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I profumi che hanno fatto la storia: Eau d’Hermès

di Claudia Marchini

Nella puntata dedicata agli anni ’20 abbiamo parlato della ventata di energia, di ottimismo, della voglia di felicità e allegria che si percepiva dopo gli anni bui della guerra. E così furono gli anni’ 50: più che mai si sente la voglia di cambiamento, anche favorito dal benessere della ricostruzione. Con la liberazione, gli americani portano in Europa il chewing gum e i blue jeans, il rock ‘n’ roll e le t-shirt. 

Le donne, costrette durante la guerra a lavorare nelle fabbriche belliche, scoprono l’indipendenza economica. 

Nasce il prêt-à-porter, e anche le fragranze diventano più accessibili, e più leggere e vivaci. 

In questi anni, nascono anche le eau de toilette maschili con lavanda e vetiver che sottolineano una eleganza discreta, anche se il profumo maschile resta ancora legato al rito della rasatura.

È del 1951 l’uscita di Eau d’Hermès, che il celeberrimo naso Jean-Claude Ellena ha definito come una vera e propria opera d’arte olfattiva. L’Eau d’Hermès è un’acqua aromatica, costruita interamente attorno ai sentori di cuoio. Più di tutte le altre fragranze, questa celebra il savoir faire artigianale di Hermès nella lavorazione della pelle, ed è forse una delle prime fragranze che possiamo definire unisex. 

Quella di Hermès è una storia tutt’altro che convenzionale. Infatti, non è sempre stata una maison di moda come la conosciamo oggi: in origine, e per molti anni dopo la sua fondazione, l’azienda non aveva nulla a che fare con il lusso e realizzava equipaggiamento da equitazione.

Thierry Hermès inizia la sua carriera da un piccolo artigiano a Pont-Audemer, in Normandia. Nel 1837 si trasferisce a Parigi per avviare la propria azienda specializzata nella produzione di bardature, selle e altre attrezzature per l’equitazione.

Nella seconda metà del XIX secolo l’azienda viene rilevata da Emile-Maurice Hermès, nipote di Thierry, che amplia il repertorio del marchio e crea il primo prodotto paragonabile a una borsa: un contenitore per portare attrezzature come stivali o selle, così apprezzato dai clienti da essere usato anche come valigia. Sebbene il marchio e la sua produzione oggi siano molto più ricchi rispetto al 1837, Emile-Maurice è ancora considerato il cervello e l’anima della maison poiché si è sempre evoluto in stretta simbiosi con lo sviluppo sociale: ad esempio, quando l’auto ha iniziato a diffondersi tra la popolazione, Hermès ha immediatamente esplorato le nuove possibilità offerte dal bagagliaio.

La sua attività rimane senza logo fino al 1919, quando due nipoti di Thierry introducono il semplice logotipo Hermès Frères (“fratelli Hermès”) composto con un carattere handwrite, scelta coerente agli standard dell’epoca

Il marchio rimane invariato fino agli inizi degli anni ’50, quando viene lanciato l’iconico simbolo della carrozza nobiliare trainata da un cavallo. Il simbolo è direttamente ispirato al dipinto “Le Duc Attele, Groom a L’Attente” (“carrozza agganciata, sposo in attesa”) di Alfred de Dreux. Il 1951 in casa Hermès è infatti un anno rivoluzionario: con la morte di Emile-Maurice si chiude l’era degli Hermès Frères. Per la prima volta in oltre cento anni, l’azienda usciva dalla linea di sangue sotto la direzione del genero di Emile, Robert Dumas. Egli volle subito rimarcare la continuità con l’eredità del passato battezzando il passaggio del testimone con un profumo dedicato a Emile stesso e che rappresentasse l’eleganza Hermès. Edmond Roudnitska, (che abbiamo conosciuto la scorsa puntata con Diorissimo) recepì questo spirito creando un profumo che emanasse classe e tradizione, ma reinventato per guardare al futuro. 

Eau d’Hermès venne inizialmente creata per i clienti di 24, Rue du Faubourg Saint-Honoré e solo successivamente per tutti quanti ne facessero ordinazione alla boutique di Parigi. Veniva presentata in un flacone di cristallo ispirato alle vecchie lanterne da calesse e prodotto delle manifatture Saint Louis ornato da un fiocco di cuoio.

Le sensazioni offerte dalla profumazione sono infinitamente ricche di sfumature. La piramide olfattiva si apre tutta in freschezza, con lavanda, bergamotto, olio essenziale di petit grain, limone e salvia. L’incipit aromatico sfuma su un cuore di spezie: cumino, coriandolo, cannella, cardamomo regalano alla pelle una sensualità coinvolgente. Il fondo della piramide olfattiva si fa caldo, intenso e aromatico. Le note carezzevoli della vaniglia incontrano quelle balsamiche del legno di sandalo e del legno di cedro. La fava tonka apporta alla composizione una cremosa morbidezza. 

Simbolo di raffinatezza estrema, la fragranza è oggi racchiusa nel classico flacone a forma di parallelepipedo, dagli angoli stondati e con il tappo a forma di bombetta.




I profumi che hanno fatto la storia: DIORISSIMO e quel fiore il cui profumo non può essere catturato

di Claudia Marchini

Quando ho iniziato ad interessarmi in maniera più rigorosa e attenta ai profumi e all’arte di crearli, non sapevo che non da tutti i fiori si possono estrarre gli oli essenziali necessari a produrre l’essenza del fiore stesso. Uno di questi fiori è il mughetto, il fiore portafortuna di Christian Dior, che lo stilista amava particolarmente per la sua freschezza effimera, la delicatezza e semplicità, tanto che ne portava sempre in tasca qualche ramoscello. Ogni anno il primo maggio i suoi artigiani e le sue clienti più affezionate ne ricevevano un bouquet, e gli dedicò persino una straordinaria collezione Haute Couture nel 1954. Lo indossava spesso all’occhiello del bavero e scaramanticamente ne cuciva un rametto negli orli degli abiti prima della sfilata. E al suo fioraio di fiducia chiese di trovare il modo di recapitargli mughetti freschi tutto l’anno. 

Diorissimo è dunque il profumo che contiene lo spirito di questo fiore così amato dal grande stilista. E’ IL MUGHETTO per eccellenza. La sua nascita risale agli anni ‘50, precisamente fu lanciato nel 1956.

Nel 1953 il già famosissimo profumiere Edmond Roudnitska era stanco della soavità e della dolcezza dei profumi di moda all’epoca, e decise di realizzare una nuova fragranza più “fresca e trasparente”. La sua intenzione era quella di ricreare il profumo del mughetto, tuttavia a differenza di quanto accadeva con le rose o i gelsomini, l’essenza del fiore di mughetto non poteva essere estratta, perché i suoi petali sono troppo fragili. Dopo due anni di tentativi, nel 1955 Roudnitska aggirò il problema creando una ricostruzione quasi perfetta del profumo del fiore utilizzando molecole di altri fiori (tra cui rosa e gelsomino).

Proprio in quel periodo Roudnitska e Christian Dior si erano conosciuti ed avevano pensato ad una collaborazione, che si concretizzò nella nascita di Diorissimo Per la campagna pubblicitaria di Diorissimo, si ricorse ad una illustrazione di René Gruau, illustratore e amico del couturier: una donna, di spalle, con in mano un mazzo di mughetti. 

Il nome stesso fa riferimento ad un’altra passione del couturier, quella per la musica, ed evoca le sfumature musicali mezzo piano, pianissimo, fortissimo dei grandi compositori da lui amati. 

Il profumo fu inizialmente lanciato in una edizione limitata con flacone dorato di cristallo sfaccettato, impreziosito da un motivo floreale, e con tappo a forma di bouquet di fiori in bronzo dorato. Il flacone era stato disegnato dallo stesso Christian Dior e realizzato dalle Cristalleries de Baccarat e si ispirava ai candelabri dorati della camera da letto di Marie-Antoinette a Versailles. La bottiglia classica è disegnata invece da Fernand Guéry-Colas, che aveva già disegnato la bottiglia di Miss Dior. 

Diorissimo ebbe subito successo, e la sua leggerezza segnò un’evoluzione nel campo della profumeria. Luminoso come un mattino di primavera, fresco e gioioso, delicato ma al contempo persistente. Ogni donna desiderava essere immersa in quella primavera perpetua, in una nuvola di effluvi freschi e rinfrescanti ma che in fondo nascondono anche una certa carnalità e sensualità (dovuta alla nota di fondo del gelsomino). Non è un caso forse che il 1956 è l’anno che consacrò come sex symbol internazionale Brigitte Bardot, con quella sua bellezza così giovane e spontanea, e al contempo sensuale e sfacciata. 

Tra le più note estimatrici di questa iconica fragranza, come non ricordare un’altra icona: Lady Diana. 

Il couturier morì alla fine del 1957: Diorissimo fu l’ultimo profumo commercializzato durante la sua vita.

(bottiglia attuale)

E a proposito di mughetto, sapete che il 1° maggio in Francia è anche la festa del mughetto? In questo giorno infatti per le strade delle città e paesi francesi si trovano tantissimi venditori ambulanti e fiorai che vendono questo fiore. Il 1° maggio in Francia è l’unico giorno dell’anno in cui ci si può improvvisare venditori di mughetto: l’importante è stare a 50 metri da un fioraio!

La festa del mughetto trae le sue origini nel 1561 grazie a Carlo IX che, avendo ricevuto un mazzolino di mughetto come portafortuna, decise di offrirne uno ad ogni dama di corte. Nei primi del Novecento il 1° maggio in Francia fecero la stessa cosa gli stilisti che regalarono un mazzetto di mughetto a tutte le loro operaie. Ma è solo nel 1976 che la festa del mughetto sarà associata a quella del lavoro e il mughetto rimpiazzerà la rosa nell’occhiello dei manifestanti.




I profumi che hanno fatto la storia: il dopoguerra

di Claudia Marchini

Nella scorsa puntata abbiamo parlato di Joy, la fragranza creata da Jean Patou nel 1929 come antidoto all’atmosfera di preoccupazione che si era creata a causa della crisi economica. La prima fragranza di cui parliamo oggi vide la luce nel 1946 per celebrare la fine della seconda guerra mondiale: si tratta di Le Roy Soleil della stilista Elsa Schiaparelli.

La particolarità di questa fragranza sta nella bottiglia, che fu disegnata nientemeno che dal grande Salvador Dalì e realizzata dalle cristallerie Baccarat in soli 2000 esemplari.

La bottiglia è stata pensata come un omaggio a re Luigi XIV e veniva presentata in un grande guscio di metallo. Il tappo rappresenta un sole e sormonta una roccia battuta dalle onde. Gli uccelli in volo, disegnati all’interno del disco solare, creano una prospettiva aggiuntiva e formano un viso trompe-l’oeil. Il nome Roy Soleil è stato scelto anche perché faceva eco a Place Vendôme, sede della Maison Schiaparelli, perché prima della Rivoluzione francese si chiamava Place Louis le Grand (e infatti una statua del monarca occupava in precedenza il posto dell’attuale Colonna Vendôme).

E a proposito di star e personaggi famosi che hanno apprezzato la fragranza, non possiamo non citare la famosa Wallis Simpson, nota al mondo per essere stata il motivo della rinuncia al trono da parte di Edoardo VIII. Come sappiamo, il fratello gli subentrò con il nome di Giorgio VI, lasciando a sua volta il trono a sua figlia Elizabeth, che a 96 anni ancora regna saldamente sul Regno Unito. Ma questa è un’altra storia…

Dicevamo: la Duchessa di Windsor, alla quale Elsa Schiaparelli aveva offerto un flacone del profumo, le scrisse: “Cara Madame Schiaparelli, è il flacone più bello mai realizzato, e il Roy Soleil è un gentiluomo molto persistene e dolce… Ha soppiantato la fotografia del Duca sulla coiffeuse!”.

Data la tiratura estremamente limitata, e l’enorme successo della fragranza che – nonostante fosse molto costosa andò letteralmente a ruba – vi sono ormai pochi esemplari dell’epoca che hanno ancora il jus al suo interno. Questo profumo veniva descritto come dolce, devastante, super-longevo, lussuoso, regale, ma purtroppo non è arrivato fino ai giorni nostri. Dobbiamo quindi limitarci ad immaginarla e se vogliamo vedere dal vivo uno dei flaconi originali possiamo visitare il Museo del profumo di Milano, che ne possiede un esemplare. Il Direttore del Museo, Giorgio Dalla Villa, ci ha spiegato che è molto difficile trovare un pezzo con ancora tutti i raggi del sole intatti: il flacone è infatti pesante e i raggi sono delicati, perciò in alcuni punti sono spezzati. (per info e prenotazione visite guidate: https://museodelprofumo.it, museodelprofumo@virgilio .it).

Ma altri profumi famosi sono stati creati nella seconda metà dagli anni Quaranta, proprio per celebrare la pace e il ritrovato ottimismo. Ormai i couturier sono entrati prepotentemente nel mondo della profumeria e impongono fragranze di carattere, per farsi notare. Parliamo per esempio di Miss Dior e Vent Vert (Balmain), creati nel 1947 e di Bandit e Fracas di Robert Piguet, usciti rispettivamente nel 1944 e 1948.

Il profumo Miss Dior fu introdotto sul mercato per il Natale del 1947, lo stesso anno del lancio della prima collezione firmata da Christian Dior, ed è stato creato da Paul Vacher.

La fragranza, imbottigliata in prestigioso vetro di Baccarat, reca il nome della sorella Catherine Dior. Il profumo è un tripudio di note floreali, di agrumi e patchouli  con un sottofondo cipriato. La storia racconta che fu una segretaria dello stilista a dare lo spunto per la scelta del nome. Catherine era infatti irrintracciabile da alcuni giorni e attesa ad una riunione. Al vederla, la donna esclamò: “Oh, Miss Dior“, che venne quindi scelto come nome per la nuova fragranza!

Miss Dior arriva in profumeria accompagnata dal lancio della collezione “Corolle”, che consacra il mito del New Look. Il profumo viene vaporizzato nelle sale dell’edificio durante il défilé: una pubblicità che diede benefici al suo lancio nelle boutique.

Per Monsieur, che si auto definì “couturier-parfumeur“, il profumo doveva essere un “chypre d’eccezione sinonimo di amore ed eleganza assoluta“.

Gli altri 3 profumi di cui vi vogliamo parlare sono tutti opera di Germaine Cellier, primo “naso” donna della storia del profumo, soprannominata “enfant terrible”. In un mondo essenziero all’epoca dominato dagli uomini Lady Germaine appare come una figura di rottura, una fresca ventata di aria nuova. Dopo un’infanzia a Bordeaux e gli studi parigini Cellier lavora in realtà importanti come Roure Bertrand e Colgate-Palmolive prima di avvicinarsi all’incontro che le cambierà la vita con il grande artista Robert Piguet, stilista di Paul Poiret, uno dei primi e fervidi sostenitori della necessità del binomio moda-profumeria.

Nel 1944 vede la luce Bandit di Robert Piguet, che rappresentava un’idea di donna completamente nuova, dirompente e che rispecchiava un momento in cui le cose stavano davvero cambiando per l’autodeterminazione femminile.

Bandit rompe tutti i canoni ed è infatti considerato il primo profumo chypre-cuoiato della storia. Nell’apertura, accanto alle note agrumate e aldeidate, compare subito prepotentemente la sferzata verde del galbano. Gelsomino e patchouli donano al profumo un tocco esotico mentre il cuoio e il muschio di quercia creano una scia tenebrosa. Un profumo per donne moderne pronte ad affrontare le grandi battaglie sociali dell’epoca.

Era una nuova era, a cui nessuno era preparato, e questo si rifletteva anche nella sfilata stessa in cui venne presentato Bandit, dove le modelle, vestite da malvagi banditi con maschere nere, sfilavano tenendo in mano coltelli, brandendo revolver giocattolo e – si dice – persino rompendo bottiglie di profumo in passerella. Proviamo ad immaginare lo stupore e lo scandalo che deve aver provocato all’epoca!

Pierre Balmain intraprende gli studi di architettura a Parigi ma li abbandona molto presto per seguire la sua passione per la moda. Dopo la sua prima collezione, di gran successo, chiede a Germaine Cellier di creare una fragranza che rappresentasse “l’aria di libertà e cambiamento del dopo guerra”, che non somigliasse ai classici profumi fioriti di moda all’epoca, un bouquet di sentori sani e vivificanti della campagna. Nacque così Vent Vert.

Vent Vert è considerato il primo profumo “Floreale – Verde” della storia della profumeria e vide la luce nel 1947. L’elemento rivoluzionario nella composizione della Cellier era il galbano, una resina gommosa dall’odore molto caratteristico che aveva già sperimentato con Bandit e che qui viene utilizzata in vera e propria overdose.

E’ invece del 1948 il secondo profumo creato da Cellier per Piguet: Fracas

Il lancio di questa fragranza è legato alla scandalosa collezione che Robert Piguet presenta nel 1948, suscitando scalpore per le sue idee audaci e sexy. Germaine Cellier vuole creare una fragranza che faccia sentire chi la indossa un vero “schianto”, immaginando una donna enigmatica che lascia una scia ammaliante di tuberosa. Note di testa di fiore d’arancio con un cuore misterioso di tuberosa, gelsomino e gardenia miscelati alla ricchezza del sandalo e alla delicatezza del muschio: Fracas è a ragione considerato LA fragranza di riferimento per chi ama la tuberosa. 

La sua formula seducente e cremosa si fonde alla pelle della donna che lo indossa e la riscalda con la sua sorprendente alchimia. A differenza di tante fragranze tradizionali a base di fiori bianchi, Fracas è misterioso e sensuale: non per nulla, è uno dei profumi preferiti (se non il preferito) della star Madonna (che ha raccontato fosse anche il profumo di sua madre .

Ma non solo Madonna. Tra le star che hanno amato e continuano ad amare questo capolavoro ricordiamo Kim Basinger, Marlene Dietrich, Ava Gardner ( che pare lo abbia lanciato in viso a Frank Sinatra). Insomma, una fragranza imperdibile per non ama passare inosservata!

 




I profumi che hanno fatto la storia: I RUGGENTI ANNI ‘20

di Claudia Marchini

Nelle scorse puntate abbiamo già parlato di due profumi iconici creati proprio in questo decennio: Chanel N°5 e Shalimar. Questa epoca, caratterizzata da un fenomeno di grande espansione industriale poi rifluito nei disastri della grande depressione del 1929 e del proibizionismo, ha creato mode e determinato tendenze, praticamente in ogni aspetto del costume e dell’arte del tempo. E la profumeria non fa ovviamente eccezione.

Dopo la fine della prima guerra mondiale la pace ritrovata inaugura una corsa sfrenata alla novità, al divertimento (a ritmo di Charleston) e allo sfarzo. I profumi anni ‘20 diventano beni di lusso. Abbiamo visto come la passione per l’Oriente portò alla creazione dei primi profumi cosiddetti “orientali”, con Shalimar grande precursore. 

Le donne, che sono diventate più emancipate, richiedono freschezza, dinamismo e novità. E qui entrano in campo le aldeidi, molecole sintetiche che danno la sensazione delle bollicine nello champagne. Chanel N°5 – come sapete – è considerato il capostipite della famiglia degli “aldeidati”, in cui troviamo anche Arpège di Jeanne Lanvin creato da André Fraysse nel 1927. 

Si racconta che Jeanne Lanvin volesse fare un bellissimo regalo all’amata figlia, Marguerite, per i suoi 30 anni: voleva regalarle il più bel profumo del mondo, e per questo mise a disposizione un budget illimitato per poter utilizzare le migliori materie prime. Il risultato fu un profumo meraviglioso (non per nulla è considerato tra i migliori profumi femminili di tutti i tempi, insieme a Chanel N°5 e Joy), una fragranza fiorita e fruttata a base di rosa bulgara, iris florentina, gelsomino e mughetto che lascia una scia di sandalo, tuberosa, vaniglia e vetiver.

In cambio, la stilista chiese alla figlia di dare un nome a quella nuova fragranza Lanvin. Essendo lei una cantante d’opera, optò per la parola “Arpège” (arpeggio), perché il profumo le sembrava proprio un arpeggio di aromi.

Il falcone in cristallo nero, disegnato dall’architetto Armand Albert Rateau e decorato da Paul Iribe, rappresentava le forme di una mela, sul quale era ritratto il logo di Lanvin, che rappresenta la stessa Jeanne Lanvin insieme alla figlia. Sia la bottiglia, che la sua confezione, in origine erano di una particolare tonalità di blu, il cosiddetto “blu Lanvin”, inventato dalla stilista e presente in molte delle sue creazioni.

Fra le star che lo hanno amato particolarmente possiamo citare Jayne Mansfield, Martha Stewart, la Principessa Diana, Grace Kelly e Rita Hayworth

Inizialmente nel 1993 e poi nel 2006 Arpège ha subito una riformulazione e ciò lo ha reso più moderno e di conseguenza amato anche dalle nuove generazioni, grazie al suo bouquet di oltre sessanta fiori.

(la confezione attuale)

La storia della Maison Lanvin – che è la casa di moda più longeva al mondo – e della sua fondatrice Jeanne è affascinante ed emblematica….ma ci vorrebbe un intero articolo per parlarne e non abbiamo tempo, perché vi dobbiamo ancora presentare un altro Giovann*: Jean Patou ! Ma chi era Jean Patou? All’epoca, il fondatore dell’omonima casa di moda era considerato l’uomo più elegante d’Europa, un vero Dandy degli anni ruggenti.

Dicevamo più sopra che l’euforia che caratterizza ogni aspetto di questo periodo storico si spegne con la crisi economica del 1929. Il crollo delle borse aveva dato un durissimo colpo alle finanze dei numerosi e facoltosi clienti americani di Jean Patou. Per superare la crisi il couturier sognava una fragranza lussuosa come antidoto alla sfortuna. Patou chiese quindi al naso Henri Alméras di creargli un profumo. Alméras gli propose una fragranza composta dalle più preziose essenze di rose e gelsomino, spiegando però allo stilista che in questo modo la fragranza sarebbe stata molto costosa. 

Patou aveva trovato il suo profumo, quello a immagine della haute couture; tanto che decise addirittura di raddoppiare la concentrazione della fragranza. Era nato il profumo più costoso al mondo (lo stesso stilista scherzò al riguardo prevedendo per l’appunto che sarebbe stato il profumo più costoso mai esistito). Per realizzarne solo 30 ml sono infatti necessari ben 10.000 fiori di gelsomino e 28 dozzine di rose!

Il jus contiene anche note di ylang ylang e tuberosa, su un fondo di zibetto e muschio. Il risultato è un profumo intenso, ipnotico, inebriante e persistente. Impossibile da ignorare.

Originariamente il flacone di Joy fu creato dall’architetto ed artigiano francese Louis Süe, che realizzò una bottiglia dalla forma volutamente semplice e classicheggiante. Successivamente ne fu ripresentato un flacone di cristallo realizzato da Cristalleries de Baccarat (a sua volta riprogettato da Verrières Brosse).

Nonostante il prezzo elevatissimo, Joy ebbe subito una enorme fortuna, proprio per il messaggio di positività che voleva dare, per il suo voler essere un antidoto alla povertà e alle difficoltà di quel particolare periodo.

Tra le star che lo hanno amato ci sono Josephine Baker e Jacqueline Kennedy. Come resistere d’altronde alla scia travolgente del suo effluvio ? In fondo, aspiriamo un po’ tutt* ad essere indimenticabili …




I profumi che hanno fatto la storia: L’ACQUA DI COLONIA

di Claudia Marchini

Ancora oggi sono in molti ad abbinare il nome del profumo più celebre – e anche il più antico – al mondo alla omonima città tedesca, e non potrebbe essere altrimenti. Pochi però sanno che l’Acqua di Colonia racconta una storia in realtà decisamente italiana.

L’origine dell’Acqua di Colonia è legata infatti al nome di tre italiani, tutti originari della Val Vigezzo, in Piemonte, vicino a Domodossola. Il primo si chiamava Giovanni Maria Farina, nato a Santa Maria Maggiore nel 1685, il quale, stabilitosi a Colonia, vi fondò col cognato un negozio di merci varie, fra cui prese un posto notevole e poi esclusivo la cosiddetta Aqua Admirabilis.

Se il Farina stesso abbia inventato la ricetta o se l’abbia ricevuta da altri, non è ben certo. Secondo una leggenda, gliel’avrebbe data un ufficiale inglese reduce dalle Indie. Ma documenti antichi conservati a S. Maria Maggiore additano come probabile inventore di essa Gian Paolo Feminis, merciaio ambulante. Sembra infatti che il Feminis avesse messo a punto la ricetta di un infuso a base di limone, bergamotto, cedro, fior d’arancio, lavanda e rosmarino, macerato in acquavite, che veniva venduto come antidoto a diversi mali (gli furono riconosciute proprietà digestive, epatiche, antisettiche ed analgesiche), che lui stesso chiamò Aqua Admirabilis.

Il Farina perfezionò a sua volta la formula dell’Aqua Admirabilis eliminando i cattivi odori dovuti dall’impiego di acquavite. Ne modificò la formula, ingentilendola, e inizio a distribuirla ribattezzandola con il nome di Eau de Cologne, in onore della città in cui viveva. Il suo profumo fresco contrastava con le fragranze muschiate che si usavano all’epoca. 

“Il mio profumo è come un mattino italiano di primavera dopo la pioggia: ricorda le arance, i limoni, i pompelmi, i bergamotti, i cedri, i fiori e le erbe aromatiche della mia terra. Mi rinfresca e stimola sensi e fantasia”. (Giovanni Maria Farina, 1708)

La sua enorme fortuna fu la terribile guerra dei sette anni (1756-1763) che vide coinvolte Prussia e Inghilterra contro la coalizione formata da Austria, Francia e Russia. Al termine del conflitto, infatti, tutti i soldati francesi impegnati sul suolo prussiano, facendo ritorno in patria, passarono per Colonia e non mancarono di acquistare la ormai famosissima Eau de Cologne.

Morendo celibe nel 1766, Giovanni Maria Farina lasciò erede l’omonimo nipote e figlioccio, da cui discendono i Farina gegenüber dem Jülichs-Platz, che hanno ereditato il segreto di fabbricazione e difendono accanitamente il loro diritto contro gli innumerevoli contraffattori. (Pensate che nel 1794 vi erano a Colonia 15 ditte che fabbricavano acqua di Colonia, di cui 4 col nome di Farina; nel 1865 le ditte Farina erano ben 39!). 

Come tutti i prodotti di successo infatti, anche l’Acqua di Colonia venne presto riprodotta e imitata: questo fenomeno generò numerose dispute, sia per quel che riguarda la formula, sia tra i vari discendenti (veri e supposti) della famiglia Farina, in Germania e all’estero. E se la formula del profumo poteva essere copiata dalle pagine di numerosi manuali di profumeria – che cominciavano a diffondersi in quegli anni in Europa – le battaglie legali sui diritti e sui profitti non accennavano a placarsi.

Il concorrente principale del prodotto originale nacque in Germania nel 1804, quando Wilhelm Mulhens acquistò la licenza del prodotto «Acqua di Colonia e Farina» da uno degli innumerevoli pseudo-parenti di Giovanni Maria.

Nel 1806 un altro componente della famiglia Farina, tale Gian Maria Giuseppe, si trasferì a Parigi, dove cominciò a produrre e vendere la famosa fragranza. Nel 1840 cedette l’azienda a Monsieur Leon Collas che a sua volta, nel 1862, la rivendette ad Armand Roger e Charles Gallet, per una cifra all’epoca considerata astronomica…Questi nomi vi dicono qualcosa? Ebbene sì, stiamo proprio parlando dei fondatori del marchio Roger&Gallet, che acquisirono la licenza per produrre e vendere l’Acqua di Colonia Farina, rinominata poi Eau de Cologne Extra Vieille.

Nel 1880 R&G citarono in giudizio la famiglia Mulhens per l’uso improprio dei nomi «Farina» e «Colonia», per cui nel 1881 i Muhlens cambiarono il nome del loro prodotto in Kölnisch Wasser 4711, dal numero civico della loro abitazione a Colonia, dove avveniva anche la produzione.

Ancora oggi, l’acqua di Colonia originale Jean Marie Farina si contraddistingue per una spiccata presenza di bergamotto nella formula, rispetto alle concorrenti Kölnisch Wasser 4711 e Roger&Gallet, dove invece prevale l’aspetto floreale fresco dato dal neroli, un’essenza ricavata dal fior d’arancio.

Tra gli estimatori e i grandi consumatori d’Acqua di Colonia si annoverano – sin dall’epoca della sua prima commercializzazione – moltissimi personaggi famosi. Il più importante? Di certo Napoleone Bonaparte. Si dice che il generale fosse letteralmente ossessionato da questo profumo, tanto da utilizzarne almeno quattro litri alla settimana, sia per profumarsi sia come medicina, ingerita imbevendone le zollette di zucchero. Si pensa che l’Eau de Cologne ricordasse all’allora imperatore francese la sua terra natale, la Corsica, per uno degli ingredienti della formula, il rosmarino. Anche Richard Wagner apprezzò molto la fragranza: grazie al ritrovamento delle sue lettere d’acquisto, sappiamo che prevedeva di consumarne almeno un litro alla settimana. Insieme a lui, tra gli altri, c’erano anche Goethe, Voltaire, Luigi XVI e la regina Vittoria d’Inghilterra.

Se volete seguire le orme del grande Napoleone (anche se fare il bagno con il sapone e non con l’acqua di Colonia risulta decisamente più economico!!!) e scoprire tutti gli aneddoti legati alla storia di questa fragranza, vi consigliamo una visita a Santa Maria Maggiore, dove nel 2016 ha aperto i battenti la Casa del Profumo Feminis-Farina, con un bellissimo percorso multisensoriale e multimediale dedicato a questo famosissimo profumo.




UN PROFUMO, UNA LEGGENDA: CHANEL N° 5

I profumi che hanno fatto la storia.

di Claudia Marchini

“Non c’è nulla che invecchi tanto quanto il voler sembrare giovani. Si può essere irresistibili a qualunque età”. Così sentenziava Coco Chanel, e certamente una delle sue più fortunate creazioni – il mitico Numéro Cinq (accento sulla “e”, s’il vous plaît, e arrotiamo bene quella “r”) – i suoi 101 anni non li dimostra affatto. Ciò è corroborato anche dal fatto che rimane uno dei profumi più venduti al mondo (forse proprio il più venduto); si dice che venga venduta una boccetta di N° 5 ogni 30 secondi.

Perciò, questa serie di articoli che parla dei profumi che hanno fatto la storia e che ogni appassionato dovrebbe conoscere non può non aprirsi proprio con questa mitica fragranza, prototipo dei profumi cosiddetti “aldeidati” e composto nel 1921 da Ernest Beaux, profumiere della società Rallet.

Fino ad allora i profumi erano principalmente “soliflore”, cioè basati sull’essenza di un solo fiore (di solito rosa o mughetto), molto romantici e leggeri e dalla durata limitata, perciò dovevano essere dosati in gran quantità per poter durare a lungo. Quando Coco cominciò  a pensare di lanciare una sua fragranza, il suo stile anticonvenzionale la portò a chiedere a Beaux una fragranza costosa, lussuosa, elaborata, provocante, senza mezze misure. Basti pensare che il bouquet di muschio e gelsomino (cuore del jus composto da Beaux) all’epoca era associato a cortigiane e prostitute!

Non solo: proprio in quegli anni si erano affacciate nel mondo della profumeria le famose aldeidi. Ma cosa sono? Le aldeidi sono sostanze presenti in natura, che ai primi del Novecento cominciano ad essere sintetizzate in laboratorio per dare luminosità ed effervescenza da champagne alle formule dei profumi. Beaux pensò di inserire una di queste aldeidi (dal sentore di arancia) nella formula del nuovo profumo per Coco Chanel, e iniziò a sperimentarle con parsimonia. Ma la grande stilista, in pieno suo stile, gli ordinò di abbondare: fiumi di champagne perbacco, non lesiniamo!!!

Il risultato fu un profumo totalmente nuovo, che non assomigliava a nessun’altra fragranza passata né dell’epoca. Un’overdose talmente audace non poteva passare inosservata, e la grande stilista ne comprese infatti subito le grandi potenzialità commerciali e non esitò a scegliere proprio quel quinto prototipo che il profumiere le aveva sottoposto – da qui pare il nome che fu scelto, N°5 (e anche il fatto che fu lanciato nel mese di maggio).

 (la prima immagine nota di Chanel N° 5)

L’iconica boccetta di Chanel N°5, che dal 1954 fa parte delle collezioni permanenti del MOMA di New York, non è altro che una semplice confezione da laboratorio, alla quale vennero smussati gli angoli, e cambiato il tappo. Questo, infatti, venne sostituto con un tappo tagliato come un diamante, che riproduce la forma della celebre Place Vandôme a Parigi, famosa per le sue gioiellerie e tanto cara a Coco Chanel.

Il flacone di Chanel No. 5, nel corso degli anni, è diventato un oggetto talmente identificabile che Andy Warhol decise di commemorare il suo stato di icona a metà degli anni ottanta con l’opera pop art intitolata “Ads: Chanel”, una serie di serigrafie ispirate a pubblicità del profumo apparse fra il 1954 e il 1956.

Il resto è storia. Non solo N° 5 è il profumo più venduto della storia, ha anche ispirato un filone e una sottofamiglia olfattiva (quella dei fioriti aldeidati per l’appunto) e dato il via ad una serie innumerevole di imitazioni.

Arrivati all’epoca della guerra, il profumo aveva ottenuto un successo tale fra le classi abbienti e come status symbol per quelle medie, che i soldati americani a Parigi facevano file di ore per portarsi a casa un flacone che ricordasse loro l’idea dell’eleganza e del lusso europei.

Dopo la guerra, la più grande testimonial della fragranza è stata Marilyn Monroe. Durante un’intervista nel 1952, l’attrice dichiarò: “Cosa indosso a letto? Che domande… Chanel N. 5, ovviamente”. Questa affermazione di Marylin ebbe il potere di consacrarne il fascino, aggiungendo quell’aurea di glamour hollywoodiano che ne fece un successo globale.

Un successo tale che qualche anno dopo, nel 1955 Marilyn accettò di lasciarsi fotografare da Ed Feingersh, poco prima della première del film La Gatta sul tetto che Scotta di Tennesee Williams, proprio mentre “indossava” guardandosi allo specchio alcune gocce del prezioso Chanel N.5.

E così, di decade in decade, questo rivoluzionario profumo è diventato un grande classico, mai dimenticato ma anzi sempre più amato: i testimonial e le pubblicità si sono adattati al gusto di ogni epoca ma la fragranza è sempre lì, scolpita nell’Olimpo della profumeria mondiale.

Catherine Deneuve, Carole Bouquet, Nicole Kidman o attualmente Marion Cotillard sono tra le ambasciatrici che, con il loro spirito e la loro modernità, elevano N° 5 nell’eterno pantheon femminile per i posteri.

E infatti, in occasione della bellissima campagna lanciata l’anno scorso per i 100 anni della fragranza, Thomas du Pré de Saint Maur, Head of Global Creative Resources Fragrance and Beauty della Maison quota la mitica Coco: “La giovinezza è prima di tutto uno stato d’animo: è il desiderio di osare, di conservare la libertà di essere sé stessi al di là delle convenzioni, di non prendersi sul serio, di essere leggeri senza essere frivoli. Di avere l’audacia di preferire la giovinezza dell’immaginazione, alla vecchiaia dell’abitudine”.

Insomma: non si è mai troppo vecchi per una bella coppa di champagne!!!! SALUTE!!

(la classica boccetta)




Meo Fusciuni: i profumi che parlano al cuore

di Claudia Marchini – “Quando annuso il profumo che sto creando e piango, allora capisco che è pronto”.

Così risponde alla mia domanda sui tempi di creazione di una fragranza artistica Meo Fusciuni (all’anagrafe Giuseppe Imprezzabile, ma ormai nemmeno sua madre lo chiama più Giuseppe), uno dei più originali e potenti creatori di profumi in Italia.

E pensare che prima del 2010 mai avrebbe pensato che questo sarebbe diventato il suo prossimo lavoro…dopo gli studi di chimica industriale, Meo ha iniziato infatti a lavorare nel campo dell’aromaterapia e della fitoterapia, ambiti che gli procuravano anche molte soddisfazioni. Perciò, quando una sua amica – quasi per scherzo, ma non troppo – gli ha buttato lì la fatidica domanda: “Ma perché non crei profumi”?, ne è rimasto molto stupito. Anche perché non aveva una particolare passione per i profumi, né tantomeno conosceva il mondo della profumeria di nicchia. Fino a quel viaggio ad Istanbul. 

Lì, tra il turbinio di voci del gran bazar e la cacofonia di spezie, tra il profumo delle stoffe preziose e i fumi dell’incenso, l’erborista ha lasciato il posto al profumiere. Tutti noi viviamo ad un certo punto della nostra vita un rito di passaggio, e per Meo quel viaggio nella capitale dei tre imperi rappresenta il momento in cui ha lasciato la via della “pianta medica” per intraprendere un nuovo cammino. La sua prima creazione si chiama infatti 1# nota di viaggio (Rites de passage) ed è dedicata a questo viaggio e questa città.

Il progetto Meo Fusciuni nasce proprio con lo scopo di raccontare viaggi, pensieri, emozioni, sensazioni, attraverso una complessa ricerca olfattiva e la creazione di profumi unici, 100% Made in Italy, e utilizzando materie prime di altissima qualità.

La collezione è composta al momento da 12 fragranze (la tredicesima è in dirittura d’arrivo), divise in Trilogie e Cicli. Le Trilogie parlano di viaggi “veri”, luoghi fisici, mentre i Cicli rappresentano viaggi mentali. 

La prima trilogia (Rites de passage, Shukran, Ciavuru d’amuri) parla di 3 paesi che hanno significato molto per Meo: di Istanbul abbiamo già parlato; la seconda nota di viaggio è invece dedicata al Marocco e alla bevanda che meglio rappresenta lo spirito gioioso ed energico del paese, il tè alla menta; e infine la terza nota di viaggio – uno stupendo fico – ci porta nella sicilia della sua infanzia.

Il Primo Ciclo (della Poesia), racconta la ricerca interiore del profumiere: Notturno, con le sue note di Rum e Inchiostro, ci trasporta in stanze vere ed immaginarie, dentro ad un tunnel di bellezza e poesia; mentre Luce grida il desiderio di trovare un equilibrio tra natura e uomo, illuminando la via con note di Betulla, Abete, Cedro e Tabacco.

La Trilogia della Mistica (Narcotico, Odor 93 e L’oblio) è ispirata a 3 luoghi veri (Palermo, la Danimarca, la Cambogia) che hanno una forte componente mistica per Meo, che ha voluto con essi raccontarci dei vecchi cassetti polverosi della casa di famiglia a Palermo; oppure di un fiabesco bosco del nord Europa da cui si esce chiedendosi se fosse tutto vero oppure un sogno; e ancora del potere della dimenticanza e della nostra ricerca della salvezza che essa ci può portare.

Il Secondo Ciclo (della Metamorfosi), è dedicato alla solitudine, attraverso due differenti riflessioni sulla libertà dell’anima. Con Little Song Meo riesce a raccontare perfettamente il profumo del tempo che passa: una tazzina di caffè lasciata sul tavolo da lavoro, una sigaretta ormai consumata, e un mazzo di rose tenuto in mano…Un profumo stupendo e melanconico, commovente fino alle lacrime. Spirito è invece dedicato ad Emily Dickinson: immaginiamo le pianure del Massachusetts dove la poetessa amava camminare, in un tripudio di Camomilla, Angelica, Semi di Carota, Cipresso, Lavanda. Lì, dove uomo e natura, spirito e poesia si fondono.

Ed eccoci infine all’ultima Trilogia di Viaggio, la Trilogia senza Tempo, dedicata all’attuale “ossessione” di Meo Fusciuni: l’Asia. Si parte dal colpo al cuore e allo stomaco di Varanasi, città simbolo dell’India, ricca di contrasti e significati, magia e mistica. Oud, Cuoio, Zafferano, Cardamomo, Rose e Gelsomini ci trasportano in un vortice di emozioni; un profumo magnetico, animalico, per palati forti dall’animo gentile.

Il secondo profumo della trilogia, Encore du temps, è dedicato al Laos e all’amore (la sua Federica – si illumina tutto quando ne parla, Meo); è un fiore che cade in una tazza di tè verde, la dolcezza del tempo che scorre lento e la voglia che quel tempo si dilati per sempre, per poter stare ancora e sempre di più con la persona amata.

In attesa della terza fragranza, che sarà ispirata dal Giappone, vi invitiamo a scrivere a info@meofusciuni.com per conoscere il punto vendita più vicino a voi. Noi siamo andati alla Profumeria La Nicchia di Legnano!

“Il profumo è un’anima che disegna la nostra ombra”

Meo Fusciuni