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Hairspray – Grasso è bello: tutti pronti a ballare e a riflettere

In un periodo in cui si parla spesso di bullismo, niente è più attuale del messaggio del nostro spettacolo: grasso è bello, da intendersi diverso è bello”. Esordisce così il regista Claudio Insegno alla presentazione del musical Hairspray – Grasso è bello in programmazione da domani 2 febbraio fino al 18 febbraio al Teatro Nuovo di Milano.

Lo spettacolo è ambientato nella Baltimora degli anni sessanta, protagonista è Tracy Turnblad, una ragazzina cicciottella con un grande sogno da realizzare: diventare una ballerina nello show televisivo del momento, il Corny Collins Show. La determinazione, la forza di volontà e il buon cuore di Tracy la porteranno a coronare il suo sogno e poi a battersi con successo per un’altra nobile causa: permettere che i ragazzi di colore, costretti a ballare in una zona separata del programma tv, possano esibirsi insieme a tutti gli altri ragazzi.

Claudio Insegno si prepara a conquistare nuovamente il cuore del pubblico milanese, e dal 20 febbraio quello romano al Teatro Brancaccio, portandolo nell’America degli anni sessanta grazie a una particolare scenografia, ai costumi di scena elettrici, molto colorati, e a canzoni che rimangono nel cuore sia per la loro orecchiabilità sia per il testo.

Nel ruolo di Edna, la mamma di Tracy, troviamo il poliedrico Giampiero Ingrassia en travesti. “Attorialmente è l’ennesima sfida – dice Ingrassia – Interpreto una donna nel modo più vero possibile. Voglio che il pubblico veda sul palco una donna, una madre, non un uomo che fa la donna. Certo scarpe e tacchi mi fanno malissimo! Quando mi è stato offerto il ruolo ho detto subito di sì: è una favola con lieto fine, per fortuna, che pone molte domande”.

Sul palco insieme a Ingrassia un cast di giovani e talentuosi performer, a partire da Mary La Targia che interpreta Tracy, realizzando così anche un suo sogno personale, Floriana Monici nel ruolo della perfida Velma Von Tussle, Gianluca Sticotti in quello di Corny Collins, Beatrice Baldaccini in quello di Amber Von Tussle e Riccardo Sinisi nel ruolo dell’affascinante e inconsapevolmente bello Link Larkin. E ancora: Claudia Campolongo, Giulia Sol, Roberto Colombo, Elder Dias, Luca Spadaro, Cristina Benedetti, Francesca Piersante, Stephanie Dansou, Helen Tesfazghi, Fabio Gentile, Federica Nicolò, Monica Ruggeri, Martina Lunghi, Giuseppe Brancato, Max Francese e Robert Ediogu.

Musica dal vivo con orchestra diretta dal Maestro Angelo Racz.

HAIRSPRAY – Grasso è bello
regia di Claudio Insegno

Teatro Nuovo
Piazza San Babila – Milano
dal 2 al 18 febbraio 2018

Biglietti a partire da euro 39,50




Le Capitali della Moda: il giro del mondo tra modelle e sfilate

Bond Street a Londra, Via Montenapoleone a Milano, gli Champs Elysees a Parigi, la Fifth Avenue a New York. Basta il nome a evocare un intero universo che definisce lo stile rappresentato da ciascuna delle quattro capitali della moda mondiale. E sì perché, nonostante le new entry come Berlino, Barcellona e Shangai siano ritenute dai protagonisti del settore particolarmente interessanti, sono ancora le “big four” a dettare legge, quanto meno nei trend da seguire nella moda e nel design. Qui infatti si svolgono le sfilate principali e accorrono gli stilisti emergenti oltre a folle di guru, blogger, fashion victim e influencer che “pattugliano” le vie della moda con i look più improbabili nella speranza di farsi notare e coinvolgere, entrando così a pieno titolo e nel magnifico “circo” del fashion. Ed è sempre qui che, oltre a irraggiungibili modelli e modelle, sfilano i personaggi più noti del mondo dello sport, dello spettacolo e della musica a livello internazionale tra presentazioni, inaugurazioni e party. Per questo, anche per i non addetti ai lavori, le settimane della moda sono l’occasione migliore per scoprire e vivere le quattro capitali e, magari, ispirati dai look visti in passerella o in strada, dedicarsi allo shopping.

 

NEW YORK La New York Fashion Week è l’occasione perfetta per conoscere le nuove tendenze più trendy del pianeta in un vortice di eventi tra concerti, mostre, conferenze che trasformano l’isola di Manhattan, e in particolare le vie di Midtown e di Soho, in un vero paradiso per fashion addicted. Da quest’ombelico del mondo, quanto meno del mondo occidentale, hanno aperto le ali stilisti come Michael Kors, Vera Wang, Donna Karan e Marc Jacobos. Da non perdere il Meat Packing District, la nuova destinazione per le boutique di icone della moda internazionale come Marc Jacobs, Stella McCartney a Alexander McQueen, e negozi di abbigliamento e di design più innovativi. La Grande Mela è uno scrigno pieno di tesori da scoprire, soprattutto a piedi, tra location che hanno fatto da sfondo di film intramontabili e serie tv, flagship store di brand internazionali (da Apple Store a Tiffany), gallerie d’arte e luoghi cult come l’Empire State Building e Times Square.
Gli appuntamenti con la moda del 2018: New York Fashion Week (Men’s) 5-8 febbraio; New York Fashion Week Fall/Winter 8-16 febbraio; New York Fashion Week Spring/Summer 6-14 settembre

LONDRA La settimana della moda a Londra accende i riflettori sugli emergenti e su brand iconici come Paul Smith e Vivienne Westwood con un calendario fitto di appuntamenti che attrae, oltre ai protagonisti del settore, vip da ogni parte del mondo. Per adeguarsi al passo della capitale britannica non basta però fermarsi alle vetrine di Oxford Street, Chelseae Knitghtsbridge. Tappa fondamentale per ogni viaggio “fashion” che si rispetti sono i leggendari mercatini dove scoprire capi vintage unici: Portobello a Notting Hills, tra i quartieri più romantici della capitale, Brick Lane, Bermondsey, Spitalfields, Brixton, Camden Lock Market e il Jubilee Market di Covent Garden.
Gli appuntamenti con la moda: London Fashion Week Men’s 6-8 gennaio; London Fashion Week Fall/Winter 16-20 febbraio; London Fashion Week Men’s 8-11 giugno; London Fashion Week Spring/Summer 14-18 settembre. Organizza il British Fashion Council

MILANO Milano si veste a festa per la settimana della moda a cui accorrono i grandi nomi del made in Italy, da Armani a Gucci fino a Prada, Versace e Dolce & Gabbana e sempre più eventi vengono creati gli emergenti. L’intera città si trasforma in passerella, con luoghi iconici come Palazzo Mezzanotte o Piazza della Scala trasformati in palchi per le sfilate (spesso visibili al pubblico) e le vie del centro “invase” da modelli, modelle, buyers e stilisti.  L’appuntamento, che cadenza il corso delle stagioni sotto la Madonnina fin dal 1958, incarna il fascino italiano tra lusso e trend da strada. E infatti, oltre al leggendario quadrilatero (la zona compresa tra via Montenapoleone, via La Spiga, Corso Venezia e via Manzoni), gli eventi che si susseguono nel corso della settimana della moda coinvolgono l’intera città, compresa caratteristica area tra Porta Genova e Porta Ticinese dove le nuove tendenze si mescolano a un certo sapore vintage.
Gli appuntamenti con la moda del 2018: Milano Moda Uomo 13-15 gennaio; Milano Moda Donna 20-26 febbraio, Milano Moda Uomo 16-19 giugno, Milano Moda design 16-22 aprile, Milano Moda Donna 19-25 settembre. Organizza la Camera Nazionale della Moda

PARIGI A Parigi si respira lo charme, la sofisticatezza, l’eleganza, il lusso, la storia della moda che passa da leggende come Chanel, Lanvin, Christina Dior, Yves Sain Laurent, Jean Pal Gaultier, Martin Margiela e Givenchy. Qui la moda è arte. Le settimane della moda parigine sono uno spettacolo unico al mondo dove, tra luoghi da sogno, gli stilisti reinventano gli spazi per rendere le sfilate esperienze indimenticabili. Sotto la Torre Eiffel la moda è protagonista ovunque: dagli Champs Elysées in cui le catene internazionali si alternano alle boutique più chic del mondo, al Boulevard Haussmann che ospita storici magazzini come Galeries Lafayette e Au Printemps, al quartiere di Les Marais con proposte più inconsuete.
Gli appuntamenti con la moda del 2018: Paris Fashion Week Men’s 17-21 gennaio Paris Haut Couture 21-25 gennaio; Paris Fashion Week Fall/Winter 27 febbraio- 6 marzo; Paris Fashion Week Men’s 20-24 giugno; Paris Haute Couture 1-5 luglio; Paris Fashion Week Spring/Summer 25 settembre – 3 ottobre. Organizza la Federation Francaise de la Couture

 

Parigi foto




Giulia Fabbri è Mary Poppins: praticamente perfetta sotto ogni aspetto

Si avvicina il debutto di Giulia Fabbri in Mary Poppins, forse uno dei musical più attesi del 2018. Una prima assoluta per l’Italia che finalmente si apre alle grandi produzioni stile Londra e Broadway. E per Giulia, classe 1987, diplomata alla Bernstein School of Musical di Bologna, talentuosa performer già apprezzata in spettacoli quali Newsies, Footloose e Grease, un’occasione d’oro per arrivare dritti al cuore di milioni di persone che hanno amato Mary Poppins sul grande schermo, con le sue magiche canzoni, e nei racconti di P.L. Travers, sua creatrice. Nessuno timore di confronto. “Non cerco di essere come Julie Andrews perché nessuno sarà mai come lei, ma conosco Mary Poppins, ho un’idea precisa di cosa voglio raccontare e cercherò di farlo al meglio possibile” sostiene Giulia.

Mary Poppins è un traguardo importante per una performer. Come sei arrivata al ruolo della tata più famosa del mondo?

Il ruolo di Mary Poppins l’ho ottenuto dopo cinque audizioni. E fin qui nulla di strano…ma essendo coinvolti direttamente la Disney e Cameron Mackintosh, i produttori dello show in tutto il mondo, per me è stata un’emozione grandissima. E poi, che dire, Mary Poppins rappresenta un fortissimo richiamo alla mia infanzia: quelle musiche mi portano in luoghi stupendi e mi mettono gioia ogni volta che le sento. Questo mi ha aiutato moltissimo sia durante le varie audizioni sia durante l’attesa della risposta, che è stata la più lunga della mia esperienza lavorativa fino ad ora: ben un anno e mezzo!

Cosa ti piace di più di questo ruolo?

Amo questo personaggio in tutto. È elegante e vezzosa, vanitosa e permalosa ma anche pratica, efficiente e ha un cuore enorme, anche se non dà mai a vedere cosa pensa o cosa sente, non si perde in parole o smancerie. È sempre presente per i bambini e per la famiglia, è un po’ angelo custode, un po’ super eroe, è praticamente perfetta come dice lei, e ha sempre la situazione sotto controllo e la risposta a tutto. A livello personale interpretare un personaggio che sa sempre esattamente cosa fare è meraviglioso.

Hai avuto occasione di vedere le produzioni estere di Mary Poppins? Cosa ne pensi?

Ho avuto la fortuna di vedere Mary Poppins a Londra 10 anni fa, era la prima volta che vedevo un musical nel West End. Sono letteralmente rimasta a bocca aperta, stupefatta davanti a una macchina scenica di quella portata e alla incredibile bravura degli attori sul palco. In particolare, mi hanno colpito i bambini, così piccoli ma professionalmente allo stesso livello dei colleghi adulti. L’emozione più grande l’ho provata quando Mary è volata sulla platea e poi su, sopra la galleria fino a raggiungermi…mi ha quasi sfiorato nel suo volo.
Non lo dimenticherò mai.

Ti spaventa il paragone con Julie Andrews?

Il paragone con Julie Andrews non mi spaventa semplicemente perché è impossibile. Julie Andrews è una dea, è perfetta, senza “praticamente”, la sua Mary ha fatto la storia e ha segnato generazioni di persone. Io non cerco di essere come Julie Andrews perché nessuno sarà mai come lei, ma conosco Mary Poppins, ho un’idea precisa di cosa voglio raccontare e cercherò di farlo al meglio possibile. Tra l’altro il musical è diverso dal film, ci sono altre scene, altri linguaggi da usare, altre sfumature da sottolineare. Il minimo comune denominatore è la storia della famiglia Banks e Mary Poppins ma la versione teatrale è un’altra cosa rispetto al film.

La tua Mary assomiglia a quella di Julie Andrews?

La mia Mary Poppins certamente assomiglia a quella di Julie Andrews per certi versi, il personaggio è quello, ma, come dicevo, lo spettacolo teatrale mette a disposizione altri aspetti del personaggio da mettere in evidenza. Il mio scopo non è assomigliare a Julie Andrews, per quanto darei un braccio per poterci riuscire, ma è presentare un personaggio credibile, efficace e omogeneo alla regia di Federico Bellone.

Ti senti di più una cantante che recita o un’attrice che canta?

Se fai un musical, sia che tu canti sia che tu balli, sei comunque un attore. Siamo tutti innanzitutto attori, perché nel musical canto e danza sono solo altri linguaggi che vengono usati per raccontare la storia. Perciò, che tu stia dicendo una battuta o ballando una coreografia, o cantando una nota tenuta, sei comunque un attore.

Ritieni che una produzione così imponente come quella di Mary Poppins possa considerarsi come una sorta di apertura dell’Italia ai grandi musical del West End e di Broadway?

Ritengo che Mary Poppins sia un progetto fortemente voluto, estremamente ambizioso e imponente, e mi auguro che il successo che speriamo abbia lo spettacolo sia uno stimolo per le grandi produzioni e per gli investitori a scommettere di più sul nostro paese con altri grandi titoli.

Qual è il tuo sogno, professionale, nel cassetto? Quale ruolo vorresti interpretare e per quale motivo?

Il mio sogno professionale lo sto vivendo adesso, cammino a un metro da terra e mi sento fortunata e grata di stare dove sto. Ci sono tantissimi altri ruoli che vorrei interpretare, uno dei tanti è Cinderella in Into the Woods di Stephen Sondheim, perché è uno dei miei musical preferiti, scritto da uno dei miei autori preferiti. Il personaggio di Cinderella ha molte sfaccettature che vanno ben oltre alla facciata da principessa della fiaba che tutti conosciamo, così come ogni personaggio di quel musical!

Dove ti vedi tra vent’anni?

Tra vent’anni non ho idea di dove sarò, ma ho intenzione di fare in modo di vedermi col sorriso che ho stampato in faccia in questo momento




UNA STANZA PIENA DI EMOZIONI

di Morgan Le Fay – Ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo, è stata Ambasciatrice per la Danza nel Grande Giubileo del 2000, ha aperto le Paraolimpiadi di Torino del 2006, ha partecipato al Festival di Sanremo, ha scritto libri, i suoi quadri sono esposti in Mostra Permanente nella città di London Ontario, in Canada…

Era quasi inevitabile che le strade di Simona Atzori e dell’associazione “Wondy sono io” si incrociassero. “Tutte le cose più significative della mia vita, soprattutto quelle belle, sono nate da un incontro”, afferma la danzatrice. E proprio grazie a questo incontro, il 10 gennaio Simona ha deciso di portare in scena il suo spettacolo “Una stanza viola” al teatro Manzoni di Milano, con il sostegno del Gruppo 24 Ore. Al termine, si è raccontata davanti al pubblico, chiacchierando con Alessandro Milan, giornalista di Radio 24 e presidente dell’associazione, creata in memoria di sua moglie Francesca Del Rosso, giornalista e scrittrice, mancata poco più di un anno fa, dopo una lunga battaglia contro il cancro.

DANZARE PER FRANCESCA

In una sala gremita, il pubblico è stato travolto da un turbine di musiche, anche inaspettate (dalle ballate irlandesi a Vasco Rossi…), colori, emozioni e, naturalmente, danze contemporanee, coinvolgenti nei gesti e nei ritmi, ora dolci ora indiavolati, con coreografie mai convenzionali.

Il tema centrale, l’amore, in tutte le sue sfumature, con il suo carico di speranza, ma anche di inquietudine, delusione, tormento. L’amore può essere amicizia, empatia, solidarietà, ma può sfociare nel tradimento, nella violenza e nella prevaricazione.

Perché una stanza viola? La stanza è il luogo in cui tutto può succedere e di cui il palcoscenico diventa il simbolo. Il viola è il colore della rinascita, creato dal bianco, dal rosso e dal blu, una sorta di fusione tra maschile e femminile.

Sul palco, oltre a Simona Atzori, i suoi collaboratori (“ma prima di tutto amici” ha precisato l’artista al termine dell’esibizione), i ballerini Beatrice Mazzola e Mariacristina Paolini della SimonArte Dance Company, Marco Messina e Salvatore Perdichizzi del balletto della Scala di Milano, tutti bravissimi e applauditissimi dagli spettatori entusiasti.

UNA STORIA DI RESILIENZA

Wondy sono io” è un’associazione culturale, nata per diffondere quella che è la più grande eredità di Francesca Del Rosso: la resilienza, la capacità di reagire alle avversità della vita, di reggerne gli urti senza spezzarsi, e di trasformare ciò che può apparire un limite o un ostacolo in un’opportunità di crescita e cambiamento. Perché – diceva lei – siamo tutti un po’ supereroi e la resilienza è alla portata di ciascuno di noi.

Simona Atzori ha confessato che lei, di resilienza, non sapeva granché, prima di imbattersi in “Wondy sono io” e nella storia di Francesca. In teoria. Perché, nella pratica, tutta la sua vita ne è la celebrazione. Nata senza braccia, amatissima dai genitori, che l’hanno sempre incoraggiata a non farsi determinare dalla sua particolarità fisica e a seguire le sue passioni, è diventata una ballerina e una pittrice apprezzata in tutto il mondo, tiene corsi e seminari motivazionali nelle aziende, testimonia ovunque la sua esperienza, le lotte contro la paura, le difficoltà ma soprattutto i pregiudizi (“spesso il limite della disabilità è soltanto negli occhi degli altri”), usando sempre come “arma” il suo sorriso solare e la sua ironia. Sorriso e ironia che non la abbandonano mai, come quando, a un certo punto dell’incontro, si libera delle calzature: “Scusate, ora che avete visto queste bellissime scarpe, me le tolgo, perché io devo gesticolare!”.

Racconta che ha capito realmente la resilienza quando ha dovuto affrontare la malattia e la morte dell’adorata mamma, cinque anni fa. Un percorso doloroso, da cui è però nata una Simona più forte e coraggiosa. È stato in quel momento difficile che ha deciso di dipingere di viola la sua stanza da letto: era necessario ripartire, intraprendere nuove strade, imparare a percepire la presenza della madre con modalità diverse.

È fondamentale diventare protagonisti della propria vita, non lasciare che le cose ci accadano e basta” conclude l’artista.

A fine serata, con tutti i ballerini, i fondatori e molti amici di “Wondy sono io” riuniti sul palco, è stato annunciato anche il prossimo appuntamento importante: il 5 marzo, sempre al teatro Manzoni, ci sarà la premiazione del primo concorso letterario dedicato alla resilienza. La giuria, presieduta da Roberto Saviano (che, come sottolineato da Milan, è lui stesso un esempio di resilienza) e con molti altri nomi di peso, proclamerà il vincitore tra le sei opere finaliste, scelte tra le tantissime che hanno partecipato.
Intanto, continua a girare l’Italia la mostra fotografica “In viaggio con Wondy”: i viaggi fatti da Francesca Del Rosso con la sua famiglia negli ultimi sei anni, quando era già ammalata. La malattia, infatti, non l’ha mai fermata, non ha minimamente scalfito il suo tenace attaccamento alla vita.

Noi spargiamo dei semi – ha spiegato Milan al termine dell’incontro – non sappiamo quanti attecchiranno, ma continueremo a farlo”.

Per info, www.wondysonoio.org

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Milano, sono la nuova moda i motorini a noleggio per girare la città

Uno dei fondatori di MiMoto spiega come funzionano le nuove motociclette elettriche, lanciate nello scorso ottobre

di Matteo Rolando – A inizio autunno di quest’anno furono le 4.000 nuove biciclette rosse Mobike e quelle gialle Ofo a farsi notare per le strade di Milano:un successo la nuova forma di bike sharing, grazie alla sua caratteristica principale, descritta con il termine inglese free-floating, ovvero la libertà di lasciare la bicicletta dove si vuole senza l’obbligo di ancorarla ad una rastrelliera come avveniva, ad esempio, per il noleggio Bikemi di Atm. Ma Milano viaggia sempre avanti:così da un mese a questa parte è partito anche il moto sharing, un servizio con caratteristiche analoghe per il noleggio di scooter elettrici che include casco, batteria carica e assicurazione. A poco meno di due mesi dal suo lancio, con l’arrivo di 100 motorini in città, <lo scooter sharing si pone a metà strada tra il car sharing e il bike sharing, coniugando i vantaggi di entrambe le soluzioni di mobilità>. Lo rivela uno dei fondatori, Vittorio Muratore, intervistato in esclusiva per Cosmopeople.

Come nasce MiMoto Sharing?

Il progetto è nato dall’idea di un team composto da me e i miei due soci e compagni d’avventura Alessandro Vincenti e Gianluca Iorio, anche noi studenti fuori sede a durante l’università. Analizzando quali sono state le nostre esigenze di mobilità e vivendo la trasformazione di Milano da questo punti di vista, abbiamo voluto creare qualcosa per la città che ci ha ospitato che potesse essere al tempo stesso utile e innovativo e a misura di cliente, quindi pensato sui bisogni condivisi dalla maggior parte degli studenti, ma allo stesso tempo dedicato a tutti, residenti, pendolari e turisti.Il nostro obiettivo è stato fin dall’inizio fare un uso avanguardistico della tecnologia, integrandola con il rispetto dell’ambiente, per rendere la città più vivibile, sostenibile e car free.

Quali sono le differenze e quali le analogie con gli attuali servizi di bike sharing “free floating” operativi in città?

Due sono le caratteristiche principali di MiMoto che lo differenziano dagli altri sevizi di sharing: è il primo servizio di scooter elettrico, a impatto zero e free floating, ossia non ha vincoli di stazioni di ricarica, quindi è più semplice da parcheggiare rispetto ad altri veicoli elettrici, purché venga rilasciato negli appositi parcheggi per i veicoli a due ruote.Inoltre, rispetto ai servizi di bike sharing – ovviamente a impatto zero – e alle auto elettriche, MiMoto ha un grande vantaggio: accorciare i tempi di percorrenza e permettere di muoversi nel traffico in maniera più agevole e veloce rispetto agli altri veicoli.

MiMoto ha iniziato a operare a Milano circa un mese fa e quindi è ancora in fase di “rodaggio”: quanti utenti si sono registrati e quanti utilizzano abitualmente uno dei 100 ciclomotori disponibili?

Abbiamo lanciato il servizio in data 14 ottobre ed è ancora prematuro congelare qualsiasi tipo di considerazione su numeri e andamento. Detto questo, possiamo felicemente affermare che il primo mese di vita di MiMoto è andato oltre le nostre aspettative, sia in termini di utilizzo, sia in termini di percezione. Anche l’andamento delle registrazioni è positivo considerando il fatto che gli scooter per strada sono essi stessi un media di comunicazione molto efficace. I primi numeri, quindi, ci confermano l’esistenza di un bisogno e presenza di domanda da soddisfare e ci danno convinzione ed entusiasmo per affrontare il futuro.

Milano è la prima città italiana al mondo a offrire uno scooter sharing ecosostenibile e completamente Made In Italy: quali altre città europee possono essere prese a riferimento per la presenza di offerte analoghe di “scooter sharing”? In quali il servizio ha avuto maggior successo?

Ci sono Motit a barcellona, Emmy sharing in 6 città tedesche, Coup a Berlino e Parigi e City scoot sempre a Parigi, e Scooltra a Roma, Madrid, Barcellona e Lisbona, Zig Zag a Roma.I casi di maggior successo sono certamente Emmy e Ecooltra per numero veicoli e numero di città in cui il servizio è attivo.

Un profiling dell’utente tipo di MiMoto?

L’utente tipo di MiMoto, anche se è prematuro definirne un profilo definitivo, è certamente giovane, sportivo e “EcoFriendly” ovvero attento ai suoi bisogni, senza trascurare l’ecosostenibilità. MiMoto, a differenza di quanto si possa magari immaginare, ha un grande impatto sul pubblico femminile grazie alla scelta di un mezzo facile da guidare, leggero, e cosa che non guasta mai di design e anche i costi, questo ovviamente non vale solo per le donne, sono contenuti.

Quali sono gli obiettivi di MiMoto in termini di utenza e di espansione, pensandoli a un anno da oggi?

Solo a Milano ogni giorno arrivano più di mezzo milione di pendolari, quindi sicuramente il nostro obiettivo è aumentare la flotta, riuscire a coprire un’area operativa più ampia, raggiungendo una flotta composta da circa 500 mezzi già nei primi 12 mesi di vita. Ma Milano è solo un punto di partenza perché per il futuro abbiamo grandi progetti e vogliamo replicare il modello di Milano anche in altri principali capoluoghi italiani, ma stiamo valutando l’apertura del servizio all’estero fin dal primo anno di vita di MiMoto.

Per noleggiare gli scooter bisogna essere maggiorenni e possedere la patente B o in alternativa il patentino per i ciclomotori. Il costo per l’attivazione del servizio è di 9,90 euro e comprende 60 minuti di utilizzo: il modo per noleggiare è uguale al bike-sharing. È sufficiente scaricare un App sul telefonino e creare un’utenza, che individua e segnala la posizione dei motorini sulla mappa dando la possibilità di prenotare quello più vicino.Il noleggio costa 23 centesimi al minuto, mentre per un’ora di noleggio è prevista la tariffa forfettaria di 6,90 euro.Chi volesse tenere il mezzo per l’intera giornata pagherebbe invece 29,90 euro.Si può decidere anche di mettere in sosta lo scooter,ad esempio per andare a fare una commissione, per 9 centesimi al minuto.Gli scooter MiMoto sono operativi nella zona del centro di Milano con limite della circonvallazione.




Pamela Lacerenza, la diva di Spamalot

È il musical del momento, sta letteralmente sbancando il botteghino, un successo inaspettato, forse proprio per la comicità surreale e demenziale tanto lontana dalla nostra tradizione teatrale. Stiamo parlando di Spamalot, il musical ispirato al film Monty Python e il Sacro Graal, ora in scena al Teatro Nuovo di Milano, con la regia di Claudio Insegno, traduzione e adattamento del testo di Rocco Tanica. In scena, oltre a Elio nel ruolo di Re Artù, un gruppo tutto al maschile di grandi talenti, molto affiatato, e un’unica protagonista femminile, la Dama del Lago.

Cosmopeople ha incontrato la bravissima Pamela Lacerenza, la Dama del Lago.

Conoscevi i Monty Python e, nel caso, cosa apprezzavi maggiormente dei loro sketch?

Purtroppo devo ammettere che non conoscevo i Monty Python ed oggi mi chiedo come abbia fatto a vivere senza aver visto mai un loro sketch! Esilaranti, geniali! Per fortuna ho avuto l’occasione di avvicinarmi al loro mondo per la preparazione di Spamalot.

Hai avuto occasione di vedere le produzioni estere di Spamalot? Cosa ne pensi?

Ho visto gran parte delle produzioni solo attraverso la rete, mai dal vivo. Nonostante fossero diverse tra loro, a volte per scenografia, per contesto, costumi,… erano tutte accumunate dallo spirito con cui venivano messe in scena: divertirsi e far divertire. A prescindere dal luogo e dalla lingua in cui Spamalot è stato rappresentato il risultato è sempre lo stesso: grandi risate e tanti applausi.

In scena prendete in giro, neanche troppo velatamente, Llyod Webber e Grease. Cosa ne pensi a riguardo?

A Spamalot tutto è concesso!

Ritieni che l’arrivo di Spamalot, che si distingue tra gli show finora proposti al pubblico italiano quanto meno come musical, apra le porte a nuovi spettacoli meno tradizionali e più irriverenti?

Credo che il successo di Spamalot darà una spinta ad investire su prodotti diversi e meno conosciuti, poi ben venga anche la tradizione!

Come sei arrivato a interpretare la Dama del Lago? Hai fatto il provino solo per la Dama o ti eri candidata anche per altri ruoli? Cosa ti colpisce maggiormente di questo ruolo?

Sotto consiglio di un mio carissimo amico che mi ha chiamata dicendomi “dovresti mandare la candidatura per questo ruolo”, ho aperto il bando di audizione, ho visto il personaggio che cercavano e prima di mandare la candidatura mi sono documentata per capire se potessi essere adatta o meno. Ne sono rimasta folgorata! Canzoni meravigliose, costumi da sogno e poi lei, la diva che fa il verso alla diva, la regina alla quale ogni tanto “cade la corona”. Lei è tutto e in attimo… niente, tant’è che si dimenticano di lei lasciandola in disparte per 45 minuti! Me ne sono completamente innamorata.

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(foto di scena Luca Vantusso)

La tua voce esplode potente sul palco. Come ti sei preparata al ruolo e a chi ti sei ispirata?

Il mio percorso è un po’ diverso. Vengo dal mondo del live club, dei concerti, dell’intrattenimento e successivamente mi sono affacciata al teatro grazie al Micca Club, marchio che ha portato il burlesque in Italia e ora è leader nel campo del cabaret retrò, del Varietà e del cafè chantant, da 4 anni in scena con i suoi spettacoli al Salone Margherita di Roma. Quest’ultima esperienza mi ha arricchito artisticamente, mi ha avvicinato a cantanti come Judy Garland e Liza Minnelli, la mia fonte d’ispirazione, e mi ha portato alla realizzazione di due spettacoli in stile retrò “Tra le luci dello swing” e “Swinglesque” in cui sono cantante, show girl e conduttrice.

La maggior parte dei brani che ho cantato sul palco del Salone Margherita di Roma non sono altro che brani tratti dai musical di Broadway, quindi mi sono sempre sentita molto vicina a questa realtà.

Come protagonista di un Musical in Italia è la mia prima volta perciò non ho potuto far altro che mettere me stessa in tutto e per tutto e mi sono lasciata guidare dalla mano esperta di Claudio Insegno e dagli accorgimenti preziosi di Elio e Rocco Tanica. La cosa più complicata, per me, era portare in scena la mia versione della Dama del Lago. Spero proprio di esserci riuscita.

Dopo Spamalot cosa ti aspetta? Hai già dei progetti?

Dopo Spamalot tornerò nuovamente in scena al Salone Margherita di Roma con lo spettacolo Velvet Cabaret, produzione Micca Club. Tonerò ad interpretare il mio personaggio “Gigì” che tanto amo e al quale devo tantissimo.

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Con Spamalot i Monty Python sbarcano in Italia

Elio porta in scena, in prima nazionale, Spamalot– Il cavalieri della tavola molto, molto, molto rotonda,  la surreale parodia della saga di Re Artù basato sul cult dei Monty Pyton “Monty Python e il Sacro Graal” del 1974 è prodotta da Lorenzo Vitali e dal Teatro Nuovo di Milano e diretta da Claudio Insegno. L’adattamento italiano di Spamalot, musical scritto da Eric Idle (membro dei Mothy Python) e John Du Prez che ha sbancato i botteghini internazionale, è firmato da Rocco Tanica. Una band di dieci elementi suonerà dal vivo. Spamalot è in scena al Teatro Nuovo di Milano fino al 6 gennaio dove promette di far divertire milanesi e non per tutte le Feste prima di proseguire la tournée nel Paese.

Spamalot è andato in scena per la prima volta a Chicago nel 2004, a 30 anni dall’uscita eni cinema del film e ha subito conquistato 3 Tony Awards. Il musical si porpone come un viaggio parodia all’interno dl mondo di Re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda alla ricerca del sacro Graal e nel farlo ironizzasul mondo dei musical e dello show business.  

In quarant’anni anni nessuno aveva mai osato mettere in scena i Monty Python in Italia, con la loro comicità surreale e testi pieni di riferimenti e giochi verbali spesso intraducibili o difficilmente comprensibili per un pubblico non anglosassone.  “Trentaquattro anni fa vidi al cinema Monty Python, Il senso della vita – dice Tanica – e fu una folgorazione. È un onore essere stato scelto per quest’incarico”. Quanto a Elio che nei panni di Re Artù  arruolerà per un’importante missione i cavalieri della tavola molto molto molto rotonda sostiene: “Anch’io trentaquattro anni fa vidi “Il senso della vita”, ma a differenza di Rocco l’unica conseguenza fu che persi le chiavi della macchina, una 127 blu che oltretutto non era veramente mia, ma di mia mamma. Tornai il giorno dopo nel parcheggio e fortunatamente le ritrovai”.

Sul palco insieme ad Elio, Pamela Lacerenza, Andrea Spina, Umberto Noto, Giuseppe Orsillo, Filippo Musenga, Thomas Santu, Luigi Fiorenti, Michela Delle Chiaie, Greta Disabato, Federica Laganà, Maria Carlotta Noè, Simone De Rose, Daniele Romano, Alfredo Simeone, Giovanni Zummo.

 




“Figliol Prodigo” un musical di “valore”

Il Figliol Prodigo” è un musical che tocca il cuore, scritto e diretto da Isabella Biffi, in arte Isabeau. Lo spettacolo vede in scena 21 performer, fra cui alcuni detenuti di alta sicurezza del Carcere di Opera, sarà al Teatro della Luna di Milano fino al 19 novembre.

Il Figliol Prodigo” racconta una storia emozionante che viaggia fra passato e presente messa in musica da Gino De Stefani, Fabio Perversi dei Mattia Bazar e Osvaldo Pizzoli. Lo spettacolo è stato “benedetto” da Papa Francesco.

Il Laboratorio del Musical è un progetto di volontariato ideato e realizzato da Isabella Biffi, cantautrice e regista che, da quasi dieci anni, grazie alla condivisione istituzionale del Direttore di Opera e alla collaborazione dell’Associazione Culturale Eventi di Valore, utilizza l’Arte e la Cultura, quali mezzi di rieducazione e “rivoluzione umana”. Isabella Biffi non è nuova a sfide di questo genere: dopo il successo dei “Dieci Mondi“, “La Luna sulla Capitale“, “L’Amore Vincerà“, “Siddhartha“, il nuovo spettacolo “Figliol Prodigo” è un invito a superare diffidenze e chiusure e a credere che si può cambiare, aiutando gli altri a cambiare.

 




Pinocchio, un sorprendente allestimento 4.0

Un nuovo sorprendente allestimento di Pinocchio, in versione 4.0, va in scena ogni sabato pomeriggio (alle 15.30) e domenica mattina (alle 11.30) presso il Teatro Nazionale CheBanca!. “PINOCCHIO – Cuor Connesso” è una produzione, ideata e diretta da Chiara Noschese che rivisita l’omonimo classico della letteratura per ragazzi di Carlo Collodi.  In scena Mario Acampa nel ruolo di Pinocchio, Antonio Speranza nel ruolo di Geppy e Raffaella Atlerio in quello di Grillo Parlante.

Ambientato nei nostri giorni lo spettacolo conduce il pubblico in sala a seguire il viaggio, ricco di allegorie e simbologie moderne, del burattino di legno, Pinocchio, per diventare un bambino in carne ed ossa e successivamente, quindi, un vero uomo.

Il Paese dei Balocchi sarà sempre lì ad aspettarlo, agli occhi dei nostri giovani rimarrà sempre la “grande tentazione”, nascondendo in verità insidie e bugie, e presentandosi, in questa versione teatrale, nelle sembianze del -mondo virtuale-, il web.

 

“When you wish upon a star…”Quando si desidera qualcosa, con tutto il cuore, si chiede ad una stella di realizzarlo e quel sogno si avvererà”. È proprio un forte desiderio il motore che muove la nostra favola moderna, rielaborata ai tempi d’oggi, dove i pericoli provengono dall’uso smodato della tecnologia e del web: in questa favola c’è un grillo/angelo custode che vive nel  laboratorio con Geppy” racconta Chiara Noschese  per poi aggiungere: “PINOCCHIO (CuorConnesso) ci parla di amore, quell’amore che permette a tutti noi di trovare, ogni giorno, il coraggio e la forza per vivere.

Nel nuovo allestimento di Pinocchio, Geppy è un ingegnere robotico che, dopo aver costruito nel corso della sua vita tanti giochi rincorre il sogno di realizzare il compagno ideale, una creatura dall’aspetto umano che possa fare compagnia a grandi e piccini. Geppy vive nel suo garage/laboratorio, da solo e nell’attesa che la multinazionale Turchini approvi e finanzi il suo Progetto Pinocchio. Non ha più un soldo ed è preoccupato perché  la sua creatura meccanica non riesce a funzionare, non riesce a prendere vita. C’è qualcuno, però, che, da sempre, veglia su di lui, una presenza magica e generosa che, una notte, fa svegliare Pinocchio, esaudendo il desiderio più grande del povero Geppy. La loro vita insieme sarà piena di accadimenti, comici ma anche drammatici, nascerà, di fatto, un rapporto padre e figlio…si perderanno ma, alla fine si ritroveranno, connettendo i loro cuori e protetti dalla loro stella…

 




Debutta “Il Seduttore”

“Il Seduttore” debutta il 14 novembre al Teatro San Babila di Milano dove resterà in scena fino al 19 novembre. La commedia di Diego Fabbri, diretta da Alessio Pizzech, vede in scena Roberto Alpi, Laura Lattuada, Isabel Russinova e Agnese Nano.

“Il Seduttore” è una commedia brillante che si dipana tra intrecci amorosi ed equivoci senza comunque tralasciare momenti più profondi di riflessione. Il protagonista, Eugenio (Roberto Alpi), gestisce un’agenzia di viaggi ed è sposato con Norma ma intrattiene addirittura due relazioni extraconiugali: la prima con Wilma, la seconda con Alina, segretaria presso l’agenzia.

Tre donne, tre luoghi e tre modi di vivere una relazione sentimentale totalmente differenti. Norma è alla ricerca di un amore fedele, ma insegue qualcosa che ormai è finito; Wilma è impegnata in una guerra costante e radicale con Eugenio in cui carne e sensualità diventano privilegiato campo di battaglia; infine Alina, proiettata in un sogno di fuga dalla realtà, in un gioco di emozioni eccitante e leggero.

La storia di Eugenio “Il Seduttore” è legata, seppure indirettamente, alla perdita del figlio avuto da Norma. Egli promette a ognuna amore sincero e viaggi lontani in geografie a dir poco immaginarie. Con perfido cinismo fa in modo che le tre donne si incontrino in un Caffè, imbastendo un gioco rocambolesco di equivoci e situazioni tragicomiche. Il tutto per divertirsi nel vederle parlare assieme, inconsapevoli, dello stesso uomo. L’epilogo sarà sorprendente.

Tre racconti di un unico femminile, declinazioni di un’unica esistenza. “Il Seduttore” le usa, le manovra alla ricerca disperata di una identità che solo le tre donne possono dargli. “Il Seduttore” come un novecentesco Don Giovanni, cerca così in loro un appagamento di una mancanza profonda che riverbera nelle pieghe della sua anima; l’infanzia stroncata del suo unico figlio rivive in lui, nel suo atteggiamento bambino ed infantile che inganna e seduce.