1

UN PROFUMO, UNA LEGGENDA: CHANEL N° 5

I profumi che hanno fatto la storia.

di Claudia Marchini

“Non c’è nulla che invecchi tanto quanto il voler sembrare giovani. Si può essere irresistibili a qualunque età”. Così sentenziava Coco Chanel, e certamente una delle sue più fortunate creazioni – il mitico Numéro Cinq (accento sulla “e”, s’il vous plaît, e arrotiamo bene quella “r”) – i suoi 101 anni non li dimostra affatto. Ciò è corroborato anche dal fatto che rimane uno dei profumi più venduti al mondo (forse proprio il più venduto); si dice che venga venduta una boccetta di N° 5 ogni 30 secondi.

Perciò, questa serie di articoli che parla dei profumi che hanno fatto la storia e che ogni appassionato dovrebbe conoscere non può non aprirsi proprio con questa mitica fragranza, prototipo dei profumi cosiddetti “aldeidati” e composto nel 1921 da Ernest Beaux, profumiere della società Rallet.

Fino ad allora i profumi erano principalmente “soliflore”, cioè basati sull’essenza di un solo fiore (di solito rosa o mughetto), molto romantici e leggeri e dalla durata limitata, perciò dovevano essere dosati in gran quantità per poter durare a lungo. Quando Coco cominciò  a pensare di lanciare una sua fragranza, il suo stile anticonvenzionale la portò a chiedere a Beaux una fragranza costosa, lussuosa, elaborata, provocante, senza mezze misure. Basti pensare che il bouquet di muschio e gelsomino (cuore del jus composto da Beaux) all’epoca era associato a cortigiane e prostitute!

Non solo: proprio in quegli anni si erano affacciate nel mondo della profumeria le famose aldeidi. Ma cosa sono? Le aldeidi sono sostanze presenti in natura, che ai primi del Novecento cominciano ad essere sintetizzate in laboratorio per dare luminosità ed effervescenza da champagne alle formule dei profumi. Beaux pensò di inserire una di queste aldeidi (dal sentore di arancia) nella formula del nuovo profumo per Coco Chanel, e iniziò a sperimentarle con parsimonia. Ma la grande stilista, in pieno suo stile, gli ordinò di abbondare: fiumi di champagne perbacco, non lesiniamo!!!

Il risultato fu un profumo totalmente nuovo, che non assomigliava a nessun’altra fragranza passata né dell’epoca. Un’overdose talmente audace non poteva passare inosservata, e la grande stilista ne comprese infatti subito le grandi potenzialità commerciali e non esitò a scegliere proprio quel quinto prototipo che il profumiere le aveva sottoposto – da qui pare il nome che fu scelto, N°5 (e anche il fatto che fu lanciato nel mese di maggio).

 (la prima immagine nota di Chanel N° 5)

L’iconica boccetta di Chanel N°5, che dal 1954 fa parte delle collezioni permanenti del MOMA di New York, non è altro che una semplice confezione da laboratorio, alla quale vennero smussati gli angoli, e cambiato il tappo. Questo, infatti, venne sostituto con un tappo tagliato come un diamante, che riproduce la forma della celebre Place Vandôme a Parigi, famosa per le sue gioiellerie e tanto cara a Coco Chanel.

Il flacone di Chanel No. 5, nel corso degli anni, è diventato un oggetto talmente identificabile che Andy Warhol decise di commemorare il suo stato di icona a metà degli anni ottanta con l’opera pop art intitolata “Ads: Chanel”, una serie di serigrafie ispirate a pubblicità del profumo apparse fra il 1954 e il 1956.

Il resto è storia. Non solo N° 5 è il profumo più venduto della storia, ha anche ispirato un filone e una sottofamiglia olfattiva (quella dei fioriti aldeidati per l’appunto) e dato il via ad una serie innumerevole di imitazioni.

Arrivati all’epoca della guerra, il profumo aveva ottenuto un successo tale fra le classi abbienti e come status symbol per quelle medie, che i soldati americani a Parigi facevano file di ore per portarsi a casa un flacone che ricordasse loro l’idea dell’eleganza e del lusso europei.

Dopo la guerra, la più grande testimonial della fragranza è stata Marilyn Monroe. Durante un’intervista nel 1952, l’attrice dichiarò: “Cosa indosso a letto? Che domande… Chanel N. 5, ovviamente”. Questa affermazione di Marylin ebbe il potere di consacrarne il fascino, aggiungendo quell’aurea di glamour hollywoodiano che ne fece un successo globale.

Un successo tale che qualche anno dopo, nel 1955 Marilyn accettò di lasciarsi fotografare da Ed Feingersh, poco prima della première del film La Gatta sul tetto che Scotta di Tennesee Williams, proprio mentre “indossava” guardandosi allo specchio alcune gocce del prezioso Chanel N.5.

E così, di decade in decade, questo rivoluzionario profumo è diventato un grande classico, mai dimenticato ma anzi sempre più amato: i testimonial e le pubblicità si sono adattati al gusto di ogni epoca ma la fragranza è sempre lì, scolpita nell’Olimpo della profumeria mondiale.

Catherine Deneuve, Carole Bouquet, Nicole Kidman o attualmente Marion Cotillard sono tra le ambasciatrici che, con il loro spirito e la loro modernità, elevano N° 5 nell’eterno pantheon femminile per i posteri.

E infatti, in occasione della bellissima campagna lanciata l’anno scorso per i 100 anni della fragranza, Thomas du Pré de Saint Maur, Head of Global Creative Resources Fragrance and Beauty della Maison quota la mitica Coco: “La giovinezza è prima di tutto uno stato d’animo: è il desiderio di osare, di conservare la libertà di essere sé stessi al di là delle convenzioni, di non prendersi sul serio, di essere leggeri senza essere frivoli. Di avere l’audacia di preferire la giovinezza dell’immaginazione, alla vecchiaia dell’abitudine”.

Insomma: non si è mai troppo vecchi per una bella coppa di champagne!!!! SALUTE!!

(la classica boccetta)




Artemisia: la vita della pittrice in musical

Torna in scena “Artemisia – Il Musical” in una location speciale: il Teatro Flaiano in Roma.

Il musical originale prodotto da Massimo Rossi e dalla cooperativa M.M. Mondo Musica sulla vita dell’eclettica Artemisia Gentileschi, pittrice caravaggesca del ‘600, è pronto a trionfare sulle scene, con un cast parzialmente rinnovato ma sempre con la stessa grande voglia di mettersi in gioco.

Il debutto sarà il 6 Ottobre, e da lì lo si rivivrà ogni fine settimana dello stesso mese ed il primo di Novembre, ogni sabato e domenica in doppia replica pomeridiana (ore 17.00) e serale (ore 21.15) per 19 repliche complessive.

Il musical ha per di più ottenuto la concessione del patrocinio del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo.

L’evento si pone sulla scia dei successi ottenuti nel 2015, culminati con la vittoria assoluta al concorso “PrIMO” (Premio Italiano Muical Originale) decretata dal voto online, e ottenendo il premio della critica della giuria di qualità, in ex-aequo con l’opera “Violet&Mussolini”. Ma non solo. L’interesse del pubblico è stato tangibile anche e soprattutto dal sold out della Prima nazionale presso il Teatro Lyrick di Assisi (il 22/03/2015), e dalla successiva e fortunata riproposizione al Teatro Romano di Gubbio (il 31/07/2015).

La peculiarità della vicenda raccontata ha permesso infatti al pubblico di avvicinarsi a tematiche attuali ed importanti, come la violenza di genere e il diritto alle pari opportunità. Ed è proprio per questo che il progetto riparte.

La vita di Artemisia viene sviscerata in fondo nei vari e complicati rapporti con le figure maschili per lei di riferimento: dal controverso padre Orazio (anch’egli pittore), al suo stupratore Agostino Tassi; dal ribelle e anticonformista Caravaggio, all’importante e geniale Galileo Galilei. Ognuna di esse ha un’incidenza rilevante nell’esistenza della protagonista, che tuttavia man mano si emancipa dalle loro ombre fino al raggiungimento di uno dei suoi più grandi sogni: entrare nell’Accademiadelle Arti e del Disegno di Firenze. La realizzazione di Artemisia come donna ed artista coincide dunque con quella di tante altre, divenendone i qualche maniera il simbolo per eccellenza.

Artemisia si erge infatti a figura simbolo dell’indipendenza femminile, capace di affermare sé stessa in un mondo che fa della potenza e del dominio virile i suoi cardini fondamentali.

Il musical nasce dalle musiche originali di Marco Rosati e dai testi e le liriche di Lucia di Bella, che nella nuova versione apporta sostanziali modifiche per raggiungere una coerenza storica totale rispetto alla stesura e la regia originale di Enrico Zuddas. La regia di questo riallestimento è affidata ad Alberto Sebastian Ricci. L’orchestra dal vivo sarà guidata dal maestro Massimiliano Tisano, mentre Elisa Pierini coadiuvata da Alice Rosati curano le coreografie.

Artemisia avrà il volto di Eleonora Lombardo (Biancaneve il musical, Ladies – la commedia musicale con Riccardo Fogli, Rent) affiancata da Lalo Cibelli (già in Georgie il musical, Amalfi 839AD e Il grande dittatore al fianco di Tosca) nei panni di Orazio Gentileschi e Sara Nardelli in quelli di Tuzia Medaglia. Il genio di Caravaggio sarà in mano a Giovanni Zanotti, e Nicola Fesani sarà lo scabroso Agostino Tassi. Pierantonio Stiattesi sarà interpretato da Nicola Vivaldi mentre Stefano Colli e Riccardo Sarti si alterneranno nel ruolo di Galileo Galilei.

Completano il cast Mirko Saulino, Martina Casagrande, Maria Letizia Orsini, Laura Lanzi, Alessandro Pannacci, Maria Borsini e Laura Saulino.

“Artemisia – Il Musical” è un evento avvincente, trascinante e coinvolgente nella sua complessità. Ironico al punto giusto, con punte di drammaticità, è sicuramente in grado di affascinare e rapire il pubblico del musical italiano e allo stesso tempo di stimolare riflessioni tanto crude quanto necessarie in merito a quanto nella società contemporanea non funziona.

BB61321D-A2B3-4732-B976-0DD4B4D6332E

ARTEMISIA – IL MUSICAL

Di Marco Rosati(musiche) e Lucia Di Bella(liriche e testi)

regia di Alberto Sebastian Ricci

coreografie di Elisa Pierini con il supporto di Alice Rosati

orchestra dal vivo diretta dal maestro Masimiliano Tisano
PROGRAMMAZIONE

Doppia replica pomeridiana e serale ore 17.00 e ore 21.15

Ogni sabato e domenica di Ottobre

Sabato 4 e domenica 5 Novembre
BIGLIETTI

Platea: 30€

Galleria: 25€

Biglietti acquistabili:

dal sito web Ticket Italia al link: http://ticketitalia.com/index.php?route=product/category&path=98″,

presso le ricevitorie:
Libreria Feltrinelli, Viale Giulio Cesare, 58 00135 Roma, Tel 06 87440263
Libreria Feltrinelli, Viale Giulio Cesare, 58 00135 Roma, Tel 06 87440263

presso tutte le ricevitorie autorizzate sul territorio nazionale

direttamente dal botteghino del teatro durante i giorni di spettacolo




“BIANCONERI – JUVENTUS STORY”: LA PASSIONE DIVENTA UN FILM

di Elisa Pedini – Nelle sale cinematografiche italiane, solo nelle date: 10, 11 e 12 OTTOBRE, arriva “BIANCONERI – JUVENTUS STORY”, l’atteso film su una delle squadre più antiche e forti d’Italia, per la regia di Marco e Mauro La Villa. Sul sito: www.juvestory.it, potrete trovare le sale che lo avranno in programmazione. “Bianconeri-Juventus story” è stato ardentemente desiderato dai registi, non solo per il personale piacere di tifosi di raccontare la storia d’una squadra che ha vinto tutto quello che si potesse desiderare di vincere; ma anche, per onorare la memoria del loro padre, Rosindo, juventino sfegatato. La pellicola, dunque, nasce da una profonda, generazionale, passione calcistica, che spinge i due fratelli a contattare Lapo Elkann, proponendogli un film indipendente sulla Juventus. L’intento iniziale, però, si trasforma in qualcosa di più profondo, che si fonde con la storia stessa del calcio italiano e con quella della famiglia Agnelli, il cui legame con questa squadra risulta essere unico al mondo, anche in ambito sportivo. Un’unione forte e unica, dunque, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, FINO ALLA FINE! Si, la formula non dice, esattamente, così; ma, l’idea che si ha di questo legame, è proprio quella d’un matrimonio indissolubile, che nulla ha potuto scalfire. I registi hanno lavorato, per cinque anni, direttamente con la società, i giocatori e la famiglia Agnelli, andando così a raccontare la storia del Club, in quello che è un viaggio dalla sua nascita, fino alla conquista della terza stella. Vengono rievocati i momenti più emozionanti, intensi, drammatici e trionfali, ma «con un punto di vista nuovo, umano, familiare», come sottolinea Ginevra Elkann. È indubbio che, questo tipo di taglio, che i registi hanno cercato, sia stato pienamente raggiunto: l’emotività viene, decisamente, sollecitata. Sono passata dal sorriso, al groppo in gola, fino a sentire i brividi per l’emozione. Tutto questo diviene ancor più lodevole se pensiamo che stiamo parlando d’un film su una squadra di calcio. Ritengo che, questa carica emotiva, veicolata dal documentario, sia possibile solo grazie alla reale, fortissima, passione, che c’è, alla base di questo lavoro e non solo da parte dei registi, ma anche dei protagonisti del film. “Bianconeri-Juventus story” si mostra come un sapiente e solido montaggio di immagini esclusive, video di repertorio, materiali inediti e bellissime interviste a illustri nomi del calcio mondiale, tipo: Buffon, Del Piero, Pirlo, Nedvěd, Chiellini e solo per citarne alcuni; oltre, naturalmente, ai racconti di Andrea Agnelli e di John, Lapo e Ginevra Elkann. La voce calda fuoricampo di Giancarlo Giannini, ci accompagna in questo viaggio nella storia affascinante della Juventus F.C. La squadra fu fondata nel 1897 a Torino, per opera d’un gruppo di amici appassionati di Football, sport che era stato appena importato dall’Inghilterra. Nel 1923, la famiglia Agnelli acquista la Juventus e inizia, così, una lunga storia storia d’amore che, a tutt’oggi, continua. Ci tengo a sottolineare, di nuovo, quest’aspetto, perché il legame umano, fortissimo e tangibile nelle interviste stesse, è alla base della forza di questa squadra, che non è arrivata a vincere tutto per caso, ma proprio grazie a questa unità, a questo fortissimo senso d’appartenenza, che ha permesso di superare, anche, i momenti più tristi e buî. Concludo, mettendo l’accento su alcuni aspetti che mi sono piaciuti molto. Ho già accennato all’inizio che, attraverso la storia della Juventus, si va, ovviamente, a toccare la storia dello stesso calcio italiano e per me, è stato molto interessante scoprire, ad esempio, come e quando è cambiato il mercato del calcio in Italia. Ai tempi ero una ragazzina e non m’interessavo di queste cose, pertanto, mi ha fatto piacere imparare qualcosa di nuovo. Inoltre, ho trovato molto intrigante la storia dell’arrivo di Platini in squadra: Gianni Agnelli vede in lui un potenziale enorme e decide di prenderlo, ne seguono: la trattativa segreta, gli imprevisti, i dialoghi, l’ingresso in squadra, fino alla consacrazione del mito di “Le roi”. Preciso che, ai tempi, il regolamento per le squadre di serie A, imponeva la presenza di massimo due stranieri e la Juventus aveva appena acquistato Boniek, ne derivò la pesante scelta dell’Avvocato, di doversi privare d’un altro campione per scommettere sul giovane Michel. Un altro aspetto che ho molto apprezzato è che laffaire “Calciopoli” è trattato in modo fedele, quasi cronachistico, da parte dei registi, mentre la visione interna e l’impatto emotivo sono lasciati, esclusivamente, alla viva voce degli intervistati, ovvero, di coloro che l’hanno vissuta dal “di dentro”. Decisamente, un film ben fatto e molto interessante. Ovviamente, nasce come tributo ai tifosi juventini; ma non mi sento d’escludere che, anche chi fosse tifoso di altre squadre o, addirittura, chi fosse indifferente al calcio, non possa trovarvi spunti di riflessione profondi, che vanno ben oltre lo sport stesso. Infine, è importante ricordare che “Bianconeri – Juventus story” è anche un libro, già in vendita dal 6 ottobre, dove la storia della “Vecchia Signora” è narrata in maniera emozionante e di grande impatto visivo, naturalmente, aggiornata fino all’ultima straordinaria stagione.

Questo slideshow richiede JavaScript.




“LETTERE DA BERLINO”: UN CAPOLAVORO DI REGIA E INTEPRETAZIONE

di Elisa PediniDal 13 ottobre al cinema, “LETTERE DA BERLINO”, il toccante film dell’attore e regista svizzero Vincent Pérez. La pellicola è tratta dal libro “Ognuno muore solo”, di Hans Fallada, che, a sua volta, nasce da una storia vera: da un dossier della Gestapo su una coppia di coniugi come tanti, due operai, Otto ed Elise Hampel, giustiziati nel 1942 per aver diffuso materiale anti-nazista. Una regia, magistrale e sapiente, trasla in linguaggio cinematografico, la vita di questa famiglia berlinese e tutto quello che consegue dalle loro azioni. “Lettere da Berlino” è un film profondo, coinvolgente, intelligente, da non perdere e da gustare sin dalla prima inquadratura. La trama, purtroppo, è storia e sappiamo già come va a finire, inutile illudersi che dentro un regime ci sia spazio per le idee, per l’individuo, per il dolore. Tuttavia, tanto per il libro quanto per il film, è come il materiale viene trasmesso al pubblico che conta. Qui, la regia, gioca un ruolo fondamentale. Si prende sulle spalle la pesante responsabilità di farsi muta relatrice d’un nazismo, che non è quello dei lager e delle stragi di massa, ma è quello dello stillicidio quotidiano, giocato tra terrore, delatori, umanità e vita di tutti i giorni della gente comune. Caratteristica primaria e geniale di “Lettere da Berlino”, è che la telecamera è sempre l’occhio dello spettatore, sempre. Le emozioni inconsce, che si provano, guardando questo film, sono, esattamente, le stesse, che si provano di fronte alla Storia: dolore, rabbia e soprattutto, impotenza. Quello che sta davanti ai nostri occhi è già accaduto, in un passato, che non è remoto, ma, che, è comunque “stato” e come tale, è immutabile. La telecamera è l’occhio impotente di chi guarda. Sfruttando tutta la gamma delle inquadrature, il regista relega lo spettatore, lì, sulla sua poltroncina. Essere umano e testimone, muto, della stessa violenza umana, senza scampo e senza diritto di replica. Persino nei dialoghi tra i personaggi, il punto di vista è sempre quello dello spettatore. Un occhio che indaga, che scende nello sguardo dei protagonisti e da lì nell’anima, disperata e disperante, di chi ha perso il bene più caro; ma, proprio in questa perdita, ritrova la sua dignità, la sua identità d’individuo, la sua libertà. Tuttavia e qui subentra il tocco del genio, quella telecamera, rapida entra in soggettiva nei momenti cruciali, nei momenti interiori, quelli che, la Storia, non può raccontarci, ma l’anima, si. Ora, vi prendo per mano e vi porto nel film, proprio dal punto di vista tecnico, solo l’inizio, lo spazio non mi concede d’indulgere oltre, né posso stressare la vostra pazienza; ma, mi piace che, davanti al grande schermo, voi ritroviate queste parole e prestiate attenzione alle emozioni interiori e al lavoro della telecamera. Il film si apre con un bosco dalla vegetazione lussureggiante, d’un verde brillante. Una brezza, leggera e calma, accarezza gli arbusti. Quiete e un dolce stormir di fronde. Un sorriso affiora sulle labbra, perché è una sensazione di pace profonda, quella che il nostro cervello registra. Ma i tempi sono ben calibrati: nell’esatto istante in cui, questa emozione viene realizzata, la corsa disperata d’un soldato, giovane e bellissimo, squarcia quel silenzio, devasta quella quiete. Poi, uno sparo e un altro e quella vita, si spezza. Cade rivolto al cielo. Mentre la battaglia impazza, l’inquadratura “muore” sullo sguardo d’una giovane vita che finisce e che vola fra le cime degli alberi, che non sono più quiete, ma agitate e sbattute da un vento forte. È il vento della guerra, che si combatte ai loro piedi. Quegli alberi sono come noi: testimoni impotenti. Intanto, a Berlino, gli strilloni gridano alla vittoria. La Francia è stata battuta e il Reich impera. Festa per le strade. Euforia. Non per tutti. La postina Kluge sta andando a recapitare una lettera della posta militare, battuta a macchina. È per la famiglia Quangel. Lo spettatore è sempre lì, a fare da censore muto del dolore, che trascina la postina sulla sua bicicletta, verso la casa dei Quangel, persone che lei conosce e cui deve recapitare la peggiore delle notizie. Per lo spettatore è chiaro che ha a che fare con quel ragazzo morto. È qui, che si comincia a deglutire a fatica. Anna Quangel va ad aprire e ritira la lettera. Trema, ha già capito. Come noi, del resto. Noi, spettatori, che alla morte del figlio abbiamo assistito. Noi, che c’eravamo. Va in cucina, una stanza illuminata, ma i colori sono freddi. Non il maglione di lei, non il cuore d’una madre. Dal buio dell’altra stanza, arriva Otto, il marito. Dal buio alla luce. Dal silenzio al grido. La telecamera entra in soggettiva e diventa gli occhi di Anna, sulle sue mani tremanti di madre, che straccia la busta e legge. Hans, il loro unico figlio, è morto. Da eroe, dice la missiva, per il Führer. Ma questo, non può dare conforto a due genitori. Anna e Otto, non sono iscritti al partito, ma, come tutti, devono convivere col regime. Otto è capo officina in una fabbrica di bare, dove troneggia il poster propagandistico all’arruolamento. Il primo piano americano ci mostra un Otto, attonito e devastato, di fronte a quella scritta: «Auch du» (anche tu). Come la Fenice rinasce dalle sue ceneri, così, Otto e Anna, dalla morte interiore, riaffermano il loro diritto alla vita, alla libertà. Per Otto e Anna, è giunto il tempo della verità. La trasformazione interiore di quest’uomo è scandita magistralmente. Le soggettive, che v’invito a notare con particolare cura, come, per esempio, quella di Otto sul libro del figlio e sulla cartolina del Führer, che diventa «Der Lügner» (il bugiardo), servono proprio a portarci dentro l’anima dei due protagonisti, ad andare oltre la Storia. Otto e Anna cominciano la loro rivoluzione silenziosa. La rivoluzione più temuta da qualsiasi regime: quella delle idee. In due anni, dal 1940 al 1942, scrivono 285 cartoline, la loro «Freie Presse» (stampa libera), che disseminano per Berlino, dapprima negli uffici e poi, ovunque nella città. Quasi tutte, però, finiscono nelle mani dell’ispettore Escherich. Non vi dico altro, ma ci sarebbe tantissimo da dire su questo film. “Lettere da Berlino” è un capolavoro che va visto. Il finale simbolico, ci passa un messaggio forte e preciso: le idee non muoiono mai e scavano solchi profondi. Il pensiero è l’unica caratteristica, squisitamente umana, che può volare. Infatti, proprio come gabbiani, le idee turbinano nel loro volo libero.

La fotografia, affidata al maestro Christophe Beaucarne (Tournée, Coco avant Chanel-l’amore prima del mito, Dio esiste e vive a Bruxelles), incanta come sempre. Semplicemente impeccabile e non avrebbe potuto essere diversamente, l’interpretazione d’un grande cast: Emma Thompson nel ruolo di Anna Quangel, Brendan Gleeson in quello di Otto Quangel e Daniel Brühl nella parte dell’ispettore Escherich.

Questo slideshow richiede JavaScript.




La Buona Novella. La storia delle storie. Prima nazionale al TEATRO MENOTTI dal 5 al 31 dicembre 2014

Dopo il successo di All’ombra dell’ultimo sole, replicato per ben tre anni, sarà ancora il mondo di Fabrizio De Andrè a ispirare la nuova produzione, Buona Novella.

La doppia essenza di Cristo, mistero profondo e impenetrabile così come la doppia essenza dell’uomo, in lotta tra carne e spirito, tra bene e male. Domande senza risposta, forse, ma domande che hanno attraversato la storia del nostro pianeta, scatenato guerre, costruito pace, ispirato pensatori e artisti di epoche, lingue, culture differenti.

La nostra Buona Novella è raccontata all’interno di una comunità di “ultimi”, donne e uomini in fuga da una delle tante guerre che infiammano ancora il mondo, donne e uomini in cerca di rifugio, da una vita senza futuro, forse finita, tra la polvere  e il vento di un deserto che diventa paesaggio anche interiore. Un suono, una parola in quella terra priva di tutto è sufficiente a restituire vita e speranza e, magari, ricominciare. Una Buona Novella  con le parole di personaggi minori, che non ritroviamo nei titoli di coda dei vangeli canonici, vicende trascurate cariche di umanità, ricche di dubbi e povere di certezze. Una Buona Novella senza tempo da scagliare contro il pensiero stesso di una guerra tra uomini e da innalzare a protezione dei costruttori di pace. Una Buona Novella fatta di terra e di polvere, eretica come il pensiero degli uomini, scandalosa come il sangue che scorre nelle vene, infedele come la folla e le sue onde.

In scena una compagnia di quattordici attori – anche musicisti – anche cantanti – per uno spettacolo di parole e musica, che ha trovato ispirazione ed energia dal capolavoro di Fabrizio De Andrè, declinato con i ritmi e i suoni di culture diverse e miscelato con il blues della musica nera di Harlem.

Spettacolo inserito in Invito Teatro e in progetto Area M

Sapete dove sceglierebbe di nascere oggi? vorrebbe nascere qui, in questo campo, tra voi nomadi, in questa periferia del mondo. E come pastori sceglierebbe proprio voi per un presepio…colorato, con il colore di chi soffre come voi, ma vive. Il colore di chi combatte per la propria esistenza, di chi combatte per la pace“.

(Don Andrea Gallo)

La semineranno per mare e per terra / tra boschi e città la tua buona novella, / ma questo domani, con fede migliore, / stasera è più forte il terrore. / Nessuno di loro ti grida un addio / per esser scoperto cugino di Dio: / gli apostoli han chiuso le gole alla voce, / fratello che sanguini in croce“.

(via della croce Fabrizio De Andrè)

dal 5 al 31 dicembre 2014 al TEATRO MENOTTI 

LA BUONA NOVELLA

La Storia delle Storie

di Emilio Russo

musiche di Fabrizio De André

Regia di Emilio Russo/Caterina Spadaro

Direzione musicale di Alessandro Nidi

Luci di Mario Loprevite

Costumi di Mariella Visalli

Scene di Lucia Rho

con Mohamed Ba, Enrico Ballardini, Beniamino Borciani, Francesca Gemma, Diego Maffezzoni, Maria Laura Palmeri, Valeria Perdonò,  Alessandra Salamida, Dario Sansalone, Giulia Vecchio, Sara Zanobbio, Marouane Zotti, Debora Zuin, Fabio Zulli

produzione TieffeTeatro

TEATRO MENOTTI

via Ciro Menotti 11, Milano

tel. 02 36592544

biglietteria@tieffeteatro.it

Acquisti online

con carta di credito su www.teatromenotti.org

PREZZI

intero – € 25.00

convenzioni – € 20.00

ridotto/under 25 – € 20,00

ridotto/over 65 (residenti a Milano) € 12,50

ridotto/over 65 (residenti fuori Milano) € 17,50

prevendita – € 1,50

ORARI SPETTACOLO

lunedì riposo

martedì, giovedì, venerdì, sabato  – ore 20.30

mercoledì  – ore 19.30

domenica – ore 17.00

ORARI 31/12: ore 19,00 e ore 22,00

Prezzi: spettacolo ore 19,00 – €35,00/32,00

spettacolo ore 22,00 – €50,00/45,00