Le Domeniche degli altri: nuovo singolo di Stefano Colli

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Dopo il successo del suo album d’esordio Aquiloni, il cantautore bolognese Stefano Colli torna con un nuovo singolo, Le domeniche degli altri. Il brano, nato da una nuova collaborazione con la cantautrice Marsali (Rebecca Pecoriello) e il Maestro Giancarlo Di Maria, esplora con profondità  e delicatezza il tema del ricordo e delle relazioni passate che continuano a lasciare traccia nella nostra vita. Attraverso immagini poetiche e una melodia avvolgente, la canzone evoca un viaggio emotivo tra nostalgia e riflessione, in cui piccoli gesti quotidiani possono risvegliare frammenti del nostro vissuto e le possibilità  mai realizzate.

Abbiamo avuto il piacere di parlare con Stefano Colli per approfondire il significato di questo nuovo progetto e scoprire qualcosa di più sul suo percorso artistico.

“Le domeniche degli altri” é un brano molto intimo e riflessivo. Qual è stata la scintilla che ha dato origine a questa canzone?

Dove vanno a finire le cose non compiute? Esiste un posto nel mondo che racchiuda gli attimi spezzati, i baci non dati, le parole non dette? Dove anche gli amori lasciati a metà trovano la ragione che li spinga ad esistere ancora?

“Le domeniche degli altri” nasce un pò da questi interrogativi. Io credo che gli incontri che facciamo nel corso delle nostre vite siano fondamentali, nel bene e nel male. Le nostre identità, in fondo, sono proprio il risultato di tutti gli incontri che abbiamo fatto, di tutte le persone che ci hanno attraversato lasciandoci addosso ogni volta, inevitabilmente, un frammento di sé. Questo riguarda sia coloro che sono rimasti nelle nostre vite, che abbiamo trattenuto, sia coloro che, per i motivi più disparati, hanno incontrato il nostro cammino solo per un periodo circoscritto della nostra vita.

Nel testo emergono domande profonde sul passato e sulle relazioni. C’è un’esperienza personale che ha influenzato la scrittura di questo brano?

Sicuramente sì, ma non si tratta di una esperienza unica, piuttosto di una somma di tante situazioni. A chi non è capitato di doversi lasciare alla spalle un legame importante per poi ritrovarsi a fare i conti con il grande cambiamento che questo comporta nella propria vita, sia da un punto di vista emotivo che pratico. Ci si trova a rivedere la propria quotidianità, riappropriarsi di spazi prima condivisi. E’ un momento di solitudine, malinconia e anche di profonda ricostruzione.

Il tema del ricordo e della memoria è centrale nella canzone. Che rapporto hai con il passato e come influenza la tua musica?

Penso di avere un buon rapporto con il passato, ma tendo piuttosto ad essere sempre più proiettato al futuro e a rimanere poco focalizzato sul presente. Mi sento un pò funambolo tra l’inaffidabilità, l’incertezza del ricordo e le aspettative proiettate nel domani. Vorrei imparare a rimanere più focalizzato su quello che sto facendo ora in modo da porterlo apprezzare e godermelo fino in fondo.

Dopo il successo di “Aquiloni”, come senti di essere cresciuto artisticamente con questo nuovo singolo?

Con questo brano, ancora una volta frutto della collaborazione con la cantautrice Marsali e il mio produttore artistico Giancarlo Di Maria, sento di essere stato più sincero. Negli ultimi anni ho vissuto con frustrazione e senso di inadeguatezza il fatto di cantare e rappresentare un genere musicale diverso da quello che propone la maggior parte della discografia italiana in questo momento storico. Ma credo di aver fatto pace con questo. Ho capito che non posso e non voglio essere diverso da ciò che sono; che sarebbe inutile e controproducente emulare un linguaggio che non mi rappresenta. Quello che posso fare è rimanere in ascolto della mia sensibilità, del mio cambiamento, del mio sentire, e provare a comunicarlo a modo mio, sperando magari che qualcuno possa identificarsi e riconoscersi nella mia musica. E credo appunto che la sincerità sia l’unica strada possibile per instaurare una comunicazione autentica.

La tua musica è spesso descritta come eclettica. Quali sono le influenze che hanno maggiormente segnato il tuo stile?

Sicuramente il teatro, che è diventato ben presto il mio habitat naturale, ha influenzato tantissimo il mio modo di fare musica, di approcciarmi ad un testo e al peso delle parole. Sono cresciuto ascoltando i nostri grandi cantautori dai vinili di mio padre e per me la parola ha sempre avuto un ruolo centrale anche nell’ascolto. La musica, come l’arte in generale, non è e non è mai stata puro intrattenimento, ma scoperta e ascolto dell’altro e di me stesso. Opportunità di conoscenza e linguaggio immediato, diretto per suscitare riflessioni ed interrogativi. Per questo ritengo che la musica abbia sempre avuto una dimensione politica molto importante e non ho mai sopportato la retorica di quei commenti del tipo: “che si limiti a fare il cantante, a ognuno il suo mestiere.”

Cosa ti affascina maggiormente nel processo creativo di una canzone? Parti prima dalla musica o dal testo?

Innanzitutto io non sono abituato a scrivere da solo. Per me la scrittura, almeno fino ad oggi, è sempre stata un momento di scambio e condivisione di idee. Ogni volta però il processo creativo è diverso, ogni canzone ha la sua storia. Ricordo per esempio il caso di “Guarda la notte”, brano contenuto nel mio album “Aquiloni”: in quel caso il grandissimo Gianluca Fantelli (“Il Fante”) mi mandò un testo di cui mi innamorai alla prima lettura, così chiamai il pianista Mattia Pallotti e gli chiesi di suonare sulla base delle emozioni che queste parole gli avevano restituito. Io iniziai a cantare una melodia e la canzone nacque così, in qualche minuto,  senza ulteriori revisioni, con una naturalezza  e una spontaneità che non ho più sperimentato in seguito. Questo è il grande potere delle parole, quelle importanti, che toccano in profondità.

“Le domeniche degli altri” anticipa un nuovo album o altri singoli in arrivo?

Questo brano fa da apripista ad un nuovo progetto discografico a cui sto lavorando con il mio team, si tratta di un progetto abbastanza ambizioso e ricco di collaborazioni, con un’impronta molto teatrale e letteraria. Ma è ancora presto per parlarne, voglio prima essere sicuro di riuscire a concretizzare quello che ho in testa! Ci vorrà un pò di tempo e tanto lavoro.

Se potessi realizzare un featuring con un artista, italiano o internazionale, chi sceglieresti e perché?

Mi piacerebbe tantissimo collaborare con Michele Bravi, che ha una sensabilità artistica che trovo molto vicina alla mia. Tra l’altro, ho apprezzato molto il suo ultimo album “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi”. Poi con Niccolò Fabi, uno dei miei cantautori preferiti da sempre, Noemi, Arisa e Malika Ayane, voci che mi incantano ad ogni ascolto.

Nel panorama internazionale invece, il mio sogno sarebbe un duetto con Damien Rice e uno show con Michael Bublè. Già che ci siamo sognamo in grande!

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ph Simona Buccolieri

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