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Riccardo Sinisi si racconta: “Punto su Grease per il futuro”

Dal suo debutto come protagonista in Priscilla – La Regina del Deserto non è passato molto tempo ma Riccardo Sinisi di strada ne ha fatta tanta, dimostrando di essere un performer completo e versatile. Oggi è in scena al Teatro della Luna di Milano con Grease, dove interpreta il ruolo di Kenickie, fino al 31 di aprile 2017.

Riccardo, la tua carriera ha avuto un’impennata pazzesca in questi ultimi anni, hai fatto uno spettacolo dietro l’altro.

Sì, sono stato davvero molto fortunato, anzi potrei dire che lo sono da sempre, da quando ho iniziato a lavorare. Negli ultimi tempi mi è capitato di fare spettacoli e ruoli molto importanti uno dietro l’altro e di questo devo essere grato alla vita e a chi mi ha dato e mi dà l’opportunità di mettere ogni giorno in scena il mio sogno.

Come ti avvicini a personaggi tanto diversi tra loro?

Scelgo ogni volta un approccio diverso: cerco di capire che carattere possa avere, quale sia il suo background e poi cerco di trovare la sua storia e solo a quel punto cerco le somiglianze che quel personaggio ha con me.

Di tutti i personaggi interpretati ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionato?

Scegliere un personaggio, un ruolo che ho amato di più rispetto agli altri, è molto difficile. Sicuramente Felicia, il personaggio che ho interpretato in Priscilla, mi è rimasta più nel cuore, anche perché mi ero appena diplomato in Accademia ed è stato il mio primo vero lavoro. È stato davvero emozionante iniziare con un ruolo così importante e in uno spettacolo così bello come Priscilla. Anche il personaggio di Ray McCormack di Footloose è speciale, così come lo sta diventando, piano piano, Kenickie di Grease. In realtà è proprio difficile scegliere un solo personaggio. Ripensandoci li ho amati tutti: Pietro in Jesus Christ Superstar, Quattrocchi in Newsies, Rolf in Tutti Insieme Appassionatamente, ognuno mi ha dato qualcosa e mi ha emozionato.

Che cosa significano per te Grease, Compagnia della Rancia e Saverio Marconi?

Grease è uno spettacolo intramontabile, faticosissimo, ma bellissimo da fare, con musiche e canzoni travolgenti e coreografie impegnative. Lavorare con Compagnia della Rancia è un sogno che diventa realtà. Per me vuol dire, prima di tutto, lavorare con dei grandissimi professionisti, indubbiamente i migliori che ci sono in Italia. Sono loro che hanno portato il musical in Italia e questa maestria la vedi in tutto quello che fanno. Con Saverio Marconi è stato un’esperienza unica: da sempre desideravo lavorare con lui, farmi dirigere da lui. Con questo Grease Saverio e Mauro Simone hanno fatto un lavoro di regia fantastico, molto minuzioso, curato nel minimo dettaglio. Questa attenzione, questa particolare cura verso uno spettacolo vuol dire amare il proprio lavoro e avere passione, una cosa di cui dobbiamo essere grati noi artisti e anche il pubblico che poi ama questi show.

Grease compie 20 anni eppure è sempre un successo e attira gente di tutte le età. Ti sei chiesto perché?

Grease è sempre un successo e, come dicevo prima, è intramontabile perché è energia e luce, sempre. Questa nuova edizione di Saverio Marconi e Mauro Simone è più fresca, più moderna e riesce a coinvolgere pubblico di ogni età: dai ragazzini ai nonni, tutti possono rivedersi in questo spettacolo, divertirsi ed emozionarsi. Grease è una serata perfetta.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sui miei progetti futuri ancora non mi posso sbilanciare. Sicuramente mi piacerebbe continuare con Grease e quindi spero che lo spettacolo abbia un futuro e che possa esserci una lunghissima tournée in tutti i teatri d’Italia. Mi piacerebbe continuare a lavorare con Compagnia della Rancia perché, come dicevo prima, sono davvero dei grandi professionisti. Quindi, in attesa di scoprire che cosa mi riserverà il futuro, incrocio le dita e spero in Grease!
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Un successo di nome Claudio Insegno

Al Teatro Nuovo di Milano, fino al 9 aprile 2017, è in scena una delle commedie più divertenti che sia mai stata scritta, “Rumori fuori scena” di Michael Frayn. Grande mattatore della pièce, nel duplice ruolo di attore e regista, è uno dei più grandi artisti dei nostri giorni: Claudio Insegno, che nella scorsa stagione ha sbancato il botteghino con il musical “Jersey Boys“.

Claudio, torni sul palco, come attore, con un testo di prosa molto accattivante.

Rumori fuori scena” è un classico del teatro comico. È uno spettacolo che, nel tempo, ha avuto tantissimo successo, fin da quando lo portava in scena la Compagnia Attori e Tecnici. Abbiamo deciso di rinnovarlo un pochino e quindi riportarlo in teatro anche con la nostra compagnia di Torino, prodotto da TPE. Lo spettacolo è una vera e propria macchina da guerra per far ridere! “Rumori fuori scena” parla di tutto quello che succede dentro la scena, fuori dalla scena, nella vita di tutti i giorni degli attori che qui sono un po’ più saltimbanchi che attori.

Come mai questo ritorno a fare l’attore?

Ogni anno faccio almeno uno spettacolo come regista e attore. È quasi un obbligo per me, come andare dallo psicanalista: è una necessità, e in un certo senso quasi uno sfogo, cercare di fare uno spettacolo che mi porti anche sul palcoscenico.

La domanda è d’obbligo: Claudio Insegno è più attore o regista?

Non ho davvero preferenze, mi piace fare entrambe le cose: fare uno spettacolo come attore, come dicevo prima, per me è una necessità, perché comunque mi fa sfogare, mi fa stare bene dopo lo stress magari di qualche spettacolo fatto come regia; ma non posso non fare anche uno spettacolo come regia perché mi piace avere in pugno tutta la situazione e creare qualcosa che piaccia. Finora devo dire che è andata bene. Creare spettacoli per il pubblico mi riempie di gioia. È quasi come aver dato vita a un bambino, anche se certamente non è proprio la stessa cosa. Io non ho figli ma questi spettacoli sono per me come figli: in un certo senso li accompagno per mano per molto tempo e cerco di insegnare loro la strada giusta.

La scorsa stagione hai avuto un successo incredibile con “Jersey Boys”, con riconoscimenti anche internazionali. Ti aspettavi una cosa del genere?

Jersey Boys” è stato una sorpresa, una vera sorpresa, nel senso che mi aspettavo di fare un buon musical ma non a quel livello. Certo partivo con dei bravissimi attori, una splendida scenografia, bellissime canzoni e una validissima orchestra. Il tutto – diciamo – è stato un po’ ispirato perché comunque mi piace parlare della vita vera di artisti, delle sofferenze e di tante altre cose; mi piace la storia perché parla di noi, di quello che siamo, del nostro passato sulla terra e, in un certo senso, della nostra vita. Davvero non mi aspettavo questo successo e infatti, per scherzo, dico sempre che sembra che non sia un mio spettacolo, per quanto è bello! Forse è proprio l’amore che ho messo in questo spettacolo che il pubblico percepisce e, a sua volta, ama.

Che cosa ti riserva il futuro?

Nel futuro come musical sto preparando “Spamalot” dei Monty Python, con Elio di Elio e le Storie Tese. Sarò poi in tournée con “Rumori fuori scena” mentre al Casinò di Parigi prosegue il successo di “Jersey Boys“.

Hai un sogno nel cassetto?

Avrei la voglia di scrivere e dirigere un musical tutto mio, non musicato da me, perché non sono all’altezza di comporre le musiche, ma almeno concepito interamente da me. Nella prosa c’è un testo di Neil Simon, completamente sconosciuto, che mi piacerebbe mettere in scena: si intitola “Il favorito di Dio” e credo che potrebbe essere davvero uno spettacolo di successo.




Stefano Colli: il nuovo volto della musica e del teatro italiano

In un periodo in cui vanno avanti e sono noti al grande pubblico solo i partecipanti dei talent show, ci fa piacere presentare un artista a trecentosessanta gradi, che ha fatto la sua gavetta e che oggi può ritenersi a tutti gli effetti come uno dei giovani talenti del momento. Il suo singolo d’esordio, Crudele, uscito poco prima del Festival di Sanremo, che si è dovuto quindi scontrare nelle classifiche con le canzoni sanremesi, è tuttora in posizione top tra i brani più scaricati di iTunes.

Stiamo parlando di Stefano Colli, ventisettenne di Pianoro in provincia di Bologna.

Stefano, quando hai capito che la voce sarebbe stata la tua professione?

Ho iniziato a cantare tardi, avevo 17 anni. Il mio liceo organizzava un corso pomeridiano di musical, tenuto da Lorenzo Scuda e Francesca Folloni degli Oblivion, e i miei compagni mi hanno convinto ad iscrivermi. Proprio lì ho scoperto questa mia passione per il mondo del teatro e della musica e mi sono poi iscritto a una scuola di canto.

Quando è iniziato il tuo percorso in questo mondo?

La prima collaborazione importante è stata con Iskra Menarini, la storica vocalist di Lucio Dalla, che mi ha scelto, insieme ad altri ragazzi, per seguirla nelle sue tournée, nelle trasmissioni televisive e radiofoniche. Grazie a lei ho avuto l’opportunità di incontrare e cantare con grandi artisti come Lucio Dalla, Francesco de Gregori, Marina Rei, i Pooh, e di calcare palcoscenici fantastici. Ho vissuto davvero grandi esperienze al fianco di Iskra ed è stata una bellissima opportunità poter lavorare con un’artista del suo calibro.

Ricordavi prima che hai anche una passione per il musical.

Diciamo che parallelamente alla carriera da cantante ho fatto parte della compagnia Aspettando Broadway, diretta prima da Robert Steiner e poi da Vittorio Matteucci, grandi performer con cui ho avuto l’opportunità di studiare e di calcare le scene al loro fianco. Ho conosciuto anche Brunella Platania e Marcello Sindici, e, come dicevo, Vittorio Matteucci che, tra l’altro, ha scritto uno spettacolo per la compagnia dal titolo “Riunione di compagnia. Un geniale pretesto per fare musical” di cui ha firmato il testo e la regia insieme a Marco Manca. Ho avuto quindi tutta una serie di opportunità anche se il mio debutto vero e proprio nel mondo del musical è avvenuto all’Auditorium della Conciliazione di Roma con Canterville – Il Musical, scritto da Robert Steiner, Flavio Gargano e Valentina di Paolis, con la regia di Marco Simeoli.

Parliamo di Stefano cantante pop.

Ho sempre scritto i miei pezzi. Poi sono arrivate tante esperienze, tanti festival ma soprattutto, nel 2015, è arrivata la finale del festival di Castrocaro su Rai 1. Un’esperienza veramente indimenticabile, fantastica: eravamo 10 finalisti dopo mesi e mesi di selezioni. Dopo questa esperienza sono stato contattato da quello che è il mio attuale produttore artistico, Giancarlo di Maria, che vanta collaborazioni illustri. Giusto per ricordarne qualcuna, Giancarlo ha collaborato all’ultimo disco di Mina e Celentano, ha lavorato con Il Volo, con Giò di Tonno e Lola Ponce, dirigeva lui l’orchestra quando vinsero il festival di Sanremo, Luca Barbarossa, Andrea Bocelli, Laura Pausini, tutte collaborazioni importantissime. Insieme abbiamo iniziato a lavorare ad un progetto nostro, abbiamo fatto un percorso di ricerca, di sperimentazione, di scrittura. Abbiamo lavorato per più di un anno fino ad uscire con il nostro primo singolo, che è un po’ il biglietto da visita. Per questo progetto mi piace parlare al plurale perché è stato davvero un lavoro di squadra molto importante e a cui sono molto legato. Crudele è il singolo con cui siamo usciti e di cui è stato fatto anche un bellissimo videoclip, presentato in anteprima su TGCOM24 Mediaset. Nel video, come partner femminile, ho lavorato con la bellissima Lara Basso, noto volto televisivo e ex partecipante a Miss Italia. Adesso siamo in piena promozione di Crudele, brano che ci ha regalato, e ci sta tuttora regalando, bellissime soddisfazioni. Naturalmente siamo già proiettati al prossimo singolo e soprattutto all’album che non vedo l’ora di farvi sentire.

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Quali sono i tuoi progetti futuri oltre all’uscita del primo album?

Fortunatamente, al momento, ci sono tanti progetti in ballo, c’è tanta carne al fuoco, anche perché a me piace mettermi continuamente in gioco anche con cose molto diverse tra loro. Quindi, oltre all’album, partirà presto la tournée di Georgie – Il Musical, presentato in anteprima lo scorso anno al Teatro Orione di Roma, con la regia di Marcello Sindici e un super cast. Da metà marzo fino a metà aprile saremo in tournée per tutta l’Italia.

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C’è poi un progetto a cui sono molto legato. Insieme ad altri tre ragazzi diplomati alla BSMT di Bologna, Maddalena Luppi, Ricardo Sarti e Giulia Mattarucco, abbiamo messo su un gruppo che si chiama I Muffins Spettacoli, con cui stiamo lavorando molto con show per bambini e famiglie ma anche concerti e spettacoli di vario genere. È un progetto che si sta sviluppando e che ci sta regalando tante soddisfazioni.

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Gli altri progetti per ora sono top secret! Per scoprirli potete seguirmi su tutti i miei social, sulla mia pagina Facebook, su Twitter, su Instagram e sul mio canale YouTube dove troverete anche il videoclip di Crudele.

Tra le tante, quale è stata l’ultima grande emozione che hai provato, artisticamente parlando?

Sono tornato da poco dal Festival Internazionale del Cinema di Berlino, in cui sono stato ospite dell’Orchestra Sinfonica di Luciano Nelli, all’interno della Notte delle Stelle in cui viene consegnato il premio Bacco, che quest’anno, per quanto riguarda gli attori italiani, è andato a Nancy Brilli e Daniele Liotti. In questo contesto mi sono esibito come ospite per il terzo anno consecutivo, perché c’ero stato già altri due anni, quando era stata premiata Maria Grazia Cucinotta. Per me è sempre una grande emozione tornare ad esibirmi su quel palco tanto prestigioso. E poi Berlino è una città meravigliosa.

Facebook StefanoColliOfficial
Youtube stefanocolli891

IMG_6162Foto di Riccardo Sarti

 




Tutti pazzi per Jesus! Diario di viaggio dei Jesusmaniacs

di Giuliana Tonini – Dallo scorso dicembre è di nuovo in scena, in un altro fantastico tour europeo, Jesus Christ Superstar, la leggendaria opera rock di Tim Rice ed Andrew Lloyd Webber che, da più di quarant’anni, appassiona generazioni di spettatori.

Ci eravamo lasciati alla fine di gennaio del 2016 al Teatro Sistina di Roma, con la speranza che l’avventura non fosse finita. E siamo stati accontentati.

Il musical più amato di tutti i tempi, nell’edizione ultraventennale del regista Massimo Romeo Piparo, che dei musical è il re, ha conquistato anche l’Olanda e il Belgio (Amsterdam, L’Aja, Anversa, Groningen) ed è ora di nuovo in tournée a scaldare le platee dei teatri di tutta Italia.

Dopo Trento, Milano, Verese, Genova, Cassano Magnago e Torino, fino alla fine di aprile il pubblico avrà la possibilità di assistere allo spettacolo a Catania, Cosenza, Bari, Roma e Padova. Il finale sarà davvero col botto, il 5, 6 e 7 maggio di nuovo in Olanda, all’arena Ahoy di Rotterdam.

In Olanda l’allestimento di Massimo Romeo Piparo ha vinto, alla fine della scorsa estate, il Musical World Award, uno dei premi internazionali più prestigiosi e autorevoli per i musical.

Non ci stupisce. L’opera che porta in scena la figura di Gesù (e di Giuda) in tutta la sua umanità, in chiave moderna e allo stesso tempo universale, e al suono della emozionante e travolgente musica rock di Andrew Lloyd Webber, strega tutti. Ancor più da quando a interpretare il ruolo di Gesù è Ted Neeley, che lo era nel mitico film di Norman Jewison del 1973.

Ogni rappresentazione è un rito collettivo, col teatro strapieno, urla da stadio, standing ovations e applausi spellamani, sia dai fan incalliti che hanno visto lo spettacolo decine di volte sia dai neofiti.

Su Cosmopeople ho scritto molto su JCS. Ho scritto sullo spettacolo di Massimo Romeo Piparo, sulla storia dell’opera e sul suo successo. Ho scritto anche di me e della mia passione per JCS, del mondo di noi fan affezionati, che non ci stanchiamo mai di vedere lo spettacolo ogni volta che possiamo, in ogni parte d’Italia e d’Europa, e del vero e proprio culto che si è creato attorno a Ted Neeley.

Perché allora scrivo ancora? Perché questa volta mi fa piacere condividere le storie di alcune persone che ho conosciuto durante questa avventura. Fan sfegatati, ovviamente. Anzi, Jesusmaniacs, o JCSmaniacs, come mi piace chiamarci.

Ai Jesusmaniacs non interessa che familiari e amici li considerino ‘fuori di testa’. Una rappresentazione non è solo una rappresentazione, ma, come dicevo prima, un rito, una serata magica da vivere e rivivere insieme ogni volta che si può. Non solo in platea, ma anche dopo lo spettacolo, quando si attendono all’uscita i ragazzi del cast e Ted Neeley, e durante i viaggi in trasferta insieme.

La comunità di fan più numerosa è The Circle Turning – Ted Neeley Community. Sono ormai come una famiglia. Da quando, nel 2014, l’allestimento italiano ha l’orgoglio di avere con sé Ted Neeley, alcuni di loro non si sono persi una replica, che sia in Italia o all’estero, e si parla di più di cento repliche. O comunque, chiacchierando con loro, si sa che è facile che chi non le ha viste proprio tutte, abbia nel suo carnet non meno di 40-50 repliche.

Quando io penso di avere assistito allo spettacolo tante volte, realizzo poi che il mio ‘contatore’, per adesso…., è arrivato ‘solo’ a nove rappresentazioni, a Milano, Roma e Genova, più una nel 1999 al Teatro Nuovo di Milano, quando nel ruolo di Giuda c’era l’indimenticabile Carl Anderson.

Poi, oltre al Circle, ci sono tantissimi altri che, da soli o in gruppo, ormai da anni fanno parte di questa bellissima avventura.
Io, ad esempio, sono diventata amica di Cristina di Milano, avvocato come me, e di sua figlia Arianna, studentessa del liceo. Quando faccio una ‘serata JCS’ o una ‘trasferta JCS’, faccio trio con loro. Cristina e Arianna hanno visto lo spettacolo, sempre per ora…., poco meno di venti volte, in giro in diversi teatri d’Italia e a L’Aja. Per me è particolarmente emozionante vivere questa passione assieme a loro, anche perché Arianna è giovanissima. Aveva tredici anni quando, nel 2014, ha visto per la prima volta JCS all’Arena di Verona, portata da Cristina. Subito dopo ha scoperto anche il film e da allora è scoppiata la passione. È bello quando ragazzi così giovani prendono il testimone generazionale della passione per JCS e per il rock musical. Ed è fantastico quando, in attesa dell’uscita di Ted Neeley e del cast dal teatro, dopo lo spettacolo, si vedono bambini, anche piccoli, entusiasmati ed entusiasmanti, che trepidano per conoscerli e per avere il loro autografo sulla copertina del vinile, a momenti più grade di loro, che tengono in mano.
Arianna adora Ted Neeley e Carl Anderson. E Ted Neeley adora lei e Cristina, dice e scrive loro sempre cose dolcissime. Si vede, ad ogni incontro, come l’entusiasmo genuino di mamma e figlia lo abbia conquistato e lui si sia sinceramente affezionato.

Ho poi conosciuto Monica, di Milano, che lavora all’ENI, appassionata di JCS da sempre. Ha visto lo spettacolo circa trenta volte in vari teatri d’Italia e ha già pronti più di un biglietto per il Sistina di Roma, ad aprile.
Un paio di anni fa ha partecipato, assieme ad altri fan, ad un evento-tributo con Ted Neeley a Cagli, in provincia di Pesaro, cui hanno preso parte con piacere anche il sindaco e il vescovo.

E c’è Roberta, giovane medico piemontese, dall’entusiasmo scoppiettante e contagioso. Ha già i biglietti per il gran finale di Rotterdam, con cui arriverà a quota 45 repliche. Lei si è innamorata di JCS da piccola, a sette anni, quando il papà le ha fatto vedere in televisione il film, che aveva visto al cinema da ragazzo e di cui si era a sua volta innamorato. Da allora, per Roberta Jesus Christ Superstar è stata, è e sarà sempre la colonna sonora della sua vita. E anche lei, per Ted Neeley, per il suo idolo fino da quando era bambina, è ormai una di famiglia. In una delle occasioni in cui lo spettacolo è stato allestito a Torino, è lei che ha portato in giro per la sua città Tessa e Leeyan, la moglie e la figlia di Ted.

E quindi ecco i Jesusmaniacs, per cui ogni serata JCS è sempre magica. Senza dubbio gran parte di questa magia è dovuta alla presenza e al carisma fuori dal comune di Ted Neeley, e alle sue altrettanto fuori dal comune semplicità e umiltà, sul palco e fuori dal palco. Ma Jesus Christ Superstar è tutto quello che è grazie a tutti i bravissimi artisti che ne fanno parte.
A partire dagli strepitosi cantanti-attori solisti che ogni volta ci fanno emozionare con le loro interpretazioni. In ordine di apparizione: Feisal Bonciani (Giuda), Simona Distefano (Maria Maddalena), Mattia Braghero (Pietro), il formidabile duo Francesco Mastroianni (Caifa) e Paride Acacia (Hannas), Elia Lo Tauro (Simone Zelota), Emiliano Geppetti (Ponzio Pilato) e Salvador Axel Torrisi (Erode).

Da applausi anche l’ensamble di cantanti-ballerini, acrobati, mangiafuoco e trampolieri: Giovanni Abbracciavento, Giada Cervone, Federico Colonnelli, Francesco Consiglio, Lorenzo de Baggis, Mattia Di Napoli, Simone Giovannini, Daniel Guidi, Francesca Iannì, Benedetta Imperatore, Alessandro Lanzillotti, Rossella Lubrino, Nicole Marin, Marta Melchiorre, Lazaro Rojas Perez, Daniele Romano, Carlotta Stassi, Sara Telch, Carmela Visciano.

E poi loro, per ultimi ma assolutamente non ultimi! La spina dorsale di Jesus Christ Superstar, l’orchestra dal vivo che ogni volta ci regala le meravigliose musiche rock di Andrew Lloyd Webber: Angelo Racz (direttore e tastiera), Federico Zylka (tastiera), Andrea Inglese (chitarra), Stefano Mandatori (chitarra), Massimo Pino (basso), Stefano Falcone (batteria), Andrea Di Pilla (tromba), Vincenzo Parente (corno francese).

Andate a vedere Jesus Christ Superstar. È probabile che diventiate anche voi Jesusmaniacs.

Dove e quando:
dal 23 al 26 marzo 2017, Catania, Teatro Metropolitan

dal 4 al 5 aprile, Cosenza, Teatro Rendano

dall’8 al 9 aprile, Bari, Teatro Team

dal 12 al 23 aprile, Roma, Teatro Sistina

28 aprile, Padova, Gran Teatro Geox

dal 5 al 7 maggio, Rotterdam Ahoy.

Siti Internet e biglietti:
www.jesuschristsuperstar.it
www.ticketone.it
www.jesuschristmusical.eu

Pagine Facebook:
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Grease: un successo ineguagliabile firmato Compagnia della Rancia

È un’edizione luminosa” così ha dichiarato Saverio Marconi alla presentazione del nuovo allestimento di Grease. Ma perché limitarsi a definirla luminosa quando è a dir poco scintillante? Sarà per il nuovo cast, la band dal vivo, le nuove scenografie, le luci, i video, le nuove traduzioni delle canzoni e la canzone aggiunta, ma questa edizione di Grease, che festeggia i vent’anni di messa in scena, si conferma come un grande successo.

Il plauso va prima di tutto al regista che, nel corso di tutti questi anni, senza mai snaturare l’impostazione del primo allestimento, è stato in grado di aggiornare e svecchiare continuamente lo spettacolo, facendo così in modo che il pubblico di ieri e di oggi continui a rimanerne innamorato e chiuda ogni rappresentazione con una standing ovation. Saverio Marconi, coadiuvato da un team creativo di tutto rispetto, mette in scena un Grease sempre frizzante, divertente, colorato e ricco di emozioni. Le luci di Valerio Tiberi e Francesco Vignati, i video di Virginio Levrio e le scenografie di Gabriele Moreschi riproducono perfettamente l’America degli anni 50.

Il cast è da urlo. Guglielmo Scilla, pur non essendo un cantante, si muove con disinvoltura e professionalità sul palco e ci regala un nuovo e credibile Danny Zuko, complice anche l’affiatamento e la sintonia con la sua Sandy. Lucia Blanco è semplicemente strepitosa: splendida voce, straordinaria ballerina! La sua Sandy è perfetta: dolce e grintosa allo stesso tempo. Riccardo Sinisi, nel ruolo di Kenickie, si conferma come uno dei performer più versatili e talentuosi di questi ultimi anni. Non sono da meno la brava Eleonora Lombardo, nel ruolo di Rizzo, e Nick Casciaro che, con la sua meravigliosa voce basso baritonale, conquista la scena nel duplice ruolo di Vince Fontaine/Teen Angel.

La musica dal vivo è un ulteriore valore aggiunto di questo spettacolo.

Grease resta uno spettacolo senza tempo, un evergreen, da vedere e rivedere continuamente.

Teatro della Luna fino al 30 aprile 2017




I tormenti dei “Creditori” di Strindberg secondo Guaineri

di zZz – È in scena Strindberg: “Creditori” (1889). Teatro Libero di Milano: 20-26 febbraio 2017; regia di Luigi Guaineri, con Fabio Banfo, Monica Faggiani e Fabrizio Martorelli. Una prima nazionale di un testo di certo tra i meno frequentati dai registi italiani, ma che negli ultimi dieci anni ha potuto contare su un discreto numero di messinscene. D’altra parte, Strindber è per molti, ma non per tutti. I suoi testi sono ‘camere di tortura’; sono tifoni di parole pungenti e – non di rado – ciniche: di quelle per le quali si può impazzire, urlare o anche restare attoniti, con lo sguardo fisso su una crepa aperta sulle certezze. E è quando la parola diventa bisturi e l’anima viene spiattellata sul tavolo di un anatomopatolo che inizia la lotta per la sopravvivenza: si salvi chi può. Ma nei “Creditori” chi si salva? Adolf muore, ma gli altri due – tra crediti e debiti – non vivono (più). E se camminano sono corpi in cerca di sicurezze che non avranno mai: quale abito indosserà Tekla per la festa a cui non arriverà (forse)? E che ne sarà di Gustav al termine della partita che ingaggia e vince contro Adolf, prima, e Tekla, poi? E quale è il premio? Nessun premio; solo la soddisfazione di trafiggere con le parole gli avversari fino a sfinirli. Tutto questo è “Creditori”. Tutto questo Luigi Guarnieri lo ha reso bene; e lo ha interpretato in maniera superba soprattutto la Tekla abbagliante ed energica di Monica Faggiani, che, rispetto agli altri attori, con il suo ingresso in scena ha senz’altro dato una svolta al ritmo e alla godibilità dello spettacolo. Certo, Strindberg fa paura a tutti: attori e registi, che spesso non osano o osano “quanto basta”. Ma Strindberg ha fatto paura anche al pubblico del Libero, che – pure nei momenti in cui i dialoghi raggiungevano il massimo a livello di commedia-tragica – faceva fatica a lasciarsi andare a qualche risata: forse perché il dubbio contagia e il dramma di chi vive nel dubbio crea empatia e porta ad essere silenziosamente rispettosi della tragedia, che, Luigi Guaineri fa consumare in un ambiente molto essenziale, scarno, risuonante dell’enfasi posta sulle metafore corporee/chirurgiche della psicoanalisi (mi vedrai dissezionare un’anima e le viscere sul tavolo… poi non potrai più farne a meno). Uno spettacolo, insomma, fedele al testo (per fortuna!), senza tanti fronzoli ‘sperimentali’. Meglio se gli attori avessero fatto un uso più consapevole degli impedimenti che il regista ha voluto mettere loro: gli oggetti di scena (i cerchi a terra sul palcoscenico) ci sono piaciuti; ma sono rimasti una bella opportunità in parte mancata. Le proiezioni video, invece, ridondanti e non in linea con l’asciuttezza che Luigi Guaineri ha dato (e ha fatto bene) al suo “Creditori”.




A tu per tu con I Legnanesi

Sedici anni insieme sono tanti per una compagnia teatrale ma I Legnanesi, veri eredi dell’Avanspettacolo e della rivista degli Anni 50,  sono pronti a festeggiare i diciassette anni tornando in scena con il nuovo show “I Colombo viaggiatori” in scena al Teatro Nazionale che Banca di Milano a partire dal 4 gennaio. “Il nostro segreto è quello di non avere donne in compagnia: tutti e venti gli artisti inscena sono uomini” sostiene, a margine della presentazione del nuovo show, Antonio Provasio che insieme ad Enrico Dalceri e Luigi Campisi ha dato vita alla rinascita della storica compagnia dei Legnanesi nelle vesti rispettivamente delle tre maschere della famiglia Colombo: Teresa, la donna del cortile icona dei “poverchrist” e sempre attenta a tutto quello che succede, Mabilia, la figlia zitella con velleità da soubrette e Giovanni, il padre di famiglia sfaccendato e un po’ allegro (ironia della sorte Luigi Campisi che interpreta il ruolo è completamente astemio e, nonostante tutto, è capace di stare in scena a lungo senza parlare, giocando solo sulla mimica facciale di chi alzato un po’ il gomito). I Legnanesi, anche formato 2.0, hanno infatti mantenuto la tradizione delle origini, di quei Legnanesi nati nel 1949 nell’Oratorio di Legnarello con Felice Musazzi e Toni Barlocco  quando in parrocchia vigeva ancora la separazione dei sessi, quanto meno in scena. “All’epoca lavoravo come “boys” ballerino di fila  nella compagnia da 9 anni e, insieme a  Enrico Dalceri (ballerino da 7 anni) e a Luigi Campisi, già Giovanni al tempo di Musazzi,  complice Sandra Musazzi come direttore artistico, abbiamo ripreso la tradizione e riportato in scena lo spirito del cortile lombardo” ricorda Provasio. Sedici anni dopo i numeri danno ragione alla scommessa di mantenere la tradizione delle maschere lombarde per eccellenza: con oltre 130mila spettatori e 100 repliche a stagione I Legnanesi si confermano di anno in anno tra gli spettacoli più visti.  “Tra prove e spettacoli non riusciamo a mettere in agenda altre date. Peccato. Quest’anno abbiamo dovuto rinunciare a Roma, dove lo scorso anno abbiamo registrato sold out, per mancanza di date” sostiene Provasio.

Dopo tanti anni in scena sempre nello stesso ruolo…non siete stanchi? Non avete tentazioni di provare altre strade?
Assolutamente no” rispondono all’unisono Provasio, Dalceri e Campisi che vedono ancora molte sfaccettature da sviluppare nelle rispettive maschere.

Avete mai pensato a un percorso in tv?
Non vogliamo portare lo spettacolo in tv. Lo spettacolo pensato per il teatro va visto in teatro, dal vivo. Per questo stiamo pensando a soluzioni televisive diverse, da gestire direttamente. Sit-com sul modello di Sandra e Raimondo, due icone della televisione italiana” spiega Provasio.

Dopo la conquista di Roma, qual è il prossimo obiettivo?
Napoli. Assolutamente Napoli. E ci arriveremo” rispondono Provasio, Dalceri e Campisi .

Ma fuori da Milano …vi capiscono?
Il dialetto rappresenta la nostra cultura ed è fondamentale nella nostra espressione. Ma negli ultimi anni ci siamo un po’ italianizzati e aggiornati anche per agganciare i giovani e ringiovanire il nostro pubblico” commenta Provasio.

Non vi ha mai tentato il mercato estero?
Siamo andati in scena in Svizzera e c’era stato un contatto con il Kenya. ma i costi per spostare le oltre quaranta persone della compagnia sono troppo elevati da sostenere” spiega Campisi.

La compagnia dei Legnanesi ormai è un’istituzione, avete mai pensato a una “scuola” per diventarne parte?
Tradizionalmente, all’interno dei Legnanesi, i “boys”, ovvero i ballerini di fila, crescono e, nel tempo, possono acquistare peso. Un po’ come accaduto a noi” sostiene Provasio

Un’ultima curiosità,  i  costumi che tradizionalmente contraddistinguono gli spettacoli dei Legnanesi sono strabilianti …quanto costa un allestimento?
Tanto …non meno di 250mila euro” spiega Dalceri che si occupa anche della realizzazione scenografie e degli abili dello show.

Oltre ai Legnanesi, chi vi è ultimamente piaciuto a teatro?
Il Marchese del Grillo con Enrico Montesano e sicuramente Virginaia Raffaele” conclude Provasio.

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Cantine San Marzano: profumi, sapori e cultura della Puglia

di Alessandro Oteri – Le previsioni del meteo sono catastrofiche: una tempesta di feste si abbatterà sulla penisola dal 25 dicembre, con raffiche di pranzi di grandi consistenza. E noi siamo pronti: forchetta e coltello alla mano, dopo un anno di allenamento della mascella, lontani dalla prova costume, non vediamo l’ora di mangiare tutte le prelibatezze che Natale & c. offrono. Antipasti di terra e di mare, caldi e freddi, alici marinate, una ricca savoiarda, pasta all’uovo fatta in casa con ragù che ha bollito giorni, ravioli in brodo, tacchino ripieno di castagne o faraona alla melagrana, insalata russa, capricciosa, panettone con crema al mascarpone, zabaione allo champagne e chi più ne ha, più ne metta. Di fronte a tutto questo ben di dio, non si può trascurare una cosa molto importante: il vino! Eh sì, signori miei, che pasto sarebbe senza il vino? Per pranzi simili, poi, ci vorrebbe un buon vino: corposo, intenso e profumato. Ovviamente italiano.

Io quest’anno ho scelto di accompagnare i pasti delle mie feste con dei vini che ritengo rappresentino al meglio la nostra nazione e la nostra tradizione: i vini di Cantine San Marzano. Ottimi rossi corposi, ricchi, intensi ma morbidi al palato e bianchi da un gusto che non si può che definire mediterraneo, perché, se chiudi gli occhi mentre li sorseggi, ti sembrerà di essere vicino al mare, tra ulivi odorosi.

Cantine San Marzano porta la Puglia in tavola. I suoi vini nascono proprio nell’area Dop del Primitivo di Manduria: a cavallo tra il mar Ionio e l’Adriatico, tra le province di Taranto e Brindisi, dove il suolo è arido, argilloso e calcareo, a tessitura fine, e i vigneti poggiano su strati di roccia tufacea molto superficiali. È questo il tipico terroir mediterraneo, caratterizzato anche da un’intensa presenza di ossidi di ferro, che conferisce quella nota colorazione rossa alla terra. Una zona che risente anche di un clima estremo: arsura, brina, venti di scirocco, alte temperature, forti escursioni termiche fra il giorno e la notte e venti provenienti delle vicine coste, da cui la vite, pur provata, riesce comunque a trarre giovamento.

Da questi vitigni nascono vini pregiati e raffinati, ottimi per pranzi ricchi e abbondanti, come quelli che ci aspettano nei prossimi giorni, ma anche per i pasti di ogni giorno o come vini da meditazione. Cantine San Marzano ha nel suo listino vini per ogni occasione o, meglio, adatti per le più diverse portate.

Indiscusso padrone di casa è il SESSANTANNI Primitivo di Manduria DOP, un vino che ha segnato la storia delle Cantine: corposo, ma morbido, di colore rosso rubino intenso, profumo fruttato e leggermente speziato, con un retrogusto di cacao, caffè e vaniglia, si accompagna perfettamente a robusti primi o piatti di carne. La sua evoluzione è ANNIVERSARIO 62 Primitivo di Manduria DOP Riserva. Entrambi sono anche vini da meditazione.

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EDDA (Lei) Bianco Salento IGP è il bianco ideale da abbinare ai piatti di pesce o ai formaggi. è un vino fresco, colore paglierino con riflessi dorati e un profumo intenso floreale, di pesca e vaniglia, un vino di tempra minerale, come l’anima di una elegante donna salentina. Un fresco profumo di Mediterraneo.

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LIBOLL è invece il fresco, brioso e gradevole spumante Extra Dry della casa, ottimo per l’aperitivo o per accompagnare antipasti di mare. Ha un perlage vivace e una piacevole spuma che riempie il palato, lasciando un fresco sentore di delicati fiori.

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E per concludere il pasto, ottimo come accompagnamento al dessert, 11 FILARI: un intenso vino da meditazione color rosso rubino, con percezione di miele mitigato da una giusta acidità.

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Con Cantine San Marzano, leader del settore vitivinicolo pugliese fin dal 1962, si portano in tavola i profumi, i sapori e la cultura della Puglia.

Che dire di più? Provateli e buone feste a tutti.

Per info www.cantinesanmarzano.com




Piparo “Porto in scena Evita e sogno il Fantasma dell’Opera”

Alla vigilia della prima nazionale di Evita, l’opera di Andrew Llyod Webber e Tim Rice portata in Italia da Massimo Romeo Piparo, il regista rivela a Cosmopeople di avere due sogni nel cassetto: portare in scena “Il Fantasma dell’Opera” sempre di Lloyd Webber e “La Cavalleria Rusticana” di  Pietro Mascagni. Due sogni in realtà non così distanti come potrebbe, in apparenza, sembrare. Il problema, svela Piparo, per il Fantasma dell’Opera è l’allestimento. Per il musical di Webber occorrono teatri d’opera che, però, in Italia difficilmente vengono concessi per questo genere di spettacolo. Purtroppo. Anche Cosmopeople, come Piparo, sogna infatti prima o poi di non dover andare fino a Londra o a New York per godere de “Il Fantasma dell’Opera”. Quanto alla direzione di un’opera lirica “non mi chiamano mai, nonostante la mia esperienza. Eppure, sarei disposto a lavorare anche per teatri piccoli, pur di potermi dedicare alla lirica e dirigere Cavalleria Rusticana” confessa con un pizzico di amarezza Piparo.

Intanto domani, al Teatro della Luna di Assago (Milano), debutta Evita, con Malika Ayane e Filippo Strocchi. Un dejà vù, considerando la sua precedente produzione del 1996.  Perché questa scelta di tradure canzoni iconiche dall’italiano all’inglese? Tutto sommato la sua ultima produzione di “Jesus Christ Superstar” è stata un successo anche mantenendo le canzoni in lingua originale.
Piparo: “La storia di Cristo è cosciuta. Per Evita volevo che il pubblico potesse avvicinarsi al personaggio e comprenderne tutte le diverse sfaccettature. Il che era possibile solo traducendo i testi di Tim Rice dall’originale inglese all’italiano così da poter tirare le fila del racconto. Persino davanti al film di Madonna e Antonio Banderas il pubblico obiettava che si trattava di una pellicola tutta cantata e tutta in inglese. Vorrei eliminare almeno il problema della comprensione in modo da rendere lo show pienamente apprezzabile dal maggior pubblico possibile. Evita, infatti, lascia il segno. Lo lascia in chi legge la sua storia, ascolta questa musica, rivive quel periodo storico. Usare una lingua immediatamente e totalmente comprensibile ha permesso di andare più a fondo nella psicologia dei personaggi e rende prontamente leggibile la differenza tra storia e fantasia, in un continuo gioco di contrasti, tra luce e buio, bianco e nero, giusto e sbagliato, possibile e impossibile“.

Manterrà l’italiano anche nel tour estero che con Evita promette di bissare i successi ottenuti da “Jesus Christ Superstar”? Ha già le date?
Piparo: “All’estero Evita sarà in inglese. Per quanto riguarda il tour, pur avendo già avuto contatti a riguardo, posto che lo show è nato per essere allestito anche al di fuori dei confini nazionali, non ho ancora le date. Prevedo comunque per Evita, così come è stato per “Jesus Christ Superstar”, tappe in Olanda e nel Nord Europa dopo il 22 gennaio, quando per Evita si chiude il round in Italia dopo Milano (9-27 novembre), Genova (Politeama Genovese dal 29 novembre), a Firenze (Teatro Verdi dal 6 dicembre), Teatro Sistina a Roma (14 dicembre- 15 gennaio) e Trieste al Politeama Rossetti (dal 18 gennaio)“.

Rispetto al 1996 cos’è cambiato per Evita?
Piparo: “Sostanzialmente è cambiato il modo di raccontare le storie con l’esplosione di immagini e suoni resa possibile da Youtube, Google, Wikipedia. La sterminata forza della rete, non esisteva nel 1996. Ero io a dover raccontare una storia poco nota in Italia e l’idea di proiettare in scena immagini recuperate sulle bancarelle di Buenos Aires, rendeva il mio spettacolo innovativo, formativo, narrativo. Oggi quel modello mi si è sgretolato davanti. E se da un lato ciò agevola la missione del racconto, dall’altro sottrae magia alla messinscena di quella che rimane un’Opera calata nella Storia. Questo nuovo allestimento, a distanza di vent’anni, ha come pilastro la scelta della lingua italiana per i testi. La struttura operistica, e cioè interamente cantata e senza spazi di prosa, fa sì che nelle canzoni si racchiuda tutta la magia e la poesia del racconto“.

Quanto costa Evita? E in quanto tempo prevedete di ammortizzare i costi?
Piparo: “Il solo allestimento supera il milione. L’intera produzione, cast compreso i 2,5 milioni. Speriamo di ammortizzarla presto e comunque entro il 22 gennaio“.

..e dopo Evita a cosa sta lavorando?
Piparo: ” Ho in cantiere due progetti: una produzione originale tratta dal film di Roberto Rossellini “Roma città aperta”,  di cui ho rilevato i diritti, e una riproposizione di “Mamma Mia

Almeno per “Mamma Mia” le canzoni degli Abba le lascerà in inglese? Ha visto e cosa pensa della prima produzione di Mamma Mia allestita pochi anni fa in Italia?
Piparo: “Le canzoni degli Abba in “Mamma Mia” saranno lasciate in originale, ma rispetto a Evita si tratta di uno show differente… non un’opera rock ma una commedia musicale. Quanto alla produzione di qualche anno fa. …che dire, onestamente preferisco non esprimermi

“Jesus Christ Superstar”, “Evita” e ora “Mamma Mia”, oltre al Sogno di portare in Italia “Il Fantasma dell’Opera” … musical che hanno oltre 17 anni e, in alcuni casi, più di quaranta. Musical di successo e che continuano a esser allestiti. Così come tanti altri che, perennemente, vengono riproposti a teatro. Ma qualcosa di nuovo?
Piparo: “Il mercato italiano è particolarmente difficile. Manca il tessuto produttivo da un lato, ma anche la spinta e la curiosità da parte del pubblico che si fida, troppo spesso, dei soli titoli di cartellone noti. Noi comunque cerchiamo di coinvolgere le città in cui portiamo gli spettacoli, ospitando in scena scuole di musical, di danza, di canto e con ulteriori iniziative“.

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Alex Mastromarino e Jersey Boys tornano in Italia

Jersey Boys”, il pluripremiato show rivelazione della scorsa stagione, vincitore degli Italian Musical Awards, torna a Milano al Teatro Nuovo dal 3 al 20 novembre, dopo aver conquistato il pubblico parigino. Lo spettacolo del regista Claudio Insegno, infatti, ha letteralmente sbancato al Folies Bergère di Parigi, registrando il tutto esaurito ogni sera, standing ovations da parte di un pubblico coinvolto e molto entusiasta nonché un grande successo di critica sulla stampa locale.

Abbiamo incontrato Alex Mastromarino, il protagonista di questo entusiasmante show. Alex, che veste i panni di Frankie Valli, storica indimenticabile voce dei Four Seasons, è stato scelto tra oltre duemila perfomer e, dopo tanti anni da caratterista, ora è al suo primo vero ruolo da protagonista.

D. Alex, calchi le scene da circa 16 anni, sei un performer completo, cosa ti ha portato a voler far parte del cast di “Jersey Boys”?

R. Intanto “Jersey Boys” segna il mio ritorno al musical, dopo tre anni di fermo in cui mi sono dedicato all’apertura della mia accademia a Livorno, la WOS Academy, nella quale a tutt’oggi insegno. In questi 16 anni di palco scenico ho fatto tanti spettacoli, tutte esperienze favolose. Tra i tanti mi piace ricordare “Pippi Calzelunghe” con Gigi Proietti e la regia di Fabrizio Angelini; “Aladin” con Manuel Frattini, in cui interpretavo Abù; due spettacoli che ho fatto con Paolo Ruffini; e naturalmente i musical fatti con Compagnia della Rancia: “The Producers” con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi e “Grease” in cui avevo il ruolo di Roger. Tutte bellissime esperienze, che mi hanno dato molto, ma in cui ero un caratterista. “Jersey Boys” mi ha convinto a ritornare al musical perché finalmente non sarei più stato un caratterista ma un personaggio a tutto tondo, completo, che vive momenti drammatici, commoventi e anche divertenti. Finalmente un ruolo da protagonista.

D. Frankie Valli è un personaggio completo quindi?

R. Questo spettacolo è costruito tutto in flash back. I 4 ragazzi, i Four Season, ricordano e rivivono il loro percorso artistico dagli albori fino ad oggi o meglio fino al 1999, anno in cui sono stati inseriti nella Vocal Group Hall of Fame. Il mio Frankie, in scena, vive dai 16 anni fino ai 65. Anche per questo è un personaggio a tutto tondo.

D. Come è stato lavorare con Claudio Insegno?

R. È stato fantastico! Claudio è un grande, una persona molto simpatica. La cosa che più ho apprezzato di lui è che ci ha lasciato molta libertà nella creazione dei personaggi. Non ci ha obbligati a restare fedeli al copione né ad imparare miliardi di battute o movimenti a memoria, lasciando così la possibilità di costruirci i personaggi addosso, di metterci molto di noi stessi. Questa libertà ha permesso anche di avere sempre un clima molto sereno e giocoso durante le prove.

D. Lo spettacolo è fedele all’originale inglese?

R. Assolutamente, sia a livello di scenografia sia di costumi sia di coreografie. Unica modifica, e anche in questo Claudio è stato un grande, è l’umorismo. Le battute sono state adattate al pubblico italiano. L’umorismo anglosassone non avrebbe di certo funzionato qui da noi. Claudio ha caratterizzato moltissimo l’ensemble, tutti attori bravissimi, un cast meraviglioso, di grandi eccellenze, “italianizzandolo” a livello di battute e di testo.

D. “Italianizzazione” che è stata apprezzata anche a Parigi. Come è andata al Folies Bergère?

R. È stata una grandissima esperienza! Mai mi sarei aspettato che lo spettacolo arrivasse fino in Francia. Non mi sono accorto della grandiosità di questa trasferta fino a quando non ho realizzato appieno che eravamo su tutti i giornali locali, come Le Monde, Le Parisien,… Lì ho capito che stavo vivendo una situazione fantastica, fuori dal comune. Sono rimasto stupito dal successo che abbiamo avuto, anche perché lo spettacolo era in italiano con sottotitoli in inglese. Invece il pubblico era entusiasta. Ogni sera vi era grande partecipazione: la gente rideva, applaudiva e si alzava a ballare. E noi che pensavamo di trovare un pubblico ipercritico e silenzioso! Ogni sera, molte persone mi aspettavano per firmare autografi e scattare foto. E la mia vocalità ha suscitato grande interesse: sono stato invitato per interviste in molte trasmissioni televisive e sono stato ospite presso la prestigiosa Accademia Nazionale del Musical. È stato straordinario. Si sono formati contatti e anche prospettive di lavoro. Non escludo di dover tornare a breve in Francia!

D. Alex, sei cantante, ballerino, attore ma anche regista e autore di spettacoli anche musical…

R. …parlare di me come regista forse è dire troppo! Non mi sono mai sentito un regista, ho fatto delle piccole cose per delle produzioni semi professionistiche ma preferisco lasciar fare questo mestiere a chi lo sa davvero fare. Sicuramente ho avuto anche questo tipo di esperienza.

D. Che cosa vedi nel tuo futuro oltre ad un possibile ritorno in Francia?

R. Nel mio futuro vedo sempre la mia WOS Academy di Livorno. Amo insegnare, amo portare i miei ragazzi a vivere le belle esperienze che mi concedo di tanto in tanto anche io. Laureandomi in vocal coaching mi sono avvicinato all’insegnamento, un mondo che mi affascina tantissimo, mi ha preso molto, ed è una strada che non lascerò mai, anzi vorrei coltivarla sempre di più perché amo davvero fare il vocal coach. Ovviamente mi piacerebbe anche fare altre esperienze a livello di spettacoli. Ora che mi sono avvicinato all’esperienza da protagonista, mi piacerebbe andare a ricoprire quei ruoli che, fisicamente, a livello attoriale, potrebbero essere congeniali per me come, ad esempio, Seamur nella “Piccola Bottega degli Orrori”.

D. C’è un musical in particolare che ti piacerebbe fare?

R. C’è uno spettacolo che ho amato moltissimo, uno spettacolo tutto italiano: “Hollywood – Ritratto di un Divo” che vedeva il grande Massimo Ranieri nel ruolo del protagonista, John Gilbert. Questo ruolo mi ha sempre molto affascinato e mi piacerebbe moltissimo un giorno poterlo fare anche io. Inoltre so che presto arriverà anche l’edizione italiana di “Mary Poppins”! Se alla produzione andasse bene un Bert non troppo alto… io mi propongo!