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In arrivo il Taste of Milano

È iniziato il count down per Taste of Milano che quest’anno debutta negli spazi di  The Mall in Porta Nuova  al centro della nuova area iconica di Milano, crocevia di moda, arte, tecnologia e finanza. L’appuntamento con i quattro giorni del gusto è fissato dal 19 al 22 maggio.  Tra le novità prevista da questa edizione ci sono un’area dedicata ai più piccoli,  l’ingresso libero dopo le 23 e il dj set fino alle due di notte per trasformare in un party la festa del gusto.
Saranno dieci le cucine installate all’interno di The Mall che vedranno alternarsi, nei quattro giorni dell’evento, chef e brigate da Milano e dall’Italia. La formula per gustare l’alta cucina resterà invariata: 3 portate in formato degustazione realizzate da ogni ristorante con prezzi variabili tra i 5 e i 7 ducati (un ducato corrisponde a un euro) e confermata la quarta portata, che in questa edizione rappresenterà l’icona di ogni chef, al costo fisso di 10. Ad essere protagonisti della scena saranno i milanesi: Roberto Okabe con Finger’s, Andrea Provenzani de Il Liberty, Yoji Tokuyoshi di Tokuyoshi, Roberto Conti de Il Ristorante Trussardi alla Scala, Felice Lo Basso del nuovo Felix Lo Basso Restaurant, Wicky Pryian del Wicky’s, Elio Sironi del Ceresio 7, Alessandro Buffolino di Ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia, Andrea Berton del Ristorante Berton, Luigi Taglienti del nuovo Ristorante Lume e Tano Simonato di Tano Passami l’Olio. Da fuori regione invece vedremo ai fornelli Giuseppe Iannotti di Kresios di Telese Terme (BN) e Barcellona, Terry Giacomello di Inkiostro di Parma, Angelo Troiani de Il Convivio di Roma e Christian e Manuel Costardi del Ristorante Christian&Manuel di Vercelli.

Per l’intera durata di Taste of Milano sarà poi possibile partecipare a lezioni di cucina per apprendere tutti i segreti dalle labbra degli chef con Electrolux Chefs’ Secrets un’area dotata di 24 postazioni di lavoro dotate di piani cottura a induzione di ultima generazione e piccoli elettrodomestici.

L’ingresso a Taste of Milano è di 16 euro, consumazione escluse.
Orari: giovedì dalle 19:00 alle 02:00, venerdì dalle 19:00 alle 24:00, sabato dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00 e domenica dalle 12:30 alle 16:30 e dalle 19:00 alle 24:00.




X-CHANGE: arte fotografica e sensibilizzazione ambientale

Amy-d Arte Spazio, in occasione dell’edizione 2016 del Mia Fair, presenta a Milano X-CHANGE, un progetto economART a cura di Anna d’Ambrosio.

Nel tempo in cui l’ambiente è al cuore delle preoccupazioni pubbliche, sullo sfondo anche della COP21, la conferenza mondiale sul clima, Amy-d Arte Spazio presenta un progetto di arte fotografica e sensibilizzazione ambientale che parla di cambiamenti climatici e cambiamenti cause ed effetto che si generano, creano, producono.

X-CHANGE è il tentativo di costruzione di una cosmologia, ad opera di Beba Stoppani, Daesung Lee, Edoardo Miola; un progetto modulare discorsivo di confronto dialettico tra tre artisti, narrazione visiva di una storia da dove si era interrotta.

La costruzione di una cosmologia è uno spazio di produzione di pensiero, di conoscenza e di (auto)coscienza. Questo progetto nasce da un vuoto, un’urgenza, che gli artisti, compagni di viaggio, hanno avvertito.

Quali le reali potenzialità dell’arte nell’operare cambiamenti all’interno del corpo sociale?

Quale ruolo può avere la ricerca artistica nell’ambito degli studi e delle pratiche legate alla sostenibilità?

Quale il valore aggiunto nel coinvolgimento degli artisti in questo ambito?

Esiste un’Estetica della Sostenibilità?

Questi e altri quesiti sono alla base della sperimentazione che si vuole mostrare.

Il progetto intende proporre una riflessione critica articolata che affronti in maniera interdisciplinare la questione ambientale, intesa nel duplice aspetto di crisi della società termo-industriale fondata su fonti energetiche non rinnovabili e di crisi ecologica dovuta all’inquinamento e al preoccupante surriscaldamento del pianeta.

Il problema ecologico non può essere ridotto ad una questione ambientalista tout court, ma va analizzato e inteso nelle sue molteplici implicazioni filosofiche, psicologiche, ambientali, economiche e sociali. L’ecologia non solo come scienza della natura, ma come scienza dell’interrelazione del confine, della trasversalità, quale nesso focale del binomio natura/cultura.

Le diverse specificità artistiche presenti in X-CHANGE, ad opera degli artisti Beba Stoppani, Daesung Lee e Edoardo Miola, condividono una strategia che non denuncia passivamente il degrado del nostro pianeta, né offre nuove e funzionali soluzioni tecnologiche; articolano, invece, le contraddizioni e le responsabilità incrociate in cui ci imbattiamo in prima persona e come società.

La loro “arte” non indica la “giusta” via etica ed ambientalista, ma permette di analizzare e mettere in discussione le nostre azioni e le nostre percezioni.

Mette in moto un atteggiamento critico che interviene, si infiltra, re-interpreta e decodifica le relazioni umane con le forme di vita non-umana e con gli altri esseri viventi.

L’obiettivo è ricercare, rivelando nella riutilizzazione di materiale fotografico realtà incorporate, corpi organici/inorganici nascosti.

Emergono forme di vita e di interazione natura-uomo-macchina come mutante che documentano i loro interventi di ricerca e di creatività sperimentale.

Pertanto, questo tipo di X-CHANGE emerge come pratica contemporanea.

X-CHANGE

ARTISTI:

Beba Stoppani, 0° a 5000 mt

Daesung Lee, Ghoramara / Futuristic Archaeology

Edoardo Miola, FORE-X

Testo critico: Gigliola Foschi

5 – 15 maggio 2016

Amy-d Arte Spazio

Via Lovanio 6, 20121 Milano

MM2 Moscova

www.amyd.it – info@amyd.it – 02.654872

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La Filetteria Italiana, un nuovo indirizzo per i foodies

La Filetteria Italiana è il nuovo angolo di paradiso per tutti i buongustai, o almeno per i buongustai non vegetariani. Il concept del locale, una novità per il territorio italiano, ha aperto le porte in pieno centro a Milano, a Brera, nell’area più bohèmien della città e propone solo filetti di ogni tipo di carne, provenienti da allevamenti selezionati e certificati.  L’indirizzo è di quelli da non perdere, in via Legnano 18, e si cena a partire dai 20 euro ovviamente la cifra sale qualora si vogliano provare tagli di filetto più blasonati quali il Kobe (proposto a 55 euro), il bufalo o il bisonte (entrambi a 40 euro), o il cammello (a 36 euro).  La Filetteria Italiana nasce da un’idea di Edoardo Maggiori che ha deciso di  concentrarsi sul più pregiato dei tagli di carne realizzando un ristorante dall’ambiente e dall’animo internazionale.

Ogni filetto, servito con le cotture classiche preferite dal cliente, è accompagnato da una serie di salse squisite proposte a rotazione secondo stagione, tra le 50 ideate dallo chef Sammy Assandri. Come la teriyaki con zenzero (fatto marinare una notte intera), la fumè (affumicata, con miele e olio di sesamo), la yakiniku (peperoncini dolci, olio di sesamo e pomodoro), la Susanna (a base di pepe rosa macerato per diverse ore in una crema di panna pastorizzata dallo chef), l’ottomana (a base di melanzane, cipolle di Tropea e olive taggiasche), la salsa verde spumosa, la fonduta valtellinese o la riduzione di aceto balsamico aromatizzata al cipollotto, tanto per citarne alcune. Verdure di ogni tipo, ma anche funghi porcini, funghi shitake, di stagione, arrostite grigliate e trifolate fino alla crema granulosa di cavolfiori, sono solo alcuni esempi dei tanti contorni tra cui scegliere per esaltare i pregiati filetti. Per ben cominciare non mancano entrée a base di tartare speciali condite con zola e tartufo o con rosmarino e capperi, così come per chi non rinuncia al dolce una lista dei golosi dolci (sempre preparati dallo chef) come la mascarponata al lampone, il liquiriziamisu o la nuvola bianca al Macha.

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Settanta volte Sette, un musical inedito in arrivo a Milano

E’ in arrivo a Milano Settanta volte Sette – The drama, un nuovo musical prodotto da VivaVoce Produzioni e scritto da Marisa Della Pasqua che ne cura anche la regia, con le musiche e le liriche originali di Maurizio Desinan.   Settanta volte Sette è atteso al debutto, in prima nazionale, dal 21 maggio al Teatro Delfino di Milano.

Sul palco un cast di 16 attori professionisti accompagnati da una band che eseguirà dal vivo tutte le musiche originali dello spettacolo. Il tema centrale in Settanta volte Sette è la forza del perdono che riesce a sconvolgere e a cambiare la vita non solo di chi lo riceve ma anche di chi lo concede.

DOVE, COME E A QUANTO

Dal 21 al 29 maggio. al Teatro Delfino, Piazza Piero Carnelli, Milano
Biglietti: 20 euro

 




Alex Mastromarino è Frankie Valli in “Jersey Boys”

Vi abbiamo già parlato di “Jersey Boys”, lo show che ha debuttato lo scorso 15 aprile al Teatro Nuovo di Milano, dove resterà in scena fino al 15 maggio. “Jersey Boys” era la scommessa del regista Claudio Insegno. Una scommessa decisamente vinta, visto il grande successo che sta ottenendo lo spettacolo: serate sold out, pubblico entusiasta che torna anche più volte a rivedere il musical, critica in estasi.

Oggi, dopo aver incontrato e intervistato il regista Claudio Insegno, vogliamo presentarvi il protagonista di questo entusiasmante show: Alex Mastromarino. Alex, che veste i panni di Frankie Valli, storica indimenticabile voce dei Four Seasons, è stato scelto tra oltre duemila perfomer e, dopo tanti anni da caratterista, ora è al suo primo vero ruolo da protagonista.

D. Alex, calchi le scene da circa 16 anni, sei un performer completo, cosa ti ha portato a voler far parte del cast  di “Jersey Boys”?

R. Intanto “Jersey Boys” segna il mio ritorno al musical, dopo tre anni di fermo in cui mi sono dedicato all’apertura della mia accademia a Livorno, la WOS Academy, nella quale a tutt’oggi insegno. In questi 16 anni di palco scenico ho fatto tanti spettacoli, tutte esperienze favolose. Tra i tanti mi piace ricordare “Pippi Calzelunghe” con Gigi Proietti e la regia di Fabrizio Angelini; “Aladin” con Manuel Frattini, in cui interpretavo Abù; due spettacoli che ho fatto con Paolo Ruffini; e naturalmente i musical fatti con Compagnia della Rancia: “The Producers” con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi e “Grease” in cui avevo il ruolo di Roger. Tutte bellissime esperienze, che mi hanno dato molto, ma in cui ero un caratterista. “Jersey Boys” mi ha convinto a ritornare al musical perché finalmente non sarei più stato un caratterista ma un personaggio a tutto tondo, completo, che vive momenti drammatici, commoventi e anche divertenti. Finalmente un ruolo da protagonista.

D. Frankie Valli è un personaggio completo quindi?

R. Questo spettacolo è costruito tutto in flash back. I 4 ragazzi, i Four Season, ricordano e rivivono il loro percorso artistico dagli albori fino ad oggi o meglio fino al 1999, anno in cui sono stati inseriti nella Vocal Group Hall of Fame. Il mio Frankie, in scena, vive dai 16 anni fino ai 65. Anche per questo è un personaggio a tutto tondo.

D. Come è stato lavorare con Claudio Insegno?

R. è stato fantastico! Claudio è un grande, una persona molto simpatica. La cosa che più ho apprezzato di lui è che ci ha lasciato molta libertà nella creazione dei personaggi. Non ci ha obbligati a restare fedeli al copione né ad imparare miliardi di battute o movimenti a memoria, lasciando così la possibilità di costruirci i personaggi addosso, di metterci molto di noi stessi. Questa libertà ha permesso anche di avere sempre un clima molto sereno e giocoso durante le prove.

D. Lo spettacolo è fedele all’originale inglese?

R. Assolutamente, sia a livello di scenografia sia di costumi sia di coreografie. Unica modifica, e anche in questo Claudio è stato un grande, è l’umorismo. Le battute sono state adattate al pubblico italiano. L’umorismo anglosassone non avrebbe di certo funzionato qui da noi. Claudio ha caratterizzato moltissimo l’ensemble, tutti attori bravissimi, un cast meraviglioso, di grandi eccellenze, “italianizzandolo” a livello di battute e di testo.

D. Alex, sei cantante, ballerino, attore ma anche regista e autore di spettacoli anche musical…

R. …parlare di me come regista forse è  dire troppo! Non mi sono mai sentito un regista, ho fatto delle piccole cose per delle produzioni semi professionistiche ma preferisco lasciar fare questo mestiere a chi lo sa davvero fare. Sicuramente ho avuto anche questo tipo di esperienza.

D. Che cosa vedi nel tuo futuro?

R. Nel mio futuro vedo la mia WOS Academy di Livorno. Amo insegnare, amo portare i miei ragazzi a vivere le belle esperienze che mi concedo di tanto in tanto anche io. Laureandomi in vocal coaching mi sono avvicinato all’insegnamento, un mondo che mi affascina tantissimo, mi ha preso molto, ed è una strada che non lascerò mai, anzi vorrei coltivarla sempre di più perché amo davvero fare il vocal coach. Ovviamente mi piacerebbe anche fare altre esperienze a livello di spettacoli. Ora che mi sono avvicinato all’esperienza da protagonista, mi piacerebbe andare a ricoprire quei ruoli che, fisicamente, a livello attoriale, potrebbero essere congeniali per me come, ad esempio, Seamur nella “Piccola Bottega degli Orrori”.

D. C’è un musical in particolare che ti piacerebbe fare?

R. C’è uno spettacolo che ho amato moltissimo, uno spettacolo tutto italiano: “Hollywood – Ritratto di un Divo” che vedeva il grande Massimo Ranieri nel ruolo del protagonista, John Gilbert. Questo ruolo mi ha sempre molto affascinato e mi piacerebbe moltissimo un giorno poterlo fare anche io. Inoltre so che presto arriverà anche l’edizione italiana di “Mary Poppins”! Se alla produzione andasse bene un Bert non troppo alto… io mi propongo!




Emilio Scanavino: l’Alfabeto dell’Esistere

di Andrea Farano – Questa volta lasciamo da parte quel (spesso) malcelato aplomb d’imparzialità doverosamente richiesto a chiunque scriva con velleità (re)censorie e dichiariamo previamente il nostro amore incondizionato per Emilio Scanavino (Genova, 1922 – Milano, 1986), il pittore al quale riconosciamo la più alta capacità di dipingere le recondite paure ma, perché no, anche le speranze che si annidano profonde nel nostro essere.

È con questo spirito che ci siamo avviati, qualche giorno fa, all’inaugurazione della mostra allestita presso i rinnovati spazi espostivi (davvero splendidi, indipendentemente dalla mostra in corso) della Galleria Dep Art, timorosi e insieme consapevoli del fatto che più le aspettative sono alte, più la delusione è facile.
Fortunatamente il colpo d’occhio all’ingresso ha da subito certificato la qualità assoluta della selezione compiuta da Antonio Addamiano, capace di raccogliere e presentare – in concomitanza con il roboante MiArt – il meglio della produzione dell’ultimo ventennio di vita dell’artista ligure, esponente di quella corrente artistico/pittorica volgarmente conosciuta come informale e che dagli anni ’50 aveva eletto, pur con i doverosi distinguo dei mille rivoli europei, il “gesto” (ed il “segno” che ne scaturiva) a cardine e motore principale della comune dimensione espressiva.

Ci troviamo quindi di fronte a testimonianze della piena maturità compositiva di Scanavino, quando – pienamente interiorizzato il mondo giovanile fatto di tracce e presenze dall’aspetto larvale, che ne avvicinava la poetica ai contemporanei Novelli e Peverelli (ma anche e soprattutto a Wols, per guardare oltre confine), e depurato da certe innegabili suggestioni spazialiste e finanche surrealiste – il tratto segnico, che da sempre ne è l’emblema, si delinea più granitico e stentoreo.

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Il senso dell’attesa – favorito da una tavolozza di fondo quasi priva di colori – viene squarciato dalla presenza di immagini codificate e ossessive, che si rivelano da un tempo ignoto e, pur lontane da ogni figurazione allegorica, impongono all’osservatore una riflessione profondamente emotiva da cui è difficile scappare.

Quella massa spigolosa che incombe, aggrappandosi in sospensione ad una luce (speranza?) lontana, ci palesa quei segreti travagli interiori che ci legano, ci spaventano, ci trattengono e ci àncorano nel nostro immobilismo quotidiano.

Il Groviglio è il nodo psichico che non sappiamo sciogliere.
Lo Scavo nel colore è la nervatura che ci tiene in piedi.
La Traccia è la testimonianza ultima della nostra esistenza.

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Particolare attenzione dedichiamo alla serie degli “Alfabeti Senza Fine”, splendidamente rappresentata in mostra da esemplari più che significativi, dove quadrettature e reticoli – casellario sempiterno dei nostri schemi mentali e comportamentali, o gabbie dentro le quali ci muoviamo o siamo rinchiusi – accolgono e subiscono le ineluttabili tensioni che vi si annidano, rinnovando un perpetuo conflitto con l’ordine prestabilito.

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Usciamo dalla galleria, lasciando – purtroppo – alle pareti gli unici specchi capaci di mostrare come siamo fatti… dentro.

Il nodo racchiude la costrizione del destino, l’oscuro intreccio di segreti, l’impotenza dell’uomo di fronte all’oracolo.
Se lo osserviamo con un po’ di attenzione vediamo luccicare gli anelli del serpente.”
Ernst Jünger

Emilio Scanavino: Opere 1968-1986
Dep Art Gallery, via Comelico n. 40 – Milano
sino al 1 giugno 2016
www.depart.it

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Bertamè un garage che si trasforma in ristorante

Bertamè è  la storia di un meccanico della vecchia Milano e, allo stesso tempo, è anche la storia di un ragazzo appassionato di sport e di cose belle, che si mette prima in gioco per creare un concept store e poi per reinventare il futuro  di una vecchia trattoria di quartiere, con un pergolato incorniciato da un glicine secolare, che riprende vita grazie al sogno di due ragazzi che guardano al futuro con il gusto per i sapori

Bertamè è la storia di Lorenzo Bertamé e riunisce, sotto un solo nome, tre anime: un garage, un concept store e una trattoria dove i vecchi sapori sono reinventati alla luce di una cucina che coniuga tradizione e innovazione. Un marchio che nasce in un garage e arriva fino in tavola, trovandosi perfettamente a suo agio e lavorando ad alti livelli in ognuna di queste realtà.

È il 1981 quando la piccola auto officina Bertamé apre i battenti in via Lomonaco, traversa di Viale Lombardia, in Città Studi a Milano. Un riferimento per gli abitanti del quartiere, che nel corso degli anni hanno stabilito un rapporto familiare con il proprio meccanico di fiducia. Come spesso accade, Roberto Bertamé non manca di insegnare un mestiere al figlio Lorenzo, classe 1972, cresciuto tra il rombo dei motori.  Lorenzo rileva l’attività nel 2004 e , in poco tempo, il garage diventa  una sorta di spa per le automobili.  Gli affari vanno bene e, se Lorenzo fosse stato un tipo di quelli che si accontentano, non avrebbe nemmeno notato i locali vuoti lasciati dalla banca fallita all’angolo, con quelle belle vetrate che si affacciano sul trafficato viale Lombardia. Invece Lorenzo rileva i locali e li trasforma in un open space, “Be More, dove dare una sbirciatina agli accessori per auto e moto, ma anche oggettistica, dipinti, pezzi d’arredo di design, fino ad arrivare a capi d’abbigliamento e bijoux.

Dal design alla cucina spesso il passo è breve, non solo per quanto riguarda la mise en place della tavola. Affascinato della manualità e dalla cura artigianale di ogni genere di prodotto e grande cultore della qualità della materia prima, Lorenzo Bertamé ha potuto recentemente rilevare i locali di una storica trattoria in via Lomonaco, che ha appena riaperti i battenti, dopo un accurato lavoro di ristrutturazione.

La Trattoria Bertamé si configura come un luogo intimo e familiare, che racchiude in sé tutto l’amore la tradizione e per la cura dei dettagli con la freschezza di un design raffinato. Punto forte del locale è sicuramente il giardino d’inverno, situato sotto un pergolato incorniciato da un magnifico glicine secolare, che per tutta l’estate si configurerà come un ambìto angolo di pace al riparo dal caos cittadino.

Lorenzo Bertamé ha lavorato in prima persona alla ristrutturazione del locale, supportato da Marcello Baroli, che nel 2011 ha fondato MBM Extreme Designer, unendo la pratica dell’attività agonistica relativa all’ambiente motociclistico con quella di interior. Bertamé ha poi affidato le chiavi della cucina a Uriel Manuel Cosi, giovanissimo chef  cresciuto tra il Messico e gli Stati Uniti che ha studiato per la Tattoria Bertamè un menù fatto di pochi piatti ben selezionati, in cui la qualità della materia prima la fa da padrone: il Tartufo di San Giovanni D’Asso, la Composta di Cipolla di Cannara o la Bottarga di Orbetello.  Tutto è rigorosamente preparato al momento, a partire dal pane. Manuel rivisita la cucina tradizionale con il tocco sapiente dello chef, che sa aggiungere una nota esotica ed inaspettata in ogni piatto, da cui emergono chiaramente la sua passione e la dedizione per questo lavoro. Già con 30 euro si può sperimentare una cena sotto il pergolato. A pranzo la Trattoria Bertamè offre soluzioni anche più convenienti.

 




Sushi B, un giardino segreto nel cuore di Milano

Nel cuore di Milano, a Brera, Sushi B offre un rifugio a una giornata di lavoro o di shopping in un ambiente dominato da un immenso giardino verticale.  Sushi B propone una cucina giapponese rivisitata in chiave creativa e innovativa grazie a uno staff in cui la tradizione nipponica si fonde con quella italiana. Niimori Nobuya è l’executive chef, mentre al bar regnano Alessandro Avilla e Lorenzo Andreoni.

L’indirizzo è di quelli iconici: Via dei Fiori Chiari 1/a , proprio all’incrocio rispetto all’Accademia di Brera, in quel che rimane della Milano da bere dopo il rilancio vissuto grazie a Expo. Moda, movida e arte….tutto questo è Brera, insieme a astromanti, bancarelle e un proliferare di ristoranti.  Sushi B tuttavia merita almeno una aperitivo. Se si passa nelle ore pomeridiane l’edificio dice molto poco, ma basta arrivare per l’apertura, possibilmente serale, dalle 19.00, per aprirsi un varco in un giardino secreto. E’ forse infatti la parete verticale trasformata in un rigoglioso giardino uno dei motivi di maggior fascino dei Sushi B per una Milano rimasta orfana del leggendario negozio di Reply in Corso Vittorio Emanuele che per anni offriva uno squarcio di verde all’interno della “City”.  Sushi B offre proprio questo una pausa rigenerate in pieno passeggio dove, se solo si gira lo sguardo alla parte verticale verde, si può godere di una pausa rigenerante sorseggiandone un drink …o, per chi può, assaporando sushi, sashimi e tartare freschissimi e preparati sul momento.

L’aperitivo al Sushi B propone, dalle 19 alle 21.30, una scelta inconsueta di cocktail accompagnati, al semplice prezzo del solo cocktail (10 euro gli analcolici, mentre per gli alcolici si parte dai 13 euro), da delizie servite al tavolo e variabili di giorno in giorno. In particolare il Sushi B suddivide i cocktail in East Inspiration e West Inspiration, in base al drink di provenienza. Da provare il Shinkansen (gin Jinzu, Junmai Ginko, limone, acqua al lemongrass, agave e shiso), il cui nome è lo stesso della linea ad alta velocità giapponese, perché si dice che si beva allo stesso ritmo. Indimenticabile l’appariscente Caosmopolitan (Gin Tanueray al limone, Combier, limone, melograno e fumo al lemongrass) che viene presentato sotto una cupola di vetro per mantenere l’affumicatura; passando da una versione più morbida del classico Negroni: The Boulevardier (Whiskey Bulleit Rye, vermuth Antica Formula, bitter Campari e assenzio), appariscente con il cubo di ghiaccio al suo interno.

Per chi  cerca un viaggio nella cucina giapponese, il Sushi B prevede due menù degustazione: da sette portate (70 euro) o da dieci portate (140 euro).




DESIGN E ARREDAMENTO: ALL’INSEGNA DELLA PERSONALIZZAZIONE

di Elisa Pedini – Per la settimana del design e il Salone del Mobile ho pensato di proporvi qualcosa di diverso dal solito. Mi sono concentrata su alcuni aspetti delle nuove collezioni che mi hanno colpita particolarmente pensando a chi, magari, si trovi in un momento di “rivoluzione casalinga”. Ho pensato a quando mi sono trovata io nella situazione di arredare la casa prima e di rinnovare poi e all’importanza che certi eventi hanno giocato in entrambe le situazioni. Ho deciso d’approcciarmi, dunque, con lo stesso spirito, individuando quelle che, per me, sono caratteristiche importanti: originalità e fruibilità. Da questo tour “mirato” ho selezionato e creato un mio itinerario sulla base degli ambienti e degli oggetti che sono d’uso quotidiano. Nel mio caso, per esempio, la zona Living è un aspetto molto importante: non è soltanto l’“area vita” della mia quotidianità, ma è anche e soprattutto, l’ambiente “sociale” della casa: ovvero, quello che condivido con gli amici. Lo immagino e lo voglio, un ambiente “Zen” fortemente caratterizzato: un “giardino” dentro un appartamento di 50mq. Le sue caratteristiche primarie, secondo il mio approccio, devono essere: rilassante, accogliente, giovane, ecologico, leggero alla vista, senza spigoli, dalle forme originali, ma comode; compatto per motivi di spazio, ma completo in ogni suo aspetto, coordinato in tutte le sue parti e che non m’impegni eccessivamente nella manutenzione. Sono andata a caccia di questo “living ideale” e l’ho immaginato per voi.

Per il mobilio, mi ha incuriosita la proposta originale e simpatica d’un’azienda che si chiama “Carton Factory” (www.cartonfactory.it), di Monteriggioni in provincia di Siena, in mostra al Din in Via Massimiano/Via Sbodio, zona Lambrate. È una start-up che nasce dalla trasformazione e rivalutazione d’uno scatolificio del 1947. Simbolo d’un’Italia che si rinnova, che non s’arrende e che crea, quest’azienda ha abbandonato l’uso del cartone per il packaging, rivolgendosi a un uso molto più creativo del medesimo. Il tavolo “Floyd”, per esempio, ha per base un albero stilizzato e per ripiano una lastra di cristallo temperato: leggero alla vista, ma robusto e compatto al tatto, sembra proprio un “giardino in casa”. Può essere abbinato alle sedie “Bruce” con braccioli, o al modello “Terence” senza braccioli. La linea propone, in coordinato, anche la zona relax del Living con l’originale poltrona “Chiocciola”, per esempio e librerie dalle stesse forme arrotondate. Tutti i modelli sono realizzati con materiali altamente ecologici: legno e cartone certificato FSC (Forest Stewardship Council: si tratta di un sistema di certificazione internazionale che garantisce che la materia prima usata per realizzare un prodotto in legno o carta proviene da foreste dove sono rispettati dei rigorosi standard ambientali, sociali ed economici; n.d.r.) e ogni modello è personalizzabile in dimensioni e colori.

Inoltre, un Living che si rispetti, almeno per me, è fatto di dettagli preziosi, anzi, è proprio dalla cura dei particolari che si può comprendere e “respirare” l’anima di chi abita la casa, che ne riempie e vivifica ogni ambito. Nel mio modo “umanizzato” d’interpretare gli interni: il mobilio rappresenta il corpo; i dettagli, lo spirito. Nulla più d’una luce calda e avvolgente può riverberare la “Luce interiore” di chi abita la casa. Le architetture di luce sono importanti e fondamentali per il benessere degli abitanti. Fra le tante proposte che ho visto, il mio cuore resta legato al vetro e alla magia d’un’azienda che ha davvero fatto la storia: Venini di Murano (www.venini.com), realtà rappresentativa d’una delle tradizioni più rinomate della nostra Italia, ovvero quella dei maestri vetrai, esistente dal 1921. Acquisita da gennaio 2016 da un’altra grande azienda italiana, la Damiani, esponente, dal 1924, d’un’altra eccellenza del nostro paese, che è quella dei maestri orafi. Venini è in mostra al Rocca 1794 in Piazza Duomo, 15 fino al 17 aprile. L’arte di questa azienda unisce alla tradizione, la flessibilità e l’originalità del design creando dei veri capolavori. Lampade che grazie al loro aspetto, ma soprattutto grazie alla creazione di meravigliosi giochi di luce, personalizzeranno i vostri ambienti. Qui vi propongo quelle lampade che mi hanno colpita e che vedo all’interno della mia idea di “ambiente con anima”, come per esempio “Bloss”, dell’architetto Emir Uras. È una lampada da tavolo, dal design semplice, ma estremamente affascinante. La sua forma evoca un microcosmo: una sfera in vetro opalino, disponibile nei colori ambra e talpa, su base in metallo cromato. L’oggetto perfetto per creare un’atmosfera “Zen” di relax e benessere. Altro oggetto che ha attirato la mia attenzione è “Kalika” del designer Massimo Iosa Ghini. Una lampada da tavolo che s’ispira alle forme magiche e intramontabili della natura: un bocciolo in cristallo “rigadin” su supporto in metallo ramato o cristallo e nichel spazzolato. L’ultimo pezzo su cui attirerei la vostra attenzione è “Visir”, ideata da Venini. Il nome stesso ci riporta alle corti d’oriente ed evoca un’atmosfera magica ed esotica. Il Visir, dignitario plenipotenziario, dalle vesti e dai copricapi preziosi e ricchi di perle e cristalli, ha ispirato questa lampada dalle dimensioni importanti che ci conduce nel mondo delle fiabe, delle leggende e dei misteri delle notti d’oriente. Paralume in tessuto su un supporto in metallo cromato e cristallo trasparente blu notte, oppure in metallo cromato e cristallo opalino color talpa.

Altro aspetto fondamentale, per chi, come me, è amante della massima personalizzazione degli ambienti e dei dettagli, è la tavola. Il momento conviviale è per noi italiani importantissimo e per me, che prediligo l’originalità e il gusto, è basilare accogliere i miei commensali a una tavola che mi rappresenti, con dettagli lineari, ma, contemporaneamente, particolari e coordinati. In quest’ottica non può mancare una grande azienda italiana come Alessi (www.alessi.com), fondata nel 1921 da Giovanni Alessi e leader mondiale per la qualità dei prodotti e l’eccellenza del design. Pensando alla quotidianità della mia vita, mi sento di proporre il servizio da tavola completo “Tonale”, ideato dall’architetto inglese David Chipperfield, trae ispirazione dalle ceramiche coreane, giapponesi e cinesi associando alla purezza della forma la delicata poetica delle tonalità utilizzate dal pittore bolognese Giorgio Morandi nelle sue opere. La linea era già stata presentata con successo nel 2009, ma è solo oggi che si completa in ogni dettaglio col piatto da portata e il vaso da fiori e due nuove tonalità di colore: Pale Blue e Pale Green. Questi nuovi toni di colore, più freddi, che richiamano elementi naturali come l’acqua e il cielo, applicati al bicchiere, alle tazzine, al piatto fondo, alle ciotole, all’insalatiera e ai nuovi vasi per fiori, si affiancano ai toni caldi e terrosi della serie originaria. Mi piace l’idea d’una tavola ove nulla stoni e che essa stessa s’arredi per un momento d’incontro conviviale. Dove l’omogeneità delle forme può essere variata nei colori, consentendo una delicata originalità pittorica sulla propria tavola quasi fosse una tavolozza. Infine, per un tocco originalissimo alla nostra tavola, magari per esaltare e sottolineare proposte particolari della nostra cucina ai nostri ospiti, proporrei la serie “Ellipse” della designer Abi Alice. Affascinata dalla forma scultorea, pura e minimale dell’ellisse, sviluppa una serie di contenitori multifunzionali in acciaio in tre formati, declinandoli in gradevoli abbinamenti di bianco/giallo/bianco, turchese/bianco/turchese e giallo/turchese/giallo. A queste tre serie si affianca un sofisticato contenitore di piccole dimensioni, presentato in acciaio inossidabile lucido e in acciaio satinato con doratura manuale in oro 24 carati. Due raffinate varianti indicate per servire in tavola con eleganza antipasti, finger food, cioccolatini o piccoli dolci.

Come ultimo suggerimento, sempre nell’ottica della massima personalizzazione degli ambienti, non poteva certo mancare il tessile e dunque, il Gruppo Zucchi-Bassetti (www.zucchibassetti.com), che nella nuova collezione ci propone dei design raffinati per tutti i gusti, con la solita alta qualità di prodotto. In questa sede, pensando a una “casa con anima” e del “tutto coordinato”, propongo tre linee; ma posso garantirvi che la fantasia e l’originalità non hanno davvero limiti. La prima linea che mi ha affascinata è “Lacca” di Bassetti. Ispirata alle antiche lacche cinesi, di cui il nome, è composta da un ramage floreale centrale e da una balza in motivi ricamo e geometrie. Propone un copripiumone double-face con federe e coordinati i copricuscini d’arredo, la tovaglia e le tovagliette all’americana, il telo multifunzione, il plaid con leggera imbottitura anallergica e l’elegante e raffinato kimono. Le varianti di colore sono il rosso delle lacche, il blu Cina e il tortora. L’altra preziosa linea, che mi ha colpita, si chiama “Celtic” e fa parte della “Zucchi Collection”, che prende il nome dalla collezione aziendale di antichi stampi per stoffa, cui le fantasie e le geometrie della “Zucchi Collection” traggono ispirazione. Tali magnifici stampi sono, peraltro, in mostra presso lo store di via Cavallotti 13, nel cuore di Milano. “Celtic” è caratterizzata da una struttura geometrica rigorosa e al contempo, da forme morbide e fluide. Inoltre, è impreziosita dall’inserimento della “Z” di “Zucchi”. La linea include la parure di lenzuola, le federe, il copripiumino e il plaid in leggera imbottitura anallergica, entrambi double-face, la trapunta in calda imbottitura anallergica, il telo multifunzione e i copricuscini d’arredo. Proposta in tre varianti cromatiche: rosso, blu navy e grigio. L’ultima proposta è giovane e frizzante: si tratta della linea classica “Pantone Universe” di Bassetti, che copre tutta la gamma di colori in tinta unita e cosa bellissima, sia per gli amanti del ton-sur-ton che del coordinato fantasia, vi “veste” l’intera casa: asciugamani, lenzuola, federe, copripiumoni, copriletti, tovaglie, tovagliette all’americana, guanti da forno, presine, grembiuli da cucina. Le proposte del Gruppo Zucchi-Bassetti non si fermano, comunque, qui e si arricchiscono della nuova collezione di Tommy Hilfiger; delle raffinatissime proposte della “Descamps Collection”, che, peraltro, in occasione dei 30 anni della famosa spugna della Maison: “La Mousseuse”, propone sul mercato la nuova collezione di asciugamani ispirati al tulle; della collezione bohémienne di Jalla, che rinnnova di mille colori la spugna spugna soffice e morbida e infine della raffinata e delicata collezione per il letto di “Jardin Secret Collection”.

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La scrivania ecologica helloStandy al Fuorisalone

Viene presentata in questi giorni, durante l’evento Fuorisalone, al Salone del Mobile che si tiene a Milano fino al 17 aprile, helloStandy, la nuova standing desk fai-da-te che permette di incentivare la produttività lavorativa del 20%, salvaguardando salute e ambiente. helloStandy, infatti, è la nuova, rivoluzionaria piattaforma di cartone riciclato pensata e realizzata in Italia che trasformerà qualsiasi mobile o scrivania in una funzionale standing desk.

Utilizzata anche dall’amministratore di Facebook Mark Zuckerberg – che ha fatto abolire ben 250 scrivanie presso i propri uffici – la standing desk non è altro che una scrivania alta per permettere ai propri dipendenti di lavorare in piedi in ufficio o comodamente da casa. Una scelta rivoluzionaria che, non solo è in grado di aumentare la produttività lavorativa, ma anche di tutelare la salute di tutti quei lavoratori che sono costretti a passare molte ore seduti dietro ad una scrivania e l’ambiente.

Sono ormai accertati i danni procurati dalle abitudini sedentarie, per questo le standing desk stanno letteralmente conquistando il mercato americano e si apprestano a fare lo stesso in Europa. Tuttavia, i costi di questi innovativi mobili non sono indifferenti – il costo medio di una standing desk può variare dai 300 e fino ai 4000 dollari. Ma con helloStandy è possibile usufruire di tutti i benefici di una standing desk a soli 29 euro, grazie ai risparmi conseguibili attraverso l’impiego di materiali riciclabili.

Inoltre, helloStandy può essere utilizzata su qualsiasi superficie piana ed è in grado di supportare il peso di qualsiasi computer, pur essendo leggerissima. Realizzata in cartone spesso 5 mm e di misura 50×50 cm, questa rivoluzionaria e pratica piattaforma di design occupa uno spazio irrisorio. Infatti, presentandosi come un cartone pieghevole, si potrà decidere di utilizzarla solo all’occorrenza, per poi richiuderla facilmente e senza ingombrare alcuno spazio. Una scelta salutare ed ecologica che migliorerà anche l’efficacia lavorativa.

Dopo la settimana ad una delle maggiori fiere di design, in cui sarà possibile effettuare già un preordine, il prodotto sarà acquistabile direttamente sul sito www.hellostandy.com con consegna in qualsiasi parte del mondo.