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Mr Dailom: il rapper controcorrente

YIl rapper varesino Mr Dailom (al secolo Davide di Bartolomeo), dopo i singoli “Vita da cane”, “Porno giapponesi” e “Meridionali” (e due album “Sulle mie gambe” e “Vita da Cane”), torna in radio con un quarto singolo: “Chi sono”, un brano autobiografico, uno story telling che racconta la vita dell’artista attraverso le immagini del suo passato.

Da “Sulle mie Gambe” a “Vita da cane” fino all’ultimo singolo, “Chi sono”, come è stato il percorso artistico e umano di Mr Dailom?

Sicuramente “Sulle mie Gambe” è un disco più combattivo, in cui emerge quella voglia da parte di un Dailom giovanissimo di combattere per ottenere un’opportunità, “Vita Da Cane” è un disco più maturo e fondamentale per la mia carriera, traspare una consapevolezza che mi porta verso una dimensione nuova.

“Chi sono” è un po’ l’emblema di questa evoluzione, certamente è il brano che racconta la mia storia, il pezzo più vero che ho scritto, che mi è nato dal cuore. Si collega in qualche modo al precedente singolo, “Meridionali” che ha, anch’esso, un riferimento alla mia storia personale e famigliare: il ricordo del disagio che i miei nonni e i miei genitori hanno provato quando sono emigrati al nord, un ricordo che si è risvegliato in me in seguito a quanto continuamente leggiamo e ascoltiamo dai media. E’ bene ricordare come nel passato il razzismo in Italia era nei confronti dei meridionali, negli anni ‘80/90 il male del nord erano i meridionali, invece nel 2019 i nordafricani.

Come ti sei avvicinato alla musica e più in particolare al Rap?

Fin da ragazzino ho scoperto di avere un gusto e un’inclinazione verso il rap; la mia curiosità mi ha dato la possibilità di scoprire la cultura e il movimento Hip Hop in Italia, stimolato anche da Fabio Kaso (esponente del rap italiano e varesino), grazie al quale ho iniziato a scrivere quasi per gioco i primi testi.

Ti ritieni diverso da altri tuoi colleghi?

Posso solo dire che la mia musica è vera, ma soprattutto è responsabile, non invento un passato difficile solo per catturare l’attenzione, mi esprimo sì liberamente, ma sempre cercando di riflettere sulla responsabilità che un artista ha nei confronti dei suoi potenziali ascoltatori. Questo è molto importante oggi: è troppo facile crogiolarsi nel degrado.
Se questa è la tendenza oggi allora io voglio andare controcorrente professando dei valori troppo spesso dimenticati, magari è una linea che non paga nell’immediato, ma essere veri resta una condizione fondamentale del fare musica e arte.

Diciamo che voglio essere un artista Punk. Sai cosa significa nel 2019 essere punk? Non seguire la corrente, tutti parlando di droga, tutti si drogano, IO NO e non si sta parlando di Maria, io sono a favore della legalizzazione delle droghe leggere.

Penso che la cosa più punk nel 2019, sia per me far ritornare l’ascoltatore a dei vecchi valori, anche però dando spazio al mio ego, sempre rimanendo su un profilo irriverente.

Mi piacerebbe far tornare le persone che mi ascoltano a diretto contatto con la loro parte più profonda, quella che ci fa apparire fuori moda agli occhi della società odierna, oggi professare l’amore e alcuni valori è controcorrente, spero di riuscirci in futuro in maniera più dirompente.


Un artista che ti ha ispirato e che ammiri particolarmente?

Italiano, Fabri Fibra, americano 5O Cent. Drake sicuramente è il top per le mie orecchie, ma devo dire anche Kendrick Lamar.

Mr Dailom artista e Mr Dailom, o meglio Davide, uomo…

Mr. Dailom, è la parte più profonda della mia personalità, la maggiore espressione del mio ego in tutta la sua potenza, nella mia musica questa parte è rappresentata da pezzi autocelebrativi e rabbiosi.

Al contempo questa parte lascia anche spazio a una personalità più riflessiva, che si manifesta con pezzi carichi di sentimenti e ricordi della mia vita caratterizzati da suoni più rnb e dolci se così vogliamo definirli.

Davide Di Bartolomeo però è la mente, è la parte più razionale e scientifica di me grazie alla quale continuo nel mio percorso artistico a migliorare e perfezionare la mia tecnica, sia comunicativa che vocale.

Entrambi i miei lati sono caratterizzati da un aspetto: sono un lavoratore instancabile in tutti i sensi, perché divido la mia giornata lavorativa su due fronti, lavoro per un’azienda farmaceutica e faccio l’artista per il resto della giornata, poi invece per divertirmi e staccare la spina sono diventato un discreto ballerino di latino americano (ride).


Come vedi Mr. Dailom in futuro?

Sai come mi vedo? Non solo un Rapper, ma come artista in grado di esprimersi con la musica senza canoni di stile e di suono, non mi precludo a nessun genere musicale, voglio lasciarmi andare.

Foto Chiara Sardelli

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Valhalla: a Milano si mangia con gli Dei

di Giuliana Tonini – Chi ama sperimentare tradizioni culinarie di culture diverse non si faccia sfuggire il ristorante Valhalla – La Brace degli Dei, a Milano, il primo ristorante vichingo d’Italia. È in via Gaetano Ronzoni 2, in zona Darsena, e ha aperto lo scorso novembre, dall’idea di due giovani imprenditori, Igor Iavicoli e Milena Vio, appassionati di mitologia norrena. 

Il nome del locale, infatti, si riferisce al mitico luogo dove i guerrieri vichinghi morti in battaglia venivano portati dalle Valchirie e dove, al cospetto del dio Odino, tra banchetti e battaglie ultraterrene, attendevano il Ragnarok, lo scontro finale tra le forze del bene e quelle del male, l’armageddon della mitologia nordica, il crepuscolo degli dei. Anche il logo del ristorante si ispira, oltre alle inconfondibili navi vichinghe, ai tre triangoli del Valknut, il nodo di Odino.   

Entrando nel locale si fa un viaggio nel mitico Valhalla con la vista e col palato, con asce, pelli di cervo e scudi esposti e con piatti di carne dal sapore davvero divino, preparati in chiave moderna secondo gli usi alimentari e le tecniche di cottura degli antichi popoli nordici e seguendo la stagionalità delle materie prime, con un menù che cambia periodicamente.

E così si può gustare selvaggina, che veniva cacciata tutto l’anno, e i capi che venivano allevati e uccisi prima dell’inverno, perché non sarebbero sopravvissuti alle rigidissime temperature, come il vitello, il maiale e l’agnello. Ogni piatto viene preparato con la cottura più indicata al tipo di carne, alla brace in forno a legna, a temperature elevate che danno alla carne l’irresistibile gusto affumicato, oppure bollita a cottura lenta e a bassa temperatura. 

Tra le pietanze che abbiamo gustato segnaliamo, ad esempio, l’Ullr, una tartare di cervo con cipolla rossa, spuma di pino e pane dal sapore a dir poco celestiale, il Munin, petto d’anatra leggermente affumicato con contorno di funghi spadellati, e il Seidr, guanciotto di vitello accompagnato con un gustosissimo purè affumicato. Chi predilige un gusto molto salato può aggiungere alla carne sale affumicato o aromatizzato. Anche i dolci fanno venire l’acquolina in bocca. Uno su tutti, la Svava, spongecake al tè verde e namelaka di pistacchio, mousse al cioccolato bianco e mirtilli disidratati. E se, quando andrete voi al Valhalla, il menù sarà cambiato, state certi che troverete un’offerta di cibi degna di quella che abbiamo provato noi. 

Visto che i vichinghi del XXI secolo sanno che oggi non tutti mangiano la carne, al Valhalla si preparano anche piatti vegetariani.

Da bere si possono scegliere vini da tutta Italia, birre in bottiglia oppure, fortemente consigliata, la birra artigianale alla spina Bi-Max, scegliendo tra chiara classica, ambrata o triplo malto strong. 

Come è intuibile, il nome di ogni pietanza è legato alla mitologia norrena. Le carni hanno nomi di personaggi e creature, i piatti vegetariani nomi di luoghi e i dolci nomi di divinità femminili. 

Quelli che abbiamo assaggiato noi, ad esempio, si richiamano a Ullr, l’arciere degli dei figlioccio di Thor, sempre a caccia per procurare selvaggina per le mense divine, a Munin, che significa memoria, uno dei due corvi di Odino (l’altro è Hugin, pensiero), che parte all’alba e ritorna a sera per appoggiarsi sulle spalle del dio e sussurrargli quello che accade nel mondo, e a Seidr, potente sciamano che portava sandali di pelle di vitello.  

Il paradiso dei guerrieri vichinghi vi aspetta presto a cena o a pranzo.

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Valhalla – La Brace degli Dei

Via Gaetano Ronzoni 2

20123 Milano

Telefono: 02.84041503

Email: info@valhallarestaurant.it

Sito Internet: www.valhallarestaurant.it  

Pagina Facebook: Valhalla Milano

Orari: 

da lunedì a sabato: 19.00 – 23.30

domenica: 12.00 – 15.30

chiuso domenica sera




Stefano Colli: Guarda la notte, omaggio al Fante

Dopo l’anteprima video di Repubblica (https://video.repubblica.it/edizione/bologna/guarda-la-notte-stefano-colli-canta-per-fantelli-e-per-la-lotta-alla-sla/324717/325335), la presentazione del progetto a Rai 3 “Buongiorno regione” e TGR, e Rai Radio 2 (Quelli che a radio 2) arriva il 21 gennaio, finalmente in tutte le radio, tv e negli stores digitali, il nuovo singolo di Stefano Colli, Guarda la notte, omaggio alla memoria del Fante (Gianluca Fantelli) precocemente scomparso a causa della SLA.

Come nasce Guarda la notte?

Guarda la Notte nasce da un testo di Gianluca Fantelli, amico e autore di rara sensibilità artistica, con il quale avevo già collaborato in precedenza, con “Indifferente” pubblicato nel 2015 con l’etichetta indipendente SanLuca Sound e “Dimmi di sì” per il 58°Festival di Castrocaro, di cui sono stato finalista nello stesso anno. Gli avevo chiesto di raccontarmi una storia e lui mi ha regalato la sua, io e Mattia Pallotti (pianista con il quale ho composto la parte musicale) non abbiamo apportato nessuna modifica alla stesura originale! Giancarlo Di Maria con il suo arrangiamento potente e teatrale ha dato un ulteriore e decisivo apporto. Un bellissimo lavoro di squadra insomma! Quando Gianluca lo ha sentito si è profondamente commosso e mi ha scritto una bellissima mail.

Come hai conosciuto Gianluca Fantelli?

Ero stato ad un suo concerto ed ero rimasto profondamente colpito dalla sua musica e dalla sua sensibilità artistica, quindi non vedevo l’ora di conoscerlo. Nel 2014, è poi accaduto, che ero tra i finalisti del contest radiofonico “The Voice of Radio2”, Gianluca mi ha sentito in radio, ha scoperto che ero bolognese come lui e ci hanno organizzato un incontro. Le coincidenze della vita…

Durante  il nostro primo incontro (lui si trovava già in uno stadio avanzato della malattia) poco dopo essersi presentato mi ha detto: “Bene, adesso dimmi… perché sei qui? Che cosa vuoi da me?”. Io ho sorriso e gli ho risposto: “Scrivimi un pezzo!”. Mi ha fatto riflettere sull’ importanza del tempo che abbiamo a disposizione e la sua autoironia mi ha conquistato da subito! Era molto pignolo ed esigente: prima di iniziare a lavorare insieme ha voluto mettermi alla prova affidandomi un brano del suo repertorio da reinterpretere e ha drasticamente bocciato le prime due versioni che gli ho mandato, alla terza però sono riuscito a conquistarlo e alla fine abbiamo firmato tre brani inediti insieme!

Raccontaci qualcosa di questo progetto che ti vede in prima fila nella battaglia contro la Sla.

Per questo progetto sono stato affiancato dall’Associazione “Io Vivrò” che lo stesso Gianluca ha fondato nel 2009 insieme ad un gruppo di amici e che si pone come mission la lotta alla S.L.A., sclerosi laterale amiotrofica con un pensiero particolare rivolto ai bambini disagiati di tutto il mondo, al fine di consentire loro una vita sana e dignitosa. L’associazione è, infatti, attivissima nella raccolta fondi destinati all’aiuto dei malati di S.L.A. e le loro famiglie, anche attraverso adozione di bambini a distanza e partecipando alle lotte per i diritti dei disabili. Hanno contribuito, ricambiati, al lavoro di altre associazioni come ad esempio ASSISLA e FANEP, e sono sempre prima linea, a lottare contro le ingiustizie, fisiche e sociali. A loro io e il mio team vogliamo dare un contributo nel nostro piccolo, aiutandoli ad ottenere una maggiore visibilità e supporto da parte del pubblico e delle istituzioni.

Tra Crudele e questo singolo in quali progetti sei stato impegnato?

 In questi due anni ho continuato a scrivere e lavorare in studio con Giancarlo di Maria, mi sono dedicato al teatro e ho coltivato un mio personale progetto a cui ho dato vita nel 2016 insieme a Giulia Mattarucco, Riccardo Sarti e Maddalena Luppi: la compagnia musicale-teatrale “I Muffins“. Sono stato in tour per due stagioni teatrali con il Family show “Il Magico Zecchino d’Oro” prodotto da Fondazione Aida e Antoniano di Bologna, ho calcato lo storico palcoscenico del Teatro Sistina di Roma con “Georgie il Musical” e ho preso parte alla serie tv “Monstershop” prodotta da DeAgostini in onda su Sky – DeAkids con il M° Beppe Vessicchio alla sua prima prova da attore.

Quali sono i tuoi programmi futuri?

Stiamo già lavorando ad un nuovo singolo che dovrebbe uscire in primavera e, questa volta, si tratterà di un duetto con una giovane cantautrice con cui si è creato un bellissimo sodalizio artistico. Poi ci sono tanti nuovi progetti in ballo anche per quanto riguarda il teatro e la mia compagnia “I Muffins“, ma per scoprirle dovete continuare a seguirmi! 

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foto Riccardo Sarti




Evita Paleari: “Per fare la segretaria devi avere le scarpe adatte”

Per fare la segretaria devi avere le scarpe adatte” è il romanzo autobiografico scritto dall’estrosa Evita Paleari. Un romanzo di formazione, che racconta la crescita di una ragazzina diciannovenne che, abbandonato  il suo piumone azzurro, i suoi sogni e le sue illusioni, con coraggio, studiando la Bibbia e il galateo, diventa una donna e trova il suo posto nel mondo.

Ma non vogliamo anticipare nulla di quanto sentirete in questa bellissima intervista che Evita ha rilasciato all’attore Marco Berna

Un romanzo assolutamente da non perdere, che tutti dovrebbero avere nella propria libreria!

E un ottimo regalo da farsi e da fare per questo Natale!

 

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Grease: intervista a Lucia Blanco e a Giulio Corso

Al Teatro della Luna di Milano, fino al 2 dicembre, torna in scena un grande classico: Grease il musical, con la regia di Saverio Marconi, cavallo di battaglia da più di vent’anni di Compagnia della Rancia, sempre premiato da grande successo di pubblico. 

Se il film Grease, che oggi compie 40 anni, può ormai considerarsi una pagina importante della storia del film musicale, nondimeno Grease il musical di Compagnia della Rancia può a buon diritto ritenersi una pietra miliare del panorama del musical italiano.

Per questa nuova edizione, nei ruoli di Danny e Sandy, troviamo Giulio Corso (attore di cinema e teatro, ha debuttato nel musical in “Rapunzel il musical”) e Lucia Blanco (A Chorus Line, La Bella e la Bestia, Mamma Mia!, Sindrome da Musical, La febbre del sabato sera, The Best of Musical, Dirty Dancing, Sarà perché ti amo, Footloose). Li abbiamo intervistati per conoscerli meglio e per capire perché Grease, “un gioiellino – come dice Giulioun orologio che funziona perfettamente”, ha sempre così tanto successo.

Lucia Tutti abbiamo visto almeno una volta nella vita il film Grease rimanendo incantati dai colori, dallo stile degli anni ’50, dalla musica e dalla grande energia sprigionata dagli attori. John Travolta aveva un fascino e un carisma che mi facevano impazzire. Grease il musical riporta in scena tutte queste caratteristiche del film.

Avreste mai immaginato che sareste entrati a far parte del cast del musical proprio nei ruoli principali?

Lucia A dire il vero ho sempre sperato di entrare a far parte del cast di Grease. Ho fatto tante volte il provino, per tutti i ruoli, e quando finalmente, dopo tanti anni di audizioni, mi hanno chiamata quasi non ci credevo.

Giulio Fino a quando non ho fatto “Rapunzel” mai avrei pensato di fare musical, tanto meno un classico come Grease. E i classici prima o poi bisogna farli.

Cosa vi piace del vostro personaggio? Avete una canzone o una battuta che preferite?

Lucia Sandy caratterialmente è molto, molto lontana da me: così compita, perfettina, romantica, sdolcinata… io sono un ciclone. Ho sempre pensato che le donne siano un po’ più simili a Rizzo ma che si nascondano dietro la maschera da brava ragazza di Sandy. Ammetto però che interpretando Sandy sto imparando ad apprezzare anche quel suo lato più dolce e più romantico. La mia canzone preferita è “Sandra Dee reprise”, quella che segna il momento della trasformazione di Sandy, quando lei finalmente si sveglia e decide di prendere le redini della sua vita.

Giulio Danny è sicuramente da non prendere come esempio, è un bulletto, però è anche un personaggio divertente in cui ci possiamo rispecchiare tutti. Chi non ha mai scoperto di amare qualcuno solo dopo averlo perso? Proprio per questo motivo la mia canzone preferita è “Sandy”, che segna, a sua volta, la trasformazione di Danny. Lui si dice “basta con le sciocchezze, vai da lei o la perderai” e quindi si assume finalmente le sue responsabilità da uomo. C’è una battuta che mi diverte sempre, proprio all’inizio dello spettacolo: Danny e Sandy si rincontrano a scuola dopo l’estate. Danny finge di non conoscere Sandy per non sfigurare davanti ai suoi amici e lei allora gli chiede “Danny, cosa ti succede?” E lui “Danny è il mio nome ma cerca di non sciuparmelo!”.

Secondo voi perché Grease il musical è così popolare? Quali sono i suoi punti di forza che portano a metterlo in scena ogni anno da più di vent’anni? 

Giulio C’è una ragione perché Grease è diventato un classico: è uno spettacolo che parla di archetipi, di maschere in cui si riconoscono tutti. Parla di adolescenti che iniziano a scoprirsi, a conoscersi, innamorarsi, a capire il proprio ruolo nel gruppo. Questo rende lo spettacolo eterno, resistente al tempo per sempre.

Lucia Sono d’accordo ma aggiungerei anche, come punto di forza dello spettacolo, le musiche. Giovani, vecchi, bambini, tutti conoscono le canzoni di Grease. Pensa a quando, in discoteca, parte Greased Lightnin’: tutti cantano e ballano replicando la coreografia. E poi vorrei dire anche che la storia di Grease è sempre molto attuale: non solo per la storia d’amore tra adolescenti a scuola ma soprattutto per il tema del bullismo. Più attuale di così!

Immaginate di essere chiamati fra quarant’anni per un allestimento celebrativo del musical. Come potrebbe essere? In quale ruolo vi vedreste?

Giulio Sarebbe divertente rifare Grease ambientato nello spazio, tutti vestiti con tutine spaziali, magari con Lorella Cuccarini, anche se lei forse preferirebbe avere al suo fianco Giampiero Ingrassia! In ogni caso, qualunque sarà l’ambientazione, mi piacerebbe rifare il ruolo di Danny, riscoprendolo con una maturità differente. Sarei curioso di vedere se e come cambia il personaggio.

Lucia Oddio tra quarant’anni sarò piena di botox! Non riesco a immaginarlo. Forse proverei a interpretare Rizzo… ma no, non potrei mai, ho un viso troppo angelico, farò ancora Sandy ma piena di botox.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Giulio Dopo Grease tornerò alla prosa con la ripresa dello spettacolo “Il principio di Archimede”, scritto da Josep Maria Mirò, con la regia di Angelo Savelli. Uno spettacolo molto bello e molto forte. Racconta la storia di un istruttore di nuoto che dà un bacio a un bambino, suo allievo. Partendo da questo caso o presunto caso di pedofilia (la verità non si saprà mai), la pièce spiega come funziona la nostra società, in cui le notizie si apprendono frammentate sui social network, e si capisce che non c’è più amore per la verità e la sua ricerca ma solo per quello che vogliamo sentirci dire.

Lucia Fino a febbraio sarò in tournée con Grease, poi ci sono nell’aria dei progetti, una cosa nuova ma sono molto scaramantica e perciò non anticipo nulla.




Te lo ricordi Grease?

di Giuliana Tonini – Quest’anno Grease, il film cult con John Travolta e Olivia Newton-John che non ha bisogno di presentazioni, ha compiuto quarant’anni e sta ricevendo omaggi in tutto il mondo.

Tra questi c’è anche lo spettacolo ‘Te lo ricordi Grease?’, della compagnia teatrale milanese Pasticcini & Fragole, commedia brillante in due atti, per la regia di Evita Paleari, andata in scena il 10 e 11 novembre al Teatro Villa di Milano, registrando il tutto esaurito per entrambe le date.

La commedia mette in scena la storia dell’allestimento di una rivisitazione commemorativa proprio dell’anniversario di Grease, in cui vengono chiamati a partecipare niente meno che Danny, Sandy & co. in persona, ovviamente con quarant’anni in più. In questa esilarante pièce di metateatro troviamo due produttori snob che vivono all’ombra del ricordo della loro madre celebre regista, una costumista e un truccatore disperati per l’impossibilità di fare entrare i personaggi ormai attempati in costumi per silhouette da adolescenti e due coreografi che, sulle prime, non riescono ad accettare che i personaggi di Grease proprio non vogliano saperne niente delle loro moderne coreografie e continuino a cimentarsi orgogliosi nei loro ruggenti pezzi rock. Alla fine sono proprio i personaggi di Grease, e l’impagabile autoironia degli attori sul palco, anche loro della stessa età, quella di adesso, dei personaggi, a fare capire a tutti che ad essere se stessi, veri ed autentici, in ogni stagione della propria vita, si vince sempre, anche contro il tempo che passa.

Due ore di puro divertimento tra battute, gag e numeri musicali. Sì, perché, in barba alle lamentele dei giovanotti coreografi, i T-Birds biancocapelluti e le Pink Ladies si scatenano a suon di passi di danza, con pubblico coinvolto e partecipante, al ritmo di Greased Lightnin’, Those Magic Changes, You’re the One That I Want e We Go Together. E c’è anche l’esibizione sulle note di Beauty School Drop Out, con tanto di caschi con i bigodini argentati, la splendida canzone  cantata dall’angelo Frankie Avalon a Frenchy.

La compagnia teatrale Pasticcini & Fragole è attiva da diciassette anni. Formata da attori non professionisti, è nata come gruppo di genitori che metteva in scena le fiabe per i propri figli della Scuola dell’Infanzia Cristo Re ed è cresciuta nel corso del tempo, in numero e in qualità. Oggi è composta da venti attori e ha nel suo curriculum diversi spettacoli. Ormai una istituzione nella zona di Villa San Giovanni di Milano, grazie al continuo successo che ottengono   con i loro allestimenti, la compagnia porta spesso i suoi spettacoli nei teatri della città. Il segreto del loro successo? Un gruppo di attori affiatati e uniti, una squadra di amici! D’altronde il loro motto è ibi semper est victoria, ubi concordia est.

Orecchie ben aperte: si  parla già di una replica a fine gennaio!

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Informazioni e contatti:

www.pasticciniefragole.com

Facebook: Pasticcini & Fragole




Mindfulness: un nuovo modo per vincere lo stress

La vita ormai è sempre più frenetica: siamo perennemente di corsa, condizionati dalla velocità, bombardati da stimoli di ogni genere, ossessionati dal cellulare e dalla comunicazione virtuale. È facile perdere l’equilibrio mentale e cadere preda dello stress. Cosa fare allora? Come tornare ad essere rilassati, in pace con noi stessi e con il mondo?

La risposta ce la dà Laura Sabbadini, counselor, naturopata, pranoterapeuta e insegnante di yoga, tra le prime ad aver importato dall’America e sviluppato in Italia un corso di mindfulness.

Laura, perché la gente ti cerca?

Le gente viene da me per tanti motivi. Mindfulness viene pubblicizzata come una pratica anti stress. Ci sono persone che sanno di essere stressate, non fanno fatica ad accorgersene e vogliono provare mindfulness; altre si rendono conto di averne bisogno perché lo stress si nasconde in tanti piccoli aspetti della vita quotidiana in cui tutti possiamo riconoscerci. Pensa a chi continua a controllare il cellulare, a chi aggiorna continuamente la mail e a ogni nuovo messaggio sente il cuore sobbalzare o a chi vede i giorni della settimana passare troppo velocemente di fronte a una mole di lavoro che sembra insormontabile… Molti si rivolgono a me anche perché hanno avuto malattie importanti, come tumori o cardiopatie, ed è il medico stesso che li invita a lavorare sulla respirazione, sul rilassamento e a fare yoga; molti manager mi contattano perché hanno letto di mindfulness su riviste americane e intendono acquisire “superpoteri” o vantaggi nello svoglimento del loro incarico; molte persone invece vogliono solamente smettere di fumare o dimagrire.

Che cosa è mindfulness?

È giunta alla ribalta in questi ultimi anni come una moda proveniente dall’America, una novità assoluta. In realtà, alla base di tutto, c’è sempre solo la filosofia yoga, che è ultra millenaria… chiamarla mindfulness dà tono e attira più gente [ride].

Mindfulness è un approccio filosofico di vita ma si basa su una serie di principi di bioenergetica, quindi anatomia, fisiologia, uso del respiro. Le basi sono scientifiche: ritrovare una corretta respirazione aiuta il buon funzionamento dell’organismo e del cervello. Poi c’è tutta una parte più counseling e psicologica: lo stress, che genera uno stato di infiammazione nel corpo, ha un impatto anche sulle nostre azioni, pensieri… e quindi sulla qualità della nostra vita. Noi non ci rendiamo conto perché siamo assuefatti a una buona dose di stress. Tutte le nostre azioni diventano reazioni allo stress come se fossimo costantemente in pericolo, cosa che non dovrebbe succedere mai: le nostre azioni dovrebbero essere consapevoli e deliberate, libere da automatismi. E così prendiamo decisioni sbagliate, litighiamo per un nonnulla, diventiamo distratti, peggiorando la comunicazione con gli altri. Le spiegazioni e le tecniche che si apprendono in un corso di mindfulness permettono di prendere consapevolezza di queste situazioni per poi tornare ad essere proprietari della nostra mente e delle nostre azioni.

Come si sviluppa una seduta di mindfulness?

Bisogna seguire un corso introduttivo per prendere piena cognizione dello stato di stress e delle conseguenze. Normalmente si tratta di sessioni di gruppo, della durata di un’ora circa, dove per quattro/sei settimane si apprendono tecniche di respirazione, attenzione, concentrazione e rilassamento. Per molti mindfulness vuol dire fare meditazione ma, in realtà, la meditazione è soltanto uno degli strumenti della mindfulness. In una seduta di mindfulness si imparano tanti esercizi pratici che partono da episodi della vita di tutti i giorni. La sessione di chiusura del corso avviene in spazi aperti, come un parco ad esempio, perché l’idea è quella di fornire uno strumento utilizzabile nel nostro quotidiano: mentre siamo imbottigliati nel traffico, in riunione con il capo o con colleghi che non sopportiamo, mentre stiamo facendo fare i compiti ai figli… È facile essere rilassati in un ashram indiano ma noi viviamo in città! Finito il corso introduttivo si fanno, periodicamente, incontri di mantenimento della durata di qualche giorno o fine settimana.

Anche i Navy Seals fanno corsi di mindfulness e respirazione perché li aiuta a gestire lo stress sia al fronte sia quando tornano in patria. In azienda i manager, gli MBA, stanno inserendo corsi di mindfulness per aumentare il benessere del personale e, conseguentemente, anche la produttività.

Quali sono i benefici riscontrabili dopo un corso di mindfulness?

Il beneficio più importante è quello di abbassare, ridurre o addirittura eliminare del tutto il volume del ruminio mentale e riscontrare cambiamenti nella realtà che ci circonda. Utilizzando le tecniche di mindfulness cambia il nostro modo di relazionarci con gli altri, cambia il nostro modo di vivere le emozioni e si arriva a vedere la quotidianità in una nuova ottica, migliore.

Per info www.laurasabbadini.blog




A.D.A. dà nuova vita alla danza, alla musica e al canto medievale, rinascimentale e barocco

di Giuliana Tonini – Chi non ha mai fantasticato almeno una volta di come potrebbe essere fare un viaggio indietro nel tempo e immergersi nella cultura e nell’arte di un’epoca passata?

Lo scopo di A.D.A. Associazione Danze Antiche è proprio questo.

Con base a Milano e a Gradara, in provincia di Pesaro e Urbino, A.D.A., fondata nel 2003, è un’associazione culturale di studiosi e appassionati che da quindici anni fa rivivere la danza, la musica e il canto del periodo che va dal tardo medioevo all’epoca barocca.

E, tramite lo studio e l’insegnamento delle arti, porta a immergersi a trecentosessanta gradi nella cultura di quei tempi, con una attenzione particolare al periodo rinascimentale.

Chi vuole provare l’ebbrezza di calarsi nei panni di cortigiani e nobili delle corti di re, imperatori e duchi può scegliere il suo corso di danza o stage preferito tra quelli offerti da A.D.A. E,quando si imparano i passi e le coreografie, esibirsi in spettacoli in costume è un’esperienza davvero emozionante.

Oltre alla danza antica, la poliedrica associazione si occupa anche di danza sacra e meditativa.

E non è finita, perché A.D.A. organizza anche corsi appositamente dedicati a non vedenti e ipovedenti.

Io stessa ho fatto parte di A.D.A. e, da appassionata del periodo rinascimentale, non potevo trovare di meglio. Durante le lezioni e gli stage i competentissimi e preparatissimi docenti riproducono le coreografie basandosi sui trattati di danza dell’epoca (ad esempio quelli di Guglielmo Ebreo da Pesaro, Fabrizio Caroso e Cesare Negri), contestualizzando le danze nel periodo storico di riferimento e fornendo la chiave interpretativa culturale, e spesso filosofica, connessa alla danza stessa.

I corsi si svolgono da ottobre a giugno e durante tutto l’anno vengono organizzati stage, anche di canto, e spettacoli che offrono l’occasione di esibirsi in posti suggestivi come castelli e piazze di borghi e città d’arte.

Sono appuntamenti fissi di ogni anno lo stage estivo di Gradara, realizzato in collaborazione con l’associazione culturale “Il Boncio” di Pesaro, e lo stage estivo di Samotracia.

A Gradara si passa una settimana tra danza, musica, canto e scherma antica. Nell’isola di Samotracia, ci si immerge nella natura e in se stessi praticando danza sacra e meditativa.

Fiore all’occhiello di A.D.A. sono i convegni e i seminari di studio. L’ultimo in ordine cronologico è stato il seminario internazionale di studi “Cesare Negri milanese – Danza e potere nel tardo Rinascimento”, che si è svolto a Milano, nella Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco, dal 21 al 23 settembre 2018, in collaborazione col Comune di Milano, col Castello Sforzesco e patrocinato dall’Accademia Teatro alla Scala, dall’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza e dall’Istituto Cervantes di Milano.

Cesare Negri, vissuto nel XVI secolo, è stato un celebre maestro di danza nella Milano al tempo della dominazione spagnola. Ha insegnato passi e coreografie alle più importanti famiglie nobili lombarde, compresa quella dei governatori spagnoli di Milano. Sì perché, come si intuisce anche dal titolo del convegno, nelle corti rinascimentali italiane ed europee il saper danzare era una caratteristica rilevante per la gente di potere. Questo e altri aspetti della danza dell’epoca del Maestro milanese sono stati discussi da studiosi di calibro nel settore venuti da varie parti d’Italia e anche dall’estero (Filippo Annunziata, Deda Cristina Colonna, Danilo Costantini, Cesare Fertonani, Gloria Giordano, Francesca Gualandri, Cecilia Nocilli, Marina Nordera, Alessandro Pontremoli, Elena Tamburini, Lucio Paolo Testi, Daniele Torelli, Katherine Tucker Mc Ginnis).

Oltre alle relazioni, durante la tre giorni di seminario si sono svolti laboratori di danza antica e visite guidate al Museo Pietà Rondanini-Michelangelo del Castello Sforzesco, al Museo Bagatti Valsecchi e alla Chiesa di San Carlo al Lazzaretto.

La più bella e degna conclusione dell’evento è stato lo spettacolo di danza e canto allestito nel Cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco, dove i docenti e gli allievi di A.D.A., danzando nei loro splendidi costumi in quello scenario evocativo, ci hanno portatoindietro di più di quattro secoli. Un applauso quindi a Marco Bendoni, Chiara Gelmetti, Bruna Gondoni, Lucio Paolo Testi e Davide Vecchi, al soprano Olga Miracle e agli allievi dei corsi di danza Leonardo Contrastano, Laura Grasso, Akiyo Lambert-Kai, Nadia Mantovani, Olga Miracle e Laura Pogliani.

La danza e il canto vivono grazie alla musica, e quel giorno lo spettacolo si è svolto sui meravigliosi brani eseguiti dal vivo da Elena Bacchini (viola da gamba), Emilio Bezzi (liuto), Maria Christina Cleary (arpa barocca), Akiyo Lambert-Kai (lira), Davide Monti (violino barocco) e Flavio Spotti (percussioni). Un grande applauso anche a loro.

Tutti i futuri danzatori interessati e gli appassionati di quei periodi storici non si lascino sfuggire le iniziative di A.D.A.L’associazione, tra l’altro, allestisce anche spettacoli su richiesta.

E voi, ragazzi di A.D.A., sono stata felice di rivedervi ‘all’opera’. Un abbraccio e a prestissimo.

Informazioni e contatti:

mail: info@danzeantiche.org

Sedi:

Milano, Spazio Oasi, via Varese n. 12

Gradara (PU), Spazio Polivalente, piazzale Paolo e Francesca

Sito internet: www.danzeantiche.org

foto Francesco Corsello 




Jaspers: un successo tra Vodka, noccioline e Quelli che il calcio

Sono la band del momento, hanno pubblicato da poco un nuovo singolo, “Vodka e noccioline”, e per il secondo anno suonano live a “Quelli che il calcio” (Rai2). Stiamo parlando dei Jaspers, la band milanese che da quasi un decennio imperversa sulla scena musicale. Il loro genere musicale è sempre molto originale, in continua evoluzione e sperimentazione. E questo probabilmente è il segreto del loro successo.

Un nuovo singolo e, per la seconda volta, confermati nel cast di Quelli che il calcio. Vi sareste mai aspettati tanto successo?

Tante delle esperienze e collaborazioni che abbiamo vissuto sono arrivate improvvisamente, noi lavoriamo sodo ogni giorno e siamo molto orgogliosi dei nostri sudati successi e sempre immensamente grati a chi crede in noi e ci supporta da quasi un decennio! Puntiamo sempre più in alto e rimaniamo uniti come band e come una famiglia!

Di che cosa parla il singolo “Vodka e noccioline”?

Vodka” racconta di un’avventura sentimentale finita ancora prima di avere il tempo di dirsi addio. Rispetto ai precedenti singoli ha un carattere molto più leggero e ironico, che bene si adatta ad un pubblico più ampio e mainstream. Sicuramente un brano meno impegnato dei precedenti singoli ed estremamente scanzonato, sia negli arrangiamenti che nella sua stesura.

Quando uscirà l’album? Ci sarà un leitmotiv tra i vari brani?

Stiamo lavorando all’album e a nuovi singoli in uscita, il filo conduttore dell’album sarà decisamente un inno all’eterogeneità, principalmente per il fatto che vogliamo continuamente sperimentare e “Jasperizzare” ogni genere musicale che ci passa sotto mano.

C’è un’evoluzione nel vostro modo di fare musica da quando calcate le scene?

Sicuramente la scrittura è cambiata molto, principalmente per la difficoltà di mettere su un disco ciò che i Jaspers realmente sono dal vivo, che è la nostra forza più grande. Lo show, il teatro, i costumi e tutto ciò che viene riarrangiato e suonato, dà libero sfogo all’artisticità di ognuno di noi… cosa che nel mondo discografico e radiofonico non è sempre possibile attuare.

Come definireste il vostro genere musicale?

Il nostro genere musicale è “100% JASPERS”, senza paura di sperimentare… dal prog-rock all’elettro-pop fino al reggae. Ci sentiamo musicisti e artisti nel profondo, quindi perché relegarsi ad un genere musicale definito?

C’è una band o un cantante che vi piace particolarmente e a cui fate riferimento?

Le influenze sono sempre state molteplici e infinite, siamo un gruppo che ha ascolti diversissimi e sopratutto nel primo disco “Mondocomio” questa eterogeneità sonora è ben percepibile. Se citiamo Rage against the Machine, Maroon 5 , Danny Elfman e i Coldplay puoi capire bene a cosa ci riferiamo!

Come vi trovate a “Quelli che il calcio”?

Benissimo,  passare il weekend negli studi del programma è come passare un weekend in famiglia! Tutto il cast ci ha accolto subito con calore e grande stima, quindi si lavora alla grande!

Quali sono i vostri progetti futuri?

Suonare Suonare e Suonare, sempre e comunque… finché morte non ci separi, come in un solido matrimonio tra 6 “pazzi”!

 

Per info:

Web: http://www.jaspersofficial.com

iTunes: https://itunes.apple.com/it/artist/jaspers/267555764

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foto Chiara Sardelli




Laura Pausini, Fatti Sentire World Tour 2018: uno spettacolo catartico

di Emanuele Domenico Vicini – Le luci si abbassano appena dopo le 21 sulla platea del Forum di Assago e Laura Pausini appare in tutta la sua luminosa potenza sul palco del suo Fatti Sentire Word Tour 2018.

Le canzoni scorrono una dopo l’altra, una dentro l’altra, tra successi “vecchi” e nuovi. Poche parole, solo quelle di circostanza, si intersecano nel fiume di suoni che si fonde insieme con una scenografia a palco fisso, fatta di geometrie di luci e forme di rara eleganza.

Laura domina la scena come pochi altri. La sua tecnica vocale è paradossalmente semplice: un timbro nettissimo, una emissione perfetta. Non perde un fiato, non abbassa un suono, si muove con consumata dottrina tra pezzi pop classic e pop rock.

Quasi non ha bisogno di cantare: dirige con la sua voce uno spettacolo che per il pubblico diventa un momento catartico, un atto di liberazione del bisogno di bello che ciascuno porta con sé: un bello netto, comprensibile, dove non ci sono ombre o incertezze.

Il mondo che Laura racconta con i suoi brani è di una chiarezza adamantina: amore sempre e comunque, generosità dei sentimenti, onestà delle parole.

È forse un mondo “altro” rispetto a quello in cui viviamo, ma è ciò di cui abbiamo bisogno.

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