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Cinque mete Usa per celebrare i compleanni di 5 film cult

Cinque mete per le vacanze suggerite da cinque film cult che quest’anno celebrano compleanni importanti. Gli itinerari proposti da VisitTheUsa promettono quindi di far scoprire gli Usa da una prospettiva davvero particolare: ripercorrendo le orme di cinque film che hanno fatto sognare intere  generazioni e per cui più trascorre il tempo più sembrano attuali. Da Forrest GumpFootloose, cinque mete a stelle e strisce in cui sono stati ambientati i film culto.

  1. Per Sideways a spasso tra Santa Ynez Valley, California un itinerario di vino, amicizia e paesaggi 

 Sideways- In viaggio con Jack, che quest’anno compie vent’anni, si sviluppa lungo la Santa Ynez Valley in California. Organizzare un viaggio in questa terra, ripercorrendo  i luoghi del  film di Constantine Alexander Payne, porta alla scoperta di una delle zone vinicole più famose degli Stati Uniti, riconosciuta anche per la bellezza dei paesaggi che si alternano all’eterogeneità dei vitigni coltivati.

2. Per Forrest Gump la destinazione è Savannah, Georgia, un itinerario tra storia e natura

Per celebrare il 30° anniversario di Forrest Gump il suggerimento è quello di immergersi nelle atmosfere e nella cultura degli Stati Uniti del Sud.  Nonostante il film di Robert Lee Zemeckis racconti di un uomo semplice dell’Alabama che passa attraverso alcuni degli eventi più rilevanti del secolo scorso uscendone vincitore, alcune delle ambientazioni più note del fim a Savannah, in Georgia, dove il tour comincia dalle Live Oaks, riconoscibili per i loro lunghi  rami che si estendono orizzontalmente quasi abbracciandosi, per poi proseguire verso Chippewa Square in cui nel film di Zemekis Forrest racconta la sua storia parlando con diverse persone sedute su una panchina (oggi al Savannah History Museum).

3. Con Karate Kid tra Phoenix e Sedona, Arizona

Per ripercorrere le orme dell’orami quarant’enne Karate Kid la meta è la San Fernando Valley, un mix di cultura urbana e natura in California, oltre alle  cittadine di Phoenix e Sedona in Arizona, rispettivamente note per l’arte e l’offerta culinaria la prima e per le formazioni di roccia rossa e i sentieri escursionistici la seconda. Tra le icone dello stato in cui è ambientato il fil m cult di John Guilbert Avildsen sono da non perdere il Chirinchua National Monument al confine con il New Messico: un parco caratterizzato da una vegetazione rigogliosa, dettaglio insolito per un’area per lo più arida.

4. Per Footloose un  itinerario a passo di danza tra le meraviglie naturali dello Utah

Footloose celebra il suo 40° anniversario. Lo sfondo del film di Herbert Ross è lo stato dello Utah, con la Monument Valley, il Grand Canyon e molti parchi nazionali. Come la Valley of the Gods,  una strada sterrata lunga 17 km con panorami mozzafiato dove si può rimanere incantati da giganteschi monoliti rossi, mesas e pinnacoli.

5. Per Piccole Donne lo sfondo è ill Massachusetts

Sono passati poco più di 90 anni da quando Katharine Hepburn ha rivestito i panni di Jo March in Piccole Donne guidata dalla regia di George Cukor. Il momento è quello giusto per celebrare il film andando alla scoperta del Massachusetts, lo stato in cui è ambientata la pellicola. Non solo facendo tappa nella capitale, Boston, ma anche o visitando luoghi unici come le isole di Nantucket e Martha’s Vineyard, oppure Salem, Gloucester, Essex e le piccole cittadine a nord di Boston o Cape Cod, un’incantevole penisola bagnata dall’Oceano Atlantico, il primo luogo in cui si stabilirono i Padri Pellegrini negli Stati Uniti.




Al cinema la vita di Munch tra amori, fantasmi e donne vampiro

di Cristina T. Chiochia

La sofferenza della vita. La vita che si modella alla umanità. Una vita a cui non volere bene. Ma da testimoniare. Attraverso la pittura. Lo stigma del senso della immoralità e della moralità attraverso la frustrazione “perbenista” in una città chiamata ancora Kristiania e non Oslo. Un vero percorso emozionale il nuovo film di Nexo, il secondo sulla serie sull’arte per quest’anno, in questi giorni al cinema, sul talento ed il genio di Munch.
Dal titolo Munch, amori fantasmi e donne vampiro – elenco dei cinema sul sito ufficiale – tutto quello che di possibile ed immaginabile sul mondo di riferimento di questo pittore, c’è.
Dalle prime esperienze artistiche, al senso che queste esperienze in una città nuova, hanno per Edvard Munch uno dei più grandi artisti del primo Novecento, precursore dell’espressionismo, una immagine nuova ed inedita della sua storia artistica ad un anno esatto dalla creazione del museo cittadino per lui, ad Oslo.
Il film, che è anche una mappatura di comunità attraverso la descrizione fedele di quello che è stato il fenomeno dei Kristiania-bohemen  a Oslo, che è stato non solo un movimento politico ma anche culturale norvegese sin dal1880.
Proprio nella città di Kristiania, l’odierna Oslo appunto, avvenne tutto.
Circa 20 uomini e alcune donne, che si associarono liberamente in stimoli e forme del tutto nuove per i tempi verso un nuovo modo di intendere il mondo e la cultura.
Gli spettatori al cinema dal 7 al 9 novembre 2022 avranno cosi la possibilità di vedere, sul grande schermo quello che il film  Munch, amori fantasmi e donne vampiro,   significa: non solo un documentario  prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, ma un vero e proprio , un docufilm appunto dove il pittore Munch testimonia i sui amori, reali o possibili o tormentati, fantasmi  di ogni forma e misura e donne vampiro, come le immagini della sua pittura. Un film diretto da Michele Mally che firma la sceneggiatura con Arianna Marelli e che si  è impegnato a gettare come recita il comunicato stampa: “nuova luce su Edvard Munch, un uomo dal fascino profondo e misterioso, un precursore e un maestro per tutti coloro che vennero dopo di lui [….], non esiste al mondo pittore più celebre, eppure meno conosciuto di Edvard Munch. Se il suo Urlo è diventato un’icona dei nostri tempi, il resto della sua produzione non è altrettanto famoso. Ora invece Oslo, l’antica Kristiania, segna una svolta per la conoscenza dell’artista: il nuovo museo MUNCH – inaugurato nell’ottobre 2021 – è uno spettacolare grattacielo sul fiordo della capitale norvegese, pensato per ospitare l’immenso lascito del pittore alla sua città: 28.000 opere d’arte tra cui dipinti, stampe, disegni, quaderni di appunti, schizzi, fotografie ed esperimenti cinematografici. Tutto questo straordinario patrimonio ci offre una visione d’eccezione della mente, delle passioni e dell’arte di questo genio del Nord”. Da vedere al cinema e, perché no, visitare il nuovo museo nella sua patria natale.



Tiziano ed il suo colore al cinema

di Cristina T. Chiochia

Tiziano ed il suo colore diventano un film per il cinema per tre giorni con TIZIANO. L’IMPERO DEL COLORE,  il 3, 4, 5 ottobre, al cinema.
Il film, diretto da Laura Chiossone e Giulio Boato e stato scritto da Lucia Toso e Marco Panichella con la supervisione di Donato Dallavalle, per una produzione Sky, Kublai Film, Zetagroup, Gebrueder Beetz e Arte ZDF.
Lo sfondo non poteva essere dei più attuali.
Dall’inizio alla fine. La  scelta di mettere in rilievo il destino, la peste e renderlo attuale con degli sfondi della sua Venezia inediti, ripresi durante il lockdown. Dopo il pubblico delle grandi mostre ed i tanti libri pubblicati su Tiziano recentemente, Tiziano si offre al pubblico del grande schermo attraverso degli esperti e personaggi della recente storia imprenditoriale italiana, al fine di comprenderne meglio i contorni, lo stile e la vita.
Uno degli aspetti interessanti del film, è presentarlo attraverso il suo rapporto con ciò che ama e chi ama.
In una sorta di percorso emozionale e, come sfondo , la sua Venezia che, come recita il comunicato stampa “[…]per tutta la sua esistenza, rimarrà la base operativa da cui spostarsi per conquistare e creare un “impero del colore”, una fucina creativa eccezionale capace di accogliere viaggiatori e influenze provenienti da tutto il mondo. Ce lo raccontano nel film Amina Gaia Abdelouahab, curatrice indipendente e storica dell’arte, co-founder e vicepresidente di Progetto A, Bernard Aikema, Professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Verona, Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore, finanziatore del Foro delle Arti, Francesca Del Torre, assistente scientifica all’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini e curatrice per la pittura italiana del Rinascimento al Kunsthistorisches Museum di Vienna, Miguel Falomir Faus, Direttore del Museo Nacional del Prado a Madrid, studioso di pittura italiana del Rinascimento e del Barocco, Sylvia Ferino-Pagden, curatrice di mostre, in precedenza Curatrice della Pittura rinascimentale italiana e Direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum di Vienna, Jeff Koons, uno degli artisti più influenti e seguiti al mondo, Patrizia Piscitello, storica dell’arte, curatrice, responsabile Ufficio mostre e prestiti e Curatrice collezioni del Cinquecento del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Tiziana Plebani, storica, cultrice di Storia moderna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, in precedenza responsabile del Dipartimento Storia e Didattica della Biblioteca Nazionale Marciana, Giorgio Tagliaferro, Professore Associato in Arte Rinascimentale all’Università di Warwick con un Ph.D. in Storia dell’arte all’Università Ca’ Foscari di Venezia”.
Tiziano oltre Tiziano.
Le sue origini e la ricomposizione attraverso la rilettura “attualizzata” dei suoi capolavori e le interviste esclusive di una storia davvero da conoscere e raccontare, tra l’artista, l’amante e l’imprenditore.
Uomo ambizioso, Tiziano, che con una solida forza di volontà costruì con cariche pubbliche (la possibilità imperiale di nominare notai per esempio o di avere una rendita dalla Repubblica di Venezia per il suo lavoro) e talento personale (i suoi capolavori ed il suo modo di definire il colore cambiarono la storia dell’arte europea) una carriera da vero “influencer” contemporaneo.
Superando con il suo colore, lo splendore che fino ad allora si era visto nel tratteggiare ritratti con la sua affinata sensibilità di riconoscere il bello: di un abito, di un sorriso, di uno sguardo o di un atteggiamento. Basti pensare al mondo racchiuso nella sua pennellata nel rendere pellicce o rigidi ricami o gli ornamenti dorati a sbalzo: colori vivi e lucidi, contemporanei a chi li vedeva e che giungono a noi in una sorta di avvolgente viaggio nel tempo sul corpo umano che si fa creatura in particolare quello femminile. Da vedere.



Torna Grease di Compagnia della Rancia

Il mitico film Grease compie 40 anni e per l’occasione torna in edizione restaurata in Dvd, Blu-ray e 4K Ultra Hd con Universal Pictures Home Entertainment Italia. Per festeggiare l’anniversario, a Cannes, è stata organizzata una proiezione speciale sulla spiaggia presentata da Randal Kleiser, regista del film, e dal protagonista John Travolta.

Anche in Italia si festeggia l’anniversario grazie a Compagnia della Rancia che porta nuovamente in scena Grease il musical. Scritto da Jim Jacobs e Warren Casey, con la regia di Saverio Marconi, Grease è diventato un vero e proprio fenomeno di costume, uno spettacolo cult apprezzato, da oltre vent’anni, da più di 1.750.000 spettatori di tutte le età.

Grease il musical incomincia la tournée 2018/2019 dal palco del Teatro della Luna di Milano dall’8 novembre al 2 dicembre 2018 (Tutte le tappe sul sito ufficiale grease.musical.it).

Nel rodato cast della scorsa stagione c’è una new entry: Giulio Corso, nel ruolo di Danny Zuko.

E allora tutti pronti a tornare al Liceo Rydell, tra T-Birds e Pink Ladies, per vivere la storia d’amore di Danny e Sandy con le indimenticabili hits di Grease!

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Grease il musical

8 novembre – 2 dicembre 2018

Teatro della Luna – Milano 

Biglietti a partire da € 25




Brunella Platania racconta Heathers – Il Musical

Heathers”, il musical ispirato al film-cult del 1989 “Heathers – Schegge di Follia” con Winona Ryder e Christian Slater, si prepara a debuttare in Italia. Una scelta coraggiosa, molto audace e interessante, voluta da un trio di professionisti di tutto rispetto, quali Brunella e Maria Laura Platania e Marcello Sindici.

In America, dove ha debuttato nel 2013 con grande tributo di pubblico e critica, “Heathers” è diventato un vero e proprio fenomeno di massa.

Lo spettacolo tratta tematiche di grande attualità: bullismo, adolescenza a rischio, omofobia, suicidio: argomenti profondi, trattati con pensosa leggerezza e in chiave esorcizzante, grazie anche a una colonna sonora rock, originale e coinvolgente, pienamente aderente ai momenti salienti e ai passaggi narrativi della trama.

Brunella Platania, regista, attrice, cantante, un grande nome del teatro italiano, e che di “Heathers” ha curato la regia e l’adattamento in italiano, ci racconta il perché di questa particolare scelta.

Perché Heathers? È stata una scelta solo artistica o per i temi trattati?

Ho strenuamente voluto questo spettacolo: ho insistito e mi sono applicata con determinazione, insieme a Marcello Sindici, per ottenere la possibilità di portarlo in scena in Italia, anche se per ora in una High School Edition, che comunque è di tutto rispetto.
È stata una prima di tutto scelta artistica perché mi sono innamorata sia della colonna sonora, che è molto rock, molto forte e assolutamente accattivante, sia della messa in scena teatrale di un film cult degli anni ’90 “Schegge di Follia”, a cui sono molto affezionata.
Pensare che qualcuno abbia trovato il coraggio e il modo di portare in scena la storia controversa che racconta il film, mi ha completamente affascinato. Ovviamente la pellicola tratta argomenti molto forti, pur con accenti a tratti ironici e leggeri, che, nella versione teatrale, sono ancora più rilevanti.
Quello che ha convinto me, Maria Laura e Marcello sono stati proprio questi argomenti, tra l’altro attualissimi, che, essendo così forti, vanno per forza trattati con un minimo di leggerezza.
La colonna sonora, insieme con quell’impronta più ironica e- direi quasi – sopra le righe, serve proprio a questo, a sdrammatizzare un po’ i toni, perché altrimenti sarebbero troppo pesanti per uno spettacolo teatrale.

C’è un messaggio?

E’ uno spettacolo con un messaggio importantissimo. Tratta argomenti scottanti, duri, pesanti. L’occhio è puntato sul microcosmo di una scuola che è rappresentativa di un mondo in corruzione e, soprattutto, su questa adolescenza che attraversa un momento delicatissimo.
Abbiamo messo sotto una lente d’ingrandimento un po’ deformante, proprio per garantire maggiore serenità nell’audience, i veri problemi adolescenziali, le tematiche che riguardano i nostri figli, i figli di questo mondo: il bullismo, l’omofobia, il suicidio adolescenziale che è conseguenza della sofferenza, della mancanza di equilibrio, della mancanza di protezione, dell’assenza degli adulti che a volte ignorano o non vedono il dolore dei giovani.
Il “male” e il disagio ormai passano attraverso mezzi che sono poco controllabili: tutte tematiche di un’attualità sconvolgente molto vicine a noi.
Lavorare a questo spettacolo, in versione italiana, con un cast di ragazzi, ci ha portato a curare l’adattamento con molta attenzione e scrupolo, proprio perché il messaggio passasse con più incisività.

In generale il musical e il teatro devono trasmettere un messaggio? È uno dei compiti dell’arte in generale?

L’arte è comunicazione, è veicolo di emozione, di sentimenti, di tradizione, è il modo che hanno gli esseri umani, in qualche modo, di eternare se stessi, le proprie potenzialità e capacità e di tramandare, di far arrivare la loro voce anche a chi ci sarà dopo.
Certamente l’arte ha questo compito, ma non dimentichiamo che mantiene anche quello del divertimento e dell’intrattenimento.
In qualche modo, bisogna che i due aspetti siano legati tra loro, perché dove c’è leggerezza, i messaggi profondi arrivano in maniera più diretta, perché si predispone il pubblico a uno stato d’animo più ricettivo.

Lo spettacolo ha mantenuto l’ambientazione negli anni 80?

Lo spettacolo ha un’ambientazione più anni ’90. Quegli anni erano meno problematici per la generazione giovanile, anche se gli adolescenti hanno sempre vissuto gli stessi problemi.
Dal mio punto di vista gli anni ’80 davano più ganci, offrivano più possibilità di appoggio, di motivazione e di “salvezza”.
Negli anni ’90 abbiamo assistito a un passaggio verso un’atmosfera più cupa, più demotivante e quindi alcune problematiche anche incomprensibili sono venute più in superficie e si sono rese più evidenti.
Questa è la chiave dello spettacolo. All’improvviso, in una mente non completamente sana si è insinuato il tarlo della demolizione di una generazione a sé contemporanea, una sorta di autodistruzione proprio per eliminare traccia di quelli che nel musical sono chiamati dinosauri.

Quale sarà il futuro di questo Heathers?

Il futuro di Heathers lo decideranno il pubblico e lo spettacolo stesso!
Da parte nostra ce la mettiamo tutta, perché sia un lungo futuro.
È la prima volta che viene portato in Italia,; poi debutterà a Londra nel 2018 e infine sbarcherà anche in altri paesi europei.
Non è certamente uno spettacolo semplice, ma è assolutamente attuale e artisticamente straordinario, perciò speriamo che nel futuro abbia una grande diffusione, soprattutto per il messaggio che contiene e perché parla dei giovani, è fatto da giovani e non può non lasciare il segno in chiunque lo venga a vedere.

Vi aspettiamo dal 20 al 22 ottobre allo Spazio Diamante di Roma.

Per tutte le informazione visitate la pagina Facebook ufficiale “Heathers the Musical Italia – High School Edition” e il sito www.heathersmusicalitalia.com

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Si ride e si pensa con “Chi m’ha visto”

In attesa dei capolavori della Mostra del Cinema di Venezia, in corso proprio in questi giorni, prepariamoci a ridere e a riflettere con il film italiano “Chi m’ha visto”, con Pierfrancesco Favino e Giuseppe Fiorello, regia di Alessandro Pondi, nelle sale dal 28 settembre. Un film che riporta al gusto della commedia all’italiana degli anni ’60 dei Maestri Mario Monicelli, Dino Risi e Luigi Comencini.

La pellicola, ispirata a un fatto vero, è ambientata nella Puglia dei giorni nostri e racconta la storia rocambolesca, comica e grottesca di Martino Piccione, chitarrista di grande talento che collabora con tutte le più grandi star della musica leggera italiana. Peccato però che nessuno si accorga di lui, perché l’attenzione del pubblico è tutta rivolta al cantante famoso di turno. D’altra parte il mondo dello spettacolo è così: non conta quanto vali, conta quanto appari e proprio in nome di una esagerata ed effimera apparenza, si finisce per dimenticare la sostanza delle cose. Tutte le volte che Martino ritorna a casa nel suo paesino in Puglia, deve subire le ironie dei suoi concittadini che lo sfottono per la sua ossessione di diventare un musicista famoso. Con l’aiuto del suo migliore amico Peppino, un “cowboy di paese” con pochi grilli per la testa, Martino decide di mettere in atto un piano strampalato per attirare finalmente l’attenzione mediatica su di sé: organizza la propria sparizione. Le conseguenze di questo gesto estremo sono del tutto inaspettate.

Il film rappresenta il debutto alla regia di Alessandro Pondi, scrittore e sceneggiatore che per il cinema ha firmato pellicole come “K il bandito” di Martin Donovan, “Litium Cospiracy” di Davide Marengo, “Mio papà” di Giulio Base, “Poli Opposti”, “Natale a Beverly Hills” e “Natale in Sud Africa”.

Oltre ai protagonisti Pierfrancesco Favino e Giuseppe Fiorello, il cast del film è di tutto rispetto: Mariela Garriga, Dino Abbrescia, Sabrina Impacciatore, insieme a tantissimi altri ospiti sorprendenti, eccezionalmente in prestito al cinema per l’occasione.

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The Bodyguard si prepara a infiammare la scena

In arrivo, in prima nazionale, “The Bodyguard – Guardia del Corpo, il musical”. Lo spettacolo, prodotto da Wizard Productions,  debutterà a Milano il 23 febbraio 2017 sul palco del Teatro Nazionale CheBanca! dove rimarrà in scena fino al 7 maggio.

Scritto da Alexander Dinelaris, il musical si basa sulla sceneggiatura originale di Lawrence Kasdan .Bodyguard  si basa sull’omonimo film del 1992 con Whitney Houston e Kevin Costner i cui ruoli, a teatro, saranno impersonati da  Karima, una delle più belle voci italiane, che interpreterà la superstar Rachel Marron e da Ettore Bassi che darà vita alla guardia del corpo Frank Farmer. Con loro in scena: Helen Tesfazghi (alternate Rachel Marron), Loredana Fadda (Nicki Marron), Piero Di Blasio (Sy Spector), Russel Russel (Bill Devaney), Daniele Balconi (stalker), Fabrizio Corucci (Tony Scibell), Mirko Ranù, Gianluca Briganti, Felice Lungo, Renato Tognocchi, Alessia Losavio, Yamaira Gomez Fabre, Alessandra Ruina e Daniela Ribezzo.

” Quando uscì la versione musical del titolo a Londra qualche anno fa, pensai subito a un’altra operazione per la maggior parte commerciale, alla “Fame” o “Flashdance”. Invece, con mia grande sorpresa, mi imbattei in una riduzione estremamente curata per il teatro, dove le canzoni più famose di Whitney Houston erano state integrate perfettamente nella storia, con un risultato finale di grande qualità” spiega Federico Bellone, regista di The Bodyguard  che poi aggiunge: “Quello che raccontiamo nel nostro spettacolo è il grande bisogno che la diva protagonista ha di essere amata. Più abbiamo successo nel nostro lavoro, più rischiamo di rimanere soli. La celebrità e il potere ci portano a dubitare di quali siano le amicizie e gli amori sinceri, confinandoci in un vortice di emozioni che difficilmente possiamo condividere. La solitudine è un elemento comune anche al nostro protagonista, che ha scelto “il mestiere perfetto: non nello stesso posto troppo a lungo, mai troppo vicino a qualcuno”. Ed ecco che questi personaggi così forti e allo stesso tempo così soli si ritrovano in una potente storia d’amore.”  Bellone poi, per quanto riguarda la scelta del cast spiega:  “Ettore Bassi è senza dubbio uno dei più bravi attori con una consistente esperienza nei girati polizieschi e la cantante black dalla voce incredibile, Karima, è colei che apriva i concerti nostrani di Whitney”. Dal punto di vista visivo infine, come spiega il regista, in Bodyguard “lo show si presta all’ eleganza: nero lucido specchiante, bianco, argento e oro, linee verticali negli abiti da sera; e a grande spettacolarità per l’aspetto “da concerto” legato alla protagonista femminile, come un grande impianto luci, fuochi d’artificio e fiamme veri, geyser, vento, giochi di laser, botole e sistemi di volo, proiezioni, effetti speciali e mega bassi, sorprendenti cambi di scena”.

The Bodyguard – Guardia del corpo racchiude un thriller e una storia d’amore: Frank Farmer, ex agente dei servizi segreti viene ingaggiato come guardia del corpo per proteggere la rockstar Rachel Marron da un pericoloso stalker. La convivenza non è semplice e si complica ulteriormente quando entrano in gioco i loro reciproci sentimenti; il tutto accompagnato dalle note di una straordinaria colonna sonora che include classici come “Queen of the Night”, “Run to you”, “I Have Nothing”, e una delle più grandi canzoni di tutti i tempi “I Will Always Love You”. L’adattamento teatrale di The Bodyguard viene ulteriormente arricchita con altri grandi successi di Whitney Houston compresa “I wanna dance with somebody”.

DOVE, COME E A QUANTO -The Bodyguard dal 23 febbraio al 7 maggio
Teatro Nazionale Che Banca! -Milano

Da martedì a venerdì: ore 20,45; Sabato: ore 15,00 e ore 20,45; Domenica: ore 15,00 e ore 19,00
Biglietti: da 24 euro

 

 

 




“ROBERTO BOLLE. L’ARTE DELLA DANZA” – VERSO UN NUOVO ”RINASCIMENTO”

di Elisa Pedini – In sala ancora per due date: stasera 22 e domani 23 novembre, il film “ROBERTO BOLLE. L’ARTE DELLA DANZA”, a cura di Francesca Pedroni. Tutte le sale su www.nexodigital.it. Un tour formidabile ed entusiasmante alla scoperta delle grandi interpretazioni di Roberto Bolle, attraverso immagini esclusive, dal palcoscenico e dal backstage, degli spettacoli del suo gala “Bolle and Friends” in tre luoghi simbolo del patrimonio culturale italiano: l’Arena di Verona, il Teatro Grande di Pompei, le Terme di Caracalla a Roma. Una pellicola che trasuda la passione, la determinazione, la fatica, la gioia del protagonista e dei suoi compagni d’avventura: dieci eccezionali danzatori di tutto il mondo scelti dallo stesso Bolle per avvicinare la danza a un pubblico di migliaia di spettatori: Nicoletta Manni, del Teatro alla Scala, Melissa Hamilton, Eric Underwood, Matthew Golding del Royal Ballet di Londra, i gemelli Jiři e Otto Bubeníček, rispettivamente del Semperoper Ballet di Dresda e dell’Hamburg Ballett, Anna Tsygankova del Dutch National Ballet di Amsterdam, Maria Kochetkova e Joan Boada del San Francisco Ballet, Alexandre Riabko dell’Hamburg Ballett. Un film che è, sicuramente, dedicato agli appassionati di danza, ai fans di Roberto Bolle, ma anche e soprattutto, dedicato a un’italianità da riscoprire ed esaltare. La nostra Étoile sottolinea, infatti, la sua missione: in questo momento di crisi profonda, bisogna ripartire dalla bellezza, intesa come arte, cultura e patrimonio artistico, «un nuovo Rinascimento italiano», lo definisce. L’immagine è quanto meno affascinante e aulica. Per questo, aggiunge Bolle, il suo obiettivo è quello di portare la maestosità effimera della danza nell’eternità di luoghi di bellezza, che esistono da duemila anni. «È come ballare fuori dal tempo e dallo spazio» spiega. Devo ammettere che, veder danzare Roberto Bolle, con la sua figura maestosa, apollinea, principesca, capace di trasmettere emozioni persino attraverso il grande schermo, all’interno di imponenti cornici storiche di valenza mondiale, è un’esperienza davvero impattante. L’estasi che prova lo spettatore è la stessa che ci comunicano i ballerini, per i quali, il ballare fra gli scavi archeologici di Pompei è stata «un’esperienza unica nella vita». Inoltre, ci parlano delle Terme di Caracalla come d’un luogo magico, da cui si sprigiona un’energia speciale, che entra dentro e si riverbera nella danza. Infine, l’imponente Arena di Verona, simbolo della cultura e dell’arte italiane in tutto il mondo, in grado di far vivere un entusiasmo collettivo in una potenza, corporea ed emotiva, unica. Tanta spettacolare bellezza umana e monumentale non può, naturalmente, lasciare indifferenti. Mi sono sentita coinvolta e trascinata come in un sogno; ma, quello che mi è piaciuto in modo particolare e che ci tengo molto a sottolineare, è che “ROBERTO BOLLE. L’ARTE DELLA DANZA” non è una mèra esaltazione della bellezza, della danza e dell’arte, non è una copertina patinata da guardare; ma è, soprattutto, un percorso, un viaggio, in quello che significa avere una passione, un sogno, una missione. La danza è un’arte, uno sport, che, come nessun’altra pratica, plasma e forgia il corpo in un’armonia perfetta di forme. Tuttavia, la danza è un’amante gelosa ed esigente: pretende sacrifici, lavoro durissimo quotidiano, passione indefessa, cieca abnegazione, disciplina ferrea, allenamento estenuante alla sbarra. Tutto questo, a prescindere che tu sia alle prime armi o un’Étoile. Con la danza si forgiano corpo e anima. Nulla di tutto ciò viene nascosto allo spettatore. Il corpo è uno strumento di lavoro e lo si deve plasmare a compiere movimenti complessi, duri, contro natura, sin da bambini. Mi è piaciuto moltissimo questo messaggio di tenacia e passione. L’idea di forgiare se stessi, il proprio corpo, il proprio carattere e quindi il proprio futuro. Immagine molto bella di grande forza e spinta verso il “domani”, verso i propri obiettivi. Come già detto sopra, ma mi piace, anche qui, specificare meglio, “ROBERTO BOLLE. L’ARTE DELLA DANZA” riprende la filosofia dei gala “Bolle and Friends”, ispirata dal suo grande maestro e mentore: Rudolf Nureyev, il quale fu il primo a dare vita a una nuova figura di ballerino, rompendo gli schemi; oltre ad aver portato in scena, per la prima volta, la formula del gala “ Nureyev and Friends”. Un omaggio, dunque, al suo maestro, di cui vorrebbe «seguire le orme, portando la danza dove essa non è mai stata».




“AGNUS DEI” – IL CORAGGIO DI “DISOBBEDIRE”

di Elisa Pedini – Nelle sale italiane dal 17 novembre, il film “AGNUS DEI”, per la regia di Anne Fontaine. Toccante, intenso, delicato, ma anche duro nella realtà che espone. Pellicola, coerente, solida, lucida, d’una profondità umana e psicologica impressionanti, che coinvolge e sconvolge, entrando, letteralmente, sottopelle. I fatti narrati sono ispirati a eventi realmente accaduti e legati alla vita della dottoressa Madeleine Pauliac, medico dello staff di un ospedale di Parigi, che, all’inizio del 1945, in qualità di ufficiale medico delle Forze Interne Francesi, partì per Mosca per dirigere la missione di rimpatrio francese. Fu, quindi, nominata Primario dell’Ospedale francese di Varsavia e messa a capo delle attività di rimpatrio all’interno della Croce Rossa Francese. Condusse la sua missione in tutta la Polonia. Fu in queste circostanze che scoprì l’orrore della violenza dei soldati russi sulle donne. Gli stupri erano all’ordine del giorno, addirittura, collettivi nei conventi ed è proprio di queste suore che lei si occupò, per fornire loro aiuto medico. Le supportò nella maternità e nel parto, nel sostegno morale e per conseguenza, nel tutelare i conventi. Sfortunatamente, Madeleine Pauliac, morì l’anno successivo in un incidente vicino Varsavia. Il nipote della dottoressa ha ritrovato i diari della zia e ha proposto ai produttori di utilizzarli per un film. La Fontaine ci dice che ciò che l’affascinò profondamente «fu il concetto di disobbedienza coraggiosa» che trapelava da quegli scritti. Purtroppo, il materiale a disposizione era troppo poco e così la regista ha condotto ella stessa ricerche in Polonia, sia per verificare la storia, che per conoscerla e approfondirla. Quindi, ha dato un senso, un’interpretazione, a quanto raccolto, per calarsi nella psicologia di queste donne. Mi piace sottolineare che Anne Fontaine, per conoscere nei dettagli la vita ritirata e quotidiana delle suore, ha persino fatto due ritiri in conventi di monache benedettine. Per questa ragione, in “AGNUS DEI”, ambientazioni, abiti, abitudini, ritmi si mostrano estremamente fedeli alla realtà. Inoltre, le conversazioni intrattenute con queste suore le hanno fornito “materiale umano”, che ritroviamo in tutta la sua vibrante fragilità e profondità nel film. La trama, dunque, si basa su tutto questo. Ve la riassumo rapidamente, perché, secondo me, è sulle emozioni e sul carico di umanità, che è più importante soffermarsi: Mathilde è una giovane assistente medico francese della Croce Rossa. È il 1945 ed è in missione in Polonia per assistere i sopravvissuti francesi della Seconda Guerra Mondiale. L’attività al dispensario è frenetica. Nel mentre, Teresa, una giovane novizia d’un convento benedettino lì vicino, scappa e piomba al presidio medico in cerca d’aiuto. Fra emergenze e problemi di lingua, la suora viene invitata ad andarsene. Tuttavia, lei non se ne va. In una stoica resistenza in mezzo alla neve, prega e attende. Mathilde, vedendola, decide di capirci di più. Così, viene portata in un convento, dove alcune sorelle incinte, vittime degli stupri ripetuti dei soldati sovietici, vengono tenute nascoste. È qui, che inizia un vero viaggio nell’anima umana fra fede e scienza, fra inconciliabilità tra la violenza dello stupro, la maternità e la fede. Mathilde, diventa l’unica speranza per queste donne, il loro unico appoggio, il loro unico sfogo. “AGNUS DEI”, piacenti o no, fa riflettere e sconquassa l’anima. Per questo, mi piace insistere sul carico umano di questa pellicola, che s’estrinseca, precipuamente, nelle due tematiche, a mio avviso, cardine, di questo film: la «disobbedienza coraggiosa», come la chiama Anne Fontaine e cui ho accennato all’inizio e la fragilità umana, non solo nell’impotenza fisica, ma anche nell’anima e nella fede stessa. Tutta l’azione parte da un coraggioso atto di “disobbedienza” d’una suora alle rigide regole del convento. Al principio, esso sembrerebbe non sortire alcun risultato; ma è proprio un’altra “disobbedienza”, che conduce avanti la storia: quella di Mathilde verso gli ordini del presidio medico della Croce Rossa Francese. Mi piace sottolineare che non parliamo di “disobbedienza” superficiale, qui, siamo di fronte a coscienti atti d’individualità, ovvero, il valore della legge morale interiore, che, soverchia lo status quo e di fronte all’ignominia e all’orrore e a quanto ritiene ingiusto, s’eleva, per trovare una compensativa soluzione di pace. Dunque, le azioni di scelta individuale si susseguono, quasi epidemicamente, fino ad arrivare alla figura del medico ebreo, Samuel, che, in realtà, è un personaggio di fantasia. La sua figura non esiste all’interno dei diari della Pauliac, ma merita qualche parola perché è funzionale: non solo, con la sua ironia e con le sequenze a lui legate, abbassa la tensione; ma anche, è il personaggio che nasconde il “fantasma”, ovvero, la motivazione storico-personale: la sua famiglia è stata interamente deportata e sterminata. La seconda e ultima tematica, che mi piace sottoporvi, è quella della “fragilità”, ovvero, quell’umanità profonda di cui questo film si fa portavoce. C’è umanità nella paura e nel disgusto delle suore; nel coraggio di Teresa e Mathilde; nella maternità e nell’amore delle sorelle; nei dubbi su una fede che, davanti allo strazio, vacilla; nell’amicizia che s’instaura tra Maria e Mathilde; nel rapporto tra Samuel e Mathilde. Tuttavia c’è umanità, anche, nella brutalità della violenza e dello stupro, nell’assurdità della guerra, nell’atrocità degli atti della Badessa. L’essere umano è tutto questo. Sulla base di quanto detto finora, penso sia inutile sottolineare le innumerevoli emozioni che si provano guardando “AGNUS DEI”. Un capolavoro dal ritmo morbido, mai stressato, supportato dal silenzio glaciale, in senso stretto e in senso lato, dei corridoi e degli ambienti spogli del convento, eppure, incredibilmente veloce nel suo scorrere e tremendamente impattante. Infine, non posso non sottolineare l’interpretazione della protagonista, Lou de Laâge, che, seppur giovanissima e inesperiente, riesce a rendere con grande spessore e profondità il personaggio di Mathilde, creando un’atmosfera di luminosità sincera intorno a sé, che finisce per dare luce all’intero film.




“ANIMALI NOTTURNI” – UN FILM SCONVOLGENTE E AVVINCENTE

di Elisa Pedini – In sala dal 17 novembre, il film “ANIMALI NOTTURNI”, a opera dello sceneggiatore e regista Tom Ford. Nell’adattamento al cinema del libro “Tony & Susan” di Austin Wright del 1993, il cineasta si è concentrato con uguale intensità sia sulla parola scritta che sull’immagine in movimento, dando vita a un prodotto solido e ben strutturato. Pellicola geniale, tremendamente coinvolgente, assolutamente sconvolgente e brutale, che fino all’ultima, intensa, inquadratura, non svela il suo lucido, cinico piano. In un climax di tensione, lo spettatore è portato a cercare un senso, invitato dagli indizi, disseminati nello svolgimento della trama, a tentare d’inferire la situazione, ma, è la fine, la chiave di lettura. La straordinaria intelligenza e bellezza del film fanno decisamente perdonare e dimenticare i primissimi cinque o sei minuti, che risultano abbastanza inutili e anche bruttini. “ANIMALI NOTTURNI” è, potrei dire, basato sulle contrapposizioni: non solo, ben nette tra protagonisti e antagonisti: Edward vs Hutton, Ray vs Bobby; ma anche, di passioni, tra amore e freddezza, malinconia e vendetta; di trama: la “realtà” contro la “fiction”; di luoghi: ambientazioni lussuose e cittadine contro posti umili e desolati in mezzo al nulla; di luci: i toni freddi e la penombra, quando non la notte, fronteggiano il giorno e i toni caldi in una “partita” continua, fino all’ultima scena, dove, a mio avviso, persino il colore del vestito della protagonista ha un senso, che definirei, freudiano. La tecnica della storia-nella-storia e delle contrapposizioni, crea un forte senso di suspense e di ansia, che tengono lo spettatore come in apnea e lo trascinano a desiderare, ardentemente, di sapere come tutto andrà a finire. Le interruzioni, operate ad arte, completano il gioco d’una sceneggiatura decisamente solida. La trama di “ANIMALI NOTTURNI” è, dunque, complessa. Susan e Hutton Morrow sono sposati, ricchi e con lavori interessanti. Susan ha una galleria d’arte ed è al suo secondo matrimonio. In realtà, suo marito non c’è mai, per viaggi, diciamo, d’affari. Lei, è una donna, che si descrive pragmatica e cinica, ma in realtà è depressa perché vive una vita priva d’amore e d’intimità. Il suo primo marito è Edward Sheffield, un romantico, un uomo che vive le sue emozioni e i suoi ideali. Lui, lavora in una libreria e intanto insegue il suo sogno di fare lo scrittore, lei, al principio, è affascinata dal profumo della libertà dei sogni e della forza d’inseguirli; ma, poi, comincia a volerlo diverso, fino al punto in cui la situazione degenera in un modo brutale e tutto finisce. È proprio dall’ex marito, che Susan non sente ormai da anni, che, un bel giorno, riceve un pacco: un romanzo, dal titolo “Animali notturni”, dedicato a lei. Hutton è di nuovo fuori città e la donna decide d’iniziare subito a leggere il libro. Il racconto è violento e devastante e la turba sin dal principio. È qui, che inizia la storia-nella-storia e l’intrecciarsi, nonché il contrapporsi, della vita “reale” e quella della “fiction”. Edward narra la storia di Tony Hastings. Siamo in Texas e l’uomo sta viaggiando in macchina, di notte, con la sua famiglia. Vengono assaliti e buttati fuori strada da un manipolo di pazzi, capitanati da Ray Marcus. La tensione raggiunge livelli molto alti, anche perché, fino all’ultimo, non si riesce a comprendere come evolverà la situazione. Purtroppo, molto male. La moglie e la figlia vengono rapite e lui abbandonato in mezzo al nulla. Quando riesce a tornare nella civiltà, Tony va subito alla polizia e il caso viene preso in carico dal Tenente Bobby Andes. Da questo momento, mentre le indagini, nel romanzo, si dipanano in situazioni sempre più inquietanti e brutali, la mente di Susan è spinta a ripiegarsi in un’indagine diversa, interiore, profonda e non per questo meno violenta. Riaffiorano i ricordi. Il passato torna al presente, con tutta la sua carica d’amore e di passione, di errori e di dolore. La storia narrata da Edward è forte, molto forte, tremendamente triste e cattiva. Queste precise caratteristiche richiamano altrettanto puntuali parole e momenti, nella memoria di Susan, relativamente alle scelte che ha fatto, al come le ha fatte e alle conseguenze che sono seguite alle sue decisioni. Il dolore che si risveglia in lei, comporta il riaffiorare d’un amore che lei pensava, ormai, finito e comincia a percepire il sapore della vendetta fra le righe di quel romanzo di Edward. Una percezione che ha, anche, lo spettatore. Come ho detto all’inizio, ci sono indizi che fanno presagire che ci sia molto di più oltre al romanzo. Tuttavia, quella sensazione di profonde inquietudine e confusione, dovute all’incertezza su come evolveranno, al dunque, gli eventi, non abbandona mai lo spettatore, mentre la storia procede verso una resa dei conti che riguarderà sia Tony, l’eroe del romanzo, che Susan stessa. “ANIMALI NOTTURNI” è un film, decisamente, ben costruito. Un cast straordinario completa l’opera: una convincente Amy Adams, nel ruolo di Susan Morrow, rende, anche col solo sguardo, le trasformazioni psicologiche che il suo personaggio subisce nel corso della vita; anche l’interpretazione di Jake Gyllenhaal, che recita nella parte sia di Edward che di Tony, risulta ben modulata sui personaggi, generosa e piuttosto intensa; Michael Shannon, ci mostra un Bobby Andes molto profondo e sfaccettato; infine sta a Aaron Taylor-Johnson interpretare, in modo acutamente credibile, lo psicopatico Ray Marcus.