1

Evita Paleari: “Per fare la segretaria devi avere le scarpe adatte”

Per fare la segretaria devi avere le scarpe adatte” è il romanzo autobiografico scritto dall’estrosa Evita Paleari. Un romanzo di formazione, che racconta la crescita di una ragazzina diciannovenne che, abbandonato  il suo piumone azzurro, i suoi sogni e le sue illusioni, con coraggio, studiando la Bibbia e il galateo, diventa una donna e trova il suo posto nel mondo.

Ma non vogliamo anticipare nulla di quanto sentirete in questa bellissima intervista che Evita ha rilasciato all’attore Marco Berna

Un romanzo assolutamente da non perdere, che tutti dovrebbero avere nella propria libreria!

E un ottimo regalo da farsi e da fare per questo Natale!

 

Questo slideshow richiede JavaScript.




Mattia Marzi racconta come è nato “Tu lo conosci Coez”

Mattia Marzi, 24 anni, affermato e preparato giornalista musicale, redattore per Rockol, ha da poco pubblicato il suo primo libro, “Tu lo conosci Coez?”, sulla crescita umana e artistica del cantautore e rapper italiano Silvano Albanese, in arte Coez. Il libro, uscito lo scorso febbraio, è già un successo.

Un esordio letterario interessante. Perché un libro su Coez? Lo conoscevi? Come ti sei avvicinato al personaggio?

Innanzitutto permettimi di salutare tutti i lettori di “Cosmopeople” e di ringraziarvi per lo spazio che mi state dedicando. Dunque… Perché un libro su Coez? È stata la casa editrice a contattarmi per propormi di scrivere un libro su Coez, lo scorso settembre. Arcana stava per inaugurare una collana interamente dedicata ai cantautori del 2000 e tra i libri in programma c’era anche un volume dedicato a Coez. Lo conoscevo e avevo anche avuto modo di scrivere degli articoli su di lui per Rockol, il sito con il quale collaboro da ormai qualche anno e del quale sono uno dei redattori. In particolare, avevo recensito il suo ultimo album, “Faccio un casino”, e avevo parlato di Coez in un articolo sulla terza generazione di cantautori romani. È stato proprio dopo aver letto questi articoli che Arcana mi ha invitato a scrivere il libro e io ho accettato. Non vi nego che era da un po’ che sognavo di scrivere un libro, ma non mi ero mai sentito del tutto pronto a farlo. Forse non mi sentivo all’altezza o forse, più semplicemente, “non sapevo da dove iniziare” (quasi citando Coez!). Quando è arrivata la proposta di Arcana non ci ho pensato due volte: ho accettato e mi sono messo alla prova.

Mi sono avvicinato al personaggio semplicemente cercando di raccontare in modo onesto, sincero e schietto la storia di Coez (e spero di esserci riuscito): dalle prime rime scritte in cameretta fino al successo che ha ottenuto a livello “mainstream” con l’ultimo album, passando per l’esperienza con il suo primo gruppo, i Circolo Vizioso, il collettivo dei Brokenspeakers, il debutto come solista e la svolta di “Ali sporche”. Ho provato a raccontare non solo l’artista, ma anche la persona e la storia dietro le sue canzoni: il rapporto burrascoso con il padre, l’attaccamento alla mamma (alla quale ha recentemente dedicato anche “E yo mamma”), le tante porte che gli sono state sbattute in faccia, la fatica che ha fatto per arrivare al successo (per molto tempo i media “tradizionali”, “mainstream”, di Coez proprio non volevano saperne, perché secondo loro non era abbastanza “pop” per il pubblico generico e non era abbastanza rap per entrare in certi circuiti). Non è stato facile, prima di cominciare a scrivere il libro ho raccolto parecchio materiale, perché volevo che i contenuti fossero quanto più veritieri possibile. Anche se ho deciso di avvicinarmi molto, a livello di tono e di stile, alla forma del romanzo: proprio perché volevo raccontare una storia, ma con un taglio “giornalistico” nella ricerca dei contenuti.

Come hai raccolto il materiale per scrivere il libro?

Per raccontare gli ultimi tre album, “Non erano fiori” del 2013, “Niente che non va” del 2015 e “Faccio un casino” del 2017, quelli della svolta “cantautorale” per intenderci, ho avuto a disposizione parecchio materiale, tra interviste, videointerviste, recensioni e altro. Invece è stato più difficile andare a recuperare materiale relativo alla prima fase della sua carriera, quella precedente la svolta di “Ali sporche”, cioè il Coez-rapper. Sono andato a recuperare vecchie interviste ai Circolo Vizioso e ai Brokenspeakers e vecchi articoli su questi gruppi, con i quali Coez si è fatto conoscere all’inizio della sua carriera. Poi ho trovato spunti interessanti anche nei testi dei brani contenuti all’interno degli album del primo periodo, in particolar modo quelli dell’album solista “Figlio di nessuno”: lì Coez ha raccontato molto di sé e della sua storia personale. Ci tenevo ad essere preciso nel racconto dei fatti e delle vicende, così ho pensato di confrontarmi anche con chi è stato vicino a Coez nel momento cruciale della sua carriera, il passaggio da “rap” a “cantautorato”-“pop”: Riccardo Sinigallia (che ha prodotto l’album “Non erano fiori”) e Dario Giovannini di Carosello Records (che ha accolto Coez nel suo roster e ha pubblicato i suoi dischi tra il 2013 e il 2016). Entrambi hanno accettato di partecipare al progetto, di contribuire con una testimonianza: sono stati gentilissimi e il loro contributo è stato per me molto prezioso.

Secondo te, da esperto del settore musica, il rap è la musica del futuro? Anche in Italia? Ha ancora tanto da dire?

Parlare di “musica del futuro” secondo me è rischioso. Perché i tempi che stiamo vivendo sono decisamente frenetici. Le mode si rincorrono velocissime: una moda, o nel nostro caso un genere musicale, non fa in tempo ad affermarsi che subito arriva una nuova moda. Ora, ad esempio, va fortissima la trap, che nasce in ambito hip hop ma che sembra pian piano emanciparsi e diventare un genere a sé stante.

Il rap è nato negli Stati Uniti tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, ma negli States ha raggiunto il successo “commerciale” solo qualche anno dopo. Il rap italiano è un caso particolare. I primi rapper hanno cominciato a farsi strada tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90 “scimmiottando” quelli americani. Per lungo tempo il rap, in Italia, è rimasto confinato all’interno del cosiddetto “underground” (se escludiamo casi come quelli di Jovanotti o degli Articolo 31, che però venivano accusati dai rapper duri e crudi e dai puristi di essere sostanzialmente dei “poppettari”). Anche perché erano gli stessi rapper che si auto-escludevano: per loro partecipare a manifestazioni come il Festivalbar oppure pubblicare pezzi più “radiofonici” era come svendersi al sistema. La vera testa d’ariete del rap italiano è stato Fabri Fibra, che con un album come “Tradimento” ha fatto il dito medio ai diktat della scena e ha dimostrato che era possibile fare un rap dai toni più “pop” ma dai contenuti importanti e coerenti con le radici del genere, restando comunque credibile. Un anno importante, per la storia del rap italiano, è stato il 2013: quell’anno i dischi dei rapper italiani hanno cominciato a scalare le classifiche. Però poi è come scattata una caccia ai primi posti: molti rapper hanno preferito avvicinarsi al “pop”, altri invece – come per reazione – sono tornati allo spirito degli esordi. Non so se il rap è davvero la musica del futuro e se ha ancora tanto da dire. Sicuramente come genere ha cambiato le carte in tavola e “rivoluzionato” – tra molte virgolette – la canzone italiana, non solo a livello di suoni e contenuti, ma anche a livello di spirito e di atteggiamento.

Stai lavorando ad altri progetti?

Per ora preferisco tenere la bocca cucita e non sbottonarmi. Scrivere il libro su Coez è stata una bella esperienza: mi ha insegnato molto e mi ha entusiasmato. E poi è stata la mia prima volta… e come tutte le prime volte è stata fantastica. Mettiamola così: non mi dispiacerebbe ripetere questa esperienza in un futuro prossimo. Chissà!




Autobiografia Erotica di Starnone in scena al Parenti

In un appartamento di Roma, un uomo e una donna, Aristide e Mariella, si rivedono dopo 20 anni. Non sono amici, solo due sconosciuti che si sono incontrati, una volta sola e per poche ore, 20 anni prima, e hanno avuto un furtivo e frettoloso rapporto sessuale.

Lui, pur non ricordando chi fosse quando ha ricevuto la sfacciata convocazione da parte di lei, accetta l’invito. Lei ora gli chiede di scavare in quelle poche ore di molti anni prima e di ricostruirle minutamente, utilizzando, per giunta, un linguaggio lascivo.

«Cosa è accaduto allora? La realizzazione di un puro, irresponsabile desiderio sessuale? Se è così – dice Mariella – perché parlarne con il linguaggio dolce dell’amore? Meglio l’oscenità».

Comincia così un gioco, in cui i due ripercorrono, scompongono e analizzano il loro primo incontro, mettendo a confronto, ora con allegria ora con crudeltà, due esperienze sulla sessualità molto diverse, alla ricerca di un punto di incontro.

In un mondo dove solo il sesso sembra dar senso alle cose, che sembra essersi trasformato in una nuova  religione laica con cui fare i conti quotidianamente, un ago della bilancia che soppesa, valuta, influenza ogni azione volontaria o involontaria.

E la psicanalisi, nuovo dogma dell’uomo moderno, fa da arbitro che ora assolve e ora condanna.

Domenico Starnone, dopo Lacci e La scuola, ritorna ancora una volta alla drammaturgia teatrale con Autobiografia Erotica (dal suo romanzo Autobiografia erotica di Aristide Gambía) in uno spettacolo diretto da Andrea De Rosa.

Credo che l’esperienza più importante che si possa fare ancora oggi a teatro è quella di mettere in discussione la propria identità – dice il regista Andrea De RosaPer questo sono affascinato da quei personaggi che, credendo di conoscersi, nel corso di un dramma o di una commedia finiscono invece per vedere sgretolarsi le proprie certezze, scoprono che ciò che credevano di sapere di sé stessi e della propria vita era falso, artefatto o almeno incompleto (Edipo è l’esempio più grande di questo tipo di personaggio). È ciò che accade ad Aristide Gambia, nel corso del bellissimo testo che Domenico Starnone ha tratto dal suo romanzo. Una donna si ripresenta nella vita di Aristide a distanza di vent’anni e lo invita, in maniera insieme ludica e misteriosa, a ripercorrere un episodio che lui aveva velocemente archiviato nel reparto “avventure erotiche senza importanza della mia vita”: una mezza giornata trascorsa insieme, una scopata veloce, vent’anni prima. Attraverso un linguaggio crudo ed esplicito, la memoria di quella giornata diventa pian piano il pretesto per andare a fondo nel pozzo nero della rimozione, dove spesso accantoniamo ciò che crediamo senza alcuna importanza e che è invece lì, in agguato, pronto a rimescolare profondamente il senso della nostra vita. Ho scelto di cancellare dalla scena e dal testo originale qualunque riferimento realistico. Dopo molti spettacoli in cui ho sperimentato a fondo gli apparati che le nuove tecnologie offrono al teatro (soprattutto nel campo delle tecnologie del suono), ho scelto stavolta di lavorare solo con gli attori, un tavolo e due sedie, per concentrarmi esclusivamente sulla domanda che il testo porta dentro di sé, l’unica che mi preme davvero: chi siamo noi, chi sono io veramente?

Questo slideshow richiede JavaScript.

24 – 29 aprile 2018

Teatro Franco Parenti – Sala AcomeA

Autobiografia Erotica

di Domenico Starnone
tratto da Autobiografia erotica di Aristide Gambía, romanzo di Domenico Starnone
con Vanessa Scalera e Pier Giorgio Bellocchio
Regia Andrea De Rosa

produzioni Cardellino srl

Biglietti
intero: platea 23,50€; galleria 18€
convenzioni > 18€
over 65/ under 26 > 15€
+ diritti di prevendita

Info e biglietteria 

Biglietteria
via Pier Lombardo 14
02 59995206
biglietteria@teatrofrancoparenti.it




La violenza domestica è un problema di “tutti”

Così la scrittrice Palma Gallana invita i lettori alla presentazione del suo libro “Il prezzo delle ali”

di Matteo RolandoPalma Gallana è stata mia insegnante di russo tanti anni fa: perciò la rincontro con grande piacere per intervistarla alla pubblicazione del suo primo romanzo, “Il prezzo delle ali”, con cui esordisce nella narrativa italiana. La presentazione, organizzata in collaborazione con il Comune di Milano e il Rotary Club Milano Precotto San Michele, si terrà martedì 24 ottobre alle 18.00 a Palazzo Marino, (in piazza della Scala) e prevede anche la partecipazione di Telefono Donna Onlus. Il romanzo ha già ottenuto numerosi riconoscimenti: è primo nella sezione prosa al concorso internazionale “La finestra eterea” per cui sarà premiato a Cinisello Balsamo, a fine mese. Visto il suo successo e l’interesse dimostrato dal pubblico, l’opera è stata pubblicata con il logo e il patrocinio gratuito del comune di Forlì del Sannio (Molise), nel quale si è tenuta una prima cerimonia di premiazione. Quando incontro l’autrice per intervistarla mi sembra la stessa di tanti anni fa, piena di energia e volonterosa di diffondere un messaggio importante: <dalla violenza domestica si può e si deve uscire>.

Tre aggettivi per descrivere il tuo libro.

Rispondo citando i commenti di tre lettori: “angosciante ma non triste”, “bellissimo”, “da leggere”.

Come sei arrivata alla scrittura? Quali sono le tue precedenti esperienze editoriali?

Collaboro nell’editoria dal lontano 1993, quando neolaureata ho iniziato a scrivere manuali e dizionari per lo studio della lingua russa per la casa editrice A. Vallardi e a tutt’oggi continuo a progettare e curare testi per lo più dell’area linguistica. Alla scrittura creativa sono arrivata invece per via personale, non professionale, spinta dal desiderio di diffondere un messaggio importante, che mi tocca come donna e come madre, vale a dire quello che dalla violenza si può e si deve uscire.

Puoi fare una breve sinossi della trama del libro ?

Ilaria B. è una donna indipendente, laureata, stimata in ambito professionale madre di due bambine, che all’età di 45 anni, dopo aver subito per anni maltrattamenti familiari da parte del convivente, padre della secondogenita, all’ennesimo pestaggio si rende conto di dovere agire per «proteggersi e proteggere». Dopo cinque anni di vessazioni trova il coraggio di denunciare il compagno e con l’aiuto del centro antiviolenza e il sostegno di amiche, vince le sue paure, affronta un processo e riprende in mano la propria vita. La libertà tuttavia non è un regalo, ha un prezzo. Per conquistarla, Ilaria deve affrontare una dolorosa discesa negli inferi della propria sofferenza, di bambina picchiata e vittima di violenza assistita, sciogliere i nodi del passato e riportare alla luce il fil rouge di violenza che da almeno tre generazioni, come una maledizione ancestrale, incatena le donne della sua famiglia. Ilaria B., sarà colei che riuscirà a spezzare quelle catene, a liberare le proprie figlie, a risalire dal sommerso e a volare.

Pensando alla protagonista, Ilaria, ci sono elementi autobiografici che vi accomunano?

Ilaria non solo rispecchia il mio pensiero, ma racchiude anche il peggio e il meglio di me. Il peggio è rappresentato dalla sua incapacità di reagire, di prendere posizione di fronte alla violenza. Il meglio sono il suo coraggio e la sua forza che ad un certo punto irrompono e la portano a superare ogni cosa e a riscattarsi.

In merito al tema della violenza domestica sulle donne, “come si potrebbe intervenire efficacemente, oggi”?

Il fenomeno della violenza sulle donne, nel quale rientra la violenza domestica, è un problema di tutti, anche di chi non picchia la moglie, anzi ti dirò di più anche di chi la moglie non ce l’ha. Battute a parte, il fenomeno riguarda tutti, donne e uomini, giovani e anziani, perché in una famiglia in cui scatta la violenza, non solo c’è una donna in pericolo e un uomo che va fermato, ma spesso ci sono figli che assistono e che vanno messi al riparo affinché non acquisiscano modelli devianti che andranno a riprodurre poi da adulti. Quindi occorre intervenire su due piani, uno immediato e uno sul lungo termine: nell’immediato bisogna intervenire nelle situazioni in cui la violenza è in atto, per mettere in salvo le donne, e arginare il numero dei femminicidi che ricordiamolo in Italia sono stati 120 nel 2016 e non tendono a diminuire. Sul lungo termine, invece, occorre fare prevenzione, andando nelle scuole a formare i giovani, parlando ai nostri figli, che sono gli adulti di domani e come ci arriveranno al domani è anche responsabilità nostra. Se non abbiamo figli, parliamo ai nipoti. Se siamo insegnanti, parliamo ai nostri studenti. Tutti siamo coinvolti, nessuno escluso. Tutti possiamo dare il nostro contributo per diffondere la cultura del rispetto, perché amare significa prima di tutto rispettare, e laddove c’è rispetto non c’è violenza. Forse sono eccessivamente ottimista, ma questa è la direzione verso cui dobbiamo andare per contrastare la violenza.

Hai deciso di devolvere i proventi del libro in beneficenza alla Onlus SVS Donna Aiuta Donna, associazione di avvocati che affianca il centro antiviolenza SVS di Milano : cosa ti ha portato a questa scelta?

Il mio è un segno di riconoscenza nei loro confronti perché quando ho avuto bisogno, loro mi hanno aiutata. Molti centri antiviolenza, che costituiscono, ci tengo a sottolinearlo, il punto di riferimento principale per una donna vittima di violenza, purtroppo sono costretti a chiudere per mancanza di fondi, soprattutto dopo il recente taglio sociale. Quindi molto, se non tutto, è lasciato nelle mani del volontariato. Sono ben felice che il mio contributo, piccolo o grande che sia, andrà a sostegno degli importanti progetti di SVS DAD.

Perché la gente dovrebbe leggere il tuo libro?

Perché può piacere o non piacere, ma sicuramente non lascia indifferenti. Dalla storia di Ilaria si torna cambiati.

2613EBE7-AC34-44A7-AE53-91CBCF8347FB




“Non commettere atti impuri”: l’esordio letterario di Alberto Bernardi

Un backgroud professionale nell’ambito della produzione cine-televisiva dal 2000 (in RAI ha collaborato a programmi quali “Sì Viaggiare”, “L´Italia sul Due”, “Easy Driver”, “Costume e Società”, “TG1 Cultura”, “La Vita in Diretta”, “Chi l’ha Visto?”, “Rai News 24”, “TSP” e “Alle Falde del Kilimangiaro”), da sempre attento alla narrazione per immagine e convinto che la parola abbia il potere di trasformarsi, sino a scomparire, Alberto Bernardi si riscopre scrittore ed esordisce con il suo primo lavoro “Non commettere atti impuri”, presentato in Feltrinelli a Bologna lo scorso 16 giugno.

Un thriller originale, destinato agli amanti del mistero e dell’affascinante universo onirico. Un racconto dalle venature metafisiche, un vero e proprio psicofilm, composto da totali, primi piani, cambi di scena e flash-back: tra amore, mistero, sesso, azione, una storia densa di colpi di scena, dal finale mozzafiato…

D. “Non commettere atti impuri” è un libro pieno di sorprese e colpi di scena. Come nasce l’idea di questo romanzo?

R. Non è stata un’idea improvvisa. Sono curioso, guardo il mondo e le persone intorno a me.
Inoltre, amo i documentari: da uno in particolare mi è nata l’idea di una storia che toccasse aspetti quali il multiverso e la percezione del mondo che per ognuno di noi è del tutto soggettiva.
Faccio riferimento a (COSMOS) Carl Sagan quando , oltrepassato Nettuno, convince la NASA a girare la fotocamera del Voyager 1 verso la Terra per un ultimo sguardo e ciò che vede è “un pallido puntino azzurro” in un tenue raggio di sole”.

La scienza dell’infinitamente piccolo ci dice che il mondo è una pura “rappresentazione” personale che si manifesta nel momento stesso che lo osserviamo. Tutti i possibili avvenimenti coesistono in contemporanea. Per farla semplice immaginiamoci attori, abbiamo recitato in tutti i film possibili e immaginabili e ora li stanno trasmettendo tutti sui canali TV. Essi convivono in simultanea sulle diverse frequenze ma noi, cambiando canale, ne vediamo soltanto uno per volta.

D. Ci racconti la trama senza svelare troppo?

R. Protagonista è il trentacinquenne Carlo, che vive in un cottage della campagna toscana insieme al suo cane Ambra. Carlo nasconde un segreto inconfessabile, una grave e sconosciuta malattia che gli preclude di vivere un’esistenza normale. Si tratta di un’inspiegabile catatonia che quando lo coglie è improvvisa e totale, tanto da farlo sembrare morto. L’incontro con Laura innescherà una serie di eventi imprevedibili. Una narrazione serrata in cui si inserisce, in parallelo, la storia di Bro, coetaneo di Carlo, con un’infanzia disastrosa. Occultato ai vicini perché visto come un mostro, e pertanto odiato dalla madre che se ne sbarazza in malo modo. Violento e perverso, è ossessionato dalle donne che considera oggetti da usare in tutti i modi che la sua fantasia malata gli suggerisce. Due vite opposte, ma destinate a incrociarsi, in maniera apparentemente casuale… non diciamo di più per ora.

D. Nel romanzo abbiamo quindi un protagonista Carlo e un antagonista Bro, due storie e due personaggi antitetici, come un po’ tutto il romanzo è segnato da un dualismo profondo: luce/ombra, bene/male, luce/buio, sogno/realtà…

R. Lo psicanalista Jung sosteneva che noi tutti abbiamo due facce: una è quella pubblica e l’altra è quella privata. Della seconda spesso ci vergogniamo nonostante sia la più vera.

Ogni aspetto delle vita ha due facce, anche l’amore. Esistono grandi storie d’amore senza figli e rapporti fugaci, di violenza, di sopruso, che generano figli. Non è solo l’amore a generare la vita.
L’ideale è quando l’amore e il sesso si bilanciano, ma io credo che sempre e comunque si sia un po’ di più nella luce o un po’ di più nel buio.

D. Sembrerebbe esservi un maggiore approfondimento psicologico nelle figure maschili del romanzo che in quelle femminili, come mai?

R. Ciò che si deve fare è guardare il racconto come un immenso “panorama”.

Le figure femminili sullo sfondo, in realtà, sono quelle che tracciano tutto il percorso della trama, Carlo e Bro sono come palline che rimbalzano in un flipper. L’attenzione si concentra sulla pallina, ma le figure femminili sono lì a condizionarne il percorso, nel bene e nel male.

19349326_10154932557647917_1844023724_o

D. Non commettere atti impuri, perché questo titolo?

R. In realtà, come tanti altri elementi nel corso della lettura, è il tassello di un puzzle che piano piano viene a completarsi. Durante una discussione questa frase viene pronunciata nei confronti di Carlo che, quindi, comincia a temere che la sua condizione di salute sia in qualche modo, proprio per via di questo comandamento, una punizione.

D. In generale nel romanzo sono numerosi i riferimenti filosofici, scientifici, storici nonché derivati dalla fisica e dalla vita reale. Quanta ricerca e documentazione ha richiesto questa tua opera?

R. Il romanzo è ambientato nel 2008. Il lavoro più grosso, pertanto, una volta tracciata la trama, è stato controllare la veridicità di alcune supposizioni.

Ho dovuto verificare se certe “invenzioni”, studi scientifici, film, o altro, esistessero nel 2008 e se la storia potesse reggere in termini temporali. Ho impiegato anni a raccogliere tutte le informazioni nel tempo libero, poi un fermo forzato, per motivi di salute, ha fatto sì che l’idea, la trama e gli appunti, diventassero il romanzo che è oggi.

D. Il romanzo è stato definito una sorta di film psichico, del resto tu stesso arrivi dall’ambiente cinematografico e televisivo, e sei da sempre attento alla narrazione per immagine. In che modo questo tuo stile narrativo si concretizza nel romanzo?

R. Scrivendolo ho cercato di fare in modo che il lettore “vedesse” ciò che leggeva, rappresentando anche le emozioni, quando fattibile, con il tremore di una mano o un’espressione.

Il limite di uno scritto è che è sequenziale, una cosa è obbligata a seguire l’altra, mentre in un solo frame cinematografico posso dire molteplici cose simultaneamente.

D. A chi è destinato il romanzo? Avevi già in mente un pubblico ideale nel momento dell’ideazione?

R. A un pubblico adulto, senza preconcetti, che attende di giungere alla fine per capire che, a dispetto di tutto, quello che ha letto è un messaggio di speranza.

atti_impuri_cop

http://www.albertobernardi.com/

https://www.facebook.com/alberto.bernardi.autore/

Non commettere atti impuri
di Alberto Bernardi

Bibliotheka Edizioni

www.bibliotheka.it