1

A Verona torna il Nabucco risorgimentale

Un fil rouge unisce l’Arena di Verona e Teatro alla Scala di Milano nell’allestimento del Nabucco di Arnaud Bernard che, dopo aver inaugurato il festival de 2017, torna in scena per otto serate. Dopo il debutto del 25 giugno sono previste altre sette repliche dell’opera di Giuseppe Verdi ambientata in epoca risorgimentale: 1, 7, 10, 23, 29 luglio, 18 agosto, 3 settembre.

Uno spettacolo di ampio respiro storico e cinematografico che si rifà visivamente a Senso, capolavoro di Luchino Visconti, aiutato dall’imponente scenografia di Alessandro Camera che, fra barricate e saloni, ruota intorno al Teatro alla Scala di Milano, città al centro dei moti risorgimentali del 1848. Bernard ricolloca la vicenda biblica negli anni in cui Verdi compose l’opera, mentre gli italiani combattevano per la propria indipendenza e identità nazionale, eleggendo il Nabucco di Verdi, al debutto su libretto di Temistocle Solera, alla Teatro alla Scala di Milano nel 1842 icona di questa lotta. Ecco quindi il tripudio sul palco dell’Arena di bandiere tricolori e anche di un “Viva Verdi” (che, negli ultimi anni dell’occupazione austriaca del lombardo veneto, sottendendo Vittorio Emanuele Re d’Italia, permetteva ai patrioti di manifestare senza incorrere in repressioni) che travolgono il pubblico di emozioni. Efficace la rappresentazione del coro degli ebrei, il coro dei cori con  “Va’, pensiero, sull’ale dorate…”,  all’interno dell’allestimento del Nabucco nel Teatro alla Scala. Una rappresentazione nella rappresentazione, un teatro nel teatro” che, grazie a questo espediente è capace di raccontare la nostra storia

L’allestimento di Bernard legge quindi nel contrasto insito nella vicenda narrata nell’opera – il conflitto tra Babilonia e Gerusalemme – la storia d’Italia negli anni turbolenti del Risorgimento. Ed è questa visione profondamente risorgimentale suggerita da musica e libretto, e propria dei rivoluzionari italiani negli anni in cui Verdi componeva, che ha permesso a Nabucco di diventare nell’immaginario collettivo il titolo patriottico per eccellenza, con il suo Va’, pensiero che si eleva ad inno del riscatto nazionale. Bernard parte da questa interpretazione per rendere il dramma più storico, umano e verosimile.

Il collegamento tra Milano e Verona ha inoltre un doppio valore storico per due motivi: la collaborazione tra le due fondazioni e le stesse origini del teatro milanese che, inaugurato nel 1778, ha ereditato nome e sede dalla chiesa di Santa Maria alla Scala (così chiamata in onore di Regina della Scala, della dinastia degli Scaligeri, Signori di Verona, e moglie di Bernabò Visconti, Signore di Milano) demolita proprio per fargli posto,  Poi, nel ‘900, si è stabilito un tradizionale stretto rapporto tra le due Fondazioni liriche (tanti anni fa l’Arena era definita la “Scala d’estate”).

Con il Nabucco sale sul podio il maestro Daniel Oren che dirige (richiamando anche il pubblico scatenato nella richiesta di bis dopo la prima esecuzione “Va’ pensiero”) Orchestra e Coro, preparato da Ulisse Trabacchin. Nel ruolo del titolo il baritono Amartuvshin Enkhbat che, acclamato in Arena fin dai suoi esordi, torna a Verona immediatamente dopo il successo personale riscosso come nuovo Rigoletto al Teatro alla Scala. Accanto a lui, il soprano uruguaiano Maria José Siri interpreta per la prima volta a Verona il difficilissimo ruolo di Abigaille, al suo debutto areniano il basso Abramo Rosalen nei panni di Zaccaria, mentre il tenore Samuele Simoncini e il mezzosoprano Francesca Di Sauro interpretano rispettivamente Ismaele e Fenena.




UNA STANZA PIENA DI EMOZIONI

di Morgan Le Fay – Ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo, è stata Ambasciatrice per la Danza nel Grande Giubileo del 2000, ha aperto le Paraolimpiadi di Torino del 2006, ha partecipato al Festival di Sanremo, ha scritto libri, i suoi quadri sono esposti in Mostra Permanente nella città di London Ontario, in Canada…

Era quasi inevitabile che le strade di Simona Atzori e dell’associazione “Wondy sono io” si incrociassero. “Tutte le cose più significative della mia vita, soprattutto quelle belle, sono nate da un incontro”, afferma la danzatrice. E proprio grazie a questo incontro, il 10 gennaio Simona ha deciso di portare in scena il suo spettacolo “Una stanza viola” al teatro Manzoni di Milano, con il sostegno del Gruppo 24 Ore. Al termine, si è raccontata davanti al pubblico, chiacchierando con Alessandro Milan, giornalista di Radio 24 e presidente dell’associazione, creata in memoria di sua moglie Francesca Del Rosso, giornalista e scrittrice, mancata poco più di un anno fa, dopo una lunga battaglia contro il cancro.

DANZARE PER FRANCESCA

In una sala gremita, il pubblico è stato travolto da un turbine di musiche, anche inaspettate (dalle ballate irlandesi a Vasco Rossi…), colori, emozioni e, naturalmente, danze contemporanee, coinvolgenti nei gesti e nei ritmi, ora dolci ora indiavolati, con coreografie mai convenzionali.

Il tema centrale, l’amore, in tutte le sue sfumature, con il suo carico di speranza, ma anche di inquietudine, delusione, tormento. L’amore può essere amicizia, empatia, solidarietà, ma può sfociare nel tradimento, nella violenza e nella prevaricazione.

Perché una stanza viola? La stanza è il luogo in cui tutto può succedere e di cui il palcoscenico diventa il simbolo. Il viola è il colore della rinascita, creato dal bianco, dal rosso e dal blu, una sorta di fusione tra maschile e femminile.

Sul palco, oltre a Simona Atzori, i suoi collaboratori (“ma prima di tutto amici” ha precisato l’artista al termine dell’esibizione), i ballerini Beatrice Mazzola e Mariacristina Paolini della SimonArte Dance Company, Marco Messina e Salvatore Perdichizzi del balletto della Scala di Milano, tutti bravissimi e applauditissimi dagli spettatori entusiasti.

UNA STORIA DI RESILIENZA

Wondy sono io” è un’associazione culturale, nata per diffondere quella che è la più grande eredità di Francesca Del Rosso: la resilienza, la capacità di reagire alle avversità della vita, di reggerne gli urti senza spezzarsi, e di trasformare ciò che può apparire un limite o un ostacolo in un’opportunità di crescita e cambiamento. Perché – diceva lei – siamo tutti un po’ supereroi e la resilienza è alla portata di ciascuno di noi.

Simona Atzori ha confessato che lei, di resilienza, non sapeva granché, prima di imbattersi in “Wondy sono io” e nella storia di Francesca. In teoria. Perché, nella pratica, tutta la sua vita ne è la celebrazione. Nata senza braccia, amatissima dai genitori, che l’hanno sempre incoraggiata a non farsi determinare dalla sua particolarità fisica e a seguire le sue passioni, è diventata una ballerina e una pittrice apprezzata in tutto il mondo, tiene corsi e seminari motivazionali nelle aziende, testimonia ovunque la sua esperienza, le lotte contro la paura, le difficoltà ma soprattutto i pregiudizi (“spesso il limite della disabilità è soltanto negli occhi degli altri”), usando sempre come “arma” il suo sorriso solare e la sua ironia. Sorriso e ironia che non la abbandonano mai, come quando, a un certo punto dell’incontro, si libera delle calzature: “Scusate, ora che avete visto queste bellissime scarpe, me le tolgo, perché io devo gesticolare!”.

Racconta che ha capito realmente la resilienza quando ha dovuto affrontare la malattia e la morte dell’adorata mamma, cinque anni fa. Un percorso doloroso, da cui è però nata una Simona più forte e coraggiosa. È stato in quel momento difficile che ha deciso di dipingere di viola la sua stanza da letto: era necessario ripartire, intraprendere nuove strade, imparare a percepire la presenza della madre con modalità diverse.

È fondamentale diventare protagonisti della propria vita, non lasciare che le cose ci accadano e basta” conclude l’artista.

A fine serata, con tutti i ballerini, i fondatori e molti amici di “Wondy sono io” riuniti sul palco, è stato annunciato anche il prossimo appuntamento importante: il 5 marzo, sempre al teatro Manzoni, ci sarà la premiazione del primo concorso letterario dedicato alla resilienza. La giuria, presieduta da Roberto Saviano (che, come sottolineato da Milan, è lui stesso un esempio di resilienza) e con molti altri nomi di peso, proclamerà il vincitore tra le sei opere finaliste, scelte tra le tantissime che hanno partecipato.
Intanto, continua a girare l’Italia la mostra fotografica “In viaggio con Wondy”: i viaggi fatti da Francesca Del Rosso con la sua famiglia negli ultimi sei anni, quando era già ammalata. La malattia, infatti, non l’ha mai fermata, non ha minimamente scalfito il suo tenace attaccamento alla vita.

Noi spargiamo dei semi – ha spiegato Milan al termine dell’incontro – non sappiamo quanti attecchiranno, ma continueremo a farlo”.

Per info, www.wondysonoio.org

Questo slideshow richiede JavaScript.




La Savignano si racconta in occasione della presentazione del volume “Luciana Savignano – L’eleganza interiore”

Sabato 10 dicembre alle ore 17 Luciana Savignano incontrerà il pubblico nel Ridotto di Palchi del Teatro alla Scala in occasione della pubblicazione del volume “Luciana Savignano – L’eleganza interiore” scritto dal danzatore e critico di danza Emanuele Burrafato (Roma 2016). L’artista ne discuterà con l’autore e la critica di danza Elsa Airoldi.

Il libro ripercorre le tappe della carriera della Savignano, sviluppatasi sui palcoscenici di tutto il mondo al fianco dei coreografi e dei danzatori più rappresentativi della seconda metà del Novecento quali Maurice Béjart, Roland Petit, Paolo Bortoluzzi, Rudolf Nureyev, Alvin Ailey, Mario Pistoni, personalità straordinarie di cui spesso l’artista regala un ritratto toccante ed esclusivo.

Recensioni, profili critici, interviste inedite e raro materiale fotografico illustrano il suo percorso artistico, evidenziando le peculiarità di una danzatrice unica e irripetibile, capace di incarnare sulle scene una femminilità diversa e lontana da ogni stereotipo di ballerina. Il racconto prende vita a Milano, tra le mura della scuola del Teatro alla Scala, e si sposta subito dopo sul suo palcoscenico, fino a toccare i teatri più importanti del globo.




Maria João Pires suona Mozart e Schubert alla Scala

Sabato 3 dicembre la pianista Maria João Pires sarà sul palco della Scala per un recital dedicato a pagine di Mozart e Schubert.

La serata si inscrive nel ciclo di appuntamenti mozartiani programmato dal Teatro alla Scala in occasione dei 225 anni dalla scomparsa del compositore, che ha incluso le opere Die Zauberflöte e Le nozze di Figaro, l’opera per l’infanzia Il ratto dal serraglio per i bambini e che si concluderà con le tre esecuzioni del Requiem dirette da Christoph von Dohnányi dall’11 dicembre per la Stagione Sinfonica del Teatro.

Maria João Pires, pianista di miracolosa eleganza, raffinatezza e pudore espressivo, è alla Scala per la terza volta dopo il recital con il violinista Augustin Dumay nel 1995 e il concerto diretto da Riccardo Chailly nel 2015 per la stagione della Filarmonica, in cui eseguì il Concerto per pianoforte e orchestra n° 4 di Beethoven.

Sabato 3 dicembre 2016 – ore 20
Teatro alla Scala

Concerti straordinari 2016-2017
225° anniversario della morte di Mozart

Pianoforte MARIA JOÃO PIRES

Wolfgang Amadeus Mozart
Sonata n. 12 in fa magg. KV 332
Sonata n. 13 in si bem. magg. KV 333

Franz Schubert
Sonata n. 21 in si bem. magg.  D 960

Prezzi: da 5 a 50 euro

Info: tel 02/72003744




Prima delle prime: alla Scala si parla di Madama Butterfly

Mancano ormai pochi giorni all’attesissima prima di “Madama Butterfly” al Teatro alla Scala di Milano. L’opera viene proposta nella sua prima versione, quella che nel 1904 debuttò alla Scala e, nonostante un cast di rilievo e la cura dell’allestimento, fu un flop colossale. Riccardo Chailly, con l’ausilio di Gabriele Dotto, ha compiuto un attento lavoro per ripristinare l’orchestrazione del primo manoscritto, proseguendo così nel percorso di rilettura critica delle opere pucciniane, per dare “una possibilità in più di ascolto, confronto e conoscenza” dell’opera che procurò il più grande dolore artistico a Puccini.

Domani, venerdì 2 dicembre, alle ore 18, nel Ridotto dei palchi “A. Toscanini” del Teatro alla Scala, Enrico Girardi, docente di Storia della musica all’Università Cattolica di Milano e critico musicale del “Corriere della sera”, parla di Madama Butterfly, nell’incontro “Quale Butterfly” con ascolti e video.

Grande dolore in piccole anime”: questo è quanto Puccini cercava per le sue opere. Lo suggerisce una sua lettera a Gabriele D’AnnunzioOra sai quello che mi ci vuole: amore–dolore. Grande dolore in piccole anime”. Chissà cosa rispose il poeta. Comunque Puccini aveva già raccontato le dolenti vicende di Mimì e Manon quando in un teatro londinese scopriva nel luglio 1900 un’altra piccola “anima”, assistendo a Madama Butterfly, una tragedia di David Belasco. Poco dopo nel 1901, con la collaborazione per la stesura del libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, iniziava la composizione che solamente nel dicembre 1903 poteva dirsi completa in ogni sua parte. A dilatare i tempi della realizzazione aveva forse contribuito una ricerca minuziosa di documenti legati all’Oriente: la precisione ambientale era un’esigenza imprescindibile di Puccini. In questa fase, preziosi furono gli aiuti di una attrice giapponese, Sada Yacco, e dell’ambasciatrice nipponica, profonde conoscitrici di usi e costumi orientali.

Tuttavia Madama Butterfly nel 1904 non entusiasmò. Si ritiene che attorno all’opera fosse stato costruito ad arte un clima d’ostilità o che forse il pubblico fosse rimasto sorpreso di fronte a un’opera innovativa che guardava agli sviluppi più recenti del teatro musicale europeo. Puccini così scrisse a un amico: “Con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio… ma la mia Butterfly rimane qual è, l’opera più sentita e suggestiva che io abbia mai concepito”. L’insuccesso indusse autore ed editore a ritirare lo spartito per sottoporlo a una revisione con il risultato che la nuova versione di Madama Butterfly in tre atti fu accolta con entusiasmo al Teatro Grande di Brescia, appena tre mesi dopo, il 28 maggio. Tuttavia Puccini tornò continuamente sull’opera, “Non si decise mai per una versione in particolare ed è difficile individuare la sua ultima volontà”.

Ora tocca al pubblico milanese cancellare, dopo più di 100 anni, quell’antica ferita.

Primo appuntamento del ciclo

Prima delle prime
Stagione 2016/2017

Amici della Scala – Teatro alla Scala

Madama Butterfly
di Giacomo Puccini
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa

Teatro alla Scala – Ridotto dei palchi “A. Toscanini”
Venerdì 2 dicembre 2016 ore 18

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti




Waiting for… Pulzella d’Orlèans alle Gallerie d’Italia

di Simonetta Tocchetti – Giunge alla sua ottava edizione Waiting For… Milano Premia i Giovani, serata d’arte, musica e cultura a sostegno dei giovani talenti e delle stelle nascenti della musica. Un premio ed un evento ormai appuntamento molto atteso del calendario dicembrino milanese: ideato da Francesca Parvizyar, protagonista della vita culturale milanese e creatrice di format culturali internazionali con un passato da cantante lirica, Waiting For… anticipa ogni anno la Prima de La Scala. Quest’anno l’attesa è per la Pulzella d’Orléans  di Giuseppe Verdi e per le rising star della musica individuate nella pianista Lucrezia Dandolo Marchesi  e nella soprano Francesca Paola Geretto che verranno premiate mercoledì 2 Dicembre nello splendido scenario delle Gallerie d’Italia di Piazza della Scala.

La serata avrà i capolavori di Francesco Hayez, in mostra alle Gallerie d’Italia sino al 21 febbraio 2016, come palcoscenico della premiazione. Lucrezia Dandolo Marchesi, , classe 1997, è una giovanissima pianista diplomata al Conservatorio di Musica G. Verdi di Milano con lode e menzione. La soprano Francesca Paola Geretto, si è brillantemente diplomata presso il Conservatorio di Vicenza nel febbraio 2009. Entrambe proseguiranno negli studi grazie alla borsa di studio di Waiting for onlus.

Seguirà un’esibizione di Isabella Cambini, 13enne promessa dell’arpa (che ha iniziato a suonare a 4 anni) con all’attivo concerti al Palazzo dell’UNESCO e all’Ambasciata Italiana a Parigi.

 

Dedicata a Giovanna d’Arco, settima opera di Giuseppe Verdi andata in scena per la prima volta proprio a La Scala il 15 febbraio 1854 e mai più replicata, Waiting for… Pulzella d’Orléans è un omaggio alla giovane eroina francese che porta il suo paese alla vittoria contro gli inglesi. “Giovanna d’Arco è una figura di grande attualità”, commenta Francesca Parvizyar. “Una donna che, mossa dall’Amore, dalla Fede e dal Coraggio combatte per ciò in cui crede”.   Come la madrina della serata Arianna Giunti, giornalista d’inchiesta per il gruppo l’Espresso e autrice di La cella liscia – storie di ordinaria ingiustizia nelle carceri italiane documento sugli abusi di potere quotidiani nelle carceri italiane.

La conclusione della serata sarà affidata a tre ospiti d’eccezione che porteranno un messaggio d’amore e di pace: Paolo Branca dell’arcidiocesi di Milano – responsabile per il dialogo interreligioso, Abd al-Sabur Gianenrico Turrini –  Direttore Generale CO.RE.IS. – Comunità Religiosa Islamica Italiana, e Vittorio Robiati Bendaud della Comunità ebraica di Milano. Presenze importantissime in un momento di tensione come quello in cui viviamo: “Soprattutto quest’anno, alla luce di eventi terribili che vorrebbero sconvolgere le nostre vite, Waiting for … vuole lasciare un messaggio di amore, di pace – ha detto Francesca Parvizyar, ideatrice dell’evento – ai rappresentanti delle tre religioni monoteiste il compito di salutarci con un pensiero di speranza per il futuro tratto dai tre Testi Sacri”.

Premiato nel 2012 con una medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Waiting for … ottiene oggi un altro importante riconoscimento: è stato infatti scelto dal Comune di Chicago come progetto ponte tra le città di Chicago e Milano, unite in un gemellaggio decennale recentemente rinverdito grazie all’attività svolta in qualità di ambasciatrice culturale da Francesca Parvizyar. Il prossimo 2 giugno 2016, in occasione della Festa della Repubblica Italiana, Waiting for … sbarcherà nella “città del vento” per la prima edizione … a stelle e strisce.

Ogni anno Waiting for … viene realizzato grazie alla sensibilità di importanti sponsor privati che credono nel progetto. Hanno dato il loro sostegno a  Waiting for…Pulzella d’Orléans la Fondazione Gualtiero Marchesi e Marchesi  – sensibili all’insegnamento del buono e alla cura del bello attraverso il gusto; Accademia Musicale Amadeus – nata dal desiderio di trasmettere ai giovani un’eredità culturale altamente formativa, attraverso la musica; Ferrari – etichetta vinicola e brand ambasciatore dell’arte di vivere italiana; Avion Company – realtà internazionale di trasporti aerei e marittimi e spedizioni merci; Juhree Erba, Athena Chuang e AKI NAGAI designers del JAAʼ STUDIO, casa di moda asiatica caratterizzata da un approccio Tri-Orientalism; la Fondazione Bel Canto – che promuove l’opera lirica italiana in America organizzando concorsi e assegnando borse di studio; l’anima e lo stile dello stilista di gioielli e pellicce Pierluigi Prandini GP Gioielli. Un ringraziamento particolare all’artista Ribana Szutor pittrice neogeometrica e neofigurativa, autrice dell’opera-omaggio a Giovanna d’Arco, FemmeFoi.




Gli Amici del Loggione della Scala pronti per la nuova stagione

È ricominciata lo scorso 2 ottobre la programmazione delle attività culturali di ottobre e novembre dell’associazione AMICI DEL LOGGIONE DEL TEATRO ALLA SCALA (via Silvio Pellico, 6 – ingresso gratuito), con il concerto di Tiziana Scaciga Della Silva (soprano), Andrea Bragiotto (tenore), Paolo Marconi (pianoforte) e le musiche di M. Costa, F. Lehár, C. Lombardo, J. Offenbach, G. Pietri, V. Ranzato, P. Sorozábal.

I prossimi appuntamenti di ottobre e novembre, concerti di musica classica e incontri tematici per contribuire all’offerta culturale di Expocittà 2015, sono: Alberto Lodoletti, pianoforte (16 ottobre); Enrico Intra (23 ottobre); Classical Kids (24 ottobre); Cinzia Dato, pianoforte (6 novembre); Classical Kids (7 novembre); Patrizia de Carlo, violino, Claudia Della Gatta, violoncello, Anna Paola Milea, pianoforte (20 novembre); Concerto Coro in San Marco (27 novembre).

L’associazione AMICI DEL LOGGIONE DEL TEATRO ALLA SCALA di Milano, costituitasi il 31 gennaio 1973, è un Ente senza scopo di lucro finalizzato a promuovere e a sviluppare l’interesse per la musica e per il teatro lirico, con particolare riferimento al Teatro alla Scala. Al suo nascere Paolo Grassi, allora Sovrintendente del Teatro, salutò il nuovo sodalizio con queste parole: «Si è costituita una associazione giovane, densa di significato, gli Amici del Loggione, spettatori che danno sale al nostro lavoro, nell’indipendenza delle loro reazioni, nella passione del loro comportamento, nella libertà del loro amore, nella tenacia della loro presenza…» Oggi, dopo tanti anni, esperienza, attività e consapevolezza, permettono di svolgere un ruolo significativo nel contesto culturale milanese. L’Associazione ospita i più prestigiosi nomi dal mondo musicale: direttori d’orchestra, cantani, solisti, sovrintendenti, critici e musicologi.

Per maggiori informazioni: www.amiciloggione.it




Turandot alla Scala per EXPO

Riccardo Chailly esordisce sul podio del Teatro alla Scala in veste di Direttore Principale dirigendo Turandot di Giacomo Puccini in occasione di Expo Milano 2015. Turandot inaugura la programmazione scaligera per Expo: sei mesi in cui il teatro sarà aperto per 122 serate d’opera, 62 di balletto e 90 concerti. Turandot sarà in scena a maggio: 1, 5, 8, 12, 15, 17, 20, 23.

Nina Stemme è Turandot, Aleksandrs Antonenko il principe Calaf, Maria Agresta Liù, Alexander Tsymbalyuk Timur. Il finale scelto per l’opera incompiuta di Puccini è quello di Luciano Berio, che viene eseguito per la prima volta in forma scenica alla Scala. Berio lo compose nel 2001 riprendendo per la prima volta 23 dei complessivi 30 schizzi lasciati da Puccini; la prima assoluta fu diretta da Riccardo Chailly nel 2002 al Festival delle Canarie.

 L’opera
I dubbi di Puccini e il finale di Alfano per l’opera degli enigmi
Giacomo Puccini muore a Bruxelles il 29 novembre 1924, lasciando incompiuta la sua ultima opera, Turandot, segnata da uno sforzo di rinnovamento stilistico che pone l’autore accanto ai principali compositori europei del suo tempo. Nel dicembre 1923, la partitura sembra quasi finita: compiuta la scena tragica della morte di Liù, manca solo il duetto finale in cui la principessa si abbandona finalmente all’amore. Ma il passaggio dal lutto per Liù allo “sgelamento” della principessa, all’ardore amoroso di Calaf e a un rapido lieto fine si rivela uno scoglio estremamente arduo dal punto di vista drammaturgico e musicale. Puccini, colpito da un tumore alla gola, continua a scrivere producendo 23 fogli che contengono 30 frammenti musicali. Ci lavora fino all’ultimo, portandoli con sé anche a Bruxelles dove si reca per un ultimo consulto medico.

Dopo la morte del Maestro, l’editore Ricordi decide, su pressione di Arturo Toscanini, di affidare il completamento dell’opera sulla base delle bozze disponibili a Franco Alfano, già autore dell’opera di ambientazione orientale Sakuntala. Toscanini tuttavia non è per nulla soddisfatto della prima versione del finale propostagli da Alfano in cui sono ripresi, insieme a diversi temi degli atti precedenti, solo 3 dei frammenti di Puccini e gli impone di scriverne una seconda, più stringata, in cui i frammenti pucciniani diventano 4. La prima rappresentazione di Turandot ha luogo al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926. Dirige Arturo Toscanini che, dopo la morte di Liù, depone la bacchetta e rivolge al pubblico la frase “Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto”. Da allora il secondo finale di Alfano è rimasto in repertorio, ma senza convincere del tutto per i limiti di scrittura dovuti anche alla rapidità di realizzazione, ma soprattutto perché il tono trionfale della nuova conclusione contrasta con le parole vergate dal compositore negli schizzi: “e poi Tristano”.

Il Tristano e Isotta di Wagner, costantemente presente in una partitura che appartiene a un orizzonte stilistico nuovo rispetto alla produzione precedente di Puccini, si conclude in pianissimo, con un’estasi amorosa che è anche estasi di morte: tutto il contrario del coro trionfante cui Alfano fa cantare le parole (assenti dal libretto originale) “ride e canta l’infinita nostra felicità”. Un’indicazione preziosa sulle intenzioni di Puccini viene dal critico musicale Leonardo Pinzauti che in una lettera a Luciano Berio riporta la testimonianza di Salvatore Orlando, proveniente da una famiglia di armatori livornesi amici del compositore. Il giovane Orlando frequentava la villa di Puccini a Torre del Lago e ricorda che nel 1923 il Maestro gli fece ascoltare l’ultima scena al pianoforte spiegandogli che si trattava di un finale “come quello di Tristano”. Le ultime battute erano pianissimo.

Il finale di Luciano Berio

Nel 2000 il Festival delle Canarie commissiona un nuovo completamento dell’opera a Luciano Berio. Berio si dedica innanzitutto allo studio dei frammenti originali e opera una serie di tagli al libretto eliminando molti dei passaggi per cui non esistono idee musicali di Puccini. A differenza di Alfano, Berio si ripropone di utilizzare il più possibile gli schizzi, inclusi quelli strumentali in cui Puccini sembra discostarsi in modo radicale dal suo stile precedente, e ne inserisce 23 su 30 (delle complessive 307 battute del finale 133 sono di mano di Puccini, 174 di mano di Berio) combinandoli con una serie di rimandi a temi già presenti nel resto dell’opera, a cominciare dal “Nessun dorma” utilizzato anche da Alfano. Si accentua così nel finale il pluralismo di stili che è caratteristica dell’intera opera e ne fa un punto di svolta rispetto alla precedente produzione pucciniana.

Per il punto culminante, lo “sgelamento”, Berio si rifà alle indicazioni di Puccini: “Nel duetto si può arrivare a un pathos grande. E per giungere a questo io dico che Calaf deve baciare Turandot e mostrare il suo amore alla fredda donna. Dopo baciata con un bacio che dura qualche secondo (…) le dice il suo nome sulla bocca” (lettera a Adami, novembre 1921). Si rende necessario un momento di “intimità amorosa” abbastanza prolungato da rendere drammaticamente credibile il cedimento della principessa: Berio lo realizza con un interludio strumentale apertamente debitore del cromatismo di Wagner, cui già aveva fatto riferimento Puccini prima dell’aria di Liù (è interessante osservare come anche Alfano nella prima versione del suo finale avesse proposto un interludio in questo punto). L’accordo del Tristano ricorre in diversi momenti dell’opera, a cominciare delle prime note del I atto, gettando un’ombra di ambiguità e di morte sulla vicenda amorosa.

Nel finale di Berio il lutto per la morte di Liù non è dimenticato e termina in pianissimo su un’atmosfera di sospensione e incertezza: “si conclude con una domanda – dichiarava Berio – e il pubblico si ritrova a chiedersi che cosa ha visto e come sia possibile completare in qualche modo la soluzione dell’enigma che è Turandot”. Il risultato è una pagina in cui Berio non finge di essere Puccini ma restituisce all’ascoltatore quasi tutta la musica effettivamente scritta dal compositore, le sue intenzioni estetiche e drammaturgiche e anche la problematicità di un’opera che, terminata nel 1924, riflette a pieno titolo le tensioni e le aperture del ‘900 musicale.

Lo spettacolo

Il finale di Berio vede la luce in forma di concerto il 25 gennaio 2002 al Festival de Gran Canaria, con il Concertgebouw diretto da Riccardo Chailly. Il 1° giugno il nuovo finale viene presentato in forma scenica alla Nederlandse Opera, sempre con Chailly e il Concertgebouw e la regia di Nikolaus Lehnhoff. Luciano Berio è presente, segue le prove: insieme a lui Lehnhoff decide di lasciare in scena il corpo di Liù durante il duetto dello “sgelamento”, come un’ombra luttuosa che si stende sull’estasi degli amanti. L’allestimento di Lehnhoff resta quello preferito da Berio, che sarebbe scomparso nel maggio 2003, e giunge ora alla Scala in una nuova produzione ripensata dal regista.

Nella parte di Turandot torna alla Scala il soprano svedese Nina Stemme, una delle grandi voci wagneriane del nostro tempo che ha già affrontato diversi ruoli pucciniani, incluso questo a Stoccolma nel 2013. Nina Stemme è stata ascoltata al Piermarini in un recital e nel Gala per Plácido Domingo diretto da Daniel Barenboim nel 2009 e, sempre con Barenboim, come Brünnhilde in Die Walküre il 7 dicembre 2010 e in Siegfried nel 2012 oltre che nel Fidelio in forma di concerto diretto da Franz Welser- Möst nel 2010.

Il principe Calaf è Aleksandrs Antonenko, tenore lettone affermatosi in ruoli come Otello, che ha cantato con Riccardo Muti al Festival di Salisburgo nel 2008 e a Chicago nel 2013, Samson, Radamès e Dick Johnson. Alla Scala è stato Cavaradossi in Tosca nel 2011 con Omer Meir Wellber e nel 2012 con Nicola Luisotti, e Ismaele in Nabucco ancora con Luisotti nel 2013. Maria Agresta canta la parte di Liù. Il suo debutto nella sala del Piermarini avviene nelle vesti di Elvira nel Don Giovanni diretto da Barenboim nel 2011: seguono La bohème con Daniele Rustioni nel 2012, Requiem di Verdi a Berlino con Barenboim e Oberto conte di San Bonifacio con Frizza nel 2013 e Il trovatore con Daniele Rustioni nel 2014.

 




Expo: Festival delle Orchestre Internazionali alla Scala

Dal 2 maggio al 27 ottobre 14 compagnie provenienti da otto diversi paesi (Austria, Germania, Israele, Italia, Stati Uniti, Svizzera, Ungheria, Venezuela) sfileranno sul palcoscenico del Teatro alla Scala per il Festival delle Orchestre Internazionali per Expo, che si annuncia come uno dei più rilevanti cartelloni sinfonici mai presentati nel nostro paese.

Il festival sarà l’occasione per ascoltare a Milano alcuni tra i più prestigiosi direttori dei nostri anni che sono stati poco o per nulla presenti nella programmazione delle istituzioni italiane (tra gli altri Sir Simon Rattle, Mariss Jansons, Andris Nelsons Nikolaus Harnoncourt) e importanti solisti tra cui spiccano Cecilia Bartoli, protagonista del concerto conclusivo il 27 ottobre, Yefim Bronfman e Radu Lupu.

L’apertura, sabato 2 maggio alle ore 21, è affidata ai Berliner Philharmoniker guidati dal loro Direttore Musicale Sir Simon Rattle, che tornano così alla Scala dopo 10 anni (l’ultima presenza nel maggio 2005 per la Croce Rossa Italiana, ancora con Rattle). I Berliner, che l’11 maggio eleggeranno il successore di Rattle, eseguiranno la Sinfonietta di Janáček e la Sinfonia n° 7 di Anton Bruckner. Le presenze scaligere dei Berliner sono rare e preziose.

Giovedì 25 e venerdì 26 giugno, in occasione della partecipazione dell’Austria a Expo 2015, tornano alla Scala i Wiener Philharmoniker con Mariss Jansons (che insieme a Bernard Haitink è il meno facile da ascoltare in Italia tra i grandissimi del nostro tempo), il Singverein der Gesellschaft der Musikfreunde in Wien e il Coro di voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. Solista è il mezzosoprano Bernarda Fink, sui leggii la Sinfonia n°3 di Gustav Mahler.

Sabato 1° agosto la Budapest Festival Orchestra guidata dal suo Direttore Principale Iván Fischer presenta un impaginato dal forte connotato nazionale: di Béla Bartók le Scene ungheresi per orchestra e il Concerto per pianoforte e orchestra e di Gustav Mahler la Sinfonia n°4 Das himmlische Leben. Anche in questo caso sono presenti due importanti solisti, il pianista Yefim Bronfman e il soprano Miah Persson.

Dal 12 agosto al 4 settembre il Teatro alla Scala porta a Milano e alla ribalta internazionale di Expo tre orchestre e due cori appartenenti al “Sistema Nacional de Orquestas y Coros Juveniles e Infantiles de Venezuela”, la rete di orchestre fondata da José Antonio Abreu che coinvolge ogni anno oltre 400.000 bambini. Si tratta del più ricco e vasto progetto per il progresso culturale e sociale mai sviluppato attraverso la musica: nato in Venezuela, il Sistema è stato imitato in numerosi Paesi in tutto il mondo ed è arrivato anche in Lombardia con una rete di orchestre giovanili. Anche per questo è importante una programmazione che non include solo l’orchestra più celebre, l’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar con il suo Direttore Musicale Gustavo Dudamel, ma una rappresentanza completa dei diversi volti del Sistema, incluso il Coro Manos Blancas che terrà due concerti il 12 e il 13 agosto nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano. L’apertura del “Progetto el Sistema” alla Scala è affidata venerdì 21 e domenica 23 agosto al Direttore Principale del Teatro Riccardo Chailly alla testa dell’Orquesta Sinfónica Nacional Infantil de Venezuela, composta da bambini tra gli otto e i dodici anni. Il programma, aperto dallo Scherzo fantastique di Igor Stravinskij diretto dal ventenne Jesús Alberto Parra, prosegue con il Divertimento da Le baiser de la fée, sempre di Stravinskij, e con la Sinfonia n° 4 di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Lunedì 24 agosto la Sinfónica Juvenil “Teresa Carreño” diretta dal suo Direttore Musicale Christian Vásquez presenta un programma spettacolare che include, tra l’Ouverture da Candide di Leonard Bernstein e la Symphonie fantastique di Hector Berlioz, due brani del repertorio sudamericano: Margeritena di Inocente Carreño e Sinfonia India di Carlos Chavez. Giovedì 27 agosto la Sinfónica Juvenil de Caracas diretta da Dietrich Paredes apre la serata con l’Ouverture de La forza del destino di Verdi e prosegue con la Francesca da Rimini di Čajkovskij e la Sinfonia n°3 Avec orgue di Camille Saint-Saëns. Venerdì 28 alle ore 12 la Juvenil de Caracas si unirà all’Orchestra di El Sistema Europa in un concerto diretto da Dietrich Paredes. Gli ultimi tre concerti riportano a Milano l’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar con il suo direttore Gustavo Dudamel: il programma di domenica 30 agosto è interamente dedicato a Čajkovskij, di cui si eseguono la Fantasia sinfonica La Tempesta, l’Ouverture-Fantasia Romeo e Giulietta e la Sinfonia n° 6 Patetica. Nei concerti di giovedì 3 settembre e venerdì 4 settembre all’orchestra si aggiunge il Coro Nacional Juvenil Simón Bolívar: il programma del 3 include la Sinfonia n°1 di Beethoven, Chôros n°10 di Heitor Villa-Lobos e la Cantata Criolla di Emilio Estévez. Il progetto si conclude il 4 settembre con la Sinfonia n° 9 di Beethoven, solisti Genia Kühmeier, Wiebke Lehmkuhl, Brian Hymel e Georg Zeppenfeld.   Dal 19 agosto al 2 settembre Gustavo Dudamel e la Bolívar saranno impegnati anche in otto repliche de La bohème nello storico allestimento di Franco Zeffirelli con un importante cast che comprende Maria Agresta e Vittorio Grigolo nei ruoli principali.

Martedì 1° settembre debutta la prima orchestra proveniente dagli Stati Uniti, la Boston Symphony, una delle cosiddette “big five”, le cinque principali orchestre degli Stati Uniti, per la prima volta al Piermarini. Sul podio un altro debutto illustre, quello di Andris Nelsons, uno dei direttori più apprezzati della nuova generazione. Sui leggii la Sinfonia n° 6 di Gustav Mahler.

Di nuovo Mahler, la Sinfonia n° 9, nel programma della Israel Philharmonic che torna alla Scala martedì 8 settembre con Zubin Mehta sul podio. Alla Scala, dove è stato recentemente applaudito in Die Schöpfung di Haydn e in Aida di Verdi, il Maestro Mehta torna con l’orchestra di cui è Direttore Musicale.

Domenica 11 la Scala ospita nuovamente l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con il suo Direttore Musicale Antonio Pappano in un programma che evidenzia le radici classiche delle Sinfonie di Beethoven facendo precedere la n° 2 e la n° 5 dall’Ouverture della Olympie di Spontini.

Altre due sinfonie di Beethoven, la n° 8 e la n° 7, sono sui leggii del Concentus Musicus Wien diretto dal suo fondatore Nikolaus Harnoncourt martedì 13 ottobre. Harnoncourt, uno dei maestri di più vasta influenza sull’interpretazione di un repertorio vastissimo negli ultimi cinquant’anni, mancava dal teatro alla Scala dal 1978, quando concluse con

L’incoronazione di Poppea uno storico trittico monteverdiano con la regia di Jean-Pierre Ponnelle.

Domenica 18 ottobre Franz Welser-Möst porta al debutto alla Scala The Cleveland Orchestra, un’altra delle “big five” americane, in un programma che accosta Hymne di Oliver Messiaen, il Concerto n° 4 di Beethoven e Also sprach Zarathustra di Strauss. Solista nel concerto beethoveniano è uno dei maggiori pianisti viventi, Radu Lupu.

Il festival si conclude martedì 27 ottobre con il ritorno alla Scala di Cecilia Bartoli, protagonista di un “Omaggio a Vivaldi” insieme ai Barocchisti diretti da Diego Fasolis. Sfruttando la sua popolarità globale  di diva del canto Cecilia Bartoli ha dato un enorme contributo alla riscoperta e alla diffusione di un vasto repertorio, principalmente italiano, colpevolmente dimenticato: il programma per il finale musicale di Expo prevede una scelta di arie del più amato e spettacolare compositore italiano del ‘700, Antonio Vivaldi.




Gratis alla Scala

Saranno distribuiti domani 14 febbraio presso la Biglietteria Centrale – MM Duomo, Galleria del Sagrato, dal 14 febbraio 2015, dalle ore 12.00 alle ore 18.00, i biglietti gratuiti per partecipare alla serata evento di mercoledì 25 febbraio in cui al Teatro alla Scala di Milano andrà in scena l’omaggio a Mirella Freni.

Pochi artisti hanno instaurato con il Teatro alla Scala e il suo pubblico un rapporto intenso come quello che si è creato nel corso dei decenni con Mirella Freni. Il 27 febbraio il grande soprano compie 80 anni e la Scala precede questa data importante con una conversazione pubblica nella sala del Piermarini.

Mercoledì 25 febbraio dalle ore 20.00 Mirella Freni converserà con i critici musicali Elvio Giudici e Alberto Mattioli ripercorrendo le tappe della sua carriera, i ruoli, gli incontri. I video di alcune delle principali interpretazioni con cui la Freni ha segnato la storia del canto nel ventesimo secolo, scelti e montati grazie alla collaborazione di Sky Classica, scorreranno su un grande schermo alle spalle dei relatori.