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“Ustica”: un dramma che vuole giustizia

di Elisa Pedini – Dal 31 marzo al cinema: il film-denuncia “Ustica” del regista Renzo Martinelli. Un film da vedere senza alcun dubbio, con la cosciente consapevolezza che quello che si vedrà, potrà essere scomodo, tagliente e per nulla compiacente. Renzo Martinelli non cerca la simpatia, cerca la verità, che non veste mai con abiti sfarzosi e falsi sorrisi; bensì, con quelli semplici, scarni e spesso cupi, della realtà. La pellicola si basa su una tragedia reale e si attiene ai fatti. Nulla viene romanzato, quello che si distanzia dai dati di fatto è dovuto solo a due aspetti: protezione della privacy di qualcuno, funzionalità cinematografica. Entrambi questi punti li spiega al pubblico direttamente il regista, Renzo Martinelli, con grande generosità e in ogni dettaglio, nell’intervista che vi propongo e che v’invito a leggere perché è davvero intensa e molto significativa. In questa mia recensione critica, mi limito al mio lavoro e vi parlerò, invece, dei fatti storici, dell’impatto emotivo durante la visione e di quello che a livello tecnico mi ha colpito.

È il 27 giugno del 1980, un velivolo Douglas DC-9 della compagnia aerea ITAVIA, parte dall’aeroporto di Bologna con quasi due ore di ritardo. Destinazione: Palermo. Visibilità ottima, viaggio tranquillo e regolare, aereo stabilizzato a 7600 metri in quota lungo la rotta assegnata: aerovia “AMBRA 13”. Tutto sembra tranquillo. L’ultimo contatto radio è con Roma controllo e la situazione è ancora regolare. Sono le 20:56, il comandante annuncia che non ci sono ritardi su Palermo e che pertanto il successivo contatto sarà con Raisi. Poi, alle 20:59:45, all’improvviso, senza lanciare alcun segnale d’allarme, il volo IH870 scompare dai radar e non risponde più ai contatti. Invano la torre di controllo dell’aeroporto di Palermo, dov’era atteso per le 21:13, reitera le chiamate. Altrettanto fa Roma. Invano. L’aereo DC-9 della compagnia ITAVIA è precipitato tra le isole di Ponza e Ustica, il punto “CONDOR”, inabissandosi nella cosiddetta “Fossa del Tirreno”, ove il fondale giunge a una profondità di oltre 3500 metri. Vi muoiono 81 persone. L’aereo è esploso in volo spaccandosi in due tronconi. Sull’accaduto furono date diverse versioni: prima fra tutte, quella del cedimento strutturale dando la colpa alla compagnia. L’ITAVIA era si in condizione di forte indebitamento e chiuse i battenti il dicembre dello stesso anno, ma, questa versione risultò da subito flebile, proprio a causa degli occultamenti e della movimentazione immediata delle alte cariche militari, che, non avrebbero proprio avuto ragion d’essere, se la causa fosse stata la cattiva manutenzione del velivolo. La seconda, fu un attentato terroristico, ovvero, una bomba a bordo, probabilmente situata nella toilette in coda dell’aereo. È indubbio che nel 1980 siamo in piena guerra fredda e che l’ipotesi d’un attentato sia plausibile. Ma, pur trovando tracce d’esplosivo, i rilevamenti porterebbero altrove, in particolare, perché gli indizi non porterebbero affatto a supportare un’esplosione dall’interno. La terza ipotesi fu un missile aria-aria, che, per errore, colpì l’aereo civile. Ma, anche qui, non furono mai ritrovati relitti d’un’arma simile. Sicuramente, l’attività aerea militare quel giorno era piuttosto intensa. Il DC-9 non volava solo. Un’intensa presenza di traffico aereo militare che fra silenzi e smentite, viene, però, inconfutabilmente confermata dai tangibili ritrovamenti che vennero alla luce anni dopo il tragico evento: tra il ’92 e il ’94. Questo metteva in evidenza, sempre più certa, la possibilità della collisione aerea. Numerosi gli articoli del periodo, molto interessanti, che v’invito a ricercare negli archivi on line.

È proprio quest’ultima versione che, il regista Renzo Martinelli prende in considerazione. Tre anni di lungo e meticoloso lavoro, a stretto contatto con due ingegneri aeronautici, durante i quali ha recuperato perizie, raccolto testimonianze, studiato le 5000 pagine dell’istruttoria del magistrato Rosario Priore, considerata chiusa nel 1999, ove, peraltro, vengono totalmente escluse le cause per cedimento strutturale e per esplosione interna. Per tre anni, Renzo Martinelli, ha disperatamente cercato, in giro per l’Europa, qualcuno che fosse disposto a produrre il suo film.

Con passione, determinazione e desiderio di verità, Renzo Martinelli, ce l’ha fatta. Nonostante le difficoltà e il budget limitato ha dato vita a una pellicola che è insieme denuncia e umanità, verità e “pietas”. Nella crudezza degli avvenimenti, riportati con lucidità quasi cronachistica, ritroviamo il pulsare delle emozioni delle vite vissute. Ero troppo piccola nel 1980 per ricordare gli avvenimenti, ne porto memoria per quello che accadde e si disse nei decenni successivi, ma sono uscita veramente scossa dalla sala. Piena d’interrogativi e con una gran voglia di sapere. Mi sono messa on line e ho cercato quello che i colleghi scrivevano nel 1980 e quello che successivamente fu scritto. V’invito, ancora, a informarvi, perché l’informazione rende liberi. V’invito a leggere, di nuovo, l’intervista al regista. V’invito, soprattutto, a non perdervi questo film, che non è fiction, neppure nel “privato”. Vi coinvolgerà, all’interno d’una cornice da favola di una fotografia che ci regala i panorami d’una natura straordinaria che vi commuoverà. Tutte riprese reali e forse per questo così pregnanti. Vi trascinerà dentro una delle realtà più oscure della storia italiana. Le scene di volo mi hanno particolarmente presa. Ho quasi potuto sentire la pressione della gravità. Una regia che veramente cura tutto, nei minimi dettagli.

A tutt’oggi, comunque, la strage di Ustica, resta uno dei grandi misteri italiani. Furono occultate e distrutte prove, come, peraltro, confermato dalla sentenza del procedimento penale che ne seguì. Innumerevoli le testimonianze date, poi confuse e poi ritrattate completamente. Due suicidi, sono stati correlati alla strage e appaiono sospetti: quello del maresciallo Dettori, presumibilmente in servizio, la notte del disastro aereo, al radar di Poggio Ballone in provincia di Grosseto e quello del maresciallo Parisi, che sarebbe stato di turno, invece, il giorno del 18 luglio 1980, data del presunto “incidente” del MIG libico a Timpa delle Magare sulla Sila. Sono moltissime le morti che Rosario Priore indicò come sospette, ma mai furono trovate prove a supporto. A tutt’oggi, sono molti gli interrogativi che restano aperti. A tutt’oggi, le vittime aspettano giustizia.

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