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A passeggio per la Pigna di Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini

I giorni ferragostani – si sa – sono dedicati al riposo, allo svago in spiaggia, ai bagni di sole e di mare e alle feste con gli amici.

Ma se vi trovate in Liguria, nellestremo ponente, terra di vacanza per eccellenza per lombardi, piemontesi e molti stranieri, tra un bagno a mare e un aperitivo in spiaggia, potete dedicare un tardo pomeriggio a visitare la Pigna di Sanremo, la parte antica della città, nata molto prima del mitoBelle Époque della Sanremo tardo Ottocento e primo Novecento.

La Pigna è un insieme architettonico straordinario, sorto in forma di rocca sulla collina retrostante la costa. Composto di edifici alti, carruggi stretti, archi di collegamento, vie coperte da ardite volte a crociera, improvvisi slarghi dominati da chiese di sapida eleganza.

La si raggiunge partendo dalla porta di Santo Stefano (trecentesca) o dalla piazza di San Siro (la cattedrale della città, fronteggiata da un delizioso oratorio barocco) e la si percorre muovendosi per vie piccole, poco illuminate dal sole e per lo più concentriche.

Salendo, si raggiungono i giardini Regina Elena dai quali si gode di una vista di mare strepitosa e, proseguendo verso linterno, si arriva rapidamente alla Madonna della Costa, santuario di fondazione quattrocentesca, ora in foggia seicentesca, luogo di preghiera e devozione della cittadinanza sanremese.

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Questo labirinto racconta una storia ben lontana dalleleganza luccicante della Riviera. Qui Sanremo non sembra città di mare, dove la linea di costa ci fa sempre capire la direzione dei nostri passi. Al contrario, i giri stretti, i muri alti, gli archi, le volte contribuiscono allo smarrimento del viandante e del turista. I repentini passaggi dalla luce al buio, dai giardini fioriti ai palazzi ben fortificati, il silenzio delle strade pedonali ci raccontano di una città che non esibisce la propria ricchezza, anzi, la cela, per offrirla solo a selezionati visitatori, quelli che hanno lardire di lascare i comodi e ampi viali del centro per inerpicarsi qui.

Non serve ricordare che Palazzo Manara, in Via Palma, ha ospitato Paolo III Farnese nel 1538 o che la Madonna della Costa è impreziosita da opere di Bartolomeo Guidobono (1654 – 1709) o di Giulio Cesare Procaccini (1574 – 1625).

Larte qui nascosta e custodita è il segno di quellantica nobiltà culturale e artistica, spesso dimenticata, che fa di Sanremo una vera perla della Riviera.




Antonella Ruggiero e l’Orchestra Sinfonica di Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini 

Antonella Ruggiero è una delle più grandi interpreti italiane e memoria storica del Festival di Sanremo: le sue partecipazioni alla kermesse nazionale, con i Matia Bazar prima e poi come solista, hanno sempre regalato performances di rara eleganza, mai scontate, lontane dalle mode passeggere e ancorate a un bisogno di ricerca e di sperimentazione che non è di tutti.

Il concerto che ha offerto il 12 agosto 2022 all’Auditorium Franco Alfano di Sanremo ha dimostrato la bontà di quel percorso. I pezzi proposti, dai più popolari (Vacanze Romane, Ti sento), ai primi successi dei Matia Bazar (Cavallo Bianco) alle esperienze post Matia Bazar (Echi di infinito) si sono animati di vita nuova e hanno retto come pochi altri lo scorrere degli anni.

La Ruggiero mette la sua tecnica perfetta al servizio di uno stile interpretativo poliedrico e vario, plasmato in modo diverso su ogni singolo brano.

Gli arrangiamenti riescono a trasformare le linee melodiche al bisogno in arie belcantistiche con evidenti echi operistici, o in pezzi symphonic rock dal sapore cinematografico (strepitoso quello di Ti sento), o in esercizi di stile ritmico tutt’altro che scontati (Vacanze Romane). Ma non mancano le incursioni nel sound etnico (il Kyrie della Missa Luba o Guantanamera) e i recuperi filologici (fra gli altri, un’indimenticabile Parlami d’amore Mariù).

Un concerto così composto non prende corpo senza un’orchestra che sa trasformare l’idea in forma e suono.

La Sinfonica di Sanremo, diretta dal maestro Giancarlo De Lorenzo ha dato il suo meglio. Ritmica, timbri, coloritura: tutto ha contribuito a creare un effetto di grande impatto, eclettico e perfettamente aderente alla multiforme varietà dei brani proposti.

Sul sito https://www.antonellaruggiero.com/concerti/ le date dei prossimi concerti della Ruggiero.

All’indirizzo https://www.sinfonicasanremo2.it/prenotazioni/negozio/abbonamento-11-concerti- auditorium-alfano/ le date dei prossimi appuntamenti estivi della Sinfonica di Sanremo.

Da non dimenticare infine la bellissima location ritrovata dell’auditorium Franco Alfano. Piccolo gioiello alla greca, costruito negli anni Cinquanta all’interno del Parco Marsaglia (metà imperdibile per gli amanti della natura esotica in città, segno concreto della salubrità del clima sanremese e delle inattese meraviglie che ancora la città può offrire), l’auditorium ha funzionato fino agli anni Novanta per poi chiudere per vent’anni in attesa di un recupero, finalmente compiuto. Da un anno la città ha di nuovo uno spazio pubblico per ascoltare la propria orchestra.




Il Santuario della Madonna della Costa a Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini

Inerpicarsi per la Pigna di Sanremo in una mattina di agosto può sembrare impresa ardua: il caldo sulla costa tende a stroncare qualsiasi intenzione diversa da un rinfrescante bagno di mare.

Se però vincete il caldo e da Via Palazzo prendete verso le Rivolte di San Sebastiano, superata Piazza Cassini, vi trovate di fronte al dedalo di salite che, curva dopo curva, vi porta ai prima ai Giardini della Regina Elena e, subito dopo, al Santuario della Madonna della Costa.

Raggiunta la cima, alla vostra sinistra vedete l’Opera Don Orione e alla vostra destra la vallata dietro Porto Sole. Davanti a voi si apre la piazza che porta all’ingresso del Santuario.

Dopo i ripidi e buoi passaggi della Pigna, il sole vi invade gli occhi e la perfetta geometria della chiesa, meravigliosa quinta scenografica al termine della piazza in saluta, vi dona un senso di luminosa serenità e di quiete, al termine del cammino.

La basilica è citata per la prima volta nel 1474, ricordata come luogo nel quale i sanremesi festeggiavano la liberazione della tirannia dei Doria (risalente la secolo precedente).

L’attuale edificio venne eretto nel 1630, ma la cupola e la facciata furono completate più di cento anni dopo, ad opera dell’architetto Domenico Belmonte di Gazzelli.

Il santuario si sviluppa in pianta longitudinale, a croce latina, composto di una navata e un ampio transetto con altari devozionali.

La foggia esterna (dopo gli interventi del Belmonte) e l’organizzazione dello spazio e delle decorazioni all’interno denunciano l’acquisizione ormai compiuta del linguaggio barocco centro italiano.

La facciata si sviluppa in altezza, con andamento rettilineo completata, nel registro superiore, da un fastigio ampiamente decorato che ricorda il rango di Santuario e, nell’arco di chiusura, da un altro fastigio, di minor enfasi, che cita la dedicazione all’Assunzione di Maria.

Con una soluzione sintetica molto efficace, il tema tipicamente romano dei campanili di inquadramento viene riproposto “riassorbendo” però le forme dei due corpi verticali nel piano stesso della facciata. Due coppie di paraste lisce muovono le parti estreme della muratura, concludendo il loro percorso nei torricini campanari, che, insieme con il fastigio di coronamento e la sagoma della cupola retrostante, dinamizzano la struttura e bilanciano la solennità dell’insieme.


Nella luce chiarissima della prima collina, il Santuario si erge, solenne ed elegante, nei colori pastello dell’ocra dell’azzurro che si stagliano contro il cielo e il verde della vegetazione.

L’interno offre una riposante penombra di raccoglimento. Esso si configura come spazio di preghiera, con stalli in foggia di coro che percorrono tutta la navata, segno, probabilmente, della presenza di confraternite che qui svolgevano le proprie funzioni.

Le immagini si alternano in forma di scultura e di tele dipinte.

Meritano citazione la Decollazione del Battista di Giulio Cesare Procaccini, e la Visita a Santa Elisabetta del ligure Bartolomeo Guidobono.


Pur essendo molto difficile ricostruire le vicende di committenza (nel caso del Procaccini, in particolare si potrebbe ipotizzare che la tela si stata realizzata per l’edificio prima della riforma barocca), l’insieme ha una sua omogeneità molto evidente: le opere accentuano il carattere devozionale di tutto il santuario e, pur differenti nelle soluzioni stilistiche, sono accomuniate dallo stesso senso di sobrietà e rigore tipici di una precisa linea di pensiero sull’arte della controriforma nel Nord della penisola.
Completa la decorazione il catino absidale, con l’Assunzione di Maria, ad opera di Giacomo Antonio Boni, bolognese, ma attivo a Genova fino alla metà del Settecento.

Memore in parte dei trionfi prospettico illusionistici della grande tradizione Correggesca, la decorazione di Boni, composta di affresco e stucchi, ben ordinata nella sua sintassi compositiva, racconta l’evoluzione e – in parte – la semplificazione delle tendenze stilistiche e del gusto a metà Settecento.
Ancora legato al gusto romano è l’uso di colonne tortili nell’abside, per scandire gli spazi decorati dell’altare maggiore e delle due nicchie ai suoi lati.
Con le colonne in rilievo rispetto alla muratura di fondo, si genera così un sistema plastico architettonico vibrante e dinamico, memore delle esperienze barocche lombarde.




Richi Sweet e il suo album d’esordio: Resurrezione

“Dedicata a me” è il singolo di lancio di “Resurrezione”, l’album di esordio di Richi Sweet, un brano che gli è valsa la partecipazione a Sanremo Giovani 2020 con un tema molto attuale: l’alcolismo e la sua ingannevole capacità di far sentire i giovani parte di un gruppo.

Numerosi sono i contenuti autobiografici che costruiscono il percorso narrativo dell’album, uno story telling che diviene una sorta di favola moderna, in cui si inseriscono nella loro varietà esperienze e sentimenti vissuti da Richi nel corso della sua giovane vita, a partire dall’adozione – è nato in Brasile ed è stato adottato da una famiglia italiana di Modena – al bullismo e le violenze subite, dai primi incontri con la musica ai successi; traumi e paure che sono diventati punti di forza e d’ispirazione per mettersi dalla parte di chi è percepito come “debole”, “diverso”. Conosciamo meglio questo giovanissimo artista, che già dimostra di aver tanto da dire.

Parlaci un po’ di “Dedicata a me” e del suo video

“Dedicata a me” parla di alcolismo, un male subdolo che si maschera da aggregatore, per farti sentire accettato e parte di un gruppo. Parla anche della determinazione di uscirne con le proprie forze, è un grido di protesta, oltre che una serenata “dedicata a me” stesso, appunto.
Il video (https://youtu.be/x9czYG9o9yQ) mi rispecchia molto: lo abbiamo girato a Sirmione (BS) ed il regista, Federico Folli, alterna diverse scene in cui mi si vede “discutere” con il mio alter ego. Devo dire che questo duplice ruolo mi è venuto spontaneo, perché, come dico sempre, “Non ho nemici, l’unico che ho, sono proprio io.”

E dell’album cosa puoi dirci, perché il titolo “Resurrezione”?

“Resurrezione” perché metaforicamente e spiritualmente parlando, sono morto e risorto un sacco di volte in questi miei 25 anni di vita. I miei sentimenti ed esperienze nell’album trovano piena espressione, soprattutto in brani autobiografici come “Non è questione di colore” o “Dedicata a me”, ma anche  l’amore ricorre nei testi dell’album ed esplode ne “La bella e la bestia”, “Ciao” e “Tulipano”. “Balotelli e Raffaella Fico”, “Kurt Cobain”, “Elisa” e “Forse non hai capito” sono invece i brani che esaltano stili di vita estremi che rendono meno monotona la vita quotidiana, o tematiche di carattere più sociale,  i social e soprattutto il razzismo e la difficoltà di inserimento.

Nei tuoi brani parli di temi attuali, razzismo, bullismo, come mai ti stanno tanto a cuore?
So cosa vuol dire essere giudicati o bullizzati, già dalle scuole elementari ero considerato “diverso”, ero sempre isolato in un angolo, quando i miei genitori chiedevano spiegazioni l’insegnante rispondeva “vostro figlio è diverso”. Addirittura alle scuole medie volevo cambiare colore di pelle, come se fosse un difetto.

Per questo motivo mi sta a cuore particolarmente il tema: sono dalla parte di chi è considerato un “debole” o un “perdente”, capisco cosa voglia dire essere emarginati, quanto questo può segnare una persona, ho subito bullismo fisico e Cyber Bullismo, ovviamente ci sono alcune scene che preferisco non raccontare.

Scrivi testo e musica da solo?

Solitamente scrivo i testi da solo, ma per la realizzazione di questo mio primo album sono stato aiutato dal mio discografico, Giancarlo Prandelli (GNE Records di Brescia). Nei brani, “Tulipano” e “Forse non hai capito”, per esempio, prevale la sua scrittura.

Stai già lavorando al prossimo progetto?

Questa situazione Covid mi ha bloccato da una parte, ma dall’altra mi ha ispirato tanti brani che sentirete in futuro, perché vengo ispirato di continuo da quello che vivo quotidianamente. Inoltre scrivo tanto, scrivo ogni giorno, quindi di materiale per il futuro ce n’è moltissimo.

Ph. Mario Ugozzoli

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/richisweetofficial/
RESURREZIONE:
https://backl.ink/143280768
Dedicata a me:
https://youtu.be/x9czYG9o9yQ




Paola Angeli si reinventa con Centro Commerciale

Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi prestigiosi premi, ha convinto la critica e si è fatta amare dal pubblico grazie alla sua semplicità e originalità. Oggi Paola Angeli, con il suo nuovo singolo “Centro Commerciale“, esplora nuovi terrori musicali mettendosi ancora una volta in gioco.

D. Centro Commerciale, il tuo nuovo singolo che sta riscuotendo successo tra il pubblico e in radio, ci propone una Paola Angeli in una veste diversa. È un cambio di rotta?

R. La voglia di esplorare nuovi “territori musicali” mi ha portata a sperimentare e, soprattutto, a divertirmi nello scrivere e nell’interpretare una canzone in apparenza semplice ma, come ha scritto qualcuno, anche la leggerezza ha il suo aspetto profondo. L’essenziale è non essere banali o peggio… stupidi.

D. Abbiamo osservato sul web un divertente gioco, legato alla copertina del singolo, in cui ti sei divertita ad incarnare diversi personaggi, 6 per l’esattezza, come nella famosa opera di Pirandello. È un riferimento voluto?

R. Sì, certamente. Pirandello è uno scrittore, anzi prima di tutto una persona che io ho sempre amato fin dai tempi del liceo perché tremendamente attuale e allo stesso tempo antico. Il suo messaggio sulle maschere che indossiamo per vivere ciascuno la propria quotidianità è senza tempo. È una scelta essere se stessi, le maschere pesano a volte e la spontaneità, l’istinto hanno il sopravvento, e meno male!

D. Qual è il personaggio più affine alla vera Paola Angeli tra quelli che hai interpretato nel video?

R. Uno nessuno e tutti… ahahah. Se proprio devo scegliere direi la musicista perché ho sempre sognato di suonare la tromba e qui lo faccio, anche se non proprio in maniera ortodossa.

D. Quale invece il più distante?

R. La sportiva, perché non pratico sub però mi piace molto correre all’aria aperta.

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D. Nel video di Centro Commerciale hai anche recitato. Si è trattato di un episodio isolato in occasione delle riprese del video o scopriremo in futuro anche una Paola Angeli attrice?

R. In passato ho scritto dei monologhi in occasione dei vari premi dedicati alla canzone d’autore. Il teatro è per me un tempio in cui prima di entrare bisogna lasciare fuori qualsiasi inibizione… sono le emozioni le vere protagoniste e chi si affaccia ad un palcoscenico, che sia per cantare o recitare è indifferente, vive quelle emozioni in prima persona, le incarna. Anna Magnani è un’attrice che amo moltissimo e che ha messo in pratica tutto questo durante la sua lunga carriera, in fondo il cantante è anche un attore solo che oltre al testo c’è la musica, e questo a mio parere è un grande vantaggio perché la melodia ha la capacità di trasportare chi la esegue in un universo emotivo molto variegato.

D. Pensi che nell’attuale scenario musicale, in cui spesso predominano gli aspetti commerciali, riferimenti culturali di maggiore impegno rappresentino una scelta difficile?

R. Quando si parla di cultura le persone si spaventano pensando che sia qualcosa di inaccessibile, o solo di pochi, una nicchia lassù o laggiù in qualche posto troppo sofisticato e complicato. Io credo che dipenda da come si affrontano certi temi e specialmente dal linguaggio e dall’entusiasmo con cui si parla o si scrive o si canta la cultura nell’arte in generale e per quanto mi riguarda nella musica e nella canzone. Socrate era un uomo colto, ma molto umano, emotivo direi, perciò accessibile e attraente così come il principe Siddharta il futuro Buddha o Gandhi o Martin Luther King, i loro messaggi erano profondi ma per tutti… voglio dire che la cultura se non è fruita dall’Anima resta fredda e distante, resta solo puro nozionismo. Se invece passa attraverso il canale delle emozioni e dell’umanità allora prende forma, colore e diventa qualcosa che scalda, che arricchisce e di cui si sente il bisogno. “La cura” di Battiato-Sgalambro ne è certamente un esempio…

D. E tu a quale personaggio, artista, musicista o letterato sei maggiormente legata o ti ha influenzato maggiormente?

R. In ogni momento della mia vita ho potuto apprezzare artisti di ogni genere e stile che sono stati importanti e fondamentali per quel preciso istante e l’elenco non solo sarebbe vasto, ma rischierebbe di annoiare terribilmente… Oggi per quella che sono posso dire di essere estremamente legata ad Anna Magnani, una donna che avrei voluto tanto conoscere e di cui sento la mancanza artistica e fisica. La Magnani viveva le donne che portava sullo schermo o in teatro e dava loro carattere, emozioni, sangue carne, anima, voce… perciò erano così reali e vere le protagoniste dei suoi film.

D. Paola, sei conosciuta come una cantautrice di talento e di grande spessore, hai vinto numerosi premi di prestigio  il Premio della Critica al Festival di Musicultura, il premio Imaie,  il premio per il miglior testo a Musicultura, il premio Bindi, hai inoltre partecipato a Sanremo Giovani e l’anno seguente al Festival di Sanremo. Di queste esperienze quale ti ha segnata maggiormente dal punto di vista sia artistico che umano e personale?

R. Tutte le esperienze mi hanno arricchita sia professionalmente sia umanamente, una in particolare mi è rimasta impressa nella memoria ed è quella relativa al Premio Bindi che ho avuto il piacere e la fortuna di vincere essendo stata premiata da Giorgio Calabrese, una persona d’una sensibilità rara tramite la quale ho potuto conoscere, più nel profondo, l’opera e la figura di Umberto Bindi, un cantautore a mio parere sottostimato…

D. Oltre che cantautrice sei anche da anni un’insegnante, attualmente insegni canto in una scuola di doppiaggio. Che tipo di insegnante sei?

R. Credo di essere una persona che ascolta, cercando per quanto mi è possibile di risolvere le problematiche varie che emergono essendo a stretto contatto con i miei allievi che ringrazio e che stimo molto. Provo sempre a creare un clima di scambio tra me e le persone con cui lavoro, a maggior ragione lavorando con la voce si portano alla luce emozioni e pensieri che coinvolgono l’intera sfera personale. Vorrei, e questo è il mio desiderio più urgente ed importante, che i miei allievi mi ricordassero come una persona che ha lasciato loro qualcosa di personale e umano oltre che didattico.

D. Quanto è importante l’esperienza di docente per un’artista? Credi siano ruoli conciliabili?

R. Per me lo sono e da quando insegno, cioè da vent’anni ormai, ho imparato moltissimo perché insegnando mi sono trovata a dover inesorabilmente affrontare difficoltà e incertezze assai diverse che i miei allievi mi ponevano e di conseguenza risolvendo quelle difficoltà e quelle incertezze ho potuto superare anche le mie… inoltre da quando lavoro in questa scuola di doppiaggio sono cresciuta molto dal punto di vista professionale didattico e soprattutto umano..

D. Quali sono i tuoi progetti futuri?

R. Se potessi uscire da me stessa e mi trovassi a parlare con Paola, le direi: “ti auguro con tutta l’anima di continuare a scrivere bellissime canzoni, ad insegnare, a vivere, ad amare con tutta la dolcezza che puoi…”

foto di Chiara Sardelli




Perché Sanremo è Sanremo

di Emanuele Domenico Vicini. Così recitava un gingle che ha tenuto banco al festival della Canzone Italiana (Festival di Sanremo, per tutti) durante il lungo regno di Pippo Baudo, motore pensante del Festival anni Ottanta Novanta, mentore, ispiratore, cuore e anima di un evento che in quegli anni (dopo un periodo di relativo oblio) ritornava ad essere centrale nel palinsesto televisivo, si dilatava nel tempo, si arricchiva di vistosi e complessi impianti scenici e di contorni vari (il mitico “Dopofestival”!).

Oggi Sanremo continua, con altri conduttori, altro stile, un po’ meno esibito, forse più contenuto, ma sempre evento mediatico su cui Raiuno punta per rianimare la programmazione dell’anno.

Certo, la sacralità baudesca, l’atmosfera da rito religioso, la liturgia di una serie di azioni, che con l’avvocato di Militello si ripetevano con scandita precisione e sapore sacerdotale, è svanita, scomparsa, perduta tra le onde morbide e lunghe del mar ligure di fine inverno.

Passano gli anni e passano le mode: è fisiologico. Purtroppo dal festival di Sanremo se ne va anche un po’ di stile (Perché Bastianich, ospite di riguardo, propone ricette con olio toscano nella patria di uno degli oli italiani più delicati e raffinati?!?). Si usano scene high tech molto luccicose, ma il discorso non fila più come un tempo (il presentatore Carlo Conti non ha certo la fluidità e la classe di chi lo ha preceduto).

Nulla di grave, per carità, è solo Sanremo. Lungi da chi scrive pensare che un festival di canzoni leggere possa o debba essere qualcosa di più di un bell’intrattenimento ben fatto e ben gestito. Tale è e tale deve essere.

Sanremo non è stato solo questo. Nacque in sordina, crebbe rapido tra le sale del Casinò, in spazi di fascinosa architettura, memori di splendenti memorie e divenne il Festival, divenne Sanremo, centro della nostra storia televisiva, punto di svolta tra inverno e primavera, culmine della stagione nobile della città di mare, insieme con la Milano Sanremo, appuntamento leggero, serata di gala e di eleganza, fascino un tantino kitsch, ma capace di riempirci gli occhi.

Sanremo è stato questo, perché si è innestato sulla immagine di una città unica, fascinosa e decadente, incastonata tra mare e montagna, luogo di benessere (“a Sanremo ci si cura”, diceva uno slogan di inizio Novecento), sfregiata da anni di incuria, ma ancora capace di trasmettere il profumo della sua bellezza.

Le cronache sabaude parlano delle sue palme, uniche ad essere utilizzate dalla corte pontificia per i riti pasquali, raccontano l’aroma dei suoi limoni, la fecondità della sua terra, l’armonia dell’anfiteatro naturale nel quale la città trova sede.

A Sanremo l’inverno, quello del festival, quello delle giornate di sole passate in spiaggia, è di color pastello, dolce nei toni e nel clima, elegante e sereno, come una passeggiata sull’Imperatrice (così si chiama la passeggiata a mare, in onore della zarina Maria Alexandrovna) in un pomeriggio di gennaio. È luminoso e adamantino, perché se sali su Monte Bignone (purtroppo oggi senza funivia) vedi il mare e vedi la Corsica e dietro di te cime innevate.

Si riempiono gli occhi e il cuore . E stai bene.

Sanremo è Sanremo.