WHERE TO INVADE NEXT: UN FILM CHE TUTTI DOVREBBERO VEDERE

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di Elisa Pedini – Il regista premio Oscar Michael Moore arriva nelle sale italiane solo per tre date: il 9,10 e 11 maggio con il film-documentario “Where to invade next”. Al sito: www.nexodigital.it si possono reperire le oltre 200 sale che lo trasmetteranno. Pellicola molto intelligente, provocatoria, esilarante, che tutti, ma proprio tutti, dovrebbero vedere. Un’idea geniale che fa riflettere e che, finalmente, non ammorba lo spettatore con tutto quello che non va, ma, al contrario, lo porta spassosamente in giro per l’Europa per fargli capire tutto quello che va estremamente bene e di cui andare fiero e soprattutto, su cui puntare per andare avanti. Ritengo che, per esprimere al meglio questo concetto, nulla sia più significativo delle parole del regista stesso: «I media fanno già un ottimo lavoro ripetendoci ogni sera come il resto del mondo sia così brutto… io sono andato per raccogliere fiori non erbacce… conoscete già la verità, sapete già tutto, non c’è bisogno d’un altro documentario che vi dica quanto è incasinata questa o quella cosa. Dobbiamo muoverci e fare qualcosa e cercare ispirazione su ciò che potremmo essere». Credo che il suo pensiero sia molto esaustivo e non possa che trovarmi concorde. Michael Moore è un regista che non necessita di presentazione alcuna, né come professionista né come persona e Where to invade next” è esattamente come lui: vero, mordace, irriverente, genuino e incredibilmente comico. Un film decisamente da non perdere. Pertanto, vi accennerò soltanto il fatto da cui si dipana l’intera pellicola, tutto il resto ve lo lascio come sorpresa da gustarvi in sala. Ora, vi chiedo d’immaginare cosa succederebbe se le massime cariche militari americane invitassero Michael al Pentagono, chiedendogli consiglio su come gestire un’incresciosa situazione. Semplice, visti i risultati ottenuti non proprio edificanti, Michael, li invita, tutti, a perentorie, immediate dimissioni. Adesso, le invasioni, le farà lui in nome dell’America. Veste, così, i panni dell’invasore e parte con il suo corredo di bandiere americane da piantare nei territori conquistati. La sua idea iniziale è d’invadere altri paesi e di rubare loro qualcosa di diverso dal petrolio, senza sparare neppure un colpo. Pertanto, si da tre regole: 1) non sparare a nessuno, 2) non prendere neanche una goccia di petrolio, 3) portare a casa qualcosa da poter utilizzare. Sbarca in Europa. Invadendo questi paesi, gli appare, però, evidente, che sia molto meglio fare un film sull’America, senza, di fatto, girare un solo fotogramma negli States. Coraggiosamente, Michael raccoglie questa sfida e va in giro piantando le sue bandiere. Ho riso talmente tanto da avere i crampi allo stomaco e continuo a farlo, ora, nel ricordare quello che ho visto, per poterne scrivere. Un film assolutamente geniale. Attenzione a non sottovalutarlo, non è una commedia, anzi, lo definirei un documentario sugli usi e costumi di molteplici popolazioni. È un film “mondiale”, è un film su tutti noi: l’Europa e l’America. Sulla trama non vi dico altro, mentre mi piace darvi qualche indicazione sulla genesi dell’originale idea che sta dietro questa pellicola. Michael Moore comincia a nutrire interesse per questo progetto già a 19 anni, quando, si procura un pass Eurail, una tessera per gli Ostelli della Gioventù e parte alla volta dell’Europa. Vi trascorre due mesi intensi, girando per i diversi Stati e scoprendo caratteristiche ai suoi occhi straordinarie e strabilianti relativamente ai vari sistemi europei. Questi sono, dunque, i grandi segreti che stanno alla base di “Where to invade next”: uscire dagli Stati Uniti, viaggiare e soprattutto, prestare attenzione. Michael Moore ha approfondito la sua conoscenza delle varie strutture degli Stati europei, rendendosi conto che, certe realtà, erano totalmente ignote alla popolazione americana e che, se le cose stavano così, allora, era con certezza qualcosa di nuovo per il pubblico. Il regista stesso afferma: «Mi piace andare al cinema e imparare e incontrare cose che prima non conoscevo». Indubbiamente, non sbaglia, né l’idea di partenza, né l’intento: sono molte le cose che s’imparano da “Where to invade next”. Controcorrente al Michael Moore, realista e cinico, cui le tematiche dei suoi documentari precedenti ci avevano abituato, qui, ci viene mostrata la parte buona dell’essere umano. Traspaiono fiducia e ottimismo nella capacità della gente di vedere e distinguere il bene dal male, di riconoscere il giusto dallo sbagliato e di sapere chiaramente cosa va fatto e come. Due i grandi ostacoli a questa capacità: la paura e l’ignoranza, come, tra l’altro, mostra la constatazione finale del documentario e la conseguente riflessione. “Where to invade next” è ricco di acute considerazioni e spunti per meditare, tra elementi di sorpresa, comicità e grande spontaneità. Qui va sottolineata l’esecuzione, che è in presa diretta: ovvero, interviste a persone normalissime. Nessuno recita. Le reazioni sono assolutamente naturali ed estemporanee. Tutto è girato in un hic et nunc, dove ogni cosa accade in quel momento e direttamente insieme all’“invasore” Michael. Nessuna scena è stata ripetuta. Ciò che succede davanti agli occhi dello spettatore, è semplicemente quello che, spontaneamente, è accaduto o è stato detto. Facile è comprendere come da tutto questo nasca un altrettanto genuino divertimento.

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