linea con l’asciuttezza che Luigi Guaineri ha dato (e ha fatto bene) al suo “Creditori”.




A tu per tu con I Legnanesi

Sedici anni insieme sono tanti per una compagnia teatrale ma I Legnanesi, veri eredi dell’Avanspettacolo e della rivista degli Anni 50,  sono pronti a festeggiare i diciassette anni tornando in scena con il nuovo show “I Colombo viaggiatori” in scena al Teatro Nazionale che Banca di Milano a partire dal 4 gennaio. “Il nostro segreto è quello di non avere donne in compagnia: tutti e venti gli artisti inscena sono uomini” sostiene, a margine della presentazione del nuovo show, Antonio Provasio che insieme ad Enrico Dalceri e Luigi Campisi ha dato vita alla rinascita della storica compagnia dei Legnanesi nelle vesti rispettivamente delle tre maschere della famiglia Colombo: Teresa, la donna del cortile icona dei “poverchrist” e sempre attenta a tutto quello che succede, Mabilia, la figlia zitella con velleità da soubrette e Giovanni, il padre di famiglia sfaccendato e un po’ allegro (ironia della sorte Luigi Campisi che interpreta il ruolo è completamente astemio e, nonostante tutto, è capace di stare in scena a lungo senza parlare, giocando solo sulla mimica facciale di chi alzato un po’ il gomito). I Legnanesi, anche formato 2.0, hanno infatti mantenuto la tradizione delle origini, di quei Legnanesi nati nel 1949 nell’Oratorio di Legnarello con Felice Musazzi e Toni Barlocco  quando in parrocchia vigeva ancora la separazione dei sessi, quanto meno in scena. “All’epoca lavoravo come “boys” ballerino di fila  nella compagnia da 9 anni e, insieme a  Enrico Dalceri (ballerino da 7 anni) e a Luigi Campisi, già Giovanni al tempo di Musazzi,  complice Sandra Musazzi come direttore artistico, abbiamo ripreso la tradizione e riportato in scena lo spirito del cortile lombardo” ricorda Provasio. Sedici anni dopo i numeri danno ragione alla scommessa di mantenere la tradizione delle maschere lombarde per eccellenza: con oltre 130mila spettatori e 100 repliche a stagione I Legnanesi si confermano di anno in anno tra gli spettacoli più visti.  “Tra prove e spettacoli non riusciamo a mettere in agenda altre date. Peccato. Quest’anno abbiamo dovuto rinunciare a Roma, dove lo scorso anno abbiamo registrato sold out, per mancanza di date” sostiene Provasio.

Dopo tanti anni in scena sempre nello stesso ruolo…non siete stanchi? Non avete tentazioni di provare altre strade?
Assolutamente no” rispondono all’unisono Provasio, Dalceri e Campisi che vedono ancora molte sfaccettature da sviluppare nelle rispettive maschere.

Avete mai pensato a un percorso in tv?
Non vogliamo portare lo spettacolo in tv. Lo spettacolo pensato per il teatro va visto in teatro, dal vivo. Per questo stiamo pensando a soluzioni televisive diverse, da gestire direttamente. Sit-com sul modello di Sandra e Raimondo, due icone della televisione italiana” spiega Provasio.

Dopo la conquista di Roma, qual è il prossimo obiettivo?
Napoli. Assolutamente Napoli. E ci arriveremo” rispondono Provasio, Dalceri e Campisi .

Ma fuori da Milano …vi capiscono?
Il dialetto rappresenta la nostra cultura ed è fondamentale nella nostra espressione. Ma negli ultimi anni ci siamo un po’ italianizzati e aggiornati anche per agganciare i giovani e ringiovanire il nostro pubblico” commenta Provasio.

Non vi ha mai tentato il mercato estero?
Siamo andati in scena in Svizzera e c’era stato un contatto con il Kenya. ma i costi per spostare le oltre quaranta persone della compagnia sono troppo elevati da sostenere” spiega Campisi.

La compagnia dei Legnanesi ormai è un’istituzione, avete mai pensato a una “scuola” per diventarne parte?
Tradizionalmente, all’interno dei Legnanesi, i “boys”, ovvero i ballerini di fila, crescono e, nel tempo, possono acquistare peso. Un po’ come accaduto a noi” sostiene Provasio

Un’ultima curiosità,  i  costumi che tradizionalmente contraddistinguono gli spettacoli dei Legnanesi sono strabilianti …quanto costa un allestimento?
Tanto …non meno di 250mila euro” spiega Dalceri che si occupa anche della realizzazione scenografie e degli abili dello show.

Oltre ai Legnanesi, chi vi è ultimamente piaciuto a teatro?
Il Marchese del Grillo con Enrico Montesano e sicuramente Virginaia Raffaele” conclude Provasio.

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Cantine San Marzano: profumi, sapori e cultura della Puglia

di Alessandro Oteri – Le previsioni del meteo sono catastrofiche: una tempesta di feste si abbatterà sulla penisola dal 25 dicembre, con raffiche di pranzi di grandi consistenza. E noi siamo pronti: forchetta e coltello alla mano, dopo un anno di allenamento della mascella, lontani dalla prova costume, non vediamo l’ora di mangiare tutte le prelibatezze che Natale & c. offrono. Antipasti di terra e di mare, caldi e freddi, alici marinate, una ricca savoiarda, pasta all’uovo fatta in casa con ragù che ha bollito giorni, ravioli in brodo, tacchino ripieno di castagne o faraona alla melagrana, insalata russa, capricciosa, panettone con crema al mascarpone, zabaione allo champagne e chi più ne ha, più ne metta. Di fronte a tutto questo ben di dio, non si può trascurare una cosa molto importante: il vino! Eh sì, signori miei, che pasto sarebbe senza il vino? Per pranzi simili, poi, ci vorrebbe un buon vino: corposo, intenso e profumato. Ovviamente italiano.

Io quest’anno ho scelto di accompagnare i pasti delle mie feste con dei vini che ritengo rappresentino al meglio la nostra nazione e la nostra tradizione: i vini di Cantine San Marzano. Ottimi rossi corposi, ricchi, intensi ma morbidi al palato e bianchi da un gusto che non si può che definire mediterraneo, perché, se chiudi gli occhi mentre li sorseggi, ti sembrerà di essere vicino al mare, tra ulivi odorosi.

Cantine San Marzano porta la Puglia in tavola. I suoi vini nascono proprio nell’area Dop del Primitivo di Manduria: a cavallo tra il mar Ionio e l’Adriatico, tra le province di Taranto e Brindisi, dove il suolo è arido, argilloso e calcareo, a tessitura fine, e i vigneti poggiano su strati di roccia tufacea molto superficiali. È questo il tipico terroir mediterraneo, caratterizzato anche da un’intensa presenza di ossidi di ferro, che conferisce quella nota colorazione rossa alla terra. Una zona che risente anche di un clima estremo: arsura, brina, venti di scirocco, alte temperature, forti escursioni termiche fra il giorno e la notte e venti provenienti delle vicine coste, da cui la vite, pur provata, riesce comunque a trarre giovamento.

Da questi vitigni nascono vini pregiati e raffinati, ottimi per pranzi ricchi e abbondanti, come quelli che ci aspettano nei prossimi giorni, ma anche per i pasti di ogni giorno o come vini da meditazione. Cantine San Marzano ha nel suo listino vini per ogni occasione o, meglio, adatti per le più diverse portate.

Indiscusso padrone di casa è il SESSANTANNI Primitivo di Manduria DOP, un vino che ha segnato la storia delle Cantine: corposo, ma morbido, di colore rosso rubino intenso, profumo fruttato e leggermente speziato, con un retrogusto di cacao, caffè e vaniglia, si accompagna perfettamente a robusti primi o piatti di carne. La sua evoluzione è ANNIVERSARIO 62 Primitivo di Manduria DOP Riserva. Entrambi sono anche vini da meditazione.

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EDDA (Lei) Bianco Salento IGP è il bianco ideale da abbinare ai piatti di pesce o ai formaggi. è un vino fresco, colore paglierino con riflessi dorati e un profumo intenso floreale, di pesca e vaniglia, un vino di tempra minerale, come l’anima di una elegante donna salentina. Un fresco profumo di Mediterraneo.

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LIBOLL è invece il fresco, brioso e gradevole spumante Extra Dry della casa, ottimo per l’aperitivo o per accompagnare antipasti di mare. Ha un perlage vivace e una piacevole spuma che riempie il palato, lasciando un fresco sentore di delicati fiori.

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E per concludere il pasto, ottimo come accompagnamento al dessert, 11 FILARI: un intenso vino da meditazione color rosso rubino, con percezione di miele mitigato da una giusta acidità.

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Con Cantine San Marzano, leader del settore vitivinicolo pugliese fin dal 1962, si portano in tavola i profumi, i sapori e la cultura della Puglia.

Che dire di più? Provateli e buone feste a tutti.

Per info www.cantinesanmarzano.com




Piparo “Porto in scena Evita e sogno il Fantasma dell’Opera”

Alla vigilia della prima nazionale di Evita, l’opera di Andrew Llyod Webber e Tim Rice portata in Italia da Massimo Romeo Piparo, il regista rivela a Cosmopeople di avere due sogni nel cassetto: portare in scena “Il Fantasma dell’Opera” sempre di Lloyd Webber e “La Cavalleria Rusticana” di  Pietro Mascagni. Due sogni in realtà non così distanti come potrebbe, in apparenza, sembrare. Il problema, svela Piparo, per il Fantasma dell’Opera è l’allestimento. Per il musical di Webber occorrono teatri d’opera che, però, in Italia difficilmente vengono concessi per questo genere di spettacolo. Purtroppo. Anche Cosmopeople, come Piparo, sogna infatti prima o poi di non dover andare fino a Londra o a New York per godere de “Il Fantasma dell’Opera”. Quanto alla direzione di un’opera lirica “non mi chiamano mai, nonostante la mia esperienza. Eppure, sarei disposto a lavorare anche per teatri piccoli, pur di potermi dedicare alla lirica e dirigere Cavalleria Rusticana” confessa con un pizzico di amarezza Piparo.

Intanto domani, al Teatro della Luna di Assago (Milano), debutta Evita, con Malika Ayane e Filippo Strocchi. Un dejà vù, considerando la sua precedente produzione del 1996.  Perché questa scelta di tradure canzoni iconiche dall’italiano all’inglese? Tutto sommato la sua ultima produzione di “Jesus Christ Superstar” è stata un successo anche mantenendo le canzoni in lingua originale.
Piparo: “La storia di Cristo è cosciuta. Per Evita volevo che il pubblico potesse avvicinarsi al personaggio e comprenderne tutte le diverse sfaccettature. Il che era possibile solo traducendo i testi di Tim Rice dall’originale inglese all’italiano così da poter tirare le fila del racconto. Persino davanti al film di Madonna e Antonio Banderas il pubblico obiettava che si trattava di una pellicola tutta cantata e tutta in inglese. Vorrei eliminare almeno il problema della comprensione in modo da rendere lo show pienamente apprezzabile dal maggior pubblico possibile. Evita, infatti, lascia il segno. Lo lascia in chi legge la sua storia, ascolta questa musica, rivive quel periodo storico. Usare una lingua immediatamente e totalmente comprensibile ha permesso di andare più a fondo nella psicologia dei personaggi e rende prontamente leggibile la differenza tra storia e fantasia, in un continuo gioco di contrasti, tra luce e buio, bianco e nero, giusto e sbagliato, possibile e impossibile“.

Manterrà l’italiano anche nel tour estero che con Evita promette di bissare i successi ottenuti da “Jesus Christ Superstar”? Ha già le date?
Piparo: “All’estero Evita sarà in inglese. Per quanto riguarda il tour, pur avendo già avuto contatti a riguardo, posto che lo show è nato per essere allestito anche al di fuori dei confini nazionali, non ho ancora le date. Prevedo comunque per Evita, così come è stato per “Jesus Christ Superstar”, tappe in Olanda e nel Nord Europa dopo il 22 gennaio, quando per Evita si chiude il round in Italia dopo Milano (9-27 novembre), Genova (Politeama Genovese dal 29 novembre), a Firenze (Teatro Verdi dal 6 dicembre), Teatro Sistina a Roma (14 dicembre- 15 gennaio) e Trieste al Politeama Rossetti (dal 18 gennaio)“.

Rispetto al 1996 cos’è cambiato per Evita?
Piparo: “Sostanzialmente è cambiato il modo di raccontare le storie con l’esplosione di immagini e suoni resa possibile da Youtube, Google, Wikipedia. La sterminata forza della rete, non esisteva nel 1996. Ero io a dover raccontare una storia poco nota in Italia e l’idea di proiettare in scena immagini recuperate sulle bancarelle di Buenos Aires, rendeva il mio spettacolo innovativo, formativo, narrativo. Oggi quel modello mi si è sgretolato davanti. E se da un lato ciò agevola la missione del racconto, dall’altro sottrae magia alla messinscena di quella che rimane un’Opera calata nella Storia. Questo nuovo allestimento, a distanza di vent’anni, ha come pilastro la scelta della lingua italiana per i testi. La struttura operistica, e cioè interamente cantata e senza spazi di prosa, fa sì che nelle canzoni si racchiuda tutta la magia e la poesia del racconto“.

Quanto costa Evita? E in quanto tempo prevedete di ammortizzare i costi?
Piparo: “Il solo allestimento supera il milione. L’intera produzione, cast compreso i 2,5 milioni. Speriamo di ammortizzarla presto e comunque entro il 22 gennaio“.

..e dopo Evita a cosa sta lavorando?
Piparo: ” Ho in cantiere due progetti: una produzione originale tratta dal film di Roberto Rossellini “Roma città aperta”,  di cui ho rilevato i diritti, e una riproposizione di “Mamma Mia

Almeno per “Mamma Mia” le canzoni degli Abba le lascerà in inglese? Ha visto e cosa pensa della prima produzione di Mamma Mia allestita pochi anni fa in Italia?
Piparo: “Le canzoni degli Abba in “Mamma Mia” saranno lasciate in originale, ma rispetto a Evita si tratta di uno show differente… non un’opera rock ma una commedia musicale. Quanto alla produzione di qualche anno fa. …che dire, onestamente preferisco non esprimermi

“Jesus Christ Superstar”, “Evita” e ora “Mamma Mia”, oltre al Sogno di portare in Italia “Il Fantasma dell’Opera” … musical che hanno oltre 17 anni e, in alcuni casi, più di quaranta. Musical di successo e che continuano a esser allestiti. Così come tanti altri che, perennemente, vengono riproposti a teatro. Ma qualcosa di nuovo?
Piparo: “Il mercato italiano è particolarmente difficile. Manca il tessuto produttivo da un lato, ma anche la spinta e la curiosità da parte del pubblico che si fida, troppo spesso, dei soli titoli di cartellone noti. Noi comunque cerchiamo di coinvolgere le città in cui portiamo gli spettacoli, ospitando in scena scuole di musical, di danza, di canto e con ulteriori iniziative“.

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Alex Mastromarino e Jersey Boys tornano in Italia

Jersey Boys”, il pluripremiato show rivelazione della scorsa stagione, vincitore degli Italian Musical Awards, torna a Milano al Teatro Nuovo dal 3 al 20 novembre, dopo aver conquistato il pubblico parigino. Lo spettacolo del regista Claudio Insegno, infatti, ha letteralmente sbancato al Folies Bergère di Parigi, registrando il tutto esaurito ogni sera, standing ovations da parte di un pubblico coinvolto e molto entusiasta nonché un grande successo di critica sulla stampa locale.

Abbiamo incontrato Alex Mastromarino, il protagonista di questo entusiasmante show. Alex, che veste i panni di Frankie Valli, storica indimenticabile voce dei Four Seasons, è stato scelto tra oltre duemila perfomer e, dopo tanti anni da caratterista, ora è al suo primo vero ruolo da protagonista.

D. Alex, calchi le scene da circa 16 anni, sei un performer completo, cosa ti ha portato a voler far parte del cast di “Jersey Boys”?

R. Intanto “Jersey Boys” segna il mio ritorno al musical, dopo tre anni di fermo in cui mi sono dedicato all’apertura della mia accademia a Livorno, la WOS Academy, nella quale a tutt’oggi insegno. In questi 16 anni di palco scenico ho fatto tanti spettacoli, tutte esperienze favolose. Tra i tanti mi piace ricordare “Pippi Calzelunghe” con Gigi Proietti e la regia di Fabrizio Angelini; “Aladin” con Manuel Frattini, in cui interpretavo Abù; due spettacoli che ho fatto con Paolo Ruffini; e naturalmente i musical fatti con Compagnia della Rancia: “The Producers” con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi e “Grease” in cui avevo il ruolo di Roger. Tutte bellissime esperienze, che mi hanno dato molto, ma in cui ero un caratterista. “Jersey Boys” mi ha convinto a ritornare al musical perché finalmente non sarei più stato un caratterista ma un personaggio a tutto tondo, completo, che vive momenti drammatici, commoventi e anche divertenti. Finalmente un ruolo da protagonista.

D. Frankie Valli è un personaggio completo quindi?

R. Questo spettacolo è costruito tutto in flash back. I 4 ragazzi, i Four Season, ricordano e rivivono il loro percorso artistico dagli albori fino ad oggi o meglio fino al 1999, anno in cui sono stati inseriti nella Vocal Group Hall of Fame. Il mio Frankie, in scena, vive dai 16 anni fino ai 65. Anche per questo è un personaggio a tutto tondo.

D. Come è stato lavorare con Claudio Insegno?

R. È stato fantastico! Claudio è un grande, una persona molto simpatica. La cosa che più ho apprezzato di lui è che ci ha lasciato molta libertà nella creazione dei personaggi. Non ci ha obbligati a restare fedeli al copione né ad imparare miliardi di battute o movimenti a memoria, lasciando così la possibilità di costruirci i personaggi addosso, di metterci molto di noi stessi. Questa libertà ha permesso anche di avere sempre un clima molto sereno e giocoso durante le prove.

D. Lo spettacolo è fedele all’originale inglese?

R. Assolutamente, sia a livello di scenografia sia di costumi sia di coreografie. Unica modifica, e anche in questo Claudio è stato un grande, è l’umorismo. Le battute sono state adattate al pubblico italiano. L’umorismo anglosassone non avrebbe di certo funzionato qui da noi. Claudio ha caratterizzato moltissimo l’ensemble, tutti attori bravissimi, un cast meraviglioso, di grandi eccellenze, “italianizzandolo” a livello di battute e di testo.

D. “Italianizzazione” che è stata apprezzata anche a Parigi. Come è andata al Folies Bergère?

R. È stata una grandissima esperienza! Mai mi sarei aspettato che lo spettacolo arrivasse fino in Francia. Non mi sono accorto della grandiosità di questa trasferta fino a quando non ho realizzato appieno che eravamo su tutti i giornali locali, come Le Monde, Le Parisien,… Lì ho capito che stavo vivendo una situazione fantastica, fuori dal comune. Sono rimasto stupito dal successo che abbiamo avuto, anche perché lo spettacolo era in italiano con sottotitoli in inglese. Invece il pubblico era entusiasta. Ogni sera vi era grande partecipazione: la gente rideva, applaudiva e si alzava a ballare. E noi che pensavamo di trovare un pubblico ipercritico e silenzioso! Ogni sera, molte persone mi aspettavano per firmare autografi e scattare foto. E la mia vocalità ha suscitato grande interesse: sono stato invitato per interviste in molte trasmissioni televisive e sono stato ospite presso la prestigiosa Accademia Nazionale del Musical. È stato straordinario. Si sono formati contatti e anche prospettive di lavoro. Non escludo di dover tornare a breve in Francia!

D. Alex, sei cantante, ballerino, attore ma anche regista e autore di spettacoli anche musical…

R. …parlare di me come regista forse è dire troppo! Non mi sono mai sentito un regista, ho fatto delle piccole cose per delle produzioni semi professionistiche ma preferisco lasciar fare questo mestiere a chi lo sa davvero fare. Sicuramente ho avuto anche questo tipo di esperienza.

D. Che cosa vedi nel tuo futuro oltre ad un possibile ritorno in Francia?

R. Nel mio futuro vedo sempre la mia WOS Academy di Livorno. Amo insegnare, amo portare i miei ragazzi a vivere le belle esperienze che mi concedo di tanto in tanto anche io. Laureandomi in vocal coaching mi sono avvicinato all’insegnamento, un mondo che mi affascina tantissimo, mi ha preso molto, ed è una strada che non lascerò mai, anzi vorrei coltivarla sempre di più perché amo davvero fare il vocal coach. Ovviamente mi piacerebbe anche fare altre esperienze a livello di spettacoli. Ora che mi sono avvicinato all’esperienza da protagonista, mi piacerebbe andare a ricoprire quei ruoli che, fisicamente, a livello attoriale, potrebbero essere congeniali per me come, ad esempio, Seamur nella “Piccola Bottega degli Orrori”.

D. C’è un musical in particolare che ti piacerebbe fare?

R. C’è uno spettacolo che ho amato moltissimo, uno spettacolo tutto italiano: “Hollywood – Ritratto di un Divo” che vedeva il grande Massimo Ranieri nel ruolo del protagonista, John Gilbert. Questo ruolo mi ha sempre molto affascinato e mi piacerebbe moltissimo un giorno poterlo fare anche io. Inoltre so che presto arriverà anche l’edizione italiana di “Mary Poppins”! Se alla produzione andasse bene un Bert non troppo alto… io mi propongo!




Le Tenute La Montina, per scoprire la Franciacorta partendo dalle cantine

La scoperta della Franciacorta non può che iniziare dalle cantine. Un ottimo punto di partenza sono Le Tenute la  Montina di Monticelli Brusati, aperte ogni giorno per accompagnare winelovers, appassionati o semplicemente curiosi alla scoperta delle blasonate bollicine in un paesaggio emozionate, ancora di più in autunno, quando la natura si veste d’oro e rubino.  Le Tenute La Montina infatti si trovano tra il lago di Iseo e l’anfiteatro morenico della Franciacorta, in una zona che gode di uno speciale microclima particolarmente favorevole alla coltivazione della vite. La “cantina che si racconta”, visite con degustazioni guidate di Franciacorta, porte aperte durante tutti gli week end: così Le Tenute La Montina di Monticelli Brusati, in Franciacorta, accolgono gli enoturisti. Le Tenute La Montina sono una delle  aziende storiche della Franciacorta con una produzione media è di 380.000 bottiglie annue.

A Le Tenute La Montina si  visita una cantina scavata per oltre 7.450  metri quadri nella collina tappezzata di vigneti, una cantina in grado di tutto l’anno la minore escursione termica possibile (attorno ai 13°- 16°)  e la condizione ottimale per la giusta maturazione dei Franciacorta. Qui la  passione e la tradizione danno vita  al perlage finissimo e persistente, alla piacevole sapidità e freschezza dei suoi Franciacorta. Gli ospiti de Le Tenute La Montina possono poi seguire i complessi passaggi che portano dalla vigna alla bottiglia finita e al bicchiere di Franciacorta dieto cui si sono tre anni minimo in cantina in cui una bottiglia viene toccata 70 volte. Imperdibile poi la tappa presso la settecentesca Villa Baiana, nobile dimora attigua alla sede aziendale e sede di mostre d’arte contemporanea allestire ciclicamente nella Sala delle Esposizioni Temporanee del Museo d’Arte Contemporanea Remo Bianco in Franciacorta.

Un tour in una delle più nobili cantina del Franciacorta non può poi che concludersi con un brindisi. A Le Tenute La Montina si possono scegliere fra tre generi di degustazioni (da uno a tre tipologie di Franciacorta), abbinate a grana padano e salame bresciano.

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DOVE, COME E A QUANTO -Le Tenute La Montina
Dalle 10 alle 15.30
Prezzo: da 10 a 20 euro a seconda della degustazione scelta
Per informazioni: 030.653278.

 

 




Dante, Verona, la Valpolicella e il vino

Proprio ora che con “Inferno”, il film di Ron Howard tratto dal libro di Dan Brown  e interpretato da Tom Hanks , ha riportato Dante nelle conversazioni quotidiane, oltre che alla ribalta internazionale, può essere interessante andare sulle orme di un Dante meno conosciuto …quello veronese. L’autunno potrebbe essere la stagione ideale per andare per Verona e la Valpolicella alla scoperta del sommo poeta …..e dei suoi discendenti che oggi si dedicano anche all’ospitalità e alla produzione del vino … proprio a Verona, lontano dalla “natia” Firenze.

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Dante su invito di Cangrande della Scala, alla morte dell’Imperatore decise di trasferirsi alla corte veronese, in quegli anni nel pieno della sua potenza, dove era stata garantita la sicurezza e il rifugio per sé e per i suoi figli proprio da Cangrande. Il poeta visse a Verona solo cinque anni, tra il 1313 e il 1318, gli anni del “Paradiso“, prima poi di proseguire verso Ravenna dove Dante morì nel 1321. Ma il legame con Verona è tutt’oggi attuale. Il figlio Pietro infatti, incantato dalla  bellezza di Verona e della campagna circostante, decise di rimanervi acquistando, nel 1353, la possessione Casal dei Ronchi in Gargagnago, nel cuore della Valpolicella storica. Casa e terreni, dopo ventun generazioni, sono tuttora di proprietà dei conti Serego Alighieri, discendenti diretti di Dante e collaborano con Masi Agricola nella produzione di vini. Qui infatti si producono tra l’altro il Vaio Armaron, un raffinato Valpolicella classico e il Recioto.

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Oggi la Foresteria della tenuta Serego Alighieri, un’immensa proprietà con una villa del XIV-XVI secolo, può essere un ottimo punto per esplorare Verona, la Valpolicella e le sue cantine a partire proprio dalla cantina dei discendenti di Dante che si contraddistingue, a giudizio degli esperti, per la presenza i fusti di ciliegio in cui riposano i vini del casato e di un  tradizionale fruttaio per l’appassimento delle uve. 

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DOVE E COME
La Foresteria: via giare 277, Gargagnago,  Sant’Ambrogio di Valpolicella
La rivendita: Via Stazione Vecchia, 472 – Loc. Gargagnago, Sant’Ambrogio di Valpolicella
39-045-7703622
serego@seregoalighieri.it

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Arlecchino torna a Milano

Arlecchino servitore di due padroni apre il 25  ottobre  la Stagione  del Teatro San Babila dove rimarrà in scena fino al 30 ottobre. Firma lo spettacolo Carlo Boso che ha trasposto la celebre commedia di Carlo Goldoni nella Milano del secondo dopoguerra. In scena la compagnia Cantina Rablé. Nella parte di Arlecchino, Davi Anzalone.

La scena di Arlecchino servitore di due padroni si apre nella Milano del 1947, dove le ferite della guerra sono ancora vive e l’Italia è tutta da ricostruire. La girandola di personaggi e di trame della commedia vedono al centro Arlecchino, un reduce della campagna di Russia, che per svincolarsi da situazioni critiche, non fa altro che creare guai su guai. Arlecchino soffre la fame, mente, corteggia, ama, serve contemporaneamente due padroni, pasticcia la trama e la risolve, in un carosello fatto di lazzi, trovate di spirito e colpi di scena.  ).

 “Per questa nuova edizione dell’Arlecchino servitore di due padroni ho tenuto conto di tre fattori: il primo rispettare la forma drammaturgica utilizzata da Carlo Goldoni, il secondo riattualizzare l’opera inscrivendo l’azione drammatica in un’epoca più contemporanea, terzo far sì che il ruolo del protagonista Arlecchino sia sostenuto da David Anzalone, un attore caratterizzato da particolari capacità motorie” spiega Boso che, per quanto riguarda la scelta di  far agire i personaggi in una Milano somigliante più a una Chicago degli anni ’30 che non all’attuale capoluogo lombardo, commenta: “è stata dettata dalla necessità di creare un particolare contesto per far agire quei personaggi rappresentanti del mondo dell’imprenditoria, della finanza e degli interessi pubblici e privati che caratterizzarono la fase della ricostruzione economica e morale del Bel Paese”. Solo una volta saziata la fame il “nostro “Arlecchino potrà finalmente pensare all’amore e partecipare anche alla ricostruzione del Paese.

DOVE, COME E A QUANTO

Teatro San Babila di Milano 25-30 ottobre
martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 20.30. mercoledì – domenica ore 15.30
Biglietti da 15 euro




Il Sarto per Signora è Emilio Solfrizzi

Sarto per Signora inaugura la stagione del Teatro Manzoni di Milano. La commedia di Georges Feydeau , un capolavoro di leggerezza ma allo stesso tempo costruita su un meccanismo preciso, va in scena dal 13 al 30 ottobre con la regia di Valerio Binasco. Sul palco Emilio Solfrizzi.
Il Sarto per Signora è costruito attorno alla figura del dottor Molineaux, un libertino fresco di matrimonio, ma dai dubbi comportamenti coniugali. Scambi d’identità, sotterfugi, equivoci, amori segreti sono gli elementi di base del divertente vaudeville di Feydeau che nel sarto per Signora ritrae un’umanità assurda, stramba che si ficca in situazioni impossibili e ne esce all’ultimo secondo con un balzo ancora più assurdo.

Il dottor Molineaux, protagonista de Il sarto per Signora tradisce la moglie con un’avvenente signora e, per poter incontrare la sua amante senza destare alcun sospetto, si finge sarto, creando così una serie di gag che coinvolgono tutti i protagonisti della piéce. Una comicità amplificata dal virtuosismo tecnico dell’autore capace di assommare colpi di scena comici ed equivoci con la precisione di un chirurgo. I personaggi dell’ opera sono quelli tipici della commedia degli equivoci. E in effetti, in Sarto per signora le incomprensioni, casuali e volute, non mancano di certo. Feydeau preparava i suoi testi secondo schemi geometrici in cui le uscite e le entrate, gli incontri impossibili, le false scoperte, i rimandi e le coincidenze, disegnavano figure impeccabili che tuttavia sottendono una società borghese fondata solo sull’apparenza. La follia catastrofica senza senso rivela alla fine sulla scena un crollo totale dei valori. L’attualità di questo commediografo francese, sta nel fatto che il pubblico di oggi, rivedendo i suoi vaudevilles, non li considera affatto come figli di un’epoca determinata, passata e superata, ma coglie in essi una relazione con il presente e con la società attuale.  In Sarto per signora c’è già tutto l’estrodi Feydeau: la trama è basata sul classico triangolo adulterino: lui, lei, l’altro o l’altra, ma soprattutto, quello che non manca mai, è la concentrazione di tutti i personaggi in un solo luogo, dove si incontrano tutti quelli che non si sarebbero mai dovuti incontrare: mariti, mogli, amanti, amanti dei mariti, amanti delle mogli. La sua produzione di opere, tutte da ridere, è uno specchio deformato del suo tempo: la Bella Epoque, di quel periodo privo di preoccupazioni e che sfociò, poi, nella Grande Guerra.

DOVE, COME E A QUANTO

Teatro Manzoni di Milano 13-30 ottobre
Feriali ore 20,45 – Domenica ore 15,30
Biglietti da 23 euro




Apertivo in Concerto, un’intera stagione per scoprire il jazz

Al via la 32° edizione di “Aperitivo in Concerto” con dodici concerti da non perdere che si terranno presso il Teatro Manzoni di Milano. Dodici straordinari eventi con artisti, che di rado frequentano le sale concertistiche italiane, e progetti in grado di offrire al pubblico italiano un’emozionante, visione d’insieme delle nuove musiche contemporanee, con una grande attenzione alle più originali proposte che vanno delineando il futuro del jazz e della musica improvvisata.

Domenica 30 ottobre 2016, ore 11.00

SF JAZZ COLLECTIVE
The Music of Miles Davis & Original Compositions

Si presenta per la prima volta in Italia, grazie alla rassegna Aperitivo in Concerto,  questo folgorante ensemble che già da alcuni anni, negli Stati Uniti, ha prodotto alcune fra le più significative e interessanti riletture di autori diversi appartenenti alla tradizione del jazz e della musica popolare di origine africano-americana come Joe Henderson, Stevie Wonder, Chick Corea, McCoy Tyner, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Ornette Coleman, John Coltrane, Thelonious Monk. Otto eccezionali musicisti (il trombettista Sean Jones, il trombonista Kevin Eubanks, i sassofonisti Miguel Zenón e David Sánchez, il vibrafonista Warren Wolf, il pianista Edward Simon, il contrabbassista Matt Penman e il batterista Obed Calvaire), fra i protagonisti del concertismo improvvisato contemporaneo, presenteranno le lori vibranti reinterpretazioni di alcuni capolavori del jazz moderno e, soprattutto, delle più belle e attraenti composizioni di quel genio che è stato Miles Davis, riproponendo con scrittura agilissima e brillanti contributi solistici il costante riallaccio fra la musica improvvisata e le sue radici popolari africano-americane.

Domenica 13 novembre 2016, ore 11.00

AVI LEBOVICH & THE ORCHESTRA – feat. Omer Klein

La spettacolare orchestra guidata dal trombonista Avi Lebovich racchiude i migliori solisti israeliani in una formula che rilegge e aggiorna il linguaggio mainstream delle big band degli ultimi trent’anni, senza intenti enciclopedici ma con un fortissimo senso della contemporaneità e della “inclusività” culturale che essa oggi impone: il linguaggio improvvisativo si arricchisce perciò di una molteplicità di elementi che provengono da più tradizioni e che rimescolano in continuazione le carte dell’espressività. L’esibizione dell’orchestra, per la rassegna di Aperitivo in Concerto, vanta inoltre la presenza, come solista ospite, di uno fra i più brillanti pianisti israeliani dell’ultima decade, Omer Klein.

Domenica 20 novembre 2016, ore 11.00

SLY & ROBBIE meet NILS PETTER MOLVAER feat. Eivind Aarset, Vladislav Delay

Una fra le più celebri sezioni ritmiche della musica degli ultimi trent’anni, quella formata dai giamaicani Sly Dunbar (batteria) e Robbie Shakespeare (basso), incontra un pioniere dell’electro-jazz come il poetico trombettista Nils Petter Molvær, con la collaborazione di due alchimisti dei suoni elettrici e elettronici più evocativi come il chitarrista Eivind Aarset e il mago dell’elettronica Vladislav Delay. Mondi apparentemente opposti che s’incontrano, qui ad Aperitivo in Concerto,  timbri e armonie complesse che si fondono in un unico, poderoso e trascinante impulso ritmico dal gusto noir. Un vero evento, all’insegna di una teatralità arcana, in cui si dipanano culture estremamente diverse ma accomunate dallo stessa volontà di dialogo e di creatività.

Domenica 27 novembre 2016, ore 11.00

ALEXANDER HAWKINS ENSEMBLE

Ilpianista inglese Alexander Hawkins è artista dalla spiccata originalità, capace di muoversi con uguale efficacia nel complesso mondo delle avanguardie così come in quello della tradizione. Brillante pensatore musicale, questo pianista di Oxford sa rendere affascinante e persino accessibile una serie di complesse realizzazioni musicali, che s’arricchiscono non solo del suo virtuosismo, ma di un senso poetico che non rinuncia all’indagine, allo scandaglio gettato nel mare di nuove sonorità. Hawkins si presenta per la prima volta a Milano, qui a Aperitivo in Concerto,  a capo di un brillante sestetto che comprende musicisti di eccezionale levatura come il sassofonista Jason Yarde e il contrabbassista Neil Charles, già collaboratore del celebre batterista Jack DeJohnette.

Domenica 4 dicembre 2016, ore 11.00

FREDERIC RZEWSKI
The People United Will Never Be Defeated – El Pueblo Unido Jamás Será Vencido

Dopo lunghi anni di assenza, si ripresenta a Milano, per la rassegna Aperitivo in Concerto, uno fra i più grandi talenti compositivi delle avanguardie storiche americane, l’affascinante pianista virtuoso Frederic Rzewski, autore capace di fondere con infallibile spirito poetico i più complessi procedimenti delle avanguardie con una ricchezza lessicale che sa toccare ogni genere, dalle tradizioni popolari americane e africano-americane all’improvvisazione. A Milano presenterà l’opera che per molti è il suo capolavoro e che sicuramente è fra i grandi capisaldi della letteratura pianistica del tardo Novecento, le spettacolari, mobilissime, camaleontiche 36 variazioni sulla celebre canzone di Sergio Ortega, El Pueblo Unido Jamás Será Vencido, che Rzewski ha composto come contraltare alle celebri Variazioni Diabelli di Beethoven. Un vero e proprio evento di grande, grandissima musica.

Domenica 11 dicembre 2017, ore 11.00 – CONCERTO DI NATALE

ESTER RADA ENSEMBLE 

Ogni anno, “Aperitivo in Concerto” presenta, in prossimità delle feste natalizie, uno spettacolo che sappia coniugare la più alta qualità ideativa con la capacità d’intrattenere, nella convinzione che la Cultura possa e sappia essere anche un’altissima forma di comunicazione e divulgazione. Ancora una volta è stato scelto un progetto capace di innovare e rinnovare la tradizione, come nel caso della spettacolosa cantante etiope-israeliana Ester Rada, interprete che ha dimostrato di saper rileggere con trascinante ed esplosiva vitalità tradizioni come quella etiope e quelle mediorientali all’insegna di una vocalità che trae esempio dalle lezioni di interpreti storiche africano-americane come Ella Fitzgerald, Nina Simone, Aretha Franklin e, in tempi ancora più vicini a noi, Eryka Badu e Lauryn Hill. Autentico animale da palcoscenico, Ester Rada testimonia la nuova creatività che quotidianamente ormai ci giunge da ogni parte del globo, fondendo linguaggi, culture e tradizioni diverse e dando vita a sincretismi che già oggi sono la colonna sonora del nostro domani.

 

Domenica 15 gennaio 2017, ore 11.00

VIJAY IYER & WADADA LEO SMITH
A Cosmic Rhythm With Each Stroke

Due appassionati e appassionanti poeti e esploratori dei suoni e dell’improvvisazione: Vijay Iyer e Wadada Leo Smith spingono la musica improvvisata verso nuove frontiere, varcate con la funambolica capacità creativa di chi è in possesso delle chiavi di accesso di arcani sistemi lessicali. Musica che sa agire attraverso nuove concezioni del tempo e dello spazio, in un dialogo fitto e intenso che sa però trovare nuove libertà, nuova scioltezza, nuovi terreni d’incontro. Un duo che sa liberare la musica da lacci e lacciuoli per entrare nel campo della pura libertà poetica e che, con la collaborazione del contrabbassista Stephan Crump e del batterista Marcus Gilmore, si trasformerà nel corso del concerto previsto per Aperitivo in Concerto anche in un inedito quartetto.

Domenica 22 gennaio 2017, ore 11.00

JOE DALEY TUBA TRIO – feat. Warren Smith & Scott Robinson with special guest Bill Cole
“Prayer Rituals: A Quest For Inner Peace”

Strepitoso solista alla tuba (chi non ricorda le sue collaborazioni con Sam Rivers, Howard Johnson, Gil Evans, Charlie Haden, Carla Bley?), pensatore musicale sopraffino, da tempo Joe Daley conduce un’esplorazione, sofisticata e attraente al contempo, delle radici della musica improvvisata africano-americana e dei suoi incontri con altre culture. La sua esibizione a Milano, per Aperitivo in Concerto,ci permette di ritrovare un musicista straordinario, accompagnato da strumentisti eccelsi che è difficile ascoltare di frequente in Italia, come il trombettista Bill Cole, il sassofonista e polistrumentista Scott Robinson, il geniale vibrafonista, batterista e percussionista Warren Smith.

 

Domenica 29 gennaio 2017, ore 11.00

ROSCOE MITCHELL ENSEMBLE
Roscoe Mitchell Plays John Coltrane

Geniale compositore e polistrumentista, fra le anime del multiforme e storico Art Ensemble of Chicago, Roscoe Mitchell non è solo un protagonista delle più creative avanguardie musicali africano-americane, ma un conoscitore profondo delle  tradizioni della propria cultura, che affonda le radici nel jazz e nella sua storia. Mitchell, in occasione del cinquantenario della morte di John Coltrane, affronta alcune fra le più significative pagine coltraniane, rivivificandone lo spirito, cogliendone l’essenza e il più profondo significato, esaltandone la perenne modernità. Un progetto originale, concepito appositamente per “Aperitivo in Concerto”, e che vede Mitchell attorniato da musicisti di indiscutibile rilevanza come la violoncellista Tomeka Reid, la violinista Mazz Swift, la contrabbassista Silvia Bolognesi, il contrabbassista Junius Paul, il batterista Vincent Davis.

Domenica 5 febbraio 2017, ore 11.00

OMER AVITAL QUINTET

Ritorna sulle scene italiane, per Aperitivo in Concerto, il gruppo di uno fra i più affermati musicisti di oggi, il contrabbassista israeliano Omer Avital. Trapiantatosi da lunghi anni a New York, Avital non ha mai cessato di condurre una vera e propria esplorazione delle proprie radici culturali marocchino-yemenite. Il mondo delle arcaiche ma ancora vitali tradizioni sefardite, con le sue melodie ascensionali e le sue perorazioni incantatorie e arcane è particolarmente presente nell’opera di questo musicista, questa volta a capo di un gruppo di giovanissimi virtuosi israeliani, cui si aggiunge il noto pianista Yonathan Avishai: emerge una serie di lavori ricchi di quella peculiare energia che oggi caratterizza la migliore produzione musicale mediorientale, conscia del proprio passato ma tesa a rifletterlo con innovativi e affascinanti risultati nel nostro presente.

Domenica 26 febbraio 2017, ore 11.00

INDUSTRIAL REVELATION with Special Guest Okanomodé Souldchilde

Il centro del mondo musicale americano, e uno fra i principali perni culturali nel mondo, è sicuramente New York. Città come Chicago, New Orleans, Detroit, Philadelphia hanno sicuramente contribuito a delineare le sorti storiche della musica improvvisata, senza mai scalfire il magnetismo e la capacità d’attrazione della Grande Mela. Persino una vera e propria megalopoli come Los Angeles, con tutto il suo calderone polietnico, pare impallidire di fronte alla ricchezza culturale newyorkese. Industrial Revelation è il nome di un eccezionale gruppo di giovani musicisti provenienti da Seattle, città che negli Stati Uniti è ironicamente conosciuta soprattutto per le abitualmente pessime condizioni atmosferiche e che nel mondo è assurta a fama musicale per essere stata la culla dello stile “grunge” e di un gruppo come i Nirvana di Kurt Cobain. Ma i musicisti che compongono Industrial Revelation, e che oggi vanno affermandosi sui principali palcoscenici americani, dimostrano che non solo anche al di fuori di New York esiste una musica improvvisata particolarmente creativa e originale, ma che a Seattle sta nascendo un modo di intendere l’improvvisazione al di fuori degli schemi. È una musica, quella degli Industrial Revelation, che ha abbandonato certi contrasti forti, certe dinamiche accese del jazz, concentrandosi su aspetti dell’improvvisazione di gran lunga meno battuti: colpisce nei lavori di questi musicisti l’intenso afflato poetico, la malinconica bellezza dei materiali tematici, l’eleganza degli sviluppi e, al contempo, la capacità di dare una veste drammatica e coinvolgente a un vero e proprio stile che è tutt’altro che incline a una grazia accondiscendente. Perché delle tradizioni del jazz gli Industrial Revelation hanno saputo conservare, e persino ampliare la capacità di narrare una storia facendone diventare protagonista il pubblico. Esiste oggi, grazie a questi superbi interpreti e strumentisti, un vero e proprio “stile” di Seattle che sembra non casualmente riflettere la complessa introspezione della città.

Domenica 5 marzo 2017

DANIEL ZAMIR QUARTET

Daniel Zamir è un genio che l’Italia non ha ancora scoperto, e che si propone al pubblico con “Aperitivo in Concerto”. Questo incendiario sopranista israeliano, che da anni elabora la tradizione ebraica all’insegna della più libera e disinibita improvvisazione, è stato per anni un segreto ben custodito, che solo il mitico sassofonista e compositore americano John Zorn ha saputo svelare, chiedendo a Zamir di realizzare alcune superbe incisioni per la sua casa discografica, la benemerita Tzadik. Un concerto di Zamir è un evento irripetibile, irreplicabile, tanta è l’intensità estatica, una vera e propria trance, in cui egli sa immergersi e sa immergere gli ascoltatori. Erede delle tradizioni yiddish più mistiche, in cui la danza diventa strumento liberatorio di energie vitali consacrate a Dio, Zamir possiede le chiavi d’accesso a un mondo in cui l’improvvisazione è uno strumento di intensa, quasi selvaggia ascesa spirituale, in cui ritmo e melodia sono al servizio di un atto creativo che replica, in ambito terreno, il respiro del Creatore. Raramente è dato ascoltare musica così poeticamente e teatralmente capace di creare uno spirito comunitario attorno a una capacità narrativa che ha l’epico piglio e il titanico accento dei grandi Profeti biblici, e che pure, al contempo, è capace di comunicare una gioia irrefrenabile e liberatoria. Accompagnato da superbi musicisti, Zamir si avvale delle capacità non meno virtuosistiche del giovane ma già affermato batterista Amir Bresler.

DOVE, COME E A QUANTO

Abbonamento n. 12 concerti € 138
In vendita alla cassa del Teatro 02 7636901 – dir.02 763690669 – 616
Via Manzoni, 42 – Milano