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Il Falstaff di Michieletto in scena alla Scala

Zubin Mehta  dirige il Falstaff. L’opera andrà in scena al Teatro alla Scala dal 2 al 21 febbraio. A firmare la regia del Falstaff, l’ultima opera di Giuseppe Verdi è Damiano Michieletto. Falstaff è stata presentata al Festival di Salisburgo nel 2013.

Falstaff , apologo malinconico e disincantato sul trascorrere del tempo e il tramonto delle illusioni, è collocata da Michieletto nel salone principale di Casa Verdi, magistralmente ricreato dallo scenografo Paolo Fantin, al tempo presente. “Il protagonista, spiega Michieletto, vive nella condizione della memoria, perché la sua realtà è quella della finitezza, dell’attesa della morte. E tutta la vicenda si svolge un po’ come un ricordo, un sogno, o uno scherzo: Falstaff in un attimo si vede passare davanti agli occhi tutta la vita”. Una soluzione che nel 2013 aveva suscitato l’entusiasmo di buona parte della critica internazionale: “Come concetto registico – scriveva Anthony Tomassini sul New York Times – ‘è tutto un sogno’ può sembrare un espediente pigro o banale. Non in questo ispirato allestimento… L’idea di Michieletto funziona magnificamente in questa produzione affascinante e commovente”.

Il cast dell’opera è guidato da Ambrogio Maestri, che dopo il debutto nel ruolo alla Scala nel 2001 con Riccardo Muti è stato Falstaff più di 250 volte in oltre 25 teatri imponendosi come interprete di riferimento. Alice Ford è Carmen Giannattasio, già apprezzata alla Scala nella stessa parte con Daniel Harding. Ford è Massimo Cavalletti, baritono assai apprezzato dal pubblico della Scala dove ha già cantato tra l’altro in Falstaff con Daniel Harding. Quickly è Yvonne Naef, mezzosoprano apprezzato in un vasto repertorio che spazia da Verdi (è stata Quickly con Daniel Gatti) a Wagner e Bizet. Nella parte di Fenton torna Francesco Demuro, già applaudito nelle scorse edizioni, che nelle prossime settimane sarà Edgardo alla Fenice e poi Nadir nei nuovi Pêcheurs de Perles a Berlino, mentre Meg è Annalisa Stroppa, reduce dal trionfo personale riscosso come Suzuki nella Madama Butterfly diretta da Riccardo Chailly, e Nannetta ha la voce di Giulia Semenzato, che alla Scala ha già cantato nel Lucio Silla di Mozart nel 2015 e tornerà come Zerlina nel Don Giovanni.

DOVE, COME E A QUANTO- Falstaff

giovedì 2 febbraio 2017 ore 20

domenica 5 febbraio 2017 ore 20

martedì 7 febbraio 2017 ore 20

venerdì 10 febbraio 2017 ore 20

mercoledì 15 febbraio 2017 ore 20

venerdì 17 febbraio 2017 ore 20

domenica 19 febbraio 2017 ore 15

martedì 21 febbraio 2017 ore 20

A partire dai 14 euro




Il Don Carlo torna alla Scala

Il Don Carlo di Giuseppe Verdi torna in scena alla Scala di Milano. L’opera debutterà il 17 gennaio e sarà riproposta in replica fino a 12 febbraio. Dirige Myung-Whun Chung. In scena per il Don Carlo Francesco Meli,  Krassimira Stoyanova, Ekaterina Semenchuk,  Simone Piazzola e  Orlin Anastassov. Lo spettacolo è quello firmato da Peter Stein per la regia e da Ferdinand Wögerbauer per le scene andato in scena nel 2013 al Festival di Salisburgo.  La versione in cinque atti, la prima ad approdare alla Scala nel 1868,  manca dalla Scala da quarant’anni, ovvero dall’edizione diretta da Claudio Abbado con la regia di Luca Ronconi per l’inaugurazione della Stagione 1977/1978.

L’opera nasce per il rientro di Verdi a Parigi. Il compositore nel 1865 mancava dalla Ville Lumiere da 10 anni, quando aveva presentato all’Opéra Les Vêpres siciliennes quando, per il suo ritorno, su invito del direttore dell’Opéra Jules Perrin,sceglie il dramma di Schiller Don Carlos e progetta un’opera dall’architettura grandiosa, che lo impegna in lunghi mesi di composizione (nel corso dei quali si spegne il librettista Méry; la stesura del libretto viene completata da Camille Du Locle) e in un esasperante periodo di prove. La prima è prevista per metà dicembre 1866 ma slitta continuamente. Il 24 febbraio, alla prima prova in cui l’opera viene eseguita per intero, si osserva che la durata totale, 3 ore e 47 minuti, impone drastici tagli se si vuole terminare la serata entro la mezzanotte e permettere al pubblico di raggiungere le ferrovie suburbane. La prima ha luogo l’11 marzo, sul podio George Hainl, con accoglienza favorevole ma non trionfale: il nuovo stile di Verdi suscita sulle prime più disorientamento che entusiasmo. Il compositore lascia Parigi autorizzando l’Opéra ad apportare i tagli “reputati opportuni”. E i tagli, sempre più arbitrari, caratterizzeranno il cammino dell’opera in Europa. Verdi vi rimette mano di persona nel 1872, per il Teatro di San Carlo. Nel complesso il compositore è sempre più insoddisfatto dalla prassi dei tagli arbitrari apportati dai teatri, ma anche cosciente della necessità di un ripensamento complessivo. Nel 1880 l’opera di Vienna chiede a Ricordi di mettere in scena Don Carlos, e Verdi fa rispondere che sono necessarie “alcune modificazioni”. Accorciare è necessario, anche perché “in questa città i portieri chiudono i portoni delle case alle 10 – scrive Verdi – dal momento che mi si devono tagliare le gambe ho preferito affilare io il coltello”. Nel complesso Verdi elimina circa metà dell’opera originaria, a partire dall’atto di Fontainebleau, rimusicando e correggendo: ne emerge un dramma nuovo, più sintetico e agile, in cui il fattore politico e la figura di Filippo prevalgono su quello psicologico/sentimentale e i personaggi di Carlo ed Elisabetta. Cessate le trattative con Vienna, il nuovo Don Carlo in quattro atti va in scena alla Scala il 10 gennaio 1884. Negli anni seguenti Verdi non cessa di ripensare a Don Carlo e alla funzionalità drammaturgica del primo atto: una nuova versione, che accoglie le modifiche introdotte per la Scala ma ripristina l’atto di Fontainebleau (omettendo però i ballabili), va in scena a Modena il 26 dicembre 1886. È quella che sarà riproposta alla Scal.




Il Rigoletto secondo Opera Young al Teatro Litta

L’opera lirica è un grande patrimonio culturale che va salvaguardato e tramandato. Opera Young è un nuovo progetto fatto da giovani e rivolto a tutti gli appassionati e a chi si vuole avvicinare ad un mondo di grandi passioni e per questo molto moderno. Tutti giovani sul palcoscenico, in buca e dietro le quinte per proporre quattro tra i più famosi titoli del melodramma.

Si comincia con Rigoletto, una delle più celebri opere di Giuseppe Verdi e tutto il repertorio italiano. Il maestro Marco Beretta, direttore musicale e preparatore dell’intero cast dell’opera, vuole dare una lettura il più possibile fedele alla scrittura verdiana e nello stesso tempo legata alla migliore tradizione esecutiva in una visione interpretativa più attuale. In questa versione, agile e originale nella messa in scena, il regista Alberto Oliva propone una riflessione sulla politica e sulle dinamiche del potere. Il buffone di corte è un mestiere con le sue regole e le sue caratteristiche, anche fisiche. La gobba è un abito da lavoro, un costume così condizionante da diventare anche un modo di essere, al punto da distorcere la verità fino a farne una forma perversa di satira autolesionista. La corte del Duca è un bordello di donne oggetto, tutte intercambiabili, leggere ed evanescenti come abiti da sera – di cui è piena la scena – vacue e vuote come un grande guardaroba che non appartiene a nessuno. Se l’abito non fa il monaco, di certo fa il politico. E così Rigoletto vive una doppia vita, ha una doppia personalità: quando dismette l’abito da cortigiano gobbo, diventa un padre iperprotettivo e paranoico, ma anche capace di un amore incondizionato e sublime per a sua unica figlia. Con l’amore di redime, ma è destinato a pagar cara la leggerezza de suo lavoro portato all’eccesso di zelo. Maschere, abiti, doppie facce e ambiguità sono le caratteristiche dominanti nelle dinamiche del potere, grazie alle quali si sale e si scende, dalla polvere alle stelle e viceversa. Non manca anche il gioco dei doppi, con i personaggi che si specchiano gli uni negli altri, Gilda e Maddalena, Rigoletto e Sparafucile, ma anche incastri e sovrapposizioni, esaltati musicalmente dal celebre, magnifico e inarrivabile quartetto divenuto proverbiale.

Lo spettacolo si mantiene del tutto fedele all’opera di Giuseppe Verdi, con un impianto scenico molto semplice, costumi contemporanei che esaltano l’universalità della storia e il ripetersi delle stesse congiunture, perché la politica è fatta dagli uomini, che hanno sempre gli stessi istinti, le medesime pulsioni che mettono in pratica con analoghe strategie, intrighi, inganni e maledette coincidenze. Il conflitto che maggiormente dilania le scelte dei politici è quello tra il senso del dovere e il sentimento. Rigoletto paga lo zelo che lo contraddistingue nello svolgere il suo ruolo di buffone sbruffone (quando non è di sua figlia che si parla), ma allo stesso modo è fatale l’errore del suo doppio Sparafucile, che per affetto risparmia una vita e ne condanna un’altra, innocente.

 

TEATRO LITTA


11 dicembre ore 16.30

RIGOLETTO
di Giuseppe Verdi

PROGETTO OPERA YOUNG
di ADADS
direttore Marco Beretta
regia Alberto Oliva
coro e orchestra Opera Young
trucco e acconciature  APTA Accademia Professionale di Trucco Artistico Società Umanitaria Milano
costumi di Artescenica di Reggio Emilia
luci Marco Meola
assistente alla regia Arianna Aragno

PER INFORMAZIONI:
www.adads.it
www.mtmteatro.it

BIGLIETTERIA
Teatro Litta –  Corso Magenta 24, Milano
02 86454545
biglietteria@mtmteatro.it

PREZZI
biglietto intero: 25 euro
biglietto ridotto (over 60, under 25): 20 euro

ORARIO SPETTACOLO: domenica 11 dicembre ore 16.30




Prima delle prime: alla Scala si parla di Madama Butterfly

Mancano ormai pochi giorni all’attesissima prima di “Madama Butterfly” al Teatro alla Scala di Milano. L’opera viene proposta nella sua prima versione, quella che nel 1904 debuttò alla Scala e, nonostante un cast di rilievo e la cura dell’allestimento, fu un flop colossale. Riccardo Chailly, con l’ausilio di Gabriele Dotto, ha compiuto un attento lavoro per ripristinare l’orchestrazione del primo manoscritto, proseguendo così nel percorso di rilettura critica delle opere pucciniane, per dare “una possibilità in più di ascolto, confronto e conoscenza” dell’opera che procurò il più grande dolore artistico a Puccini.

Domani, venerdì 2 dicembre, alle ore 18, nel Ridotto dei palchi “A. Toscanini” del Teatro alla Scala, Enrico Girardi, docente di Storia della musica all’Università Cattolica di Milano e critico musicale del “Corriere della sera”, parla di Madama Butterfly, nell’incontro “Quale Butterfly” con ascolti e video.

Grande dolore in piccole anime”: questo è quanto Puccini cercava per le sue opere. Lo suggerisce una sua lettera a Gabriele D’AnnunzioOra sai quello che mi ci vuole: amore–dolore. Grande dolore in piccole anime”. Chissà cosa rispose il poeta. Comunque Puccini aveva già raccontato le dolenti vicende di Mimì e Manon quando in un teatro londinese scopriva nel luglio 1900 un’altra piccola “anima”, assistendo a Madama Butterfly, una tragedia di David Belasco. Poco dopo nel 1901, con la collaborazione per la stesura del libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, iniziava la composizione che solamente nel dicembre 1903 poteva dirsi completa in ogni sua parte. A dilatare i tempi della realizzazione aveva forse contribuito una ricerca minuziosa di documenti legati all’Oriente: la precisione ambientale era un’esigenza imprescindibile di Puccini. In questa fase, preziosi furono gli aiuti di una attrice giapponese, Sada Yacco, e dell’ambasciatrice nipponica, profonde conoscitrici di usi e costumi orientali.

Tuttavia Madama Butterfly nel 1904 non entusiasmò. Si ritiene che attorno all’opera fosse stato costruito ad arte un clima d’ostilità o che forse il pubblico fosse rimasto sorpreso di fronte a un’opera innovativa che guardava agli sviluppi più recenti del teatro musicale europeo. Puccini così scrisse a un amico: “Con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio… ma la mia Butterfly rimane qual è, l’opera più sentita e suggestiva che io abbia mai concepito”. L’insuccesso indusse autore ed editore a ritirare lo spartito per sottoporlo a una revisione con il risultato che la nuova versione di Madama Butterfly in tre atti fu accolta con entusiasmo al Teatro Grande di Brescia, appena tre mesi dopo, il 28 maggio. Tuttavia Puccini tornò continuamente sull’opera, “Non si decise mai per una versione in particolare ed è difficile individuare la sua ultima volontà”.

Ora tocca al pubblico milanese cancellare, dopo più di 100 anni, quell’antica ferita.

Primo appuntamento del ciclo

Prima delle prime
Stagione 2016/2017

Amici della Scala – Teatro alla Scala

Madama Butterfly
di Giacomo Puccini
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa

Teatro alla Scala – Ridotto dei palchi “A. Toscanini”
Venerdì 2 dicembre 2016 ore 18

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti




Arena di Verona: una settimana da non perdere

Ancora pochi giorni per potersi godere la magia dell’Arena di Verona: musica senza tempo su un palcoscenico dove la storia diventa leggenda.  Quest’anno L’Opera Festival, il 94°, si conclude il 28 agosto dopo una stagione di successi. Ma l’ultima settimana, questa, è un susseguirsi di fuochi di artificio: sul palcoscenico dell’Arena infatti si alterneranno le maggiori produzioni di questa stagione, Carmen, Aida, Il Trovatore e Turandot, dando a tutti, turisti, melomani o semplicemente appassionati la possibilità di prendere posto sulle gradinate e godersi lo spettacolo.

Difficile trovarsi a dover scegliere un solo spettacolo con una simile scelta. Potendo, ci si dovrebbe fermare a Verona l’intera settimana per poter andare ogni sera in Arena a vedere un’opera diversa. Se poi la scelta dovesse necessariamente restringersi, sarebbe comunque consigliabile concedersi almeno una due giorni. E, a questo punto, perché non celebrare il 94° Festival  con le due opere che hanno dato l’inizio a questa stagione, Carmen e Aida che, non a caso, sono riproposte a chiusura del Festival in Arena, il 27 e il 28 agosto. Si tratta delle due opere, almeno finora, più rappresentate in Arena nei primi 102 anni di storia (e 94 stagioni liriche): conosciute e amate dal vasto pubblico (non occorre essere esperti per conoscere e apprezzare libretti e musica) e particolarmente adatte grazie a imponenti scenografie e al vasto utilizzo di scene corali ad essere rappresentate sul palco dell’Arena.

In particolare carme beneficia del monumentale allestimento realizzato da Franco Zeffirelli per l’opera di Bizet che si sposa alla perfezione con i grandi spazi dell’Arena di Verona. Costumi  sontuosi, cambi di scena sorprendenti e un’ambientazione così ricca di dettagli che ricrea in maniera esemplare i vari ambienti nei quali si svolge l’opera (la piazza di Siviglia, la taverna di Lillas Pastia, l’accampamento dei contrabbandieri, la Plaza de Toros nel giorno della corrida), fanno rivivere in Arena la stessa Siviglia ottocentesca. Indimenticabile poi anche la coreografia flamenca di El Camborio ripresa da Lucia Real. Se poi tutto questo non bastasse, è la stessa storia vissuta da Carmen, così moderna, ad esercitare una forte attrazione nei confronti dello spettatore. Carmen infatti rappresenta la donna libera che rifugge ogni legame tradizionale per vivere appieno un’esistenza emancipata ricca di passioni. Carmen è fiera, indipendente, seduttrice, sprezzante delle convenzioni e dei sentimenti; sa di essere l’oggetto del desiderio degli uomini e ne manovra i sentimenti a suo piacimento. In un paese intriso di moralità cattolica (ben rappresentato dalla devota Micaela, tra i protagonisti della vicenda) Carmen è laica e ribelle e non teme di andare incontro alla morte con la convinzione che anche se si concede a chi dice di amare, realmente non sarà mai di nessuno.

Quanto a Aida il capolavoro verdiano è presentato nell’allestimento di Gianfranco de Bosio ideato nel 1982 – e replicato per 18 stagioni – che rievoca l’edizione storica del 1913 di Ettore Fagiuoli. Le coreografie portano la firma di Susanna Egri. Aida costituisce il titolo areniano per eccellenza; dal 1913 è stata proposta in 59 diverse edizioni per un totale di 650 recite. L’opera verdiana è n vero e proprio colossal: un successo senza tempo che, grazie all’alchimia tra la musica di Giuseppe Verdi, il libretto di Antonio Ghislanzoni e il grande palcoscenico all’aperto più grande al mondo, crea da oltre cento anni una magia senza tempo ricca di esoticità. Proprio ad Aida infatti è legata in maniera indissolubile la nascita del Festival Lirico che ha trasformato l’Arena di Verona nel teatro all’aperto più noto al mondo.

 




La grande opera è di scena all’Arena di Verona

Dal 24 giugno al 28 agosto 2016 riparte la grande lirica all’Arena di Verona. L’appuntamento estivo, tra i più attesi e amati dal pubblico e dai melomani, anche quest’anno punta su grandi titoli. Cinque, infatti, sono le opere in cartellone per il 94° Opera Festival, cinque titoli che commuovono, struggono e fanno sognare gli spettatori ogni volta che vanno in scena.

Si comincia il 24 giugno con un grande classico dell’Arena: Carmen di Georges Bizet, proposta nell’allestimento cinematografico di Franco Zeffirelli. Seguirà, poi, Aida di Giuseppe Verdi, altro titolo areniano per eccellenza, presentato nell’allestimento di Gianfranco de Bosio che rievoca l’edizione storica del 1913 di Ettore Fagiuoli. Il 2 luglio debutta La Traviata mentre il 23 luglio torna in scena Turandot di Giacomo Puccini nello spettacolare allestimento di Franco Zeffirelli. Chiude la stagione Il Trovatore di Verdi, nel monumentale allestmento firmato da Zeffirelli.

Il 18 luglio si conferma l’appuntamento con l’attesissimo evento Roberto Bolle and Friends dedicato alla danza. Lo spettacolo riaccende i riflettori del balletto in Arena in una magica serata in cui l’Étoile regalerà al pubblico grandi emozioni affiancato da partner d’eccezione provenienti dalle più grandi scuole internazionali.

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Arena di Verona: ancora poco e si alza il sipario

Lo spettacolo sta per iniziare. Fervono i preparativi per la 93ma edizione del Festival lirico 2015 all’Arena di Verona su cui si alzerà il sipario il prossimo 19 giugno per poi proseguire fino al 6 settembre con 54 serate di spettacolo.

In programma 6 titoli d’Opera – Nabucco, Aida, Tosca, Don Giovanni, Il Barbiere di Siviglia e Roméo et Juliette – 2 imperdibili Gala – Roberto Bolle and Friends e Carmen Gala Concert – e il grande ritorno di Carmina Burana.

Il Festival, nell’anno di Expo Milano 2015, propone i titoli lirici più amati ed agli allestimenti più spettacolari e applauditi degli ultimi anni di oltre un secolo di storia areniana. Inoltre, assistere a uno spettacolo all’Arena di Verona è anche l’occasione perfetta per andare alla scoperta di una delle città più belle d’Italia, Verona.

Alla Prima del 19 giugno l’Arena di Verona presenta Nabucco di Giuseppe Verdi nella messa in scena di Gianfranco de Bosio: un palcoscenico perfetto per un’opera che coinvolge complessi artistici numerosi e  imponenti scenografie. Segue un’altra opera verdiana: Aida, simbolo dell’Arena nonché titolo più rappresentato con un record di oltre seicento recite, in scena nel grandioso allestimento di Franco Zeffirelli. È poi la volta di Tosca di Giacomo Puccini, con una rappresentazione sontuosa curata da Hugo de Ana, seguita dal capolavoro di Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni, che vede ancora Franco Zeffirelli come regista e scenografo. Il palcoscenico del celebre anfiteatro veronese si trasformerà quindi nel giardino ideato da Hugo de Ana per Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, caratterizzato dalle gigantesche rose simbolo di AMO Arena Museo Opera, il Museo della Fondazione Arena di Verona. Infine, il teatro all’aperto più grande del mondo ospiterà un moderno teatro shakespeariano ispirato al londinese Globe, allestito per l’immancabile opera Roméo et Juliette di Charles Gounod, rappresentazione della storia d’amore più tormentata di sempre che ha reso Verona famosa in tutto il mondo.

Arricchiscono il cartellone 2015 tre serate speciali: il 22 luglio Roberto Bolle and Friends, l’appuntamento con la danza internazionale che vede l’étoile Roberto Bolle esibirsi assieme agli artisti provenienti dalle migliori compagnie mondiali; il 24 luglio Carmen Gala Concert, che rende omaggio al capolavoro di Georges Bizet a 140 anni dalla sua prima rappresentazione all’Opéra-Comique di Parigi nel 1875, e infine il 25 agosto i Carmina Burana di Carl Orff, pronti a replicare lo straordinario successo del debutto in Arena della passata stagione.

Per tutti coloro che assisteranno agli spettacoli areniani, si consiglia inoltre la visita di AMO Arena Museo Opera, il Museo della Fondazione Arena di Verona collocato nella splendida cornice di Palazzo Forti e dedicato alla creatività e all’eccellenza dell’opera lirica italiana, che ha come obiettivo quello di far conoscere la perfetta macchina creativa che sta alla base della nascita delle celebri opere rappresentate.

Oltre alle collezioni permanenti ed alle mostre temporanee, dal 22 maggio al 27 settembre 2015 AMO ospiterà l’imperdibile mostra Dario Fo dipinge Maria Callas, con oltre 70 opere in esposizione che il Premio Nobel italiano ha dedicato alla Divina dell’Opera.

Per informazioni www.arena.it




Turandot alla Scala per EXPO

Riccardo Chailly esordisce sul podio del Teatro alla Scala in veste di Direttore Principale dirigendo Turandot di Giacomo Puccini in occasione di Expo Milano 2015. Turandot inaugura la programmazione scaligera per Expo: sei mesi in cui il teatro sarà aperto per 122 serate d’opera, 62 di balletto e 90 concerti. Turandot sarà in scena a maggio: 1, 5, 8, 12, 15, 17, 20, 23.

Nina Stemme è Turandot, Aleksandrs Antonenko il principe Calaf, Maria Agresta Liù, Alexander Tsymbalyuk Timur. Il finale scelto per l’opera incompiuta di Puccini è quello di Luciano Berio, che viene eseguito per la prima volta in forma scenica alla Scala. Berio lo compose nel 2001 riprendendo per la prima volta 23 dei complessivi 30 schizzi lasciati da Puccini; la prima assoluta fu diretta da Riccardo Chailly nel 2002 al Festival delle Canarie.

 L’opera
I dubbi di Puccini e il finale di Alfano per l’opera degli enigmi
Giacomo Puccini muore a Bruxelles il 29 novembre 1924, lasciando incompiuta la sua ultima opera, Turandot, segnata da uno sforzo di rinnovamento stilistico che pone l’autore accanto ai principali compositori europei del suo tempo. Nel dicembre 1923, la partitura sembra quasi finita: compiuta la scena tragica della morte di Liù, manca solo il duetto finale in cui la principessa si abbandona finalmente all’amore. Ma il passaggio dal lutto per Liù allo “sgelamento” della principessa, all’ardore amoroso di Calaf e a un rapido lieto fine si rivela uno scoglio estremamente arduo dal punto di vista drammaturgico e musicale. Puccini, colpito da un tumore alla gola, continua a scrivere producendo 23 fogli che contengono 30 frammenti musicali. Ci lavora fino all’ultimo, portandoli con sé anche a Bruxelles dove si reca per un ultimo consulto medico.

Dopo la morte del Maestro, l’editore Ricordi decide, su pressione di Arturo Toscanini, di affidare il completamento dell’opera sulla base delle bozze disponibili a Franco Alfano, già autore dell’opera di ambientazione orientale Sakuntala. Toscanini tuttavia non è per nulla soddisfatto della prima versione del finale propostagli da Alfano in cui sono ripresi, insieme a diversi temi degli atti precedenti, solo 3 dei frammenti di Puccini e gli impone di scriverne una seconda, più stringata, in cui i frammenti pucciniani diventano 4. La prima rappresentazione di Turandot ha luogo al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926. Dirige Arturo Toscanini che, dopo la morte di Liù, depone la bacchetta e rivolge al pubblico la frase “Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”. Da allora il secondo finale di Alfano è rimasto in repertorio, ma senza convincere del tutto per i limiti di scrittura dovuti anche alla rapidità di realizzazione, ma soprattutto perché il tono trionfale della nuova conclusione contrasta con le parole vergate dal compositore negli schizzi: “e poi Tristano”.

Il Tristano e Isotta di Wagner, costantemente presente in una partitura che appartiene a un orizzonte stilistico nuovo rispetto alla produzione precedente di Puccini, si conclude in pianissimo, con un’estasi amorosa che è anche estasi di morte: tutto il contrario del coro trionfante cui Alfano fa cantare le parole (assenti dal libretto originale) “ride e canta l’infinita nostra felicità”. Un’indicazione preziosa sulle intenzioni di Puccini viene dal critico musicale Leonardo Pinzauti che in una lettera a Luciano Berio riporta la testimonianza di Salvatore Orlando, proveniente da una famiglia di armatori livornesi amici del compositore. Il giovane Orlando frequentava la villa di Puccini a Torre del Lago e ricorda che nel 1923 il Maestro gli fece ascoltare l’ultima scena al pianoforte spiegandogli che si trattava di un finale “come quello di Tristano”. Le ultime battute erano pianissimo.

Il finale di Luciano Berio

Nel 2000 il Festival delle Canarie commissiona un nuovo completamento dell’opera a Luciano Berio. Berio si dedica innanzitutto allo studio dei frammenti originali e opera una serie di tagli al libretto eliminando molti dei passaggi per cui non esistono idee musicali di Puccini. A differenza di Alfano, Berio si ripropone di utilizzare il più possibile gli schizzi, inclusi quelli strumentali in cui Puccini sembra discostarsi in modo radicale dal suo stile precedente, e ne inserisce 23 su 30 (delle complessive 307 battute del finale 133 sono di mano di Puccini, 174 di mano di Berio) combinandoli con una serie di rimandi a temi già presenti nel resto dell’opera, a cominciare dal “Nessun dorma” utilizzato anche da Alfano. Si accentua così nel finale il pluralismo di stili che è caratteristica dell’intera opera e ne fa un punto di svolta rispetto alla precedente produzione pucciniana.

Per il punto culminante, lo “sgelamento”, Berio si rifà alle indicazioni di Puccini: “Nel duetto si può arrivare a un pathos grande. E per giungere a questo io dico che Calaf deve baciare Turandot e mostrare il suo amore alla fredda donna. Dopo baciata con un bacio che dura qualche secondo (…) le dice il suo nome sulla bocca” (lettera a Adami, novembre 1921). Si rende necessario un momento di “intimità amorosa” abbastanza prolungato da rendere drammaticamente credibile il cedimento della principessa: Berio lo realizza con un interludio strumentale apertamente debitore del cromatismo di Wagner, cui già aveva fatto riferimento Puccini prima dell’aria di Liù (è interessante osservare come anche Alfano nella prima versione del suo finale avesse proposto un interludio in questo punto). L’accordo del Tristano ricorre in diversi momenti dell’opera, a cominciare delle prime note del I atto, gettando un’ombra di ambiguità e di morte sulla vicenda amorosa.

Nel finale di Berio il lutto per la morte di Liù non è dimenticato e termina in pianissimo su un’atmosfera di sospensione e incertezza: “si conclude con una domanda – dichiarava Berio – e il pubblico si ritrova a chiedersi che cosa ha visto e come sia possibile completare in qualche modo la soluzione dell’enigma che è Turandot”. Il risultato è una pagina in cui Berio non finge di essere Puccini ma restituisce all’ascoltatore quasi tutta la musica effettivamente scritta dal compositore, le sue intenzioni estetiche e drammaturgiche e anche la problematicità di un’opera che, terminata nel 1924, riflette a pieno titolo le tensioni e le aperture del ‘900 musicale.

Lo spettacolo

Il finale di Berio vede la luce in forma di concerto il 25 gennaio 2002 al Festival de Gran Canaria, con il Concertgebouw diretto da Riccardo Chailly. Il 1° giugno il nuovo finale viene presentato in forma scenica alla Nederlandse Opera, sempre con Chailly e il Concertgebouw e la regia di Nikolaus Lehnhoff. Luciano Berio è presente, segue le prove: insieme a lui Lehnhoff decide di lasciare in scena il corpo di Liù durante il duetto dello “sgelamento”, come un’ombra luttuosa che si stende sull’estasi degli amanti. L’allestimento di Lehnhoff resta quello preferito da Berio, che sarebbe scomparso nel maggio 2003, e giunge ora alla Scala in una nuova produzione ripensata dal regista.

Nella parte di Turandot torna alla Scala il soprano svedese Nina Stemme, una delle grandi voci wagneriane del nostro tempo che ha già affrontato diversi ruoli pucciniani, incluso questo a Stoccolma nel 2013. Nina Stemme è stata ascoltata al Piermarini in un recital e nel Gala per Plácido Domingo diretto da Daniel Barenboim nel 2009 e, sempre con Barenboim, come Brünnhilde in Die Walküre il 7 dicembre 2010 e in Siegfried nel 2012 oltre che nel Fidelio in forma di concerto diretto da Franz Welser- Möst nel 2010.

Il principe Calaf è Aleksandrs Antonenko, tenore lettone affermatosi in ruoli come Otello, che ha cantato con Riccardo Muti al Festival di Salisburgo nel 2008 e a Chicago nel 2013, Samson, Radamès e Dick Johnson. Alla Scala è stato Cavaradossi in Tosca nel 2011 con Omer Meir Wellber e nel 2012 con Nicola Luisotti, e Ismaele in Nabucco ancora con Luisotti nel 2013. Maria Agresta canta la parte di Liù. Il suo debutto nella sala del Piermarini avviene nelle vesti di Elvira nel Don Giovanni diretto da Barenboim nel 2011: seguono La bohème con Daniele Rustioni nel 2012, Requiem di Verdi a Berlino con Barenboim e Oberto conte di San Bonifacio con Frizza nel 2013 e Il trovatore con Daniele Rustioni nel 2014.

 




Maggio al Teatro Filarmonico di Verona

Trascorrere un fine settimana a Verona è sempre un’ottima idea. Tanto più che il Teatro Filarmonico offre una programmazione particolarmente interessante
Il mese si apre con un doppio appuntamento sinfonico al Teatro Filarmonico di Verona.

Sabato 2 maggio alle ore 20.30, in replica domenica 3 maggio alle 17.00, l’esperta bacchetta del M° Claudio Scimone guida l’Orchestra e il Coro areniani in Zadok di Georg Friedrich Händel, in Meerestille und Gluckliche Fahrt op. 112 di Beethoven e nella Messa di Gloria di Pietro Mascagni, che vede impegnate le voci soliste del tenore Cataldo Caputo e del baritono Davit Babayants, insieme al Coro di Voci bianche A.Li.Ve.

Subito il weekend successivo, sabato 9 maggio alle ore 20.30 e domenica 10 maggio alle 17.00, il direttore Marcus Bosch presenta il Concerto per violino e orchestra op. 47 in re minore di Sibelius, che vede il ritorno di Anna Tifu allo strumento solista sul palco del Filarmonico, seguito dalla Sinfonia n. 2 op. 73 in re maggiore di Brahms.

Giovedì 14 maggio alle ore 20.30 un imperdibile Gran Gala di Danza conclude il cartellone di Balletto 2014-2015. Lo spettacolo mette a confronto le tre Scuole che hanno fatto la storia della danza e del metodo accademico: Francia, Italia e Russia. Protagonisti giovani talenti provenienti da importanti compagnie russe, italiane e francesi: Ernest Latypov e Nadezda Batoeva dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, Marco Agostino e Nicoletta Manni dal Teatro alla Scala di Milano ed Alexandre Van Hoorde con Stephanie Madec-van Hoorde dall’Operá National du Rhin di Strasburgo, che si alterneranno ai Primi ballerini, ai Solisti e al Corpo di ballo dell’Arena di Verona in un programma di capolavori della tradizione tersicorea internazionale. Accompagna i danzatori l’Orchestra areniana condotta da Roman Brogli-Sacher. Repliche: venerdì 15 maggio alle ore 20.30, sabato 16 maggio alle ore 15.30 e domenica 17 maggio alle ore 15.30. Anche per questo spettacolo di balletto si rinnova l’offerta rivolta a tutti gli iscritti alle Scuole di Danza: posto in platea a soli € 15, in 1^ Galleria a € 12,50 e in 2^ Galleria a € 10.  La promozione è valida per tutte le date, fino ad esaurimento posti.

Martedì 19 maggio alle ore 20.30 si conclude anche la Stagione Sinfonica 2014-2015 al Teatro Filarmonico con il tradizionale Concerto dei Giovani Solisti, in collaborazione con il Conservatorio di Verona “E. F. Dall’Abaco”. L’Orchestra dell’Arena di Verona diretta dal M° Victor Hugo Toro accompagnerà Nicolò Micheletti alle percussioni nel Concerto “pour batterie et petit orchestre” op. 109 di Darius Milhaud, Alexandra Stradella al pianoforte nel Concerto n. 2 op. 102 di Dmitri Šostakovič e Diego Viscardi al basso tuba nel Tuba Concerto di Edward Gregson. Il prezzo del biglietto per il posto unico numerato è di € 10,00. Ridotto speciale a € 3,00 per gli studenti e i docenti del Conservatorio “E. F. Dall’Abaco” e per gli abbonati alla Stagione Artistica 2014-2015 di Fondazione Arena.

Infine, a maggio la proposta formativa Arena Young presenta il culmine del progetto Opera Aperta AIDA, giunto alla sua terza annualità, con l’allestimento al Teatro Filarmonico dell’opera verdiana regina dell’Arena di Verona come spettacolo scolastico aperto alla città. Aida viene quindi portata in scena venerdì 22 e sabato 23 maggio in prova generale alle ore 11.00 e come spettacolo alle ore 19.00 dai bambini di 20 Istituti Comprensivi di Verona, diretti dal M° Elisabetta Garilli e guidati dal team “Disegnare Musica, Musica d’insieme per crescere”. Per informazioni: Tel. 045 8051933 – scuola@arenadiverona.it




Aida, con il nuovo allestimento la Scala torna a Verdi

Il nuovo allestimento di Aida di Giuseppe Verdi, che sarà in scena dal 15 febbraio, unisce al Teatro alla Scala di Milano, due protagonisti assoluti della musica e del teatro del nostro tempo, il direttore Zubin Mehta e per la regia Peter Stein. Il nuovo allestimento dell’Aida si caratterizza, per esplicita volontà di Stein, da un ritorno a Verdi.“Il primo pensiero di un regista è fare tutto secondo le intenzioni di Giuseppe Verdi: ma poi nessuno lo fa…” sostiene in merito Peter Stein che, con la sua Aida, vuole tornare di fatto alle origini dell’opera stessa.

Il cast vede in scena Kirstin Lewis, che aveva debuttato alla Scala il 6 marzo 2014 come Leonora in Trovatore. Accanto a lei Fabio Sartori, recentemente applaudito nel Simon Boccanegra come Gabriele Adorno. Amneris è Anita Rachvelishvili che da allieva dell’Accademia di Arti e Mestieri del Teatro alla Scala è stata scelta da Daniel Barenboim come protagonista della Carmen di apertura della stagione 2009/2010 . Il ruolo di Amonasro è affidato a George Gagnidze – già affermatosi nei maggiori teatri internazionali oltre che a Milano (Traviata, Rigoletto, Tosca) – e a Ambrogio Maestri, baritono verdiano di casa alla Scala.
L’approccio a Aida di Peter Stein è avvenuto innanzitutto attraverso lo studio della partitura e dei documenti relativi alla prima edizione scaligera, curata da Verdi stesso nel febbraio 1872, poche settimane dopo la prima assoluta avvenuta al Cairo nel dicembre 1871. La partitura di Aida, stesa da Verdi con cameristica cura, reca per la maggior parte l’indicazione “piano”, né mancano insistiti “pppp”. E la vicenda narrata è una storia di amori impossibili sui cui grava dal principio l’ombra della morte. Insomma tutto il contrario del kolossal verso il quale l’immensità delle rovine egizie hanno spinto gli autori di tante produzioni. Proprio dalla partitura muove la lettura di Stein: movimenti scenici in corrispondenza delle indicazioni dinamiche, rispetto della dimensione cameristica e dello scavo psicologico. “Verdi chiamava attori i suoi cantanti” ricorda Stein: lavorare sulla partitura significa allora anche approfondire la grandezza di Verdi come uomo di teatro. Nella scena del trionfo la banda sarà in scena, come da indicazione del compositore, e le “sei trombe diritte” (per la prima Verdi se le fece costruire appositamente da una fabbrica di Milano) sfileranno in corteo come strumenti di un drappello militare invece di essere relegate negli angoli in veste di araldi. Ma il lavoro di Stein si concentra soprattutto sui rapporti tra i personaggi. In una scena essenziale, in cui troveranno posto solo oggetti destinati a essere utilizzati, i cantanti-attori e la loro interazione anche fisica saranno protagonisti assoluti. “Purificare, ridurre al necessario, questo è il mio stile” sottolinea Stein. L’orientalismo che innerva la partitura è presente in scena ma, come nella musica, occupa una posizione secondaria rispetto al dramma umano e universale dei protagonisti, perché proprio lo spessore dei personaggi fa emergere Aida al di sopra dell’immensa produzione operistica riconducibile all’esotismo musicale.

Lo spettacolo, che riprende una produzione del Teatro Stanislavskij di Mosca, è stato completamente ricreato nei magazzini del Teatro alla Scala all’Ansaldo. Due scene sono interamente di nuova concezione.

QUANDO E QUANTO

domenica 15 febbraio 2015 ore 20 ~ prima rappresentazione
mercoledì 18 febbraio 2015 ore 20 ~ turno A
sabato 21 febbraio 2015 ore 20 ~ turno B
martedì 24 febbraio 2015 ore 20 ~ turno C
domenica 1 marzo 2015 ore 11 ~ fuori abbonamento
mercoledì 11 marzo 2015 ore 20 ~ turno E
domenica 15 marzo 2015 ore 17 ~ turno D

Prezzi: da 250 a 15 euro

Infotel: 02 72 00 37 44