“Musica ribelle” crea un ponte con gli Anni ’70

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“Sai chi era Victor Jara?” è la domanda che il sessantanne Hugo, l’alter ego nella finzione di Eugenio Finardi,  rivolge a Lara93 e che racchiude l’essenza di “Musica ribelle”: il confronto tra generazioni apparentemente e inconciliabili e separate da quarant’anni di storia ma che, in fondo, se imparano a comunicare possono trovare molti punti di incontro. A iniziare dalla musica, la musica contro o appunto la “Musica ribelle”  quella “che ti ti dice di uscire che ti urla di cambiare di mollare le menate e di metterti a lottare”.

Il musical, diretto da Emanuele Gamba,  in scena fino a domenica 8 ottobre al Teatro Nuovo di Milano è prodotto da Todomodo e Bags Entertainment  e nasce  dalla scelta precisa di scrivere e realizzare uno spettacolo sulla musica e sulla testimonianza artistica Eugenio Finardi.

La scena si apre su una Milano contemporanea dove Hugo affitta un  vecchio scantinato da tempo in disuso a una “crew” di giovani rapper, graffittari, dj capitanati da Lara93 alle prese con la preparazione di un un rave notturno. Come spiega Hugo in realtà il suo è stato quasi un messaggio lanciato nello spazio alla ricerca di un “Extraterrestre” che potesse condividere la passione per la musica e la voglia di sognare ancora. Nello scantinato Lara93 scova i diari di Hugo che  portano la lancetta indietro al ’73 quando la stessa cantina era il covo di un collettivo politico, la sua sala prove, la sua stamperia, la sua radio libera “Nebbia” che appare e scompare e i concerti al Parco Lambro che, in un gioco di citazioni, avevano visto protagonista proprio lo stesso Finardi.  Le storie dei due protagonisti, corrono in parallelo. Sette anni per il collettivo e le storie di utopia, amore e impegno politico dei suoi protagonisti, mentre la violenza cede il posto al sogno di una rivoluzione pacifica,  sette giorni per Lara93 e il suo mondo di fuoriusciti del sistema,  dal cleptomane, alla vegana, alla narcisista.

La forza dello spettacolo è quella di non rimanere relegato all’effetto nostalgia, che pure sarebbe stata una via piuttosto semplice da seguire anche solo legando le prime canzoni di Finardi, quelle che hanno caratterizzato maggiormente il decennio della protesta. Sono infatti riproposti dal vivo, riarrangiati da Emiliano Cecere e Alberto Carbone sotto la supervisione di Finardi, “Dolce Italia”, “Trappole” “Patrizia”, “Diesel”, “Un uomo”,
“Extraterrestre”, “La radio”, e le immancabili “La Forza dell’Amore” e “Musica ribelle”  tra sonorità che vanno da quelle
rock-prog originarie degli anni ’70, a sconfinamenti d’n’b, techno, ma anche ballate e medley. Nessuna nostalgia e nessun buonismo. La violenza, le droghe, gli abusi ieri come oggi non sono nascosti e tratteggiano personaggi a tutto tondo.

“Musica ribelle” prova a far dialogare  i giovani degli Anni ’70 con i nuovi Anni ’20, trovando numerosi punti di incontro. D’altro canto, come spiega Hugo, i sogni non terminano nello spazio di una generazione anche quando questa stessa generazione ha in parte tradito l’utopia a cui aspirava quarant’anni fa e di cui ha lasciato eredità artistiche ancora attuali. Magari cambia il modo. gli strumenti a disposizione e probabilmente anche mode e musica,  ma la ricerca della felicità, anche se relegata temporaneamente in uno scantinato, non tramonta e neppure il sogno di realizzare le proprie aspirazioni artistiche, musicali o meno.

“Ho sempre pensato che la creazione di questo specifico racconto per il palcoscenico presentasse dei livelli di complessità molto alti: due epoche da raccontare, sette anni e sette giorni, un unico spazio scenico, un cast impegnato in doppi ruoli, la musica dal vivo con band da integrare nella fabula, la volontà di muovere i corpi con un linguaggio fisico inedito per il nostro teatro musicale, un immaginario video da far vibrare con la musica” ha commentato Gamba per poi aggiungere: “Una complessità che alle volte è sembrata insormontabile ma che poco alla volta si è rivelata lo strumento
necessario e ineludibile per raccontare la complessità della vita e delle relazioni di dieci giovani, uomini e donne in lotta per la determinazione di un futuro degno di essere vissuto”. Una complessità che, secondo il regista, “Musica ribelle” scioglie in una verità semplice: ”  che in ogni epoca e ad ogni latitudine uomini e donne abbiano un bisogno pressoché unico, il bisogno di curare paure e debolezze con quella che Eugenio chiamò “la forza dell’amore”.

Applausi al cast numeroso e coinvolgente  in cui il talento scorre a fiumi. Tra i protagonisti in scena per “Musica ribelle” spiccano le voci di Arianna Battilana, in scena con le stampelle per un incidente capitato pochi giorni fa, Luca Viola  e di Federico Marignetti, già nel cast di “Spring Awakening”  e di “Romeo Giulietta” e vincitore lo scorso anno del premio Persofone come miglior attore emergente.

E per chi come me  è stato solo sfiorato dagli Anni ’70:  Victor Jara, citato in “Musica ribelle”, era un artista cileno ucciso nel settembre del 1973 nei giorni del colpo di Stato di Pinochet.  Un artista che ha pagato la ribellione sulla propria pelle e un delicato cantautore che vale la pena di cercare e ascoltare su youtube, magari partendo proprio dalla commovente “Te recuerdo Amanda” citata e cantata in “Musica ribelle”.

 

“Musica ribelle” DOVE, COME E QUANDO
Fino all’8 ottobre al Teatro Nuovo di Milano h 20.45 e domenica alle 15.30
Biglietti da 25,8 euro

 

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