CODICE 999 – BELLO MA SENZA TROPPI ENTUSIASMI

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di Elisa PediniDal 21 aprile nelle sale italiane l’atteso film “Codice 999” del regista John Hillcoat, che torna, dopo qualche anno, dietro alla telecamera. Pellicola feroce, cruda, serrata, ricca d’azione, di sparatorie e di violenza. Sicuramente concepita e votata ad alti incassi, ma, francamente, non mi convince e vi spiego perché: nonostante certi aspetti mostrino delle varianti su tema, essi, non sono sufficienti a uscire dai cliché del genere, che il film ricalca in pieno. Ne riconosco i lati innovativi, primo fra tutti, l’ambientazione che, questa volta, è Atlanta: città sicuramente poco sfruttata a livello cinematografico. Inoltre, un’altra scelta coraggiosa, è costituita dal portare in scena una realtà malavitosa ben poco nota: ovvero quella della criminalità ebreo-russa, la cosiddetta “mafia kosher”, gruppi criminali, molto potenti negli Stati Uniti, che si sono fatti strada col traffico d’armi. Una “cupola” così terribile, che, nel film si sentenzia, lo stesso Putin teme. Infine, l’aver coinvolto nel film veri membri delle gang di latinos che governano interi quartieri della città. Nonostante tutto questo, la trama ci propone, per l’ennesima volta, il solito manipolo di poliziotti ed ex membri dell’esercito, corrotti e avidi, il di cui capo, Michael Atwood, è tenuto in pugno da Irina Vlaslov, spietata boss della mafia russo-israeliana, con il solito bambino, usato come oggetto di ricatto. Questo è il mezzo primario utilizzato per far leva sull’uomo, al fine di fargli fare tutti i lavori sporchi di cui la mafia necessita. Oltre, naturalmente, a tutta una serie di violentissime iniziative volte a convincere il manipolo di corrotti a restare compatto. Il film si apre con un’audace rapina in banca che termina in una cruenta sparatoria in autostrada. Il sergente Jeffrey Allen è incaricato d’indagare sul caso, mentre il suo nipote prediletto, onesto e ingenuo, finisce per diventare il nuovo partner di uno dei poliziotti corrotti. Quella, doveva essere l’ultima impresa sporca e invece, al manipolo di corrotti, viene imposta un’ulteriore missione, solo che, stavolta, è impossibile da portare a termine: una rapina al dipartimento di sicurezza interna. L’unico modo per tentare d’eseguirla è provocare un codice 999: ovvero, l’omicidio d’un poliziotto. Tale atto comporterebbe il convergere di tutte le pattuglie sul luogo del delitto con assoluta priorità, aprendo una contestuale caccia all’assassino. Tutto questo caos, consentirebbe un tempo maggiore per la rapina, che passerebbe in secondo piano, con conseguente ritardo d‘intervento delle forze dell’ordine. Da questa decisione si dipana tutta l’azione del film, fra solite bande, soliti quartieri malfamati e solite prostitute da trivio. Fra casualità, avidità, tradimenti e drastiche soluzioni per togliere di mezzo chi diventa scomodo. Quella che, a mio avviso, potrebbe essere la parte interessante della trama e cioè l’indagine sull’identità di questa banda, che imperversa facendo crimini e mostrando un’elevata preparazione tecnico-tattica, è messa, in verità, troppo in secondo piano per dare un reale valore aggiunto. Quelli che seguono le indagini sono poliziotti onesti, ma indolenti, lenti, alcolizzati e non danno vera linfa vitale, né un quadro tanto positivo, al dunque. In conclusione, a me, che i cliché lasciano del tutto indifferente, questo film, non convince. Certamente, nulla va tolto al ritmo, spettacolarmente serrato, all’ambientazione realistica, né alla dose di crudeltà ben gestita e che da corpo alla tematica più che rispondente al genere cui la pellicola appartiene. Nulla va tolto alla regia sapiente e straordinaria di Hillcoat, che si conferma maestro delle riprese, laddove cieli plumbei e luoghi cupi accompagnano l’atmosfera di congiura e corruzione. Nulla da dire neppure dal punto di vista dell’esecuzione, semplicemente ineccepibile, potendo contare su straordinari interpreti come: Casey Affleck, Chiwetel Ejiofor , Woody Harrelson, Aaron Paul, Norman Reedus, Gal Gadot, Teresa Palmer, Anthony Mackie e un’eccezionale Kate Winslet. La mia perplessità è puramente “tematica” e non certo tecnica. Gli amanti del genere saranno assolutamente soddisfatti e non ho remore nel consigliare loro di gustarsi il film dall’inizio alla fine. Quelli che, invece, fossero stanchi delle solite trame trite e ritrite, sappiano che non vedranno nulla di particolarmente innovativo. Una pellicola “da cassetta” assolutamente ben fatta; ma che, a mio parere, non porta alcun valore aggiunto al panorama cinematografico contemporaneo.

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