Dalla parte degli animali: Annalisa Gimmi presenta il suo nuovo libro
“Bestie come noi” è il nuovo libro/saggio scritto da Annalisa Gimmi, insegnante di lettere in un liceo pavese, giornalista, scrittrice e, soprattutto, paladina degli animali. Un libro che vuole far riflettere sull’importanza del rispetto di tutti gli esseri viventi. Un libro di forte contenuto, scritto con molta intensità, che, senza mezzi termini, denuncia tutti quei comportamenti, tipicamente ed esclusivamente umani, che si riflettono in modo drammatico nei confronti del mondo animale, di cui, peraltro, l’uomo stesso fa parte.
D. Perché hai deciso di scrivere un libro su questo specifico argomento?
R. Ho sentito la necessità di scrivere di questo argomento nel momento in cui mi sono resa conto che i libri attualmente in commercio sono o molto specifici e di difficile lettura oppure troppo semplicistici e quindi con conseguente banalizzazione del complesso rapporto uomo/animale. Ho quindi pensato di scrivere un testo molto semplice, divulgativo, ma completo, in cui ho affrontato il rapporto uomo/animale sotto ogni punto di vista, etico, filosofico e giuridico.
D. Quali sono gli argomenti più importanti che hai trattato?
R. Gli argomenti più grossi di cui mi sono occupata sono quelli legati all’allevamento intensivo e alla sperimentazione animale. Dico “più grossi”, perché coinvolgono una quantità di animali incredibile. Solo l’allevamento intensivo coinvolge più di 5 miliardi di animali all’anno. Il problema non è tanto il fatto che questi animali finiscono nei nostri piatti: l’uomo ha da sempre mangiato gli animali. Quello che è immorale è come questi animali vengono fatti vivere.
Si parla tanto del grave problema di come vengano allevati questi animali, spesso con somministrazioni smodate di ormoni e antibiotici. Se ne parla tantissimo ma sempre ed esclusivamente dal punto di vista umano, cioè pensando al male che ci possono fare queste carni. Nessuno però sembra riflettere sul male che noi facciamo a questi poveri animali.
Per approfondire questo tema, ho incontrato Annamaria Pisapia, presidentessa di CIWF (Compassion in World Farming Onlus Italia). CIFW è una associazione internazionale, con sede anche in Italia, che si pone come obiettivo quello di cercare di migliorare la vita di questi animali angariati negli allevamenti. Gli animali trattati peggio sono i volatili di ogni genere, polli e tacchini, ma anche i conigli e i maiali, costretti in gabbie così piccole in cui non hanno alcuna possibilità di movimento, spesso malati e curati con dosi massicce di antibiotici che poi, tra l’altro, finiscono anche nei nostri piatti.
L’altro argomento estremamente spinoso è quello della sperimentazione animale. Il mondo medico avanza una giustificazione altamente morale per portare avanti la sperimentazione: sacrificare animali per la salute dell’uomo. Ho parlato con medici che dicono che questo non è assolutamente vero. La sperimentazione sugli animali poteva avere una sua ragione in epoca illuminista, nel Settecento, quando ancora non si sapeva molto sul funzionamento del corpo umano dal punto di vista fisiologico. Aprire e vedere il corpo di un animale, tra l’altro di un animale vivo, ha sicuramente portato l’uomo a conoscere meglio i meccanismi del proprio corpo.
Oggi, tuttavia, tale indagine non ha più alcun senso. Sperimentare farmaci per curare patologie proprie dell’uomo su specie viventi diverse porta a risultati inattendibili. Il Prof. Stefano Cagno, medico psichiatra, è stato uno dei primi, della sua categoria, ad alzare la voce contro l’inutilità di questa sperimentazione. Il Prof. Cagno (partendo dai dati ufficiali resi noti dalla Food and Drug Administration, l’organizzazione statunitense che si occupa dell’entrata in circolazione dei nuovi farmaci) sostiene che il 92% dei farmaci testati su animali non sono buoni per gli uomini. Ciò vuol dire che il 92% degli animali utilizzati sono sacrificati per niente.
Vi è poi un dato paradossale: la legge italiana, come la maggior parte delle leggi degli altri paesi, prevede anche l’obbligatoria sperimentazione dei farmaci direttamente sugli esseri umani. Questo dimostra, ancora una volta, che la sperimentazione sugli animali porta a risultati non attendibili, perché diversamente quale necessità ci sarebbe di sperimentare i farmaci sugli umani prima di metterli in commercio? Continuiamo nella lettura delle statistiche. Abbiamo detto che il 92% dei farmaci che hanno passato il test sugli animali sono da scartare perché tossici sull’uomo. Bene: di quelli sperimentati sugli umani, che poi vengono messi in circolazione, circa il 50% danno reazioni negative. Non ci vuole un luminare per capire che, tra l’altro, i farmaci reagiscono in maniera diversa da persona a persona. Sommando, quindi, questi dati, l’inattendibilità delle sperimentazioni sugli animali è pari al 98%. Non capisco perché a nessuno venga in mente che forse questo tipo di sperimentazione è sbagliato e sarebbe necessario trovare metodi alternativi. Purtroppo, ed è un dato incontrovertibile, non c’è volontà da parte degli enti pubblici di trovare questi metodi alternativi, al punto che non vengono neppure stanziati fondi per la ricerca.
D. Ci sono leggi che tutelano espressamente gli animali in Italia?
R. In Italia c’è la legge n. 189/2004 che dovrebbe proteggere gli animali. Dico “dovrebbe” perché, in realtà, non trova quasi mai applicazione e spesso viene furbescamente aggirata. Tale legge prevede anche l’istituzione di una figura molto importante: la guardia zoofila. Le guardie zoofile hanno il compito di verificare situazioni di maltrattamento animale, di cercare eventuali rimedi, laddove possibile, o denunciare alla competente autorità giudiziaria i casi particolarmente gravi. La legge, tuttavia, riesce anche a “negare se stessa” e a consentire espressamente i maltrattamenti degli animali nel momento in cui cristallizza la norma secondo cui non rientrano sotto la protezione della legge 189/2004 gli animali destinati a diventare cibo, quindi per allevamenti intensivi, e quelli per le manifestazioni culturali, come il palio, o le manifestazioni tipo spettacolo, come il circo.
D. Quale è la posizione della Chiesa nei confronti degli animali?
R. Nel corso degli anni direi che c’è stata una piccola apertura da parte dei teologi. Certo, la maggior parte di questi, discrimina gli animali perché, diversamente dall’uomo, non dotati di anima. Ma sarà poi vero? Ho molto apprezzato il Papa che, in un’enciclica molto bella e molto coraggiosa, si è schierato apertamente in difesa della biodiversità, includendo nel termine tutte le creature viventi sulla terra. Ho scoperto poi l’esistenza di una piccola associazione di cattolici vegetariani che si batte perché il rapporto uomo/animale venga riconosciuto come paritario, come compagni nati con uguale dignità all’atto della creazione stessa. Questa mi sembra una cosa molto bella anche perché fino ad oggi molti cristiani, e spesso i sacerdoti stessi, sono stati veramente i peggiori nemici della difesa degli animali, proprio sul presupposto dell’asserita e non documentata circostanza che questi non hanno l’anima.
D. Quali benefici porterebbe invece una pacifica convivenza tra uomo e animale?
R. Sono convinta che un miglioramento comune, porterebbe a un vantaggio reciproco. Se li facciamo vivere meglio, gli animali ci danno tanto e migliorano la nostra vita. Nel libro ho fatto l’esempio della pet-therapy: con i cani, con i cavalli, con gli asini e, in generale, con tutti gli animali. Persino i pesci pare che diano una sensazione di serenità e pace in chi li osserva. La pet-therapy viene molto utilizzata anche negli ospedali, nelle case di riposo e negli ospizi. I dati dimostrano che dove c’è la presenza di un animale è più rapida la guarigione, perché l’umore della persona malata o dell’anziano, che spesso è fortemente depresso, migliora immediatamente. L’ospedale San Matteo di Pavia è stato tra i primi ad aver fatto sperimentazioni di pet-therapy nel reparto di chirurgia infantile, dimostrando che le guarigioni dei bambini sono così più veloci e che necessitano di meno farmaci. Un altro impiego interessante della pet-therapy è quello fatto nelle carceri, come ad esempio a Bollate: il rapporto che si instaura tra il carcerato e il cane è una cosa molto profonda. Il cane riesce a far venire fuori il lato umano della persona, permettendo a quest’ultima di ritrovare un contatto affettivo.
D. Hai affrontato anche il tema del randagismo?
R. Assolutamente. Il randagismo è un altro grande problema, soprattutto in molte zone del Mediterraneo compreso il sud Italia. Ho esaminato il problema dei cani randagi in Turchia, e come sia stato risolto con una semplice donazione di $ 2000, e quello della colonia felina romana di Torre Argentina. Ogni anno il comune cerca sempre di sfrattare la colonia romana, anche se a Roma i gatti sono considerati cittadini romani e patrimonio culturale della città. I turisti, soprattutto gli stranieri, vanno a Torre Argentina non tanto per fotografare i ruderi ma piuttosto i gatti che lì risiedono.
D. Oggi si parla molto di dieta vegana e vegetariana. Al di là delle questioni al bene che può fare mangiare della carne o dei derivati animali, pensi che sia crudele cibarsi di altri esseri viventi?
R. La crudeltà non è propria degli animali. Un animale che uccide per mangiare non è crudele, segue la natura. Noi se uccidiamo una mucca per mangiarla non siamo crudeli, mangiamo. Noi siamo crudeli quando trattiamo gli animali come vengono trattati negli allevamenti. L’essere crudeli tra i propri simili è una prerogativa unicamente umana; non c’è nessun altro animale che ammazza in modo sistematico i propri simili per motivi di odio e rancore. La verità è che siamo tutti uguali, abbiamo lo stesso modo di sentire, la stessa sensibilità al dolore e alla sofferenza. Non è una novità: lo aveva già detto nel Settecento Jeremy Bentham, un grande filosofo e giurista inglese.
Più recentemente, nel 1975 Peter Singer un filosofo australiano scriveva che l’uomo, quale unico detentore della ragione, va in giro a martoriare tutti quelli che, a suo insindacabile giudizio, la ragione non ce l’hanno. Ma forse un corretto, consapevole e umile utilizzo della ragione potrebbe diventare lo strumento per vivere meglio tutti quanti insieme.
ANNALISA GIMMI
BESTIE COME NOI (ed. EFFIGIE)